Una preghiera per don Armando

Lunedì don Armando è stato ricoverato per un piccolo intervento che avverrà oggi. Si prevede che don Armando torni a casa giovedì.

In questi giorni il blog continuerà a pubblicare i numerosi pezzi che don Armando ha scritto e continua imperterrito a scrivere.

Oggi comunque, in occasione dell’intervento, invitiamo i già numerosi lettori del blog a innalzare una preghiera per questo grande sacerdote e uomo.

– La redazione

“Fa più rumore un ramo che cade che una foresta che cresce!”

Mi fece molta impressione qualche anno fa una citazione, che non avevo mai sentito, e che il prof. Rama, che non era solamente un celebre oculista, ma anche un ottimo ed incisivo conferenziere fece, durante il suo discorso: cioè: Fa più rumore un ramo che cade che una foresta che cresce!

Dopo quella volta ho sentito in tante e tante altre occasioni citare questa sentenza.

In verità è un’immagine vera e felice, L’immagine che in un’altra occasione avevo sentito dall’avvocato Carnelutti, principe del foro veneziano, con un’altra espressione ma con identico contenuto: “Il male è come i papaveri in un campo di grano, bastano pochi di questi fiori dal color rosso vivo per farti sembrare il campo pieno di questi fiori, mentre il bene è come le viole, anche se in un campo ce ne sono moltissime e profumate, devi cercarle con attenzione perché sono umili e nascoste.

Da quando è nato l’Incontro, mi sto costruendo alla meno peggio un archivio, con tutto quel materiale che è nella stessa lunghezza d’onda della linea editoriale scelta per il nostro periodico. Col materiale ricavato in poco più di due anni avrei personaggi, testimonianze, avvenimenti, pensieri ed iniziative benefiche che mi potrebbero bastare per più di dieci anni. Attualmente non ho che l’imbarazzo della scelta per portare all’attenzione dei lettori un mondo nascosto e sconosciuto che si rifà al vangelo, al bene e alla solidarietà.

Talvolta soffro di non riportare tutto quello che di vero, di bello e buono vado scoprendo, non solamente nella stampa, ma anche nei rapporti normali e quotidiani con la vita di tutti i giorni. La foresta meravigliosa vigorosa e promettente che sta crescendo nel silenzio e nell’umiltà è veramente immensa e ricca di prospettive. Peccato che i mass-media non le riportino!

Annullamento di un matrimonio

Don Danilo, il mio successore alla guida della parrocchia di Carpenedo, qualche giorno fa mi ha telefonato dicendomi che il tribunale eclesiastico per l’annullamento dei matrimoni chiedeva un’informazione su due coppie che io ho sposato una decina di anni fa. In realtà non ricordavo proprio nulla di questi parrocchiani ai quali il matrimonio era andato male, motivo per cui essi ne chiedevano l’annullamento, ma in ogni caso queste richieste esigite dalla prassi legale mi han sempre irritato. Se avessi riscontrato irregolarità lo avrei segnalato, ed anche se avessi nutrito dubbi sulla opportunità delle nozze non avrei potuto legittimamente impedire di sposarsi.

Ho ritenuto e ritengo ancora valido il fatto che la Chiesa, constatando alla prova dei fatti, delle anomalie o delle carenze sostanziali alla vita coniugale di una coppia, dichiari che il matrimonio era stato un fatto solamente formale e quindi lo dichiari nullo. Non sono affatto d’accordo e continuo a sperare e pregare per un ripensamento della Chiesa sulle modalità, sui parametri del giudizio, sui costi e sulla lunghezza dell’inchiesta giudiziaria.

Avrei bisogno di un libro per una argomentazione adeguata, mi limito solamente ad una immagine. La casa, che ha avuto licenza edilizia e collaudo statico, se crolla, a meno che il proprietario non abbia messo della dinamite per farla saltare, significa che essa era carente di elementi essenziali. Se un matrimonio fallisce significa che mancavano i presupposti perché potesse reggere, e nove volte su dieci dovrebbe essere dichiarato nullo senza tanti discorsi inutili!

E’ tempo che prendiamo coscienza che…

Il giorno in cui ho scoperto d’essere il datore di lavoro che stipendia ogni impiegato dello Stato, e che gli garantisco lo stipendio, ho superato ogni complesso di inferiorità nei riguardi di qualsiasi funzionario sia modesto che importante; pretendo risposte rapide, rispetto, impegno, obbedienza.
Mi ha aiutato a superare questo complesso il famoso avvocato Cacciavillani che mi raccontava, che essendo stato un capotreno arrogante nei suoi riguardi tirò fuori dalla tasca la carta di identità ed ergendosi in tutta la sua altezza, con voce vibrante gli disse: “Lei non sa chi sono io?” L’altro probabilmente pensò di essere di fronte ad un onorevole, o forse peggio ancora ad un magistrato, ma lui soggiunse invece “Io sono un cittadino italiano, ed ho quindi tutti i diritti che mi garantisce la costituzione e il codice civile!”

Io ho preso da un pezzo coscienza d’essere non solo un cittadino, anche una persona, un cristiano ed un figlio di Dio. Non ho più complessi verso i burocrati, verso gli amministrativi, verso i politici, verso i letterati, verso i partiti! Come vorrei che tanti cittadini e tanti cristiani perdessero i complessi di inferiorità verso gente presuntuosa che crede di essere non so chi!

La sinistra s’è impadronita della resistenza, della cultura, dei mass media, della magistratura, del cinema, della storia e si è talmente montata la testa certi da pensare d’essere il battistrada del pensiero, detentrice della verità, l’espressione più autentica della democrazia, il domani per il nostro Paese. Balle! Tutte balle! Fortunatamente l’ha capito anche il popolo italiano e nelle ultime elezioni pur non avendo alternative meravigliose, l’ha mandati a casa con un calcio nel sedere!

E’ tempo che prendiamo coscienza che i cristiani posseggono i valori più validi, l’umanesimo più rispondente alla natura umana, esprimono gli uomini migliori, più seri, più concreti, più audaci. Finche non avremmo preso coscienza di queste certezze ci lasciamo schiacciare da imbonitori da piazza.

Il dibattito

Ci sono certi fatti che si incidono particolarmente nella mia coscienza, pare quasi che essi siano stati segnati con timbro rovente nel mio sentire, tanto da non riuscire a liberarmene per tanto tempo.

Lo scorso anno ha ascoltato e visto alla televisioni il dibattito sulla esistenza di Dio che il nostro Patriarca ebbe con Scalfari a Cortina.

In quell’occasione Scalfari è stato impietoso, arrogante, privo di ogni sensibilità umana e con affondi impietosi ha messo in grave difficoltà il nostro Patriarca il quale non aveva purtroppo avvertito che non avrebbe potuto duellare ad armi pari con Scalfari. Il Patriarca, cattedratico, solito a muoversi in ambienti rispettosi e con un denominatore comune a livello culturale, quello della fede o perlomeno di una cultura fondamentalmente cristiana.

Lui, Scalfari, invece il giornalista di successo supportato da una cultura marxista e laica ancora largamente presente nel Paese che ha sempre gratuitamente coltivato la presunzione di rappresentare la verità, il domani, e perché no, il sole dell’avvenire. In questi abbondanti avanzi del marxismo sconfitto dalla storia, permane nonostante l’assoluto fallimento storico, questa arrogante e gratuita presunzione.

In questi giorni con l’uscita del volume di Scalfari, che una volta ancora dichiara con sicurezza e sarcasmo, con argomenti arcaici ed assolutamente minoritari nella storia del pensiero umano, il suo ateismo, giudicando con sprezzante sicurezza gli uomini di fede, mi si è riaperta la ferita! Io non so se sento più pietà che ribrezzo per questa gente, comunque sono convinto che vada trattato come si merita.

E’ ora di finirla con i complessi di inferiorità, di soggezione o di pietà. Il popolo italiano ha capito ed ha manifestato con voto certo e palese la disistima per gente del genere.

Mi spiace tanto, che purtroppo, nonostante tante dichiarazioni, in realtà anche Veltroni, compagni e caudatari continuino a seguire la stessa strada.

“Il volto si fa memoria e la memoria si fa presenza”

Nelle pareti bianche del mio piccolo alloggio al don Vecchi sono appese solamente le amate Icone, che ho raccolto col passar degli anni. Le icone mi sono particolarmente care perché per me sono come delle reliquie delle preghiere di tanta povera gente, dalla fede semplice, che ha affidato a Cristo, alla Vergine ed ai santi amati dai russi la loro preghiera nei momenti difficili della loro vita grama. Ogni volta che passo accanto alle sacre immagini si sovrappongono ad esse i volti delle donne e dei vecchi che nelle loro isbe sparse nel desolato territorio pregavano di fronte a queste sacre immagini, molte di queste icone portano ancora i segni del fumo e della fiamma dei lumini accesi davanti ad esse.

Unica eccezione è un portaritratti d’argento, aperto a libro, con a sinistra la foto di mio padre con la sua vecchia Guazzetti e quella di mia madre, col suo volto mesto, mentre ricama presso un pergolato verde. Mi sono tanto care queste due istantanee dei miei vecchi genitori; mi ricordano la laboriosità, la fatica, i disagi affrontati con infinito coraggio per crescere i loro sette figli!

Quante volte me li sento così vicini cosi vivi e cosi cari mentre li guardo con tanto affetto e tanta nostalgia, quanta riconoscenza e quanto amore suscitano nel mio cuore queste due foto, tanto che io che sono cosi schivo vorrei baciare quelle immagini.

L’altro giorno, mentre tenevo in mano l’ostia bianca, su cui avevo appena pronunciato le sacre parole della consacrazione, provai lo stesso sentimento, gli stessi palpiti di quando vedo i volti dei miei vecchi genitori. L’ostia bianca, forse mi aiuta ancora di più a ricordare a dar volto vivo e raccogliere il pensiero di Cristo, ad aprirmi alla sua presenza a sentirlo accanto a me. Solo così riesco ad avvertire la presenza reale.

“Il volto si fa memoria e la memoria si fa presenza”, che stimola all’apertura al messaggio e alla presenza di una realtà particolare, ma che in ogni modo è realtà!

”…ma non è detto che abbia sempre ragione!”

Il giorno dell’inaugurazione del Centro don Vecchi di Marghera il Patriarca con fare bonario, ma non a caso disse alla folla dei partecipanti al lieto evento: “Don Armando parla poco, ma scrive molto” e poi soggiunse dando una breve pausa ”ma non è detto che abbia sempre ragione!”

L’affermazione è ovvia e quasi scontata, lo Spirito Santo non garantisce neanche al Papa d’aver sempre ragione; magari pure fosse vero! Per un povero prete come me credo che non sia per nulla preoccupato che dica sempre la verità! Prendendo la parola, avendomi quasi costretto ad intervenire, gli promisi, che sarei stato più attento; cosa che farò di certo, ma neanche in quel momento mi passò minimamente per la testa che non sarei stato onesto o che avrei taciuto per amor di pace.

Nella chiesa ce ne sono anche troppi di adulatori, di critici nascosti, di opportunisti silenti per comoda prudenza o per non compromettersi, perché anch’io mi aggiunga a questa povera gente. La critica per la critica o per partito preso o per invidia ritengo un comportamento ignobile, però dire quello che penso essere la verità per amore della causa e della comunità di cui sono sempre parte integrante, la ritengo un sacro dovere, specie nei riguardi di chi ha compiti di responsabilità nella Chiesa.

Costoro sono spesso isolati, i palazzi e la carica sono come un insuperabile muraglia cinese per gli apporti di verità e i contributi che possono venire dal basso per le scelte pastorali. La massima che mi ha sempre guidato durante la mia lunga vita di prete, che mi ha gratificato moralmente, ma mai mi ha difeso da reprimende e da emarginazioni più o meno coperte è stata quella del profeta del nostro tempo don Primo Mazzolari: “Libero e fedele”: C’è stato qualcuno meno fortunato di me che a quarantanni è stato promosso a Barbiana una parrocchia di una trentina di abitanti, ma forse per questo don Lorenzo Milani è diventato uno dei preti più amati e ascoltati nel nostro tempo.

Il seme della parabola

Il mio piccolo gregge è formato in maggioranza da donne di tutte l’età, ma fortunatamente non mancano i giovani e gli uomini, taluno anche di prestigio.

Vedo frequentemente tra la folla dei fedeli il giudice del tribunale dei minori, specie ora che ha perso la sua dolce Chiara, viene nel camposanto per onorarne la memoria, per pregare per la sua anima, ma credo anche per chiederle d’aiutarlo nella sua solitudine. Qualche giorno fa, con quel suo fare semplice, cordiale e bonario mi disse alla fine della messa “a quando don Armando il diario del 2007? quello del 2006 l’ho già terminato di leggerlo!” Gli sorrisi riconoscente ed un po’ imbarazzato, perché vedendo come stanno andando le cose, sono propenso di dare alla stampa quello del 2007, dato che le bozze sono gia pronte.

Qualche settimana fa una suora dello stato maggiore delle Dorotee, mi ha confidato che fa la meditazione sul mio diario; questo non mi imbarazza soltanto, ma mi mette in crisi, perché non vorrei traviare un’anima semplice e bella con le mie rudi prese di posizione, se a volte esse sono talmente prive di garbo e di prudenza. Credo d’aver si il veleno dei serpenti, ma non la semplicità delle colombe,come ci chiede Gesù!

Una suora missionaria m’ha mandato una foto con il mio diario sul tavolo di lavoro. Taluno mi ringrazia per la franchezza, talaltro mi dice che si diverte nel leggerlo. Io spero e trepido augurandomi che le mie tante parole siano come il seme della parabola e non come le piume della maldicenza che San Filippo Neri precisò che erano ormai irrecuperabili.

La “liturgia” della giustizia

Un prete anche se vecchio, risente dell’aria che tira nel mondo in cui vive. Al Gazzettino, do’ almeno una sbirciata ogni mattina, il pranzo e la cena anche per questo povero vecchio prete sono “allietati” dal telegiornale. E tutti sanno che goduria siano questi strumenti di comunicazione di massa. Talvolta mi pare che notizie che questi mass- media ci forniscono assomiglino molto alle epigrafiche le imprese di pompe funebri espongono sui vetri delle loro agenzie!

Anche nel settore tormentato della giustizia pareva che ci fosse un riverbero dell’arcobaleno della “Pax” di cui o parlato ieri. Il ministro della giustizia aveva usato tante cortesie e quasi per ricambiare i magistrati avevano espulso dalla loro congregazione un giudice che non era riuscito a studiare durante otto anni le motivazioni di una sentenza; motivo per cui mafiosi catturati con tanta fatica da carabinieri e polizia erano stati liberati per decadenza dei termini o dei tempi.

Un gesto significativo a quanto pare una specie di liberazione del soldato ebreo da parte di Amas.

Io non cè l’ho con i magistrati e con la giustizia, ci vorrebbe altro! Anche se mi fa un certo che, che i dipendenti dello Stato meglio pagati accumulino ventimila pratiche inevase soltanto a Venezia. Non sono mai stato tenero per quanto riguarda il mio mondo con l’ampollosità della liturgia, ma sia ben chiaro che la “Liturgia” della giustizia è ben più ampollosa ed assurda. A me è capitato di esser convocato alle 8,30 del mattino per fare da testimone per un furtarello sulla cassetta delle elemosine e di passare mezza giornata ad ascoltare sciocchezze, futilità con risultati superati ed assurdi e il tutto come se si trattasse della cosa più sacra di questo mondo. Non so da chi dipende ma credo che bisogna semplificare, sveltire svecchiare perché quella gente pare non si sia accorta che siamo nel 2008 non nell’anno uno o giù di li.

Santa Rita (la Santa degli impossibili) e il dialogo in politica

M’era parso finalmente di scorgere dopo tante burrasche, sul cielo d’Italia l’arcobaleno, ben s’intende non quello dell’estrema sinistra, ma quello più rasserenante di Noè.

Finalmente il mio cuore aveva battuto forte per l’annuncio della “Pace politica” preannunciata da Veltroni e Berlusconi.

Mi sono subito detto: “Era ora!” Possibile che nel nostro Paese quando chi sta al governo reputa bianca una soluzione, l’opposizione dica sempre “No è nera!”

E quando chi era all’opposizione e va al governo, capiti la stessa cosa! Penso da un pezzo “O questa gente è pazza, o è disonesta!”

L’arcobaleno segnalato con frequenza dalla maggior parte dei giornali, dico la maggioranza perché c’è qualcuno che si ostina a ritenere una lettura che maggioranza e minoranza si mettano finalmente d’accordo, questi però sono certamente matti e anche disonesti! (chiusa la parentesi) pareva preannunciasse finalmente il bel tempo. Mi sembrava che politici di centro destra e di centro sinistra, si fossero finalmente decisi a dialogare, discutere per trovare delle soluzioni concordate.

A me che sono un politicamente ingenuo, sembrava di constatare già i primi risultati di questa “Pace”: erano infatti stati eliminati gli aculei estremi dello schieramento politico, i bastian contrari di professione che inseguivano eteree chimere e che non avevano proprio capito nulla dei fallimenti, delle catastrofi economiche e delle tragedie umane di certe utopie.

Signor no!

Veltroni ha ripreso l’antica grinta e le vecchie frasi della famiglia da cui proviene, Berlusconi accigliato riparte lancia in testa per la nuova tenzone! Mi spiace, non mi resta che ricorrere agli ottavari, ai tridui e alle novene a S. Rita, la santa degli impossibili! Però ho paura che sarà dura anche per lei!

GREST e altre esperienze

In queste ultime settimane ho letto con molto piacere in “ Gente Veneta” che quasi cinquemila ragazzi della diocesi quest‘anno hanno partecipato al grest organizzato dalle parrocchie del Patriarcato.

Ho seguito per le varie soluzioni scelte dalle varie comunità cristiane. Alcune parrocchie fanno le cose in grande con la partecipazione perfino di duecento ragazzi, altre con numeri più ridotti, altre niente. Comunque pare che ci sia una ripresa generale di queste attività esterne di divertimento e di formazione.

La cosa mi fa veramente piacere, perché avevo la sensazione che nel piccolo mondo parrocchiale ci fosse abbastanza la tentazione di tirar avanti alla meno peggio con l’amministrazione dei battesimi, funerali, pochi matrimoni, un po’ di dottrina cristiana e di messa festiva. Spero proprio che la mia sensazione fosse davvero non rispondente al vero. Quando ero parroco il grest a Carpendo non è mai stato un gran che, un po’ perché i miei collaboratori diretti non ne erano troppo convinti ed un po’ anche perché durante il periodo estivo portavamo quasi duecento scout ai vari campi e altrettanti alla malga dei faggi, la casa alpina delle parrocchie. Qualche tempo fa Don Danilo e i coniugi Bonaldo, che e Carpendo si occupano dei chierichetti, mi hanno gentilmente invitato alla cena con cui hanno concluso l’anno di servizio liturgico; sono rimasto entusiasta ed ammiratissimo di questo splendido e numerosissimo gruppo di bambini, bambine e di adolescenti, accompagnati dai loro giovani genitori che hanno letteralmente gremito l’ampia sala da Pranzo del don Vecchi!

lo rimango del parere che la chiesa abbia ancora una grande quantità di cartucce da sparare, che quasi tutto sia possibile, che la vita pastorale vissuta sempre in attacco, che il domani sia il tempo più redditizio per l’affermarsi del Regno. Tutto questo però ha bisogno di convinzione, di coraggio, di spirito di sacrificio, di generosità e di impegno!

A proposito di vacanze

Ogni tanto qualche persona cara che mi vive accanto e che mi conosce fa un sorriso di compatimento un po’ divertita quando sono preoccupato se perdo qualche mezz’ora di tempo senza essere impegnato in qualcosa che reputo giusto fare. Sono sempre stato un po’ stacanovista e rigido con me stesso nell’impiego del tempo e del denaro.

Invecchiando questo assillo sta aumentando. Talvolta penso che nasca dalla consapevolezza di non aver avanti a me molto tempo e molte energie, talora invece sono portato a pensare che impegnando bene le risorse si possono fare ancora delle cose belle delle quali possano beneficiare tante creature ormai impotenti ed in balia della sorte.

Io non sono mai stato ricco, la mia famiglia era una famiglia di artigiani, mio padre e mia madre hanno lavorato sodo per crescere la nidiata di sette figli, e giustamente io, ma anche tutti i miei fratelli, abbiamo cominciato presto a lavorare.

Ricordo che quando tornavo dal seminario, mentre alcuni amici mi raccontavano che trascorrevano le vacanze in montagna, io invece aiutavo il babbo nella sua bottega di falegname; scaldavo la colla, raddrizzavo i chiodi vecchi per poterli riadoperare! Questa scuola mi ha educato al risparmio, all’impiego serio del tempo, al rigore di una vita impegnata. Qualche giorno fa, sentendo che la gente fa debiti pur di andare in vacanza, m’è venuto da chiedermi “come passerò le mie vacanze quest’anno? Poi mi venne quasi da sorridere. Non ho mai fatto vacanze almeno che non si dica vacanza portare in montagna un centinaio di ragazzini, dormire per terra, mangiare quanto i ragazzini cucinavano

Ora scelgo di rimanere a casa, perché al don Vecchi c’è tanto verde e si sta bene, perché ho da fare e perché mi rimorderebbe troppo la coscienza spendicchiare per nulla, quando centinaia e centinaia di milioni di esseri umani, non hanno acqua, pane, casa e vivono in condizioni disumane. La solidarietà per me non è e non può ridursi ad una predica, né un discorso che vale solamente per gli altri!

Un piccolo paradiso in terra

Un pomeriggio mi sono concesso una passeggiata.

Avevo fatto la visita quotidiana ai magazzini ove una cinquantina di volontari prestano il loro turno di servizio nella distribuzione dei vestiti, dei mobili, dei generi alimentari e degli strumenti per gli infermi. Ai magazzini ogni giorno c’è un affollamento sereno di un mondo cosmopolita, di razze ed etnie diverse; dalla gente dalla pelle scura giunte dall’Africa, settentrionale, Marocco, Tunisia, Algeria, Madagascar ecc… alla gente che viene dal freddo: ucraini, moldavi, polacchi, rumeni. Mi rendo sempre più conto che quando c’è rispetto, comprensione e fraternità la lingua, la religione e i costumi non costituiscono una barriera, un problema di convivenza. La gente dei magazzini, siano volontari, che clienti s’intendono benissimo, bastano poche parole per comunicare: ciao, grazie, ti sta bene!

I problemi di integrazione, di convivenza, di flussi o dei permessi di soggiorno pare siano inventati dai politici e dai sociologi; quando la gente si da una mano e si tratta con amicizia e rispetto tutto s’accomoda nel miglior dei modi.

Fatto il giretto sono uscito nel parco, avendo notato che due care signore, sapendo quanto amo i fiori, stavano riordinando le aiuole. La giornata era veramente bella, numerosi anziani stavano nella piazzetta a crocchi seduti attorno ai tavolini a chiacchierare, ogni tanto uscivano “le bariste” per servire il gelato, una birretta fresca o il caffè.

Incontrai le signore che accudivano ai fiori con dei copricapo in testa per proteggersi dal sole; vidi in loro gli antichi gesti delle nostre vecchie donne di campagna, gente bella, semplice sana laboriosa.

Quindi mi sono avviato al mio “eremo” per occuparmi dell’ “Incontro”, mentre camminavo lo sguardo leggeva ed accarezzava le pietre con i nomi di infiniti benefattori. Quello che vedevo: bellezza, pace, ordine, serenità era frutto della loro generosità, forse non lo sanno, però hanno costruito veramente un piccolo paradiso in terra!

…e la nuova chiesa del cimitero di Mestre?

Esattamente due anni fa sembrava che la chiesa del cimitero fosse ormai cosa fatta: si trattava di lasciar trascorrere solamente i tempi tecnici, assurdi ed infiniti quanto si vuole, ma che comunque hanno termine.

L’architetto Caprioglio s’era illuso che per la fine del 2008 anche a Mestre ci fosse un luogo degno ove i cristiani potessero pregare per le decine e decine di migliaia di concittadini che in questo piccolo lembo di terra hanno trovato l’ultima dimora. S’era studiato un piano finanziario per il quale non solamente l’amministrazione comunale non avrebbe speso un centesimo, ma i mestrini senza alcuna imposizione avrebbero finanziato non solo la chiesa, ma avrebbero provveduto a costruire una sala in cui i fratelli non credenti potessero onorare i loro morti. Il comune avrebbe solamente dovuto con una fideiussione o un mutuo , anticipare il denaro che avrebbe poi recuperato in un po’ di anni. “Meglio di cosi, si muore!” dice la gente.

Il tutto sarebbe stato troppo facile, però in un mondo in cui regna la burocrazia, l’inefficienza e la sistematica complicazione tutto pare paralizzato e bloccato, avvolto nel silenzio.

E’ vero ci sono problemi più importanti, la gente può pregare sotto la pioggia e al gelo, oppure può abbandonare i morti alla loro sorte!

Si preferisce distruggere il piazzale del cimitero, fatto pochi anni fa, che nessun cittadino ha chiesto di cambiarlo, complicare la circolazione, perchè? Nessuno ce lo dice; probabilmente ci sono interessi che l’opinione pubblica non conosce!

Così centinaia di cittadini staranno sotto il sole e sotto la pioggia con queste stagioni irrequiete e sballate, ma la chiesa del camposanto che non solo ogni città, ma anche ogni borgo per quanto selvaggio, possiede a Mestre non si fa.

Mestre: “Sul ponte sventola bandiera bianca”?

Mi viene da pensare che quando un popolo comincia a decadere questo processo non si fermi a metà strada, ma continua inarrestabile finché non arrivi alla sua completa distruzione.

Un tempo pensavo che il ciclo della decadenza della Serenissima Repubblica di Venezia fosse decisivamente terminato prima con l’arrivo dell’albero della libertà piantato nei campielli di Venezia e poi con la resa definitiva all’impero degli Asburgo.

Invece no; la decadenza continua sia nelle pietre della città che si corrodono, che nell’esodo continuo dei veneziani della città insulare verso la terraferma, che nel chiudersi dei negozi della città e nelle vendite delle case agli americani, giapponesi e russi perché vi trascorrano un paio di settimane nella città museo. Ho fatto queste tristi melanconiche considerazioni i giorni scorsi in occasione di due incontri. Il primo con un membro della Comunità di Sant’Egidio che nella vicina Padova prospera numerosa ed efficiente, mentre da noi a Mestre è ancora una piantina stantia che stenta attecchire.

Il secondo andando per una volta ancora a visitare una mia “vecchia” parrocchiana alla Casa dei gelsi a Treviso, la splendida struttura che i trevigiani hanno costruito per chi sta terminando i suoi giorni su questa terra affinché terminino in maniera degna la vita assistiti dai loro cari, dalla scienza e dai concittadini. Confrontavo le stanze, l’ordine, il decoro, l’efficienza, gli spazi, il verde, i fiori di questa magnifica struttura con l’ospice del policlinico San Marco, un vero deposito per moribondi, e con la vita seppur coraggiosa, ma tribolata dell’Avapo mestrina, la corrispondente dell’Advar trevigiana. Pare che una volta ancora riecheggino le meste e sconsolate parole del poeta “sul ponte sventola bandiera bianca!”