Povera Chiesa, povero cristianesimo!

Questa estate gli anziani del don Vecchi mi hanno chiesto di fare qualcosa per il Redentore.

Il guaio è che non hanno chiesto di fare un ritiro spirituale, una lettura biblica dei brani del Vangelo che riguardano la figura del Redentore, oppure anche solamente la recita del Rosario per prepararsi ad una celebrazione tanto importante.

Per i miei vecchi “far Redentore” si riduce ad una cena particolare a base di anatra arrosta, sarde in “saor”, in sostanza di passare una serata un po’ diversa dal solito.

Al don Vecchi si osservano gli orari delle galline e del pollaio, alle 19,30 la gente si ritira nelle proprie case, cena, un po’ di televisione sonnecchiando, poi tutti a letto!
Il “Redentore” rappresenterebbe una eccezione!

Non è che il desiderio espresso mi scandalizzi, no, la penso come San Paolo; tutto quello che è bello e positivo e certamente gradito al Signore! Non posso però constatare, con amarezza e preoccupazione, come certe celebrazioni cristiane hanno mantenuto l’antico guscio ed etichetta, però hanno cambiato totalmente i contenuti e questo non è proprio il meglio che un prete possa desiderare.

Io non sono mai stato al Redentore, so del ponte di barche, so che le congregazioni del clero partecipano alla processione, so della gente che passa la notte in barca mangiando e vedendo i “foghi” e che i più tradizionalisti vanno al Lido per vedere il sorgere del “febo”, però nonostante il pontificale e il discorso del Patriarca, il clima, l’atmosfera si riduce a questo.

Colui che ci ha riscattato dal male ed aperto le porte del cielo si riduce ad un mero pretesto per far festa.

Povera chiesa, povero cristianesimo! Speriamo che il Signore ci mandi un altro San Francesco o un altro Savonarola, perché se dipendesse da noi preti d’oggi, penso che ci sarebbe ben poco da sperare!

Un profondo esame di coscienza

Ieri ho messo nero su bianco il modo in cui medito al mattino. L’ho fatto con un certo rossore perché, se queste mie confidenze andassero in mano ad un teologo, un docente di ascetica, un biblista o anche ad un mio collega sacerdote, farebbero un sorriso di compatimento nell’apprendere il modo elementare con cui, nonostante la mia veneranda età e le esperienze di una intera vita di operatore pastorale, rifletto al sorgere di ogni giorno.

Mi ha confortato qualche settimana fa la confidenza di una suora che fa parte del consiglio generalizio di una grossa congregazione religiosa, suora che mi ha detto che fa meditazione sul mio diario.

Sono rimasto sorpreso e preoccupato, poi ho concluso che il Signore si serve di tutto per raggiungere i suoi fini. Mentre qualcuno si scandalizza del mio modo di pensare, questa “sposa di Cristo” trova utile il contributo del pensiero di questo povero vecchio prete.

Come scrissi ieri, da qualche tempo adopero un opuscoletto edito da una chiesa Valdese, estremamente modesto, ma che ben si coniuga con la mia pochezza.

Questa mattina il raccontino che trascrivo è stato motivo di un profondo esame di coscienza, di pentimento sincero, di richiesta di perdono al Signore e di un convinto proposito. Anch’io sono profondamente convinto che “solo Gesù ha parole di vita eterna” ma non sempre l’ho ripetuto con convinzione e tanto spesso quanto avrei dovuto fare e quindi faccio totalmente mio il proposito di questo cristiano d’America:

“Quando venni a sapere che Larry, un mio caro amico ha trovato la morte precipitando dal 17° piano del palazzo, rimasi fortemente scioccato ed afflitto. Subito dopo fui riempito da una ancora più profonda ed inconsolabile tristezza quando incominciai a pensare alla sua vita futura. Larry ed io eravamo stati buoni amici nella scuola superiore. Parlavamo di molte cose: dei compiti, della famiglia, di sport, del futuro. Avevo parlato con lui di tutto salvo che di Gesù. Ma ora non importa più ciò di cui parlavamo. Ciò di cui non avevamo parlato era ciò che ora più di tutto mi interessava di Larry. Non so se Larry abbia aperto il proprio cuore a Cristo. Ciò che so è, appunto, che non gliene ho mai parlato. Se penso a questa tragedia che è accaduta tanti anni fa, il pensiero della mia mancanza continua a ferirmi. Come discepolo di Cristo, mi rimane il dispiacere di non aver parlato di Gesù al mio amico. Ma non possiamo cambiare il passato. Possiamo, però, chiedere a Dio di perdonare il nostro silenzio e mutare il dispiacere nella determinazione di condividere con gli altri il nostro incontro con Cristo”.

Incontri e funerali

Per molti anni mi sorprendeva e mi meravigliava il fatto che, una volta terminato il funerale al quale tutti normalmente partecipano compunti, la gente si fermasse poi sul sagrato della chiesa a chiacchierare, talvolta in atteggiamenti sorridenti ed anche scherzosi, per nulla in linea con il lutto che direttamente e indirettamente li aveva colpiti.

La cosa succede anche ora davanti al piccolissimo slargo che c’è di fronte alla chiesetta del cimitero in cui celebro il commiato.

Diventando più vecchio però sono diventato anche più tollerante e comprensivo. La vita va così; guai se la tristezza delle partenze per la casa del Padre si sommassero nel nostro animo, il mondo diventerebbe presto un mortuorio! In fondo, il funerale diventa anche un’occasione per ritrovarsi per incontrare gente, che per i motivi più diversi non vedevi da tanto tempo.

Qualche giorno fa mentre osservavo la stessa scena, dopo che l’autobara era partita per Marghera per la cremazione, mi raggiunse, in sacrestia, una signora, che a prima vista mi sembrò di mezza età, ma che poi compresi che l’età l’aveva tutta intera; ma un po’ l’abbronzatura, un po’ l’eleganza e un altro po’ la naturale spigliatezza, me la fecero sembrare più giovane.

Mi disse sorridente e compiaciuta che ero rimasto sempre uguale, ed era una bugia, ma per le donne le bugiette del genere sono loro congeniali e che mi rivedeva con estremo piacere ricordandomi che nel ’58 l’avevo sposata.

Le chiesi un po’ preoccupato, perché ai nostri giorni gli incidenti di percorso nel matrimonio sono piuttosto frequenti: “Come era andata!” – “Benissimo”, mi rispose pronta e sorridente, “sono in pensione, dopo 40 anni di insegnamento e mio marito anche se un po’ malconcio è qui con me”.

Era vero, mentre lei sprizzava vita, lui era un po’ malridotto!

Sono rimasto contento; un’altra semente aveva trovato il terreno buono e aveva prodotto in sovrabbondanza!

Essere umili

Io ho avuto la fortuna di vivere accanto, per molti anni, ad ottimi sacerdoti, dei quali spero di aver imparato qualcosa di buono e di averlo trasmesso a mia volta ai giovani preti che nel tempo hanno collaborato nella mia opera di pastore di anime.

Uno dei miei migliori maestri in questo settore è stato mons. Aldo Da Villa; un omone che sembrava una roccia, uno sguardo profondo che andava dritto alla coscienza, un modo di parlare incisivo, convincente e soprattutto un ottimo educatore di giovani. Credo che mons. Da Villa abbia cresciuto generazioni intere di studenti a scuola ed in parrocchia.

Di monsignore ricordo tantissime cose, ma mi è rimasto impresso un episodio particolare che mi ha aiutato qualche giorno fa ad inquadrare, a livello ascetico, un incontro casuale con una ragazza che un tempo era stata scout e poi capo scout convinta e generosa.

Vengo all’antefatto: accompagnavo monsignore ad un incontro a S. Marco, quando in una calletta vicino a S. Barnaba, monsignore riconobbe uno dei suoi ragazzi di un tempo.

Ci fermammo qualche minuto, monsignore chiese al suo ragazzo qualcosa della sua vita poi ci salutammo cordialmente. Quando fummo soli, il mio vecchio parroco mi disse: “Vedi il Signore mi fa incontrare ogni tanto questo ragazzo, ormai ingegnere da molti anni, per tenermi umile e facendomi toccare con mano i miei fallimenti a livello educativo”. Mi confidò che quel giovane beveva e stava rovinando la sua vita.

Accostai questo episodio alla giovane donna che mi salutò affettuosamente. Sapevo che questa capo scout aveva scelto di convivere, cosa che mi aveva addolorato e deluso assai. La cosa deve essere andata male e forse stava risolvendo in maniera ancora simile la sua situazione sentimentale.

Dall’incontro seppi che anche il fratello, pure lui cresciuto tra gli scout della parrocchia, si trovava nella stessa situazione. L’ottima famiglia dalla quale provenivano questi ragazzi e la lunga militanza nell’associazione della parrocchia avevano purtroppo portato a questi risultati.

Penso che debba anch’io trarre la conclusione a cui era arrivato monsignor Da Villa ad essere doppiamente umile per i miei risultati come pastore cristiano d’anime.

“Prete fortunato”

Quasi mai celebro la messa quotidiana senza fermarmi per alcuni minuti sulle riflessione che normalmente colgo dal Vangelo.

Molto spesso sono imbarazzato perché il Vangelo è un pozzo senza fondo ed in ogni pagina vi sono tante verità che si offrono all’attenzione dei fedeli.

Il lunedì, quasi sempre faccio una breve premessa alla riflessione.

L’inizio della settimana mi spinge a dire a me stesso e a chi partecipa alla preghiera della chiesa di fissare un obiettivo per i sette giorni che stanno davanti, uno stile, una modalità per affrontarli. Stamattina poi questa abitudine si è coniugata con un bellissimo pensiero che mi aveva, più che interessato, affascinato, durante la mia personale meditazione mattutina.

Suggeriva il testo: “Invece di lasciarti preoccupare dalle possibili difficoltà che potrai incontrare, dalla presunta fatica e dalle amarezze temute, parti per il nuovo giorno con un atteggiamento di curiosità e di attesa lieta delle cose buone che potrai avere, degli incontri di persone care che potrai fare, di quello che di interessante ti potrà capitare, vedrai allora che la giornata o la settimana scorrerà piacevole ed interessante quanto mai”.

Presi sul serio il suggerimento, riproponendomi di annotare gli avvenimenti positivi che mi sarebbero capitati. Le miei annotazioni sono iniziate alle sette del mattino fino alle nove, poi lasciai perdere perché mi accorsi che avrei dovuto riempire un quaderno intero.

Appena chiuso il libro suonò il campanello, era una cara amica che veniva a porgermi gentilmente il solito yogurt e la tazza di caffé e latte. Uscendo incontrai due anziani che puntuali andavano al mercato per raccogliere frutta e verdura.

Arrivato in cimitero, incontrai un giovane pensionato che molti anni fa ho sposato e che mi trattò con tantissimo affetto.

Poi una nonnetta venne con 50 euro per “L’incontro”, il periodico amato di cui lei tessé lodi sperticate. Prima della messa un mio amico architetto mi chiese di ricordare la moglie morta vent’anni fa, una carissima ragazza che ricordai con infinita dolcezza e che mi fece felice saperla amica cara lassù. Dopo il segno di croce di inizio messa scorsi il dolce volto della vedova di un mio compagno di stanza all’ospedale, coniugi che per tanti anni pensai lontani dalla fede e che da quell’in-contro in corsia capii che erano più vicini che mai. Un po’ più in là scorsi una giovane sposa dal volto bello e sorridente che veniva a salutare di buon mattino il marito che l’ha preceduta presso il Signore, ma che la sua fede lo faceva sentire caro ed ancora vicino.

Poi pian piano si formò una piccola comunità di una ventina di fedeli che si accostarono devotamente all’Eucarestia.

“Prete fortunato” mi dissi, “d’avere attorno a te tanta cara gente!” decisi di smettere di annotare le cose buone con cui ho iniziato questo giorno e questa settimana, perché mi sentivo troppo colpevole di non apprezzare normalmente quanto devo le benevolenze del Signore!

Vivere la vita come un dono è essenziale!

Recentemente sono stato a Quarto d’Altino per concelebrare l’Eucarestia di commiato per la sorella della signorina Rita, la governante che ha accudito la canonica per i trentacinque anni che ho trascorso colà da parroco.

Don Gianni, il parroco, con garbo e gentilezza mi ha offerto l’opportunità di fare un breve intervento. In genere non amo il moltiplicarsi di allocuzioni, io sono sempre per riti scarmi, essenziali, poco verbosi e di intensa sobrietà. La sollecitazione del giovane collega fu però tanto calda ed affettuosa che mi sentii in dovere di prendere la parola.

Io avevo conosciuto la cara estinta durante le gite pellegrinaggio organizzate dalla mia parrocchia a cui ella partecipò per venti anni.

Non sapevo quasi nulla della sua pratica religiosa, della partecipazione alla vita parrocchiale; notizie che emersero nel sermone del parroco, che illustrò con dovizie di particolari questi aspetti, cosa che mi fece piacere. Non sapendo neppure fino prima del funerale quanti anni avesse questa creatura. La ricordavo, appunto in queste gite pellegrinaggio, alle quali partecipava con la sorella Rita; era una personcina sempre elegante, vestita sempre in maniera sciolta e sportiva, garbata nei modi, ma frizzante, curiosa, interessata a tutto, godeva di ogni scoperta e di ogni novità sembrava almeno più giovane di vent’anni di quanti non ne avesse.

La mia testimonianza non poteva rifarsi se non a questo aspetto della sua vita che conoscevo, ma mi sembrava una testimonianza degna di essere ascoltata, perchè essa era a mio umile parere un aspetto importantissimo della vita religiosa.

Le preghiere, il culto, i riti hanno una loro importanza, ma è la vita che è essenziale! Se un cristiano non vive la vita come un dono, non l’apprezza, non canta la gloria di Dio con la gioia di vivere, dello scoprire la natura e l’opera dell’uomo di partecipare, come può essere grato a chi gli ha fatto questo dono come può amare chi gli ha concesso tutto questo?
Non certamente limitandosi a dire due rosari al giorno!

Annullamento di un matrimonio

Don Danilo, il mio successore alla guida della parrocchia di Carpenedo, qualche giorno fa mi ha telefonato dicendomi che il tribunale eclesiastico per l’annullamento dei matrimoni chiedeva un’informazione su due coppie che io ho sposato una decina di anni fa. In realtà non ricordavo proprio nulla di questi parrocchiani ai quali il matrimonio era andato male, motivo per cui essi ne chiedevano l’annullamento, ma in ogni caso queste richieste esigite dalla prassi legale mi han sempre irritato. Se avessi riscontrato irregolarità lo avrei segnalato, ed anche se avessi nutrito dubbi sulla opportunità delle nozze non avrei potuto legittimamente impedire di sposarsi.

Ho ritenuto e ritengo ancora valido il fatto che la Chiesa, constatando alla prova dei fatti, delle anomalie o delle carenze sostanziali alla vita coniugale di una coppia, dichiari che il matrimonio era stato un fatto solamente formale e quindi lo dichiari nullo. Non sono affatto d’accordo e continuo a sperare e pregare per un ripensamento della Chiesa sulle modalità, sui parametri del giudizio, sui costi e sulla lunghezza dell’inchiesta giudiziaria.

Avrei bisogno di un libro per una argomentazione adeguata, mi limito solamente ad una immagine. La casa, che ha avuto licenza edilizia e collaudo statico, se crolla, a meno che il proprietario non abbia messo della dinamite per farla saltare, significa che essa era carente di elementi essenziali. Se un matrimonio fallisce significa che mancavano i presupposti perché potesse reggere, e nove volte su dieci dovrebbe essere dichiarato nullo senza tanti discorsi inutili!

E’ tempo che prendiamo coscienza che…

Il giorno in cui ho scoperto d’essere il datore di lavoro che stipendia ogni impiegato dello Stato, e che gli garantisco lo stipendio, ho superato ogni complesso di inferiorità nei riguardi di qualsiasi funzionario sia modesto che importante; pretendo risposte rapide, rispetto, impegno, obbedienza.
Mi ha aiutato a superare questo complesso il famoso avvocato Cacciavillani che mi raccontava, che essendo stato un capotreno arrogante nei suoi riguardi tirò fuori dalla tasca la carta di identità ed ergendosi in tutta la sua altezza, con voce vibrante gli disse: “Lei non sa chi sono io?” L’altro probabilmente pensò di essere di fronte ad un onorevole, o forse peggio ancora ad un magistrato, ma lui soggiunse invece “Io sono un cittadino italiano, ed ho quindi tutti i diritti che mi garantisce la costituzione e il codice civile!”

Io ho preso da un pezzo coscienza d’essere non solo un cittadino, anche una persona, un cristiano ed un figlio di Dio. Non ho più complessi verso i burocrati, verso gli amministrativi, verso i politici, verso i letterati, verso i partiti! Come vorrei che tanti cittadini e tanti cristiani perdessero i complessi di inferiorità verso gente presuntuosa che crede di essere non so chi!

La sinistra s’è impadronita della resistenza, della cultura, dei mass media, della magistratura, del cinema, della storia e si è talmente montata la testa certi da pensare d’essere il battistrada del pensiero, detentrice della verità, l’espressione più autentica della democrazia, il domani per il nostro Paese. Balle! Tutte balle! Fortunatamente l’ha capito anche il popolo italiano e nelle ultime elezioni pur non avendo alternative meravigliose, l’ha mandati a casa con un calcio nel sedere!

E’ tempo che prendiamo coscienza che i cristiani posseggono i valori più validi, l’umanesimo più rispondente alla natura umana, esprimono gli uomini migliori, più seri, più concreti, più audaci. Finche non avremmo preso coscienza di queste certezze ci lasciamo schiacciare da imbonitori da piazza.

Il dibattito

Ci sono certi fatti che si incidono particolarmente nella mia coscienza, pare quasi che essi siano stati segnati con timbro rovente nel mio sentire, tanto da non riuscire a liberarmene per tanto tempo.

Lo scorso anno ha ascoltato e visto alla televisioni il dibattito sulla esistenza di Dio che il nostro Patriarca ebbe con Scalfari a Cortina.

In quell’occasione Scalfari è stato impietoso, arrogante, privo di ogni sensibilità umana e con affondi impietosi ha messo in grave difficoltà il nostro Patriarca il quale non aveva purtroppo avvertito che non avrebbe potuto duellare ad armi pari con Scalfari. Il Patriarca, cattedratico, solito a muoversi in ambienti rispettosi e con un denominatore comune a livello culturale, quello della fede o perlomeno di una cultura fondamentalmente cristiana.

Lui, Scalfari, invece il giornalista di successo supportato da una cultura marxista e laica ancora largamente presente nel Paese che ha sempre gratuitamente coltivato la presunzione di rappresentare la verità, il domani, e perché no, il sole dell’avvenire. In questi abbondanti avanzi del marxismo sconfitto dalla storia, permane nonostante l’assoluto fallimento storico, questa arrogante e gratuita presunzione.

In questi giorni con l’uscita del volume di Scalfari, che una volta ancora dichiara con sicurezza e sarcasmo, con argomenti arcaici ed assolutamente minoritari nella storia del pensiero umano, il suo ateismo, giudicando con sprezzante sicurezza gli uomini di fede, mi si è riaperta la ferita! Io non so se sento più pietà che ribrezzo per questa gente, comunque sono convinto che vada trattato come si merita.

E’ ora di finirla con i complessi di inferiorità, di soggezione o di pietà. Il popolo italiano ha capito ed ha manifestato con voto certo e palese la disistima per gente del genere.

Mi spiace tanto, che purtroppo, nonostante tante dichiarazioni, in realtà anche Veltroni, compagni e caudatari continuino a seguire la stessa strada.