La “cena” di Scaggiante

La comunità di San Giorgio di Chirignago ha giustamente deciso di onorare un suo concittadino quanto mai benemerito: Giovanni Scaggiante. La delegazione del gruppo culturale di quella parrocchia sta organizzando una grande mostra antologica della produzione artistica di un’intera vita di questo pittore e mi ha chiesto in prestito la decina di quadri che sono presenti nella nostra galleria che è collocata sulle infinite pareti dei corridoi e della grandi sale dei cinque Centri don Vecchi. E’ stato perfino troppo facile reperire queste opere perché sono quasi tutte concentrate nei Centri don Vecchi uno e due. Infatti a suo tempo si è proceduto alla catalogazione dei quadri presenti appunto nei primi due Centri.

Mi lega all’artista una lunga frequentazione ed un caldo rapporto di stima e di affetto perché Giovanni Scaggiante non è solamente uno dei maggiori pittori viventi della nostra città, ma è pure un gentiluomo dai tratti caldi e signorili ed un cristiano a tutto tondo. Sono quanto mai felice dell’iniziativa della sua comunità perché egli merita questo riconoscimento per la sua statura d’artista, ma pure per la nobiltà del suo animo quanto mai disponibile e generoso.

In una testimonianza che mi è stata richiesta dal comitato promotore di questa grande mostra antologica in cui saranno esposte più di un centinaio di sue opere, ho scritto che il solo dispiacere per me è di constatare che questa iniziativa non è stata promossa dal Comune o dalla Chiesa veneziana, perché molte sono le opere di carattere religioso di questo artista, e neppure dalla municipalità cittadina, ma soltanto dalla sua comunità.

Scaggiante merita molto e molto di più anche se sono informato che il comitato che promuove questa antologica sta facendo le cose veramente in grande.

La nostra galleria, ripeto, è felice di prestare questa decina di opere di valore, mi rammarico però che non riusciamo a portare a Chirignago l’opera più significativa e forse maggiore di Scaggiante che vent’anni fa gli ho “commissionato” a costo zero: “L’ultima cena oggi”, un’opera di notevoli dimensioni – quattro metri x due e mezzo, che ho collocato, come nei grandi monasteri del passato, nel refettorio del “don Vecchi” uno. L’opera è veramente notevole per l’armonia dell’insieme, per l’impasto dei colori, per la presenza di una trentina di personaggi e soprattutto per il messaggio. Penso proprio che la si possa accostare, pur in chiave attuale, alle grandi tele del Veronese.

L'”Ultima Cena” di Scaggiante ha dentro tutto il nostro mondo e l’evento della cena del commiato, del dono dell’Eucarestia e del testamento di Gesù: diventa un fatto attuale che coinvolge tutti e ci rende consapevoli che la Redenzione non appartiene al passato ma che è viva e presente anche per noi, oggi.

I gemelli

Il mio alloggio è alquanto piccolo e perciò contiene pochi mobili, quindi sono limitate le superfici ove posso mettere oggetti che via via mi vanno regalando. Alle pareti ho una bella collezione di una trentina di icone russe e due tre copie ottocentesche – una della Madonna del Bellini, un’altra molto più grande del Sassoferrato e una piccolina, ma veramente bella, di un pittore inglese del tardo seicento.

Tornando alle superfici, esse sono abbastanza ingombre di ricordi che mi sono cari. Due o tre volte all’anno, soprattutto per sollecitazione di suor Teresa, tento di metter ordine spostando questi soprammobili nei cinque Centri, che considero quasi un prolungamento di casa mia, però vi sono alcuni ritratti dai quali non riesco a staccarmi, tra i quali quello del volto mesto di mia madre, quello invece sorridente di mio padre e quello posto sopra una scarpiera della camera da letto, che ritrae il gruppo dei miei cento chierichetti inquadrati in una semplice cornice d’argento.

Ogni volta che vi passo le do un’occhiata affettuosa, talvolta mando in cielo una preghiera per loro e spesso prendo in mano la cornice, mi metto gli occhiali per rimirare con un’infinita tenerezza e nostalgia quei volti belli ed innocenti. Sono passati più di dieci anni da quando ho collocato sul mobile quella foto e quei volti rimangono per me sempre belli e sorridenti. Penso che se dovessi arrivare a cent’anni quei bimbi non soltanto nel ritratto, ma nella mia memoria, rimarranno sempre cari.

Domenica scorsa però m’è capitato qualcosa che ha quasi rotto (in positivo) l’incanto della foto a me tanto cara. Avevo appena iniziato la messa, quando notai due giovani spilungoni che erano entrati e avevano preso posto in fondo alla chiesa. C’è stato nel mio cuore un certo sussulto. Finita la messa essi sono venuti in sagrestia: Francesco e Marco, due dei cento chierichetti che sono usciti dal ritratto per venire a salutare suor Teresa e me.

Mi portarono sorridenti un “piccolo regalo”: due piccole scatolette rosse. Quando le aprii spuntarono cinque grandi confetti rossi, ciascuno con una strisciolina rossa. “Padova – 16 luglio 2014 – dottor Francesco – laurea magistrale in ingegneria civile”. La seconda scatola, identico il contenuto, identica scritta con la sola variante del nome: c’era scritto “dottor Marco”. I due gemelli che per una vita intera si sono divertiti rispondendo alla mia domanda “Sei Francesco?”, “No, sono Marco” e quando mi rivolgevo a Marco “No, sono Francesco!”.

L’altro ieri i due ingegneri, con tanto di 30 e lode, con l’innocenza di quindici anni fa, ripeterono la cara burletta dello scambio dei nomi.

Sono stato felice ed orgoglioso che dalla bellissima e numerosa nidiata comincino a “volare alto” questi cari ragazzini di ieri che si sono divertiti un mondo nel corridoio degli “intrighi” della sagrestia prima di servir messa.