I benefattori dell’Ipermercato

Un tempo si usava dedicare un monumento a chi contribuiva in maniera significativa al bene della comunità. Ora si è molto più spicci, al massimo si usa mandare una lettera di ringraziamento! Comunque, oggi come ieri, penso che sia doveroso ringraziare chi condivide le nostre scelte ideali, chi dà testimonianza che in questa nostra società non ci sono solamente egoisti, ma pure persone generose, ed aziende particolarmente disponibili ad aiutare. Infine credo sia giusto prestare “voce” a chi riceve un dono e che non sempre ha la possibilità di ringraziare personalmente chi lo ha aiutato, e quindi si trovi il modo di trasmettere questo ringraziamento anche mediante un articolo di giornale o il post in un blog.

Partendo da questi presupposti, ho sentito il dovere di portare a conoscenza dei concittadini il nome degli ipermercati che ogni giorno destinano i generi in scadenza alle persone che si trovano in grave disagio economico. è vero che certi ipermercati vendono a prezzi scontati questi generi alimentari in scadenza recuperando così, almeno in parte, il relativo costo economico degli alimenti che non riescono a vendere; però vi sono pure, fortunatamente, molti altri ipermercati con maggior sensibilità sociale che rinunciano a questo piccolo provento per aiutare i poveri.

C’è poi il fatto che solamente la nostra organizzazione, con il supporto delle parrocchie, della Caritas, della San Vincenzo, riesce a captare i più poveri, ossia quelli che hanno più bisogno; mentre gli ipermercati che vendono a prezzi scontati i generi in scadenza riescono ad aiutare solamente gli acquirenti più intelligenti e furbi ma che raramente sono fra i più bisognosi.

Ho fatto questa lunga premessa perché ci si renda conto del fatto che sentiamo il dovere di segnalare alla cittadinanza le organizzazioni commerciali più sensibili al disagio economico, in maniera tale che i cittadini abbiano modo di ringraziarle, ammirarle ed anche di preferirle scegliendole per i loro acquisti.

In questo intervento vorrei per prima cosa scegliere la catena dei supermercati Cadoro, fondata dal compianto concittadino Cesare Bovolato, ed ora amministrata dai figli e dal direttore avvocato Moro. Azienda che è stata l’apripista di questa splendida solidarietà, alla quale si sono accodati col tempo molti altri supermercati, che segnaleremo uno ad uno in questo blog e su “L’Incontro” perché ci pare doveroso che la cittadinanza venga a conoscenza di questo aspetto veramente nobile della nostra società e che ognuno, a suo modo, si unisca a questa meritevole impresa di solidarietà.

Eccovi le sette strutture Cadoro esistenti a Mestre e nell’hinterland che ogni giorno ci forniscono con grande generosità generi alimentari di ogni specie, più o meno vicini alla scadenza fissata dalla legge, ma che in pratica sono quasi tutti commestibili anche oltre tale data:

  1. Cadoro di via Ca’ Rossa, 10 – Mestre;
  2. Cadoro di via Miranese, 256 – Mestre;
  3. Cadoro di viale San Marco, 152 Mestre;
  4. Cadoro di via Torino, 102 – Mestre;
  5. Cadoro di via Tito Ettore – Zelarino;
  6. Cadoro di via Macchiavelli – Mogliano Veneto;
  7. Cadoro di via Zermanese, 8 – Mogliano Veneto.

Qualcuno può anche pensare che vi sia uno o pochi altri artefici che hanno realizzato l’autentico e meraviglioso “miracolo” dell’”Ipermercato dei poveri”, mentre esso in realtà è opera di un gran numero di aziende, grandi o piccole, di singoli cittadini che stanno dando vita a questa nobilissima impresa.

Il grazie dei poveri giunga ai proprietari, ai responsabili e agli operatori della catena dei supermercati Cadoro; il grazie che è la ricompensa più gratificante. Però ad essa aggiungo la bella notizia, che il nome di coloro che fanno del bene è scritto nei Cieli, e che essi “riceveranno il centuplo e la vita eterna!”.

Resoconto dolceamaro

L’iniziativa di cui voglio parlare agli amici de L’incontro è nata da uno dei tanti atti di generosità di cui, per grazia di Dio, mi capita di frequente di venire a conoscenza e in cui vengo coinvolto. Una persona mi ha portato una busta contenente del denaro perché l’aiutassi a fare un’opera di bene. Tornato a casa ho aperto la busta e con mia grande meraviglia ho scoperto che consisteva in cinquemila euro. Lo ripeto, ricevo spesso offerte, però di così consistenti non mi capita ogni giorno! Nato nell’epoca della lira, per avvertire fino in fondo la consistenza di questo dono m’è venuto d’istinto di tradurre i 5000 euro nelle vecchie lire e ne sono risultate quasi dieci milioni; una somma quindi assai consistente!

Ho pensato quindi di tradurre i cinquemila euro in “buoni acquisto” da 5 euro l’uno da spendere presso i nostri magazzini della carità. Ho fatto questo perché beneficiassero veramente i più poveri, perché spesso vi sono pure i “furbetti” che approfittano e che vengono a chiedere aiuto anche se non ne hanno veramente bisogno, mentre i più bisognosi spesso non riescono neppure a trovare il luogo e le persone che desiderano aiutarli. Dopo averci pensato, m’è parso di procedere in questo modo, facendomi aiutare dal signor Alessandro Minello, persona quanto mai precisa, nel dar corso in maniera scrupolosa ad una richiesta di collaborazione fatta da parte di questo vecchio prete che s’è ridotto a far spesso confusione! Eccovi il progetto:

  1. Ho scritto a dieci parroci del centro di Mestre che gratuitamente ero in grado di offrire cinquecento euro a ciascuno per i poveri dalla loro parrocchia.
  2. Offrivo questa somma, però non in denaro contante, ma in relativi “buoni acquisto” da spendere presso il “Centro di Solidarietà Cristiana Papa Francesco”.
  3. Ho chiesto che ogni parroco mi fornisse il nome di una persona che nella sua parrocchia conosceva bene i poveri.
  4. Il mio “aiutante di campo” ha convocato queste persone, una ad una, consegnando a ciascuno 100 buoni acquisto di 5 euro ciascuno da spendere nel tempo di un paio di mesi, e chiedendo che mandassero direttamente i poveri a fare l’acquisto di generi alimentari, frutta e verdura, indumenti e mobili, e dicendo pure che dessero ad ognuno dei beneficiari il numero di suddetti buoni in relazione al loro bisogno, informandoli pure che con un paio di buoni avrebbero ottenuto generi alimentari più che sufficienti per una quindicina di giorni.
  5. Il 30 di giugno è scaduto il tempo per la validità di questa operazione benefica costata cinquemila euro.

Eccovi il risultato: una sola parrocchia ha speso tutti i buoni, quattro parrocchie ne hanno spesi tre quarti ed una parrocchia solamente 13. Risultato finale: su 1000 buoni acquisto ne sono stati impegnati solamente 661, quindi quasi 350 buoni non sono stati spesi

Conclusione: o molti poveri non sono tali o sono sprovveduti, oppure molte parrocchie non sono attrezzate o non conoscono i parrocchiani in difficoltà o peggio ancora non curano sufficientemente questo settore della vita parrocchiale.

Il risultato però non mi ha scoraggiato, infatti con il 7 giugno abbiamo ripetuto l’operazione con altre 10 parrocchie, mettendo a disposizione altri cinquemila euro. Colgo l’occasione per informare che sia parrocchie che singoli cittadini che desiderano essere certi che la loro solidarietà aiuti realmente il prossimo in difficoltà possono acquistare quanti buoni desiderano per aiutare i poveri.

A tutt’oggi però solamente una signora ne ha acquistati 20.

Una buona partenza

Sabato 5 giugno s’è finalmente inaugurato l’ipermercato della carità alla presenza del sindaco Brugnaro e di una folla di un migliaio di persone che hanno partecipato a questo evento di grandissima valenza sociale e soprattutto religiosa.

L’ipermercato rappresenta in Italia una soluzione assolutamente innovativa a livello solidale. Qui ogni cittadino che si trova in disagio economico può scegliersi quello di cui ha necessità a differenza di come avviene in tanti empori esistenti, nei quali i beneficiari non possono ottenere se non dei pacchi preconfezionati che talvolta non contengono tutto quello di cui i cittadini in difficoltà hanno bisogno.

All’ipermercato del “Centro di Solidarietà cristiana Papa Francesco”, sono presenti questi cinque “negozi”: generi alimentari, frutta e verdura, mobili, arredamento per la casa, indumenti. Tutto il materiale presente è offerto gratuitamente perché ai più poveri ogni due mesi vengono dati dalle parrocchie dei buoni acquisto di euro 5, mentre agli altri concittadini che si trovano pure in difficoltà tutto viene offerto gratuitamente chiedendo solamente a questi ultimi una modestissima offerta per sopperire alle spese di gestione di questa enorme struttura benefica.

È allo studio un documento, ossia una tessera di autocertificazione di ordine economico per evitare che qualche “furbetto”, che potrebbe farcela anche senza questa opera di beneficenza, ne approfitti a scapito di chi veramente ha bisogno.

Avevamo una qualche preoccupazione perché la struttura è un po’ decentrata, anche se è raggiungibile dagli autobus dell’Actv. Però alla distanza di un paio di settimane abbiamo felicemente avuto un riscontro assai positivo, tanto che ogni giorno i vari magazzini di questa enorme struttura di 3.500 metri quadrati sono affollati.

Col passar del tempo verranno affrontate e risolte le difficoltà che ogni struttura presenta all’inizio della sua attività. Va ricordato che il nostro centro di solidarietà consiste nella prima esperienza di questo tipo realizzata in Italia, tanto che dalla Sardegna al Piemonte abbiamo già ricevuto richieste di visite da parte di Enti già impegnati nel campo della solidarietà che vogliono rendersi conto di persona di come funziona il nostro Ipermercato.

Per ora invitiamo tutti i nostri concittadini, in difficoltà o in condizioni economiche confortevoli, a visitare il centro per avere o per offrire aiuto.

AAA volontari cercasi

Il trasferimento dei magazzini della carità dal Centro don Vecchi alla nuova struttura degli Arzeroni, che è molto più grande, ha palesato che c’è bisogno di più volontari

Fin dal primo sogno dell’ipermercato della solidarietà, abbiamo deciso di tentare ogni mezzo perché, in quello che poi si sarebbe manifestato come un vero “miracolo” di carattere solidale, venissero coinvolti tutti gli abitanti della nostra città; credenti o non credenti, giovani o anziani, ossia tutte le persone che possono aiutare in qualche modo perché questa splendida impresa abbia successo e faccia di Mestre l’esempio di una città veramente solidale. Già ho scritto che sogno che nei cartelli stradali che indicano le vie d’accesso alla nostra città, sia scritto “Mestre, Città della solidarietà”.

Per dar l’esempio, anch’io vecchio prete, ultranovantenne, mi sono messo a disposizione per informare frequentemente i miei concittadini sulle problematiche che insorgono nel nostro “ipermercato”, perché esso rappresenti una soluzione quanto mai esemplare e divenga un punto di riferimento utile anche per tutte le altre città del nostro Paese. Per questo motivo mi sono offerto di interessare l’opinione pubblica, il più frequentemente possibile, segnalando successi e insuccessi, tentativi più o meno urgenti del nostro ipermercato; perché questa iniziativa di carattere solidale esprima e realizzi al massimo la sua potenzialità.

Ho già in programma di riferire prossimamente su alcune notizie positive, però credo più urgente dedicare questo intervento ad un argomento che ci preoccupa alquanto.

Il trasferimento dal Centro don Vecchi alla nuova struttura degli Arzeroni dei magazzini della carità, ha subito messo in evidenza che abbiamo bisogno di più volontari, perché la struttura è molto più grande e complicata e soprattutto perché siamo alla vigilia del grande esodo per le ferie estive.

La direzione dell’ipermercato della carità sta già distribuendo un volantino col quale si invitano i concittadini ad offrire un po’ del loro tempo per collaborare alla gestione di questa nuova struttura della carità. Premetto subito che non c’è bisogno di alcuna qualifica particolare per svolgere questo servizio e che si accettano volontari dai 15 anni in su, maschi o femmine, che accettino di offrire parte del loro tempo a favore dei poveri che ci chiedono aiuto.

Facciamo quindi un caldo e accorato appello, soprattutto alle persone con le quali penso condividiamo il monito del Vangelo “Ama il tuo prossimo come te stesso”: quindi ai cristiani praticanti, scout, catecumenali, azione cattolica, S. Vincenzo, Caritas, ma pure a tutte le persone di buona volontà.

Nel volantino che distribuiremo, ognuno potrà mettersi direttamente a contatto con l’associazione “Il Prossimo”, per concordare tempi e modalità di servizio. Facciamo quindi nostro l’appello di don Zeno Saltini, il fondatore di Nomadelfia, il quale cercò volontari per la sua opera con queste parole: “Angeli dalle trombe d’argento suonate l’accolta di tutti gli uomini e donne di buona volontà, voi conoscete i loro nomi, dove abitano e il numero dei loro cellulari, chiamateli perché ci aiutiamo reciprocamente a costruire un mondo nuovo in cui ogni cittadino fragile o in difficoltà possa trovare aiuto”. Invito quindi questi angeli perché riprendano le loro trombe d’argento affinché nell’ipermercato aderisca un numero abbonante di volontari! Ringrazio ed attendo un gran numero di risposte.

N.B.: Potrete contattare il presidente dell’associazione il Prossimo, Edoardo Rivola, alla mail edoardo.rivola@gmail.com

La forza di un sogno

Tutto nasce dall’idea di creare un luogo dove chi è in condizione di disagio possa trovare aiuto: ora siamo tutti chiamati a essere protagonisti di questa avventura.

Sono ben felice che la redazione de “L’incontro“, il settimanale della Fondazione Carpinetum dei Centri don Vecchi, periodico a cui ho dato vita all’inizio del 2005 appena andato in pensione, mi abbia chiesto un intervento in occasione dell’inaugurazione del “Centro Papa Francesco“. Ho sempre ritenuto giusto, anzi doveroso, offrire un contributo di idee in occasione di eventi che riguardano la mia Città e la mia Chiesa. Ho sempre espresso il mio pensiero, anche quando ero consapevole che mi trovavo in minoranza; “partecipare” oltre che un diritto è un dovere per chi ha a cuore il domani e le sorti che riguardano sia la Comunità civile che quella religiosa.

Questa opportunità che mi è stata offerta mi permette di felicitarmi nella maniera più convinta con chi ha realizzato questa struttura straordinaria ed innovativa nel campo della solidarietà. Credo che la nostra Città e la nostra Chiesa debbano rendere onore e pure riconoscenza nei riguardi della Fondazione per i Centri Don Vecchi, ma soprattutto al suo attuale consiglio d’amministrazione, che ha avuto il coraggio e l’intuizione di dar vita ad una meravigliosa struttura di cui credo non si trovi una uguale nel nostro Paese a livello di carità cristiana.

Questo intervento mi dà modo di fare una precisazione che finalmente posso confessare ai miei concittadini; perché spesso, a proposito di questa iniziativa, mi si danno dei meriti che non sono veri. Io in questa bella vicenda non ho collaborato se non donando una piccola parte del grande sogno di dar vita ad un “Centro della solidarietà”, sogno che il Patriarca Cé aveva condiviso ed incoraggiato, ossia di un polo nel quale i concittadini in disagio potessero trovare aiuto, quali che fossero i motivi delle loro difficoltà.

Quindi i meriti e la riconoscenza vanno a don Gianni Antoniazzi, presidente della Fondazione, ad Andrea Groppo, vicepresidente, che è il vero realizzatore del progetto ed a Edoardo Rivola, che è il presidente de “Il Prossimo“, associazione che ne curerà la gestione, per non parlare dei 250 volontari che stanno dando tempo ed energie per la sua vita.
Questa precisazione mi dà modo di liberarmi dalla sensazione di sentirmi molto di frequente un “ladro” dei meriti altrui.

Voglio pure precisare che avendo spesso parlato dell'”ipermercato della solidarietà”, ho temuto che si potesse confonderlo con le analoghe strutture di natura commerciale. Preciso che nel nostro “ipermercato” ai più poveri viene donato tutto gratuitamente, ma pure a chi non abbia gravissimo bisogno di aiuto, tutto viene offerto in maniera gratuita, perché si richiede solamente una modestissima offerta per i costi di gestione. Spero quindi che questa precisazione metta in pace e tranquillizzi la “concorrenza commerciale”!

Essendo pure stato coinvolto molto spesso nella necessità di mettermi addosso “la bisaccia dei frati da questua” per cercare benefattori, debbo dichiarare di aver trovato una risposta estremamente generosa da parte del “Banco Alimentare di Verona”, dai “mercati generali frutta e verdura di Padova”, da 25 supermercati cittadini e dell’hinterland per la cessione dei generi alimentari in scadenza e da un considerevole numero di aziende del settore che quasi ogni giorno ci offrono “eccedenze” di ogni genere che i nostri volontari vanno a raccogliere usando la nostra “flotta” di sette furgoni con la scritta rossa sul fondo bianco “Servizi per i poveri”, furgoni che da mane a sera girano a Mestre e in tutte le città del Veneto.

Da ultimo, fra tutte le belle cose che dovrei segnalare ai miei concittadini, circa questa splendida e meravigliosa avventura di carità, è quella di non sentire mai più menzionare “Il supermercato di don Gianni, di don Armando, della Fondazione dei Centri don Vecchi o dell’associazione “Il Prossimo”, ma invece vorrei sentire che “l’Ipermercato” sia ritenuto la bella e innovativa realtà solidale della Città e delle Comunità parrocchiali, iniziativa della quale ognuno si senta partecipe e coprotagonista offrendo ad esso la propria collaborazione.

Ultimissima confidenza di questo povero prete ultranovantenne: spesso mi sorprendo che sto rivolgendomi al Signore con le parole del vecchio Simeone, quando ha avuto la grazia di incontrare il Messia: “Ora puoi chiamarmi, Signore, perché ho già visto “Le meraviglie di Dio!” Però se mi facesse vedere anche altre cose di questo genere non mi dispiacerebbe affatto!

Il piacere di un caffè

Nel nostro “ipermercato” – chiamiamolo così solamente perché in questi nostri magazzini della solidarietà i concittadini che sono in difficoltà d’ordine economico, possono trovare un po’ di tutto: dai generi alimentari, ai mobili, dagli indumenti, alla frutta e verdura, dall’arredo per la casa, ai pannoloni e ai supporti per gli infermi – si trova però solamente tutto di quello che ci donano e non sempre disponiamo di quello di cui i poveri hanno bisogno.

Per grazia di Dio, ogni giorno riceviamo tante offerte, ma spesso quelle più necessarie non arrivano e questo ci dispiace alquanto perché siamo convinti che chi è povero ha bisogno e, diciamolo convintamente, ha pure diritto d’avere non solo l’indispensabile per sopravvivere ma pure quello che rende più confortevole la vita. In questi casi ci dispiace alquanto non dare risposte positive a certe legittime richieste.

In questi ultimi tempi, ad esempio, non avevamo neppure un chicco di caffè. A questo mondo c’è sempre qualcuno che ha pure delle ottime idee, ma poi pretenderebbe che fossero gli altri a realizzarle! A questo proposito degli amici ci avevano più volte suggerito di andare a chiedere aiuto a chi produce quello di cui abbiamo bisogno. E nel caso specifico del caffè, ci dissero che a Preganziol c’è chi “lo produce”. Fortunatamente il nostro amico e collaboratore, l’ingegner Giordano Serena, aveva una persona che ci poteva presentare ai proprietari.

Io assieme a suor Teresa e all’ingegnere siamo andati a chiedere elemosina per i nostri poveri. Vi confesso che chiedere è sempre imbarazzante, specie per me che sono fondamentalmente un timido! D’istinto però mi vennero in mente i frati, che un tempo andavano alla questua e quindi idealmente mi misi sulle spalle la bisaccia dei frati mendicanti e mi presentai assieme ai due cari colleghi alla proprietaria di questo “stabilimento”.

La giovane signora ci accolse con estrema cortesia, mettendoci a nostro agio. Presentammo la nostra “impresa” e la relativa richiesta di aiuto. Con nostra felice sorpresa si dichiarò ben felice di poter collaborare con noi per fare un po’ di bene anche lei, offrendoci gratuitamente, seduta stante, mezzo bancale di caffè cioè 600 pacchetti da 250 grammi al pezzo, aggiungendo che se avessimo bisogno dell’altro ci avrebbe fornito il caffè a prezzo di costo, tanto che ne ordinammo un altro bancale e mezzo.

In questi giorni pensando all’accoglienza e alla generosità di questa giovane donna m’è parsa perfino tanto bella e mi ha convinto soprattutto che il caffè Goppion è il più buon caffè che ci sia in commercio, tanto che sento la gioia e il piacere di suggerirlo a tutti i miei concittadini: il caffè di chi crede alla solidarietà è in assoluto il migliore!

Il nuovo segno di pace “made” Papa Francesco

Papa Francesco, ogni giorno di più, non cessa di sorprendermi, egli con le sue scelte umili e discrete sta umanizzando la nostra religiosità, togliendole quell’aureola di sacralità e di mistero e calandola in quello che è l’aspetto più vero del nostro vivere.

Le sue telefonate a capi di stato, a personaggi della cultura a semplici cittadini bisognosi di conforto e di speranza sta togliendo in maniera radicale e definitiva “il triregno” del capo del successore di San Pietro, per presentarsi soprattutto come padre e fratello di umanità e di fede. Mi ha colpito quanto mai l’ultimo suggerimento che profuma proprio di calore e di fraternità il rapporto tra fedeli che partecipano ai sacri riti, che non sempre sono coinvolgenti.

Oramai da molti mesi, a causa della pandemia il celebrante non dice più ai fedeli: “Scambiatevi un segno di pace”, segno che s’era quasi svuotato di contenuto di simpatia, amicizia e fraternità.

Quel modesto invito sta già diventando motivo di ulteriore rimpianto del tempo nel quale non avevamo quel virus micidiale sempre pronto a colpire.

Qualche giorno fa qualcuno mi ha informato che il papa ha annunciato ai fedeli: “Ora non possiamo più scambiarci, durante la Messa, il segno di pace stringendoci la mano, però nulla vieta che il sacerdote dica: “Scambiamoci uno sguardo di simpatia e di amicizia, magari accompagnando lo sguardo con un sorriso affettuoso.”

Il suggerimento mi è parso veramente felice! E alla prima messa che ho celebrato dopo questa “scoperta” ho rivolto il medesimo invito ai presenti.

La reazione mi è parsa veramente bella: i fedeli si sono rivolti al vicino di banco con grande spontaneità e simpatia!

Molto tempo fa ho letto una riflessione di un poeta giapponese il quale aveva scritto: “In autobus, in treno, alla partita, sediamo gomito a gomito con degli sconosciuti, uomini e donne come noi, ai quali però non rivolgiamo mai uno sguardo o una parola di cortesia. Sembra davvero che fra l’uno e l’altro passi la muraglia cinese!”. Concludo: vuoi vedere che il nostro Papa, umile e semplice, riesce perfino a scardinare la “muraglia cinese” che pare dividere anche i fedeli in Chiesa?

La forza di un’utopia

La forza di un’utopia

Molti pensano che l’utopia sia un progetto che è destinato sempre a non realizzarsi mai, mentre io sono convinto che sia invece la spinta propulsiva verso una nuova “frontiera”, quella di dare volto e consistenza seria e reale alla solidarietà. Mi piacerebbe tanto che nella segnaletica delle strade che conducono alla nostra città fosse scritto: “Mestre città della solidarietà”. In questa impresa vi sono stati alcuni momenti nei quali anche io ho pensato, come Raul Follerau, l’apostolo dei lebbrosi, che scrisse nel suo testamento: “Lascio in eredità alla nuova generazione i progetti che non sono riuscito a realizzare”. Fortunatamente le realtà nelle quali sono vissuto mi hanno offerto un “filo rosso”, ora tenue ed ora consistente, che ci ha condotti alla realizzazione del supermercato della solidarietà, un progetto che cinquant’anni fa sembrava un’impresa assolutamente impossibile! Penso che molti concittadini siano contenti di conoscere questo “filo rosso” che, nonostante moltissime difficoltà, fra un mese ci potrà indicare il volto dell’utopia che per l’intera mia vita mi ha fatto sognare ed impegnarmi. Per esigenza di spazio non posso che elencare, in maniera sommaria queste tappe, ma in futuro potrei anche descrivere in maniera dettagliata gli eventi che ci hanno condotto alla realizzazione dell’ipermercato della carità.

  1. 1958: Adattata una “baracca” presso la canonica di San Lorenzo per la raccolta e distribuzione di indumenti per i poveri.
  2. 1959: “Il caldo natale” degli scout con raccolta e distribuzione di carbone e legname per il riscaldamento invernale.
  3. 1960: costruzione di Ca’ Letizia con mensa da 120 coperti, cena e colazione al mattino, magazzino indumenti, docce e barbiere, vacanze per ragazzi ed anziani, pubblicazione della rivista “Il Prossimo” per sensibilizzare la città.
  4. 1972: apertura di queste piccole strutture per alloggiare anziani poveri: Piavento – Ca’ Dolores – Ca’ Elisabetta – Ca’ Teresa – Ca’ Elisa.
  5. 1975: apertura de “la Foresteria” e del Foyer S. Benedetto, strutture per alloggiare lavoratori di paesi fuori Mestre e parenti di ricoverati in ospedale.
  6. 1977: apertura di Villa Flangini per le vacanze degli anziani e della Malga dei Faggi per le vacanze dei ragazzi.
  7. 1980: Inizio della costruzione dei sette Centri don Vecchi: 510 alloggi per anziani poveri, per padri e madri separati, per lavoratori fuori città, per famiglie disagiate, per parenti di degenti nei nostri ospedali; alloggi offerti gratis pagando solo utenze e spese condominiali.
  8. La bottega solidale chiosco di distribuzione di alimenti per i poveri.
  9. 1995 inizio del “Polo solidale”, 1200 metri di superficie per la raccolta e la distribuzione per i poveri di indumenti, mobili, arredo per la casa, supporti per disabili, generi alimentari, frutta e verdura. Il tutto gratis, solo richiesta di una piccola offerta per le spese di gestione.
  10. 2020: realizzazione dell’Ipermercato della Solidarietà per ospitare le attività del “Polo solidale” che finora operava presso il Centro don Vecchi 2 di Carpenedo. Struttura che la Fondazione Carpinetum ha voluto opportunamente chiamare: “Centro di solidarietà cristiana Papa Francesco”.

Questa realtà gode della stima e della elargizione quotidiana o settimanale di 21 ipermercati delle catene commerciali: Cadoro, Alì, Coop, Pam, Lidl, Interspar e soprattutto del “Banco alimentare di Verona”, del mercato generale di frutta e verdura di Padova e infine di un numero rilevante di attività commerciali.

Questa struttura sarà aperta a tutti i bisognosi di aiuto, ognuno sceglie quello che gli serve dando una piccola offerta cosi che pure il povero abbia solo la sensazione di contribuire al bene dei più poveri.

Le vere fondamenta di queste realtà, sono di natura squisitamente religiosa e poggiano su questa “pietra d’angolo” del pensiero cristiano: “Ubi Caritas ibi Deus”. “Dove c’è la Carità là s’incontra il Signore” Padre di tutti.

L’utopia però è un sogno che non ha mai una data come conclusione ma è invece come l’orizzonte, che man mano che si avanza verso di esso, continua a spostarsi più avanti. Ora il nostro orizzonte è la “cittadella della solidarietà”, una realtà che comprenda un centro studi per analizzare e risolvere le nuove povertà. Un centro di collegamento tra vari gruppi cittadini impegnati nei settori specifici della solidarietà che continui a progettare e a migliorare le strutture solidali già esistenti.

Tutto questo è stato realizzato dalle comunità parrocchiali guidate dai sacerdoti che si sono succeduti nel tempo. Ora tengono il timone don Gianni Antoniazzi e i suoi diretti collaboratori.

Aggiungo infine che il Comune ci ha agevolato con un notevole contributo burocratico e contiamo inoltre di trovare anche una collaborazione con Caritas. La Regione invece, nonostante ripetute sollecitazioni, non ha contribuito neppure con un centesimo a queste realtà che di certo sono un fiore all’occhiello della nostra Città.

La testimonianza dell’avvocato Cacciavillani

Un paio di settimane fa è morto l’avvocato Ivonne Cacciavillani, un professionista quanto mai noto e stimato nel foro del Veneto. Io lo ricordo e gli sono riconoscente per tre motivi.

Il primo per interesse, perché mi ha aiutato a dimostrare che avevo diritto di essere esonerato dal pagare gli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria per i centri don Vecchi, tassa che il Comune pretendeva perché mi concedeva il permesso di offrire l’alloggio gratis a quattro cinquecento anziani poveri della città! Quella tassa era pari ad una trentina di milioni di vecchie lire. Secondo, sono venuto a sapere, che alla domenica, dopo aver ascoltato la S. Messa, dalle nove alle undici si metteva a disposizione per aiutare gratis i suoi compaesani per problemi di ordine giuridico. Terzo perché mi ha raccontato che un giorno in treno un ispettore delle ferrovie dello Stato l’aveva trattato con arroganza, al che lui gli aveva detto in maniera perentoria: ”Lei non sa chi sono io!” L’altro pensò che fosse un deputato, e rimase perplesso. Allora questo uomo di legge tirò fuori la sua carta di identità e gliela mostrò dicendogli: ”Io sono un cittadino italiano!”

Da quel giorno mi sono liberato da qualsiasi soggezione verso qualsiasi autorità, perché l’avvocato mi ha convinto che siamo noi i veri datori di lavoro di ogni dipendente dello Stato, siano essi, il Sindaco, giudici o deputati.
Da allora in poi quando chiedo qualcosa non mi tolgo il cappello, solamente perché non lo porto mai, però li tratto come uno dei miei dipendenti, e non mai come miei superiori!

A suor Michela

Suor Michela Monti dopo aver ricevuto l’unzione degli infermi e la benedizione papale, alle ore 13:10 del 9 marzo 2021 è giunta alla “Terra promessa” per incontrarsi col Padre al quale ha donato la sua lunga vita. Ritengo doveroso tracciare un breve profilo della sua personalità e della sua vita, spesa interamente per la gloria di Dio e il bene dei fratelli, perché la sua bella e cara testimonianza di vera “figlia di Dio” possa essere di edificazione e di stimolo ad una vita autenticamente cristiana anche per tutti coloro che l’hanno incontrata e che in qualche modo hanno beneficiato del suo servizio religioso prima nella comunità di S. Giuseppe di Viale San Marco, poi in quella di Carpenedo ed infine in quella del Centro don Vecchi, nella quale ha trascorso gli ultimi 15 anni di vita e di apostolato cristiano.

Suor Michela è nata 95 anni fa a Tunisi, da padre italiano e madre maltese, nella sua giovinezza ha perseguito il diploma di maestra d’asilo ed ha prestato servizio nella scuola tenuta dalle Suore di Nevers che si trovavano da molti anni impegnate al servizio della popolazione Tunisina. A 23 anni sentì la chiamata a farsi religiosa ed entrò nella congregazione delle suore di Nevers che aveva da sempre conosciute ed ammirate per la dedizione ai più poveri di quella Città, e per servire il Signore mediante la sua disponibilità ad aiutare i poveri ed annunciare il Vangelo di Gesù. Questa Suora compì la sua formazione religiosa in Francia nella casa Madre delle suore di Nevers chiamata “Saint Gildard” dove la sua “sorella di fede” Suor Bernadette Soubirous, la santa a cui è apparsa La Madonna, ha come lei appreso ad amare e servire il Signore, ed è rimasta presente con il suo corpo intatto, per testimoniare la grande potenza di Dio e la sua misericordia per tutta l’umanità.

Completata la sua formazione religiosa fu destinata di nuovo nella sua terra tunisina per occuparsi soprattutto delle ragazze arabe abbandonate, insegnando loro le prime nozioni di civiltà, “come cucinare, prendersi cura del loro corpo, imparare a leggere e scrivere ecc. ecc.” Sempre con grande rispetto per le loro tradizioni di fede. Ha insegnato arabo in una scuola tenuta dalle suore per le ragazze di estrazione francese.

Nel 1960 fu destinata in Italia nella parrocchia di San Giuseppe in Viale San Marco, comunità appena sorta e quindi bisognosa di anime generose che l’aiutassero a diventare una vera comunità di fede. In quegli anni ebbe il compito di fare l’economa della comunità e della scuola materna, elementare, e media, e il servizio alla parrocchia.

Nel 1976, ha seguito il bisogno di aggiornamento, stimolato dal Concilio Ecumenico e dalla contestazione del 68; accettò la proposta dei suoi superiori di attuare un nuovo modo di apostolato: ossia quello di creare delle piccole comunità inserite nelle parrocchie a loro totale servizio. E soprattutto per avere il modo di ritornare alle origini della fondazione per cui il Fondatore, un “benedettino Francese” don Jean Baptiste Delaveyne, le aveva pensate per testimoniare la Carità di Cristo verso le persone bisognose a completa disposizione delle parrocchie. Questa esperienza trovò attuazione nella parrocchia di Carpenedo, ove si trasferì, in una normale abitazione, assieme a suor Teresa e ad altre suore che si avvicendarono lungo i venti anni di permanenza. A Carpendo, dopo aver frequentato e acquisito il diploma di assistente geriatrica, suor Michela guidò il gruppo San Camillo a servizio degli ammalati, si dedicò al catechismo parrocchiale, diede vita a “il Ritrovo”, la struttura e la relativa associazione degli anziani, ed impegnò tutto il resto del suo tempo al servizio liturgico; furono innumerevoli i funerali, i matrimoni e le funzioni religiose nelle quali mi fu accanto. Suor Michela fu pure protagonista della nascita e dello sviluppo della Villa Asolana, che la parrocchia gestì a favore degli anziani poveri, arrivando ad offrire un paio di settimane di svago e di riposo a più di 400 anziani poveri ogni anno.

Nel 2005, quando cessai il mio servizio nella parrocchia di Carpenedo, lei mi seguì, con suor Teresa, al don Vecchi, mettendosi ancora una volta a disposizione dei 200 residenti in questa struttura; per terminare la sua vita, dopo un’infinita “Via Crucis” sopportata con coraggio e fede, assistita con immenso amore filiale da parte di suor Teresa, che ha totalmente condiviso questa splendida e innovativa esperienza pastorale.

Questa è stata la bella ed entusiasmante esperienza di apostolato di questa suora in linea con i tempi nuovi della Chiesa e della Società. Suor Michela fu una donna forte, intelligente, determinata e fedele alla sua missione tanto diversa da quella sperimentata nella sua giovinezza. Per molti aspetti fu una suora che accettò di fare da apripista al nuovo modo di essere suora nel terzo millennio; pur salvaguardando le radici della sua formazione, si aprì al mondo nuovo con fiducia e coraggio, scegliendo un alloggio, un vestito, una casa ed una modalità di servizio totalmente in linea con la sensibilità di questo nuovo mondo, che cambia in modo quanto mai veloce. Suor Michela ha scelto di riposare assieme ai resti mortali di religiosi e suore della città che la nostra comunità ha predisposto per loro nel nostro Camposanto perché i cittadini vi poggino sopra un fiore e dicano una preghiera per queste creature di Dio che hanno scelto di spendersi totalmente per la sua gloria e per il bene dei fratelli.

La Voce – Anno 2 – n° 6 – 7 febbraio 2021

IL MESSAGGIO DI QUESTA DOMENICA

Dio, dammi la serenità di accettare le cose che non posso cambiare, il coraggio di cambiare le cose che posso e la saggezza di riconoscere la differenza.

LA MORALE DELLA FAVOLA

L’OCCHIO DEL FALEGNAME

C’era una volta, tanto tempo fa, in un piccolo villaggio, la bottega di un falegname. Un giorno, durante l’assenza del padrone, tutti i suoi arnesi da lavoro tennero un gran consiglio.

La seduta fu lunga e animata, talvolta anche veemente. Si trattava di escludere dall’onorata comunità degli utensili, un certo numero di membri.

Uno prese la parola:” Dobbiamo espellere nostra sorella Sega, perché morde e fa scricchiolare i denti. Ha il carattere più mordace della terra”.

Un altro intervenne:” Non possiamo tenere fra noi nostra sorella Pialla: ha un carattere tagliente e pignolo, da spelacchiare tutto quello che tocca”.

“Fratel Martello – protestò un altro – ha un caratteraccio pesante e violento. Lo definirei un picchiatore. E’ urtante il suo modo di ribattere continuamente e dà sui nervi a tutti. Escludiamolo!”.

“E i Chiodi? si può vivere con gente così pungente? Che se ne vadano! E anche Lima e Raspa. A vivere con loro è un attrito continuo. E cacciamo anche Cartavetro, la cui unica ragione d’essere sembra quella di graffiare il prossimo!”.

Così discutevano, sempre più animosamente, gli attrezzi del falegname. Parlavano tutti insieme. Il martello voleva espellere la Lima e la Pialla, questi volevano a loro volta l’espulsione di chiodi e martello, e così via. Alla fine della seduta tutti avevano espulso tutti.

La riunione fu bruscamente interrotta dall’arrivo del falegname. Tutti gli utensili tacquero quando lo videro avvicinarsi al bancone di lavoro.

L’uomo prese un asse e lo segò con la Sega mordace. Lo piallò con la Pialla che spela tutto quello che tocca. Sorella Ascia che ferisce crudelmente, sorella Raspa dalla lingua scabra, sorella Cartavetro che raschia e graffia, entrarono in azione subito dopo.

Il falegname prese poi i fratelli Chiodi dal carattere pungente e il Martello che picchia e batte. Si servì di tutti i suoi attrezzi di brutto carattere per fabbricare una culla. Una bellissima culla per accogliere un bambino che stava per nascere.

Per accogliere la vita.

Bruno Ferrero

Dio ci guarda con l’occhio del falegname

Il silenzio non è una serpe che il più piccolo rumore fa fuggire.
È’ un’aquila dalle ali forti che vola alta sullo strepito della terra degli uomini e del vento.

(Madeleine Delbrêl)

La Voce – Anno 2 – n° 5 – 31 gennaio 2021

IL MESSAGGIO DI QUESTA DOMENICA

Quando nascesti, tutti erano contenti e tu piangevi. Vivi in modo che, quando tu morirai, tutti piangano e tu sia felice.

(proverbio arabo)

MORALE IN PILLOLE

IL LUMINO ROSSO

Un protestante, durante un giro turistico, entrò con la sua bambina in una chiesa cattolica. Invece di guardare le opere d’arte, la bambina fu incuriosita dal lumicino rosso che ardeva in un angolo, accanto al tabernacolo.
“Papà, perché c’è quel lumino rosso?” chiese.
“Perché secondo i cattolici, dentro quell’armadietto c’è Gesù sotto forma di pane consacrato. La lampada ricorda a tutti la sua presenza”, rispose sincero il padre.
Una settimana dopo, padre e figlia entrarono nella loro chiesa per la funzione domenicale. La bambina si guardò intorno per un po’, poi tirò la giacca del padre.
“Papà, perché qui non c’è il lumino rosso?”.
“Per noi protestanti, qui non c’è Gesù, bambina mia”.
La bambina si accigliò, poi prendendo la mano del padre disse:
“Papà andiamo in una chiesa dove c’è Gesù!”

 

Il santo curato d’Ars incontrava spesso in chiesa un semplice contadino della sua parrocchia. Inginocchiato davanti al tabernacolo, il brav’uomo rimaneva per ore immobile, senza muovere le labbra. Un giorno, il parroco gli chiese: “Cosa fai qui così a lungo?”.
“Semplicissimo. Egli guarda me e io guardo lui”.
Puoi andare al tabernacolo così come sei con il tuo carico di paure, incertezze, distrazioni, confusioni, speranze e tradimenti. Avrai una risposta straordinaria:
“Io sono qui”.
“Che ne sarà di me, dal momento che tutto è così incerto?”.
“Io sono qui!”.
“Non so cosa rispondere, come reagire, come decidermi nella situazione difficile che mi attende”.
“Io sono qui!”.
“la strada è così lunga, io sono così piccolo e stanco e solo…….”.
“Io sono qui!”.

AI MIEI FEDELI DELLA CHIESA DEL CIMITERO

Io sono quanto mai ammirato dai fedeli che frequentano la mia chiesa per la loro compostezza, attenzione e devozione esemplare.
Tutto questo mi fa sperare che in famiglia, sul posto di lavoro e nella vita civile siano tutte persone esemplari sia nell’adempimento del proprio dovere sia nella disponibilità ad aiutare il prossimo.
Pertanto sogno che più di qualcuno si renda disponibile per dare una mano a ritirare e dispensare i generi alimentari, la frutta, la verdura, gli indumenti, i mobili e l’arredo per la casa del nostro “Ipermercato della solidarietà” che quest’anno si trasferirà nella nuova struttura di 3.500 metri quadrati.

La Voce – Anno 2 – n° 4 – 24 gennaio 2021

IL MESSAGGIO DI QUESTA DOMENICA

Traccia una strada davanti a me. Se è con la fede che ti trovano coloro che si rifugiano in te, donami la fede; se è con la forza, donami la forza; se è con la scienza, donami la scienza (Sant’Agostino)

BREVI RIFLESSIONI

NEL MONDO C’E’ SEMPRE QUALCOSA DI SANO

C’era una repubblica tutta in sfacelo. Come, e forse più, della nostra. Il presente era confuso, e l’avvenire fosco come una foresta rannuvolata. Spaventatissimi i capi si radunarono a consiglio per rimediare. Molti i rimedi presentati, ma tutti inadeguati e non è mancato chi si consolava d’essere vecchio e di non dover quindi assistere al crollo generale.
Prende allora la parola un saggio dalla gran barba bianca e dagli occhi saettanti, sciabolate dove si posavano, e grida: – E’ delittuoso lasciar rovinare questa nostra repubblica con la scusa che noi siamo vecchi; La repubblica non è costruzione nostra, ci fu data, abbellita, dai nostri avi, e dobbiamo trasmetterla, più abbellita, a chi ci succederà.
I guai che conosciamo?
C’è un rimedio, e infallibile, come un rimedio c’è stato per ogni crisi passata.
Così dicendo il vecchio estrae di tasca una mela tutta fradicia, nera come il carbone, puzzolente come una carogna. La fa vedere come tale ai colleghi, poi la colloca sul tavolo e con un pugno potentissimo la schiaccia insozzandone un po’ tutti.
Quindi, rimestando nei resti della mela, ne isola i semi, e dice: – Tutto era marcio nella mela. Ma marci non sono questi semi. Vedeteli.
Se li piantate nel giardino ne otterrete piante che porteranno mele sane, come se i semi non provenissero da mele malate.
Non capivano. Allora il vecchio disse la gran parola: “I bambini”. Sono i bambini, spiegava, il seme ancora sano, o almeno risanabile.
In loro si può sempre sperare. Basta preservarli dal marcimento generale, conservarli nella loro originaria salute, per avere una repubblica nuova.

APPELLO

Alle persone che frequentano il cimitero e che sono quasi sempre sensibili ed aperte agli altri

Mi permetto di segnalare che presso i magazzini della carità del Don Vecchi c’è sempre un estremo bisogno di volontari che diano una mano ad aiutare i poveri. Chi decidesse di donare qualche ora del suo tempo è pregato di telefonare a suor Teresa.

N.B. Tra le notizie utili nell’edizione cartacea e PDF c’è il suo numero di cellulare.

ATTENZIONE AI DIVIETI

Talvolta alcuni fedeli che frequentano la nuova chiesa del cimitero, probabilmente per distrazione o disattenzione, prendono posto sulle sedie che, in ottemperanza alle norme per difenderci dal coronavirus, sono contrassegnate da un segno di divieto. Prego vivamente tutti di attenersi a queste norme per il bene proprio e quello altrui.

don Armando

La Voce – Anno 2 – n° 3 – 17 gennaio 2021

IL MESSAGGIO DI QUESTA DOMENICA

Chi non sa tacere fa della sua vita ciò che farebbe chi volesse solo ispirare e non inspirare. (Romano Guardini)

BREVI RIFLESSIONI

SOTTO L’ORLO DEL BURRONE

Un bonzo che percorreva tranquillo la strada che portava al suo monastero sui monti, fu sorpreso da un orso famelico.
Con quel bestione alle calcagna, il bonzo cominciò una fuga trafelata. Ma improvvisamente si trovò sul ciglio di un burrone.
Era di fronte ad una scelta inderogabile: o buttarsi nel vuoto, o lasciarsi raggiungere e divorare dall’orso.
L’orso si avvicinava e già arrotava le formidabili zanne.
Il bonzo si buttò nel burrone, ma riuscì ad afferrarsi ad un ramo che sporgeva dalla parete rocciosa, che strapiombava nel sottostante baratro.
Spinse lo sguardo verso il basso e scorse una tigre affamata, con le fauci spalancate, ferma in attesa che lui cadesse.
Così, il povero bonzo se ne stava aggrappato al ramo, mentre, sopra di lui, una tigre lo aspettava in agguato.
In quel momento, due topolini, disturbati da tutto quel fracasso, uscirono dalla loro tana e cominciarono tranquillamente a rosicchiare il ramo, a cui si reggeva l’infelice bonzo.
La situazione era disperata.
In quel momento, il bonzo scorse accanto al ramo un cespuglio di fragoline selvatiche, con alcuni frutti rossi, maturi, succosi, pronti insomma per essere mangiati. Allungò una mano, ne colse due, se li mise in bocca e li gustò esclamando, estasiato: “Hmm! Che buoni! Che sapore delizioso!”.
Nessuno può trovarsi in una situazione così disperata, da non avere neppure un motivo di gioia.
Saperlo scoprire è frutto di forza d’animo e di umorismo.
Un furfante, condotto un lunedì al patibolo, disse: “Bè, questa settimana comincia bene”.

Le sfide pastorali

Mi è stato riferito che a proposito del mio recente volume “Le mie esperienze pastorali 1954-2020”, nel quale ho raccontato le “mie imprese pastorali”, qualcuna delle quali m’è riuscita benino, qualche mio collega ha affermato “Erano altri tempi!” come a dire che oggi quelle vicende siano ormai improponibili.
Sennonché qualche giorno fa ho letto sul foglietto parrocchiale di un sacerdote di periferia, che conosco bene perché è mio fratello, che ogni mercoledì mattina invita i suoi giovani ad una messa che celebra alle sei e mezza di mattina e ogni settimana una quarantina di giovani delle superiori vi partecipa; con grande stupore, ho letto la data “Chirignago 18 ottobre 2020”. Sono stato felice di vedere che le mie avventure pastorali sono possibili ancora oggi!
So di essere solamente “una voce che grida nel deserto” però anche la voce di Giovanni era solitaria e mi conforta constatare quello che ho fatto!

don Armando