Un sogno da avverare

Qualche giorno fa, sfogliando un vecchio libro, ho trovato tra le pagine una piccola cartolina della Madonna di Luini. La Vergine è presentata raccolta, pudica e bella. Era l’immagine della mia consacrazione sacerdotale. Sul retro una frase di San Paolo, il mio nome e la data: 27 giugno 1964. Me ne ero dimenticato persino io e tanto più il caro mondo che mi è vicino. Solamente Cecilia, la piccola scout dei miei primi anni di sacerdozio, che aveva trovato pure lei l’immaginetta in un libro della nostra biblioteca, mi ha fatto gli auguri.

Mi capita spesso, ma mi pare naturale, di lasciarmi prendere dai ricordi della mia lunga vita di prete e di riprovare le emozioni di tempi tanto lontani, vissuti con tanta intensità, e di analizzare vecchie storie che si sono concluse con alterne vicende. Alcuni giorni fa l’Università popolare mi ha chiesto un articolo sul mio rapporto con i poveri a Mestre e perciò sono stato costretto a ripercorrere certe imprese: alcune delle quali mi sono riuscite, mentre altre restano un sogno bello tra le nuvole di un cielo che fa sognare!

Tra queste ultime rientra il progetto di mettere in rete tutte le attività benefiche della nostra città. Non lo vedrò certo realizzato nel suo insieme, ma mi è rimasta qualche speranza di vederne realizzata almeno una parte, se il Signore mi concederà ancora qualche anno di vita.

L’architetto Giovanni Zanetti, il professionista che ha progettato e realizzato il Don Vecchi tre e il Don Vecchi quattro, un giorno di una decina di anni fa, mi prospettò che avrebbe avuto la possibilità di ottenere gratis una superficie di circa 20.000 metri quadrati a Favaro Veneto per l’iniziativa della quale mi aveva sentito parlare. La proposta, un po’ interessata, dei padroni del terreno era legata al fatto che il Comune concedesse loro di realizzare un albergo su un terreno contiguo. La mia testa cominciò a ipotizzare la cittadella della solidarietà, ossia un centro in cui i poveri potessero trovare le risposte per ognuna delle loro attese, dando vita al coordinamento cittadino della solidarietà. Ebbi perfino l’avallo e l’appoggio del cardinale patriarca Angelo Scola, ma non se ne fece niente un po’ perché tramontò presto la possibilità del dono e un po’ perché ebbi tutti contro, a cominciare dalla Caritas.

Svanita questa ipotesi, trasferii idealmente il progetto, ridotto a una sede per i magazzini della carità, nel grande campo incolto della società dei 300 campi, contiguo al centro Don Vecchi di Carpenedo. Già molti anni prima, un consiglio di amministrazione aperto e illuminato di questa società mi aveva offerto l’area dove ora sorge il Don Vecchi uno. Mi parve bellissimo che la parrocchia del posto, questa antica Società benefica e il nuovo centro si accordassero per dar vita assieme a una grande iniziativa, forse la prima in Italia. Purtroppo “il diavolo ci mise la coda”, perché il vecchio parroco di allora, un gruppetto di parrocchiani preoccupati di avere nel quartiere la “poveraglia” e un consigliere della stessa società boicottarono ferocemente l’iniziativa. Così anch’essa è caduta presto rovinosamente.

Pensavo che questa vicenda fosse finita, senonché la costruzione del Don Vecchi 5, 6 e ora del 7 ci ha messo sulla strada di acquistare un terreno di circa 30.000 metri quadri attiguo a questi centri ora serviti dalla nuova strada e dagli autobus cittadini. È già stato firmato un preliminare d’acquisto e mi auguro che presto firmeremo anche il rogito e che, tra un anno, si possa pensare alla nuova sistemazione dei magazzini della carità. Non mancano difficoltà di ogni genere ma sappiamo che chi la dura la vince!

Scrivo queste vicende per la storia, perché ritengo giusto ricordare che i percorsi dei progetti di solidarietà sono particolarmente duri e difficili, ma talvolta si avverano. Spero di offrire qualche elemento in più a chi scriverà la storia di Mestre solidale.

Lo spaccio solidale

Monsignor Valentino Vecchi, con quella sua vena di paternalismo che usava spesso nei riguardi di noi suoi giovani preti, ci ripeteva abbastanza di frequente che la vera ricchezza di un paese sono i “capitani d’industria” e con questo discorso voleva indicare il ruolo determinante per il successo di un qualsiasi gruppo sociale. Servono le virtù che hanno le persone che possiedono attitudini naturali al comando, come: l’impegno, la costanza, la generosità e lo spirito di sacrificio, con i quali queste persone si dedicano a qualsiasi impresa umana.

Io sono perfettamente d’accordo, ma il guaio è che di queste persone non se ne trovano moltissime e quando si scoprono, la maggioranza delle volte esse sono impegnate per i fatti loro anche dopo la pensione. Bisogna dire però che ogni tanto capita la fortuna o meglio la grazia di incontrarne qualcuno e di ottenere la disponibilità di occuparsi delle nostre imprese solidali. Io vi confesso che sono costantemente a caccia di queste persone perché di frequente abbiamo dei “rami di impresa” molto promettenti, ma che hanno bisogno estremo di un “capo” che sappia organizzare, gratificare i volontari, mettere pace, fiutare il mercato ed essere quanto mai intraprendente nello sviluppare “l’azienda”.

Vengo a un esempio: un paio d’anni fa s’è aperta la possibilità di ottenere dai supermercati i generi alimentari in scadenza. La legge poi sta spingendo perché tutto questo ben di Dio non venga buttato, ma sia recuperato a favore dei concittadini in difficoltà di ordine economico. La cosa però non è proprio facile perché alle aziende è più comodo e meno costoso buttare le merci piuttosto che fare bolle di consegna ed altro ancora, e da parte nostra occorrono furgoni, autisti disponibili nei giorni e nelle ore fissate dai supermercati, luoghi per lo stoccaggio, celle frigorifere, personale per la distribuzione, mezzi economici per la benzina, riparazioni automezzi, guanti, sacchetti, luce ecc….

Un po’ alla volta, comunque, presso il Centro don Vecchi ha preso consistenza questa attività di raccolta e distribuzione di generi alimentari, attività che abbiamo denominato “spaccio solidale”. Ormai ci elargiscono ogni giorno i loro prodotti i sette supermercati Cadoro, quattro della catena Alì, la catena Despar di via Paccagnella, i mercati generali di frutta e verdura di Padova, Treviso e Santa Maria di sala. Abbiamo reclutato un gruppo qualificato di signore e di uomini per la selezione e distribuzione. Questi generi alimentari sono distribuiti gratuitamente, si chiede solamente un piccolo contributo per le spese di gestione.

Purtroppo i locali sono inadeguati e sempre più insufficienti. La vera fortuna poi è quella di aver assoldato a titolo gratuito il “manager” ossia “il capitano di industria” di cui ci parlava don Vecchi il quale pian piano è diventato la mente e il cuore di questa attività quanto mai promettente: il signor Alfio, ha abbandonato tutti i precedenti impegni e da più di un anno si dedica anima e corpo a questa bella impresa sociale, facendo ben sperare per il futuro. Abbiamo ancora tanti problemi soprattutto per distribuire le eccedenze, ma di questi problemi vi parlerò in un prossimo articolo.

Insieme per fare comunità

Credo sia ormai passata nell’opinione pubblica l’idea che nei Centri don Vecchi si paga poco e si sta bene. Questa convinzione, vera e facilmente verificabile, mi fa felice. Non mi pare però che sia altrettanto chiaro a chi sono destinati i centri e quali doveri comporti chiedere ed ottenere un alloggio.

Ho letto da qualche parte che, dopo Mazzini, in Italia nessuno ha più parlato dei doveri del cittadino. Politici, sindacalisti e imprenditori, per ottenere consenso, hanno parlato solamente e fin troppo dei diritti che i cittadini devono chiedere e pretendere. Vengo al Don Vecchi per chiarire ancora una volta a chi sono destinate queste strutture, riassumendo per sommi capi la destinazione.

I centri sono stati ideati e destinati ad anziani di modeste condizioni economiche, autosufficienti e che desiderano vivere una vita autonoma. Suddetti centri sono stati costruiti specificatamente tenendo conto di queste condizioni. Le case di riposo sono totalmente diverse dai centri Don Vecchi.

Cosa si intende per anziani poveri? È presto detto, perché il termine “povero” sottintende molte cose: povero per motivi economici, ma anche povero per solitudine. Siccome i centri sono stati fondati e vivono sul valore della solidarietà, a chi si trova in condizioni economiche abbastanza consistenti viene chiesto, per entrare, di versare un contributo anche per chi è in condizioni economiche meno floride.

Nei Centri Don Vecchi non si chiede un affitto, ma solo un rimborso spese che si cerca in ogni modo di contenere. Chi fa richiesta di entrare in questa struttura si impegna a versare, sempre e a tempo debito, quanto gli viene richiesto. I centri possono contare solamente su questi piccoli rimborsi per vivere e perciò non possono fare deroghe o riduzioni a chicchessia, anche perché non ricevendo contributi da alcuno sono altresì impegnati a dare risposte anche ad altri anziani che finora non godono dei benefici di chi vi risiede già.

Per ridurre i costi di gestione, e quindi i rimborsi dei residenti, l’amministrazione è il più leggera possibile; si combattono gli sprechi e si tenta di avvalersi del volontariato. Ad esempio, se si fosse costretti ad assumere dipendenti per la vigilanza, per il giardinaggio, per servire a tavola e al punto di ristoro, per chiudere le porte, per distribuire la posta, per rispondere al telefono e per gestire la segreteria del centro, i costi si gonfierebbero e aumenterebbero anche i rimborsi. Di conseguenza, non potrebbero essere accolti gli anziani meno abbienti e verrebbe meno la scelta di fondo di aiutare i più poveri.

Si è ripetuto all’infinito che la Fondazione Carpinetum non vuole in maniera più assoluta ridursi a un’agenzia immobiliare che affitta a chiunque alloggi a poco prezzo perché sogna e sognerà sempre di costruire una comunità di cittadini, di amici che si aiutano a vivere una vita dignitosa, collaborativa e serena. Perciò chi non fosse disponibile alla collaborazione secondo le sue possibilità, chi non volesse stabilire rapporti caldi, cordiali e solidali con gli altri residenti ma pretendesse di pensare ai fatti suoi, di estraniarsi dalla vita della comunità e di impegnarsi in altre mille attività seppur buone, ma fuori dalle necessità della comunità, deve sapere che questa struttura non è stata creata per lui e deve quindi rivolgersi altrove per trovare risposte alle sue aspettative di vita.

Queste parole possono suonare sgradite a qualcuno ma ognuno è informato chiaramente sull’impianto dell’opera e le condizioni sono liberamente sottoscritte. Comunque chi non le condividesse non deve sentirsi vincolato a rimanere al Don Vecchi, anzi ci farebbe felici se cercasse una dimora diversa e più consona alle sue attese.

Benefattori di grande cuore

È diventato ormai un detto popolare, specie nel mondo dei credenti, l’affermazione di uno dei protagonisti del celeberrimo romanzo di Alessandro Manzoni: “La c’è la Provvidenza!” Renzo Tramaglino tra tante disavventure tocca con mano che il buon Dio “scrive dritto anche sulle righe storte”, come afferma un proverbio spagnolo.

Chi ha trascorso una lunga vita nel mondo della solidarietà, come è accaduto a me, ha avuto modo di sperimentare la validità di questa frase che Manzoni mette in bocca al povero Renzo, il quale per molto tempo fu immerso in un mondo di disgrazie e di disavventure. Posso affermare senza timore di smentita che più di una volta, trovandomi in situazioni pressoché disperate, si è aperta improvvisamente e inaspettatamente una porta che ha risolto problemi economici che sembravano irresolubili.

Mi permetto di raccontare ai lettori l’ultima volta, che risale a questi giorni, in cui mi è capitato di esclamare con riconoscenza: “La c’è la Provvidenza!” Ho già scritto qualche giorno fa che all’inizio di luglio l’impresa Dema di Jesolo ha aperto il cantiere edile in quel degli Arzeroni per costruire il Don Vecchi 7: 57 appartamenti bilocali e 20 stanze da offrire a persone che, pur abitando lontano da Mestre, lavorano nella nostra città. Scrissi già che Mestre sembra avere un occhio di riguardo per i Centri don Vecchi, perché si può toccare con mano come attualmente mezzo migliaio di anziani, in condizioni economiche disagiate, possano trascorrere gli ultimi anni in ambienti signorili, con la possibilità di essere protagonisti delle loro scelte, senza dover dipendere dal Comune o dai figli, che spesso sono gravati anche loro da preoccupazioni di carattere finanziario.

Ebbene, l’altro giorno lo scavatore aveva appena cominciato a preparare le buche per le fondamenta, quando due bellissime notizie hanno rinfrancato e dato coraggio ai membri del consiglio di amministrazione della Fondazione Carpinetum, che si sono fatti carico di questa impresa solidale!

La prima è il dono dell’arredo per i 57 appartamenti. L’associazione di volontariato Vestire gli ignudi, che ha come presidente suor Teresa Del Buffa, vice presidente e direttore generale Danilo Bagaggia e consiglieri Ugo Bembo, Barbara Navarra e io stesso, ha racimolato tutti i risparmi degli anni scorsi e quelli dell’anno corrente per donare l’angolo cottura, un grande armadio guardaroba e il frigorifero a ognuno dei 57 alloggi, con una spesa complessiva di quasi centomila euro. Scrivo questo a onore e riconoscenza nei riguardi di questo saggio e intraprendente consiglio di amministrazione, che già veste i poveri di tutta Mestre e nel contempo riesce a raggranellare qualcosa di consistente per offrire alloggio ai concittadini più sfortunati. Dopo questa elargizione spero che molti mestrini si offrano come volontari per impegnarsi in questo servizio tanto benemerito, che è diventato ormai un protagonista della Mestre solidale.

La seconda notizia è ancora più bella: un gruppo consistente di amici mi ha messo a disposizione quattrocentomila euro per il progetto del Don Vecchi 7. Questa somma è il risultato di quella sottoscrizione di “azioni” di cui il nostro periodico informa ogni settimana. Malgrado queste splendide e meravigliose notizie, è mio dovere informare che siamo ancora ben lontani dalla totale copertura dei costi necessari per realizzare la nuova struttura. Questi benefattori spero siano gli apripista dei concittadini che ci auguriamo, vogliano partecipare al progetto, secondo le proprie risorse.

Grazie all’azienda Rubelli

Qualche giorno fa il giornalista del Gazzettino Fulvio Fenzo mi ha intervistato sul Centro don Vecchi 7 al quale l’impresa Dema di Jesolo sta lavorando. Sono previsti 57 appartamenti con cucina ed ingresso, camera da letto da una o due persone, bagno, terrazzino e ripostiglio.

Alla domanda su come la nostra Fondazione Carpinetum riesca a reperire le somme ingenti che servono per queste costruzioni, risposi che una parte era stata accantonata e una parte la stiamo reperendo facendo conto come è sempre avvenuto nel passato, che la Provvidenza ci mandi qualche benefattore insigne (in quest’ultimo periodo è già stato raccolto mezzo milione di euro). E’ sempre avvenuto cosi, perché non dovrebbe capitare anche stavolta?

A questo proposito sento il dovere di informare la città di una prima avvisaglia di uno di questi interventi “sollecitati” dalla Provvidenza. Venuti a sapere dell’inizio del Don Vecchi 7, due signori cari e vecchi amici di monsignor Valentino Vecchi, i coniugi Rubelli, ci hanno già fatto un dono. Forse non tutti sanno che la ditta Rubelli produce e distribuisce a livello internazionale i più preziosi e ricercati tessuti: arazzi, sete, soprarizzi, velluti pregiati ed altro ancora. Proprio un paio di mesi fa la stampa cittadina ha informato che questa ditta ha restaurato un antico palazzo veneziano per farne la sede di rappresentanza dell’impresa.

Ebbene questi imprenditori, saputo dell’iniziativa della Fondazione, hanno voluto onorare la memoria di monsignor Vecchi regalandoci un intero furgone di tessuti quanto mai ambiti e preziosi e ci hanno promesso un ulteriore invio ad ottobre, quando offriremo ai mestrini queste ricche e preziose stoffe.

Infatti, l’associazione “Vestire gli Ignudi” sta già studiando un progetto per una mostra che speriamo sia di gradimento al pubblico e da cui speriamo di poter ricavarne parecchie migliaia di euro. Neppure questo contributo sarà sufficiente a coprire il costo di 2.900.000 euro necessari per realizzare il Don Vecchi 7, però speriamo che a questo primo e significativo intervento ne segua almeno qualche altro.

Per ora non ci rimane che additare all’ammirazione e alla gratitudine della città questa impresa che, sensibile alle istanze degli anziani indigenti, ha promosso questa bella e tanto nobile iniziativa.

Un gioco che fa vincere

Il lunedì mattina si stampa L’Incontro. Io vi dedico una mezzoretta e lo leggo fresco di stampa, prima di mezzogiorno o nelle prime ore del pomeriggio. Essendo però il periodico monografico, qualche volta devo fare un “fioretto” per leggerlo tutto, perché alla fin fine risulta sempre un po’ ripetitivo, anche se i vari autori affrontano lo stesso argomento con uno stile o delle angolature ben diversi.

In uno degli ultimi numeri ho letto che uno dei più gravi pericoli sociali del nostro tempo consiste nel gioco d’azzardo: fenomeno di cui già conoscevo la gravità, ma non nella maniera così rovinosa come l’ho potuta apprendere dalla lettura, seppur veloce, del nostro periodico. Nella sostanza si dice che la gente gioca d’azzardo nella speranza di vincere molto e senza troppa fatica. I giornalisti de L’Incontro affermano con autorità e numeri alla mano che questa è solamente una triste illusione perché vale esattamente il contrario: giocando si perde sempre e comunque!

Io, lo sapete, ho novantanni e, come si diceva un tempo, l’età talvolta può offrire almeno un po’ di saggezza. Dall’alto della mia età, quindi, vi posso assicurare che c’è invece un “gioco” poco conosciuto, perché poco reclamizzato per guadagnare veramente sempre, molto velocemente e senza correre il rischio di perdere o di logorarsi i nervi per la tensione psicologica che il gioco comporta. Il discorso, di primo acchito può sembrare una chimera e una pura illusione perché purtroppo la vita insegna che l’acquisire ricchezza costa sempre e costa tanto. Eppure mio padre mi ha insegnato il “gioco di Colombo”: cioè il far stare in piedi un uovo su un tavolo bello liscio, fatto altrettanto difficile, anzi impossibile. E invece è un gioco per nulla rischioso e di sicuro effetto, basta un colpetto nella parte inferiore dell’uovo sul tavolo ed esso sta in piedi sicuramente.

Eccovi dunque la soluzione più sicura e più facile per far soldi senza fatica e con assoluta sicurezza che io vi propongo: investire poco o tanto, in rapporto di quel che si possiede, sulla carità. Questa soluzione ha perfino l’avallo del Figlio di Dio: “Otterrete il centuplo e la vita eterna”. Io vi posso garantire almeno la prima parte, ma ho motivi per ritenere valida anche la seconda.

Eccovi la prova che io stesso ho sperimentato e con notevole successo e soddisfazione: quando facevo il cappellano a San Lorenzo monsignor Valentino Vecchi mi dava cinquantamila lire al mese per le mie spese personali: 25 euro. Da parroco la mia paga mensile era di 850 euro, quindi sono stato sempre un povero in canna e ho sempre avuto bisogno di denaro e di molto denaro per realizzare i miei progetti a favore di quel prossimo che la Chiesa ha affidato alle mie cure. Nonostante questo, investendo sui poveri nei miei 62 anni di impegno sacerdotale ho realizzato un patrimonio di una notevole consistenza: se faccio un conto, seppur a spanne, del valore del patronato, dell’asilo, della Malga dei Faggi, di villa Flangini e dei 6 Centri don Vecchi, trenta milioni di euro sono veramente poco! Solo questo patrimonio edilizio vale di certo molto di più di una sessantina di miliardi di vecchie lire! Ma se a questo aggiungo il fatto umano del benessere offerto a chi ne beneficia e della mia personale soddisfazione il valore è certamente superiore!

Allora carissimi lettori ed amici miei: non lasciamoci vincere dall’illusione di guadagni facili e non lasciamoci abbindolare dalla dea bendata da cui si spera di ottenere vincite impossibili, ma investiamo nell’aiuto al prossimo, nella solidarietà e nella carità cristiana. Facendo ciò a me è andata molto bene!

Vorrei aggiungere anche un secondo consiglio: ora le nostre banche sono tutte traballanti e pericolose, io perciò i soldi li ho investiti tutti in titoli celesti ed ho versato fino all’ultimo centesimo presso la banca di San Pietro. Come vi ho già detto colà si offrono interessi superlativi e i soldi son sicuri! Ora poi è stato messo nel mercato della carità un nuovo prodotto, dal titolo abbastanza noto: “Fondazione Carpinetum dei Centri don Vecchi.” Questa Fondazione cerca liquido perché impegnata nella costruzione di 56 alloggi per anziani poveri e pertanto cerca nuovi clienti. Se avete qualcosa messa da parte e volete un investimento sicuro ad alto rendimento, anche questa è una ottima opportunità.

Autocertificazione

Abbiamo costatato che il tentativo di garantire una possibilità di aiuto a
chi è povero, mediante dichiarazioni, tessere o altri documenti per così
dire ufficiali non solo è macchinoso, ma che proprio i “furbi” riescono a
farla franca lo stesso. Perciò, quando queste certificazioni non siano
esigite dalle leggi o dai regolamenti, preferiamo scrivere a caratteri
cubitali un cartello: “Questi generi alimentari sono destinati ai poveri,
chi non lo fosse, sappia che ruba il pane a chi ha fame!”. Sembra che
questo avvertimento sia alla fine molto più efficace.

I protagonisti del Don Vecchi

Qualche giorno fa Luciana, una ragazzina dei miei anni verdi di sacerdozio a San Lorenzo, ora moglie del capo dei tipografi della nostra editrice e mia attuale consulente politica, mi ha rivolto una domanda che di primo acchito mi ha stupito alquanto: “S’è accorto don Armando che da otto anni io e Massimo, mio marito, non andiamo mai in ferie?”

In verità non sono uno che si interessa particolarmente delle ferie, perché, come il Goldoni, sono convinto che esse siano una “mania” ma comunque suor Teresa, che di queste cose è più interessata di me, qualche volta mi aveva fatto osservare, passando davanti alla casa di questi due miei amici carissimi, che questi due coniugi, ora quasi settantenni, erano soliti fare frequentemente delle gitarelle infrasettimanali, motivo per cui pensavo che avessero scelto questo modo un po’ originale e poco seguito dalla gente del nostro tempo di far ferie. Poi sapendoli tutti e due pensionati e con la figlia che abita per conto proprio, supponevo che questa soluzione fosse assai comprensibile, anzi lodevole!

Sennonché la mia interlocutrice aggiunse, con tono che sembrava sottolineare il loro “eroismo” e la mia poca sensibilità di “datore di lavoro”: “Massimo non mi porta in vacanza perché impegnato ogni settimana a stampare “L’incontro”! Mi ero accorto che suo marito era quanto mai fedele al suo “impegno” ed ogni lunedì nelle prime ore del mattino era sempre presente in tipografia al Don Vecchi per guidare i suoi “dipendenti” a stampare le cinquemila copie del nostro settimanale.

Io poi ho sempre nutrito ammirazione e riconoscenza per la pattuglia di questi vecchi scout che hanno scelto come loro servizio la stampa del nostro settimanale. Ho anche sempre provato un po’ di orgoglio perché, essendo stato il loro assistente, mi pareva d’essere riuscito nel mio compito di educatore scout che consiste principalmente nel preparare i ragazzi al servizio, come insegnava il fondatore del movimento scout. Inoltre ho sempre provato tanto piacere di incontrare in questi ultimi dieci anni questo gruppetto “di vecchi ragazzi” che si davano appuntamento ogni settimana e in un clima cameratesco, divertente ed amichevole per stampare il periodico che in qualche anno è divenuto il più letto e il più diffuso della nostra città. Un giorno, infatti, ricordando i vecchi tempi, avevo detto loro: Vi manca solo l’alza bandiera e il canto “passa la gioventù” per provare una volta ancora l’ebbrezza della vita avventurosa degli scout!”

La tipografia del Don Vecchi è una cosa seria: tre moderne macchine di stampa Risograf, una taglierina professionale, una stampante a colori, una piegatrice ed un paio di computer, ma la ricchezza più grande di questo settore è certamente il gruppetto di questi volontari che compie questo servizio come una “bella avventura” e che vive e rafforza la loro amicizia e il loro impegno a essere utili. La nostra tipografia conta una decina di operatori che stampano facendo funzionare contemporaneamente le tre macchine per velocizzare il lavoro, tanto che verso le dieci del mattino sono pronte per la piegatura le cinquemila copie settimanali. Collabora pure con loro una quindicina di anziani a piegare i giornali, cosicché nel primo pomeriggio partono già cinque o seicento copie de L’incontro per i punti di distribuzione.

Oltre al settimanale ogni settimana viene stampato Il messaggio di Papa Francesco in cinquecento copie e L’incontro domenicale col Padre in trecento copie per seguire l’Eucarestia. La tipografia stampa inoltre il quindicinale Le favole di Mariuccia Pinelli e il mensile Il sole sul nuovo giorno. Questo ultimo periodico è curato in maniera particolare “dall’artigiano tipografo” Luigi Novello che, pur lavorando in collaborazione con l’equipe della tipografia, stampa in tempi diversi.

Non posso non ricordare anche lo staff guidato dalla signora Natalina Michielon e costituito da quattro collaboratori che aiutano in maniera consistente la dozzina di anziani che si sono assunti il compito dalla piegatura del settimanale e della decina di distributori che piazzano, tra il lunedì e il martedì, le copie del giornale nelle postazioni di distribuzione.

Infine mi pare doveroso menzionare il servizio di suor Teresa che ogni settimana olia la macchina con pasticcini e il verduzzo. Tanto che non so proprio se sia più persuasiva e convincente la mia promessa della vita eterna o i pasticcini di suor Teresa! Comunque la tipografia continua a funzionare e questo è l’importante. Se poi Massimo e Luciana per questo motivo non possono fare le vacanze estive, non sono troppo preoccupato, perché gli operai italiani hanno veramente bisogno di qualche “santo protettore” o perlomeno di qualche buon esempio e loro sono tra i pochi che lo possono dare!

La nostra disponibilità

Lettera aperta ai parroci, alle assistenti sociali del Comune, agli enti di valenza solidale e soprattutto ai concittadini che si trovano in ristrettezze economiche.

Siamo consapevoli che questo nostro appello è purtroppo piuttosto raro e può sonare perfino strano e per questo siamo particolarmente felici di portarvi a conoscenza di una realtà che a Mestre ancora non tutti conoscono. Per grazia di Dio e per buona volontà di mezzo migliaio di volontari, in simbiosi con il Centro don Vecchi di Carpenedo è nata una agenzia di solidarietà quanto mai vasta ed efficiente, che presto speriamo possa diventare in Italia il primo supermercato di carattere solidale. Ogni giorno affluiscono in via dei Trecento campi 6 di Carpenedo, dove si trovano i nostri magazzini, centinaia e centinaia di concittadini italiani ed extracomunitari che si trovano in difficoltà economiche e che chiedono aiuto presso i nostri attuali magazzini di carattere solidale, trovando fortunatamente una risposta ai loro bisogni. Grazie alla Provvidenza siamo in grado di aiutare un numero ben consistente di persone in difficoltà. Per questo ci rivolgiamo a voi, che siete i naturali interlocutori dei poveri, perché sappiate che, qualora non siate attrezzati a dare risposta esauriente alle richieste di chi è in difficoltà, noi a nome della Chiesa mestrina possiamo aiutare voi e quindi chi viene da voi a chiedere aiuti. Cosa possiamo mettere a disposizione?

  1. Un emporio di vestiti nuovi ed usati di ogni tipo e di ogni taglia. Siamo convinti che a Mestre non ve ne sia uno di eguale neppure in quelli di carattere commerciale.
  2. Mobili e arredo per la casa; dalle stoviglie ai soprammobili, dai mobili correnti a pezzi d’epoca, dai quadri ai lampadari e ai tappeti. Disponiamo, insomma, di tutto quello che serve per arredare la casa.
  3. Frutta e verdura in grande abbondanza. Ogni giorno recuperiamo dai venti ai trenta quintali di questi generi alimentari che ci vengono regalati dai mercati generali di Padova, Treviso, Marghera, Santa Maria di Sala e dai supermercati della città: Alì, Cadoro, Coop e Despar.
  4. Generi alimentari in scadenza: di ogni qualità, compreso carne, pesce e tanto altro ancora.
  5. I generi alimentari della Agea ossia forniti dall’Europa.

Ben s’intende che talora v’è tanta abbondanza e talora questi stessi generi scarseggiano. Comunque si trova sempre qualcosa! Questa possibilità di distribuzione consistente di beni è dovuta ad un’organizzazione seria: abbiamo sei grandi furgoni, dei quali uno per la catena del freddo, la disponibilità di milleduecento metri di superficie e soprattutto un numero quanto mai consistente di volontari. Crediamo che oltre l’organizzazione, che si rifà alla dinamica di ogni magazzino di carattere commerciale, il punto di forza sia quello che questa attività vive e si rifinanzia da sola. Perché ad ogni utente viene richiesta un’offerta pressoché simbolica per sostenere la gestione e perché siamo quanto mai convinti che bisogna creare un “volano” della carità, che crei piano piano in tutti benefattori e beneficati, una mentalità solidale: motivo per cui ognuno, in rapporto alle sue possibilità, deve collaborare ed aiutare chi è più povero di lui. Gli unici prodotti per i quali non si richiede alcun contributo sono i generi alimentari della Agea che per legge devono essere totalmente gratuiti. Informiamo, infine, che l’orario estivo di apertura è dal lunedì al venerdì, dalle ore 15 alle 18, e che i magazzini sono facilmente raggiungibili perché dispongono di un ampio parcheggio e anche perché la linea 2 dell’autobus ha una fermata ad appena 50 metri di distanza.

La nuova congregazione

Il cardinale Patriarca Angelo Roncalli mi ordinò prete nella basilica di San Marco nel 1954 e dopo pochi giorni l’allora vicario generale mi chiamò a fare il cappellano ai Gesuati. Seppi poi che fu il parroco di quella parrocchia, che era stato anche il parroco della mia infanzia ad Eraclea, a fare questa richiesta. Due anni dopo lo stesso “vice Patriarca” mi spostò improvvisamente in Duomo a Mestre. Venni a sapere poi che il cappellano di allora era stato allontanato per certi comportamenti non troppo corretti nei riguardi dei ragazzi. Ci fu un certo scandalo e l’allora parroco monsignor Aldo Da Villa, che mi aveva conosciuto e mi aveva “scoperto” appassionato nel sostenere le mie idee, pensò che potevo essere il prete giusto per tamponare lo smarrimento che la vicenda pruriginosa aveva provocato tra i giovani della parrocchia.

L’inizio fu difficile, però l’entusiasmo delle primizie del mio sacerdozio mi aiutò a superare le difficoltà iniziali. Dapprima mi occupai della gioventù dell’Azione cattolica, quindi mi furono affidati gli scout dei quali avevo fatto una bella esperienza quando ero a Santa Maria dei Rosario alle Zattere. In verità il movimento era allora mal ridotto, ma in pochi anni rifiorì in maniera veramente promettente: tre branchi, tre reparti, due noviziati e due clan ed altrettante unità nel settore femminile. Penso che raggiungemmo in quegli anni i due/trecento ragazzi a San Lorenzo martire e nel contempo ci espandemmo in molte parrocchie della città.

I diciotto anni passati nella parrocchia di piazza Ferretto furono entusiasmanti; a tutt’oggi godo ancora della simpatia di quei ragazzini, che ora sono nonni e bisnonni. Non passa settimana che qualche uomo o donna più che maturi non venga a dirmi: “Don Armando si ricorda che..?” Chi semina sono certo che prima o poi, tanto o poco, raccoglie e io sto ancora raccogliendo da quella semina.

Voglio raccontare in proposito ai giovani preti una bellissima storia, proveniente da quel tempo e da quella comunità. Un paio di mesi fa mi si presentò una signora sui sessant’anni dal portamento asciutto e ascetico che dopo qualche confidenza mi ha detto: “Finora ho tentato di conoscere e amare il Signore mediante l’ascesi e la preghiera, ora vorrei continuare a farlo mediante il servizio ai poveri”. Con suor Teresa riuscimmo a trovarle al Don Vecchi un piccolo alloggio, più simile a una cella da eremiti che a un appartamento per anziani e da una settimana questa donna di Dio fa parte della nostra famiglia. Sono sicuro che ella metterà a disposizione del Signore, vestito da povero, i prossimi trent’anni della sua vita!

Una volta, vedendo il nostro numeroso esercito di volontari, il cardinale patriarca Marco Cé mi chiese tra “il serio e il faceto”: “Perché don Armando non pensi di fondare un ordine religioso?” Allora pensavo che erano fin troppi gli ordini religiosi e poi sono sempre stato convinto che oggi sia giunto il tempo d’amare e servire il Signore senza troppe monache e troppe regole, ma ascoltando la voce del proprio cuore e facendo del nostro meglio a favore del prossimo in difficoltà. Comunque, anche senza cerimonie e autorizzazioni vaticane, al Don Vecchi è nata una nuova “congregazione religiosa” composta da Suor Michela, Suor Angela, Suor Teresa, da me e dalla “novizia” appena entrata. Non ci siamo ancora dati un nome, perché siamo poco convinti che serva, però abbiamo sogni e progetti da vendere.

Grazie ai benefattori

Grazie ai benefattori

Nostro Signore Gesù Cristo ha detto che i nomi delle persone perbene, degli onesti, dei galantuomini e soprattutto delle persone generose è “scritto in cielo” e che essi “riceveranno il centuplo quaggiù e la vita eterna lassù”.

Noi che fortunatamente veniamo a conoscenza di questi concittadini di buon cuore che non si stanacano mai di dare una mano al prossimo, nell’attesa dell’eternità pensiamo bene di dedicare un monumento ideale della solidarietà che vogliamo erigere a Mestre in loro onore, perché tutti vengano a conoscenza dei cittadini benemeriti che sono molto più degli imbroglioni, dei disonesti e degli egoisti. Perciò vogliamo suggellare i loro nomi perché tutti ne siano edificati, siano loro riconoscenti, e soprattutto tentino di imitarli perché a fare del bene non c’è mai un limite.

I loro nomi oltre che in Cielo devono, infatti, essere scritti anche in terra. Cominciamo subito con lo scoprire alcuni dei benefattori di quella splendida realtà che abbiamo denominato “Polo solidale dei Centri don Vecchi” e che presto speriamo di denominare “Ipermercato solidale” Santa Marta, la santa che non stava con le mani in mano.

Eccovi dunque la prima “lapide” con i primi 11 nomi:

  1. Ditta Del Bello, che dona spesso grosse quantità di frutta esotica.
  2. Azienda agricola di Emanuele Durigon, che almeno due volte al mese ci fornisce notevoli quantità di trote e storioni.
  3. Azienda Ortolana del signor Gerardo del mercato ortofrutticolo di Treviso, che ogni settimana offre una quantità consistente di frutta e verdura.
  4. Azienda agricola Basso, di Favaro Veneto, che ha cominciato ad offrire frutta, verdura e prodotti alimentari, che produce direttamente.
  5. Azienda alimentare Agrà di Antonella Albano, di Spinea, per la grossa fornitura di olive belle di Cerignola, lupini e quant’altro.
  6. Dolciaria Mestrina, che ogni giorno ci fornisce brioche e altri dolci.
  7. Cafè Retrò di Silvia Spada di Carpenedo, che più volte alla settimana ci offre panini imbottiti, torte e brioche.
  8. Coop di piazzale Roma, che quasi tutti i giorni ci mette a disposizione ottima carne fresca e pesce, e altri prodotti alimentari.
  9. La catena di ipermercati Cadoro, (ben sette grandi strutture locali) che ogni giorno di tutti i mesi dell’anno e da molti anni ci consegna notevoli quantità di generi alimentari perfettamente commestibili.
  10. Dolci e Delizie, le pasticcerie di via Pio X e di via Bissuola che inviano quasi tutti i giorni notevoli quantità di dolci tanto che gli anziani di tutte le sei strutture dei Centri don Vecchi possono godere di queste elargizioni.
  11. Pasticceria Ceccon di Carpenedo, che alterna le sue elargizioni di dolci tra la parrocchia e i Centri don Vecchi, ma che comunque si ricorda spesso dei nostri anziani.

Questa è la prima lista del più bel monumento di Mestre, ma quanto prima informeremo su altri nomi che fortunatamente abbiamo la possibilità e il dovere di portare a conoscenza e all’ammirazione dei concittadini.

Lino e Stefano

Quando scelsi, circa dodici anni fa, la testata per il periodico che mi permettesse di dialogare ancora con i miei cittadini, faticai alquanto per trovare il nome tanto che ne dovetti scartare molti, prima di arrivarci. Finalmente la mia ricerca approdò su L’incontro, un termine particolare che mi parve che nessun altro giornalista avesse scoperto, mentre rappresentava una testata davvero ricca di potenzialità. Voglio perciò raccontarvi il seguito di uno dei tantissimi incontri della mia vita: molto spesso banali, deludenti e senza seguito, però ve ne sono alcuni, che coltivati con un po’ di attenzione e di amore, sono diventati significativi ed importanti.

Incontrai Lino, uno dei due gerenti del Centro don Vecchi di Marghera, in un momento per lui molto amaro e difficile; gli era morta, dopo un penoso percorso, la moglie amata, i figli ormai cresciuti avevano scelto le loro strade e lui, andato in pensione, si sentiva solo e disorientato, soprattutto, almeno nell’inconscio, avvertiva il bisogno di dare senso alla vita aiutando il suo prossimo. Nell’infanzia aveva ricevuto in famiglia e in parrocchia una forte educazione cristiana, per cui portava in cuore una naturale propensione a rendersi utile e a offrire la ricchezza dei valori che aveva maturato da giovane. Da queste premesse era nato il suo impegno nel sindacato durante la sua vita lavorativa in fabbrica, ma contemporaneamente si prodigava in altre associazioni benefiche di volontariato. Una presidente di una di queste associazioni, donna forte e determinata, vedendolo solo e smarrito brancolare nella noia gli disse: “Va da don Armando, vedrai che avrà certamente qualcosa da farti fare!”.

Lino a quel tempo era anziano, ma non tanto vecchio da non poter essere più utile ad alcuno. Il Don Vecchi di Marghera era ormai pronto, ma non avevo qualcuno a cui affidarlo. Come si sa la Divina Provvidenza, non so per quale motivo, aspetta quasi sempre l’ultimo momento per darti una mano, ma forse lo fa per provare la tua fiducia. Lino si improvvisò direttore di comunità e ci riuscì: talvolta con la sue “prediche”, più spesso con il suo esempio, sempre con la sua preghiera. In quel tempo aveva come amico un giovanotto un po’ malconcio a causa di un incidente stradale: lo introdusse alla chetichella quasi come un “figlio d’anima”. Così cominciò la loro avventura come responsabili di una delle nostre comunità. Il più bello però venne dopo, quando anche il centro di Campalto fu terminato, ma ancora una volta non ero riuscito a trovare un capo a cui affidarlo.

Con gesto molto nobile e generoso, per il quale sarò loro sempre grato, mi dissero: “Don Armando, qui a Marghera ormai ci sono Luciano e Teresa che possono sobbarcarsi questo impegno, se vuole ci trasferiamo noi a Campalto”. Lino e il suo amico presero armi e bagagli e si trasferirono nella nuova struttura. Il passare degli anni rese più fragile il vecchio Lino e, pur non avendo perso per nulla la sua capacità di “predicare” e procurarsi aiutanti, lasciò a Stefano, tecnico di altissima capacità dell’Elettrolux, spesso in giro per il mondo per lavoro, il compito di “governare” la struttura. Stefano, tanto sicuro quanto esperto, è altrettanto e forse ancora più sicuro nel dare direttive, fare scelte e proporre con decisione la sua filosofia. Comunque la coppia funziona a meraviglia e spero che funzioni ancora per molto tempo, anche se ultimamente ho capito che loro non sono ormai più in grado di proporsi per una nuova avventura in un’altra struttura. Comunque spero che la Fondazione Carpinetum sappia che possono operare molto tempo ancora!

I magazzini San Giuseppe

La prima attività a carattere solidale, nata al Centro don Vecchi di Carpenedo, è stata quella della raccolta e della distribuzione di indumenti a favore dei concittadini in disagio economico.

Questa agenzia caritativa è certamente una delle più efficienti non solo nel Veneto ma pure in Italia. Ben più di cento volontari operano presso questi magazzini, che l’anno scorso hanno festeggiato i quindici anni di attività con centinaia di migliaia di persone in difficoltà che vi sono ricorse ogni giorno per poter vestire in maniera dignitosa.

Hanno fatto seguito ai magazzini San Martino, non a caso intitolati al santo che ha condiviso il mantello con il povero, i magazzini San Giuseppe, che trattano della raccolta di mobili e arredo per la casa. La dedicazione a San Giuseppe è abbastanza ovvia, perché il padre putativo di Cristo ha mantenuto la “sacra famiglia” lavorando il legno. I magazzini San Giuseppe non hanno ancora avuto lo sviluppo di quelli di San Martino, però in questo ultimo tempo hanno pure fatto passi da gigante, sia come sistemazione logistica dei mobili in offerta sia nel ritiro e nell’offerta.

A Mestre gli extracomunitari, che sono riusciti ad affittare o meglio ancora ad acquistare un appartamento, si rivolgono tutti a questa struttura per arredare le loro case. Molti di loro, poi, si rivolgono pure ai nostri magazzini per inviare in Moldavia, in Ucraina, in Romania e in Polonia i mobili per i loro parenti che non riescono ad acquistare in patria a motivo del costo.

Attualmente la Fondazione Carpinetum, in attesa dei nuovi tanto sospirati magazzini, è riuscita ad aggiungere qualche spazio permettendo così un’esposizione dei mobili molto più felice.

Pure molti mestrini, che amano il proprio alloggio, spesso cercano e spesso trovano presso i nostri magazzini quel pezzo di “pregio” che abbellisce ed impreziosisce la loro abitazione. Nel magazzino dei mobili si possono trovare e ricevere oggetti di vario tipo e diversa dimensione a fronte di una modestissima offerta, necessaria per le spese di gestione essenziali.

Il responsabile storico dei magazzini si chiama Nico Pettenò, che ha visto sorgere questa struttura e ne sta accompagnando la crescita con lodevole dedizione e impegno. Da un po’ di anni, inoltre, opera come volontaria in questo magazzino la signora Luciana, moglie di un imprenditore dell’hinterland, che ha un estremo buon gusto e pure una bella competenza specifica nel settore dei mobili in genere e dei lampadari in particolare, avendo un’istintiva capacità nel riconoscere i gusti e i bisogni dei richiedenti e sapendo accontentarli con la soluzione ottimale per arredare il loro alloggio.

I “visitatori” che, anche per caso, hanno conosciuto questa attività benefica non solo ritornano, ma addirittura portano amici e famigliari perché possano trovare a costo solamente simbolico, mobili per dare un aspetto dignitoso e gradevole alla loro abitazione. Non sempre si trova la lavatrice, il frigo, o la carrozzella che servono, però basta prenotarsi e quando arrivano questi accessori, i responsabili dei magazzini telefonano al richiedente per informarlo della disponibilità.

I magazzini San Giuseppe svolgono anche la funzione di ritirare gratuitamente i mobili dei quali qualche cittadino per motivi diversi vuole disfarsi, aiutando contemporaneamente chi è in difficoltà. Spesso ci sono persone che hanno assoluta necessità di sgombrare un appartamento e allora i volontari del San Giuseppe sono a disposizione previa copertura dei costi sostenuti per la discarica.

I magazzini sono sempre aperti dal lunedì al venerdì dalle 15.30 alle 18.30 ed è sempre attiva la segreteria telefonica allo 0415353204, per cui chi avesse bisogno di un intervento può lasciare il suo numero e sarà richiamato il più presto possibile.

“Messaggio” della confraternita San Cristoforo e della Misericordia di Venezia

Ricevo, per interessamento di non so chi, il trimestrale che si occupa di forme di solidarietà ma anche di onoranze ai defunti. L’aspetto di questo opuscolo sa un po’ di ottocento, però i contenuti sono positivi e quanto mai edificanti.

Questa vecchia confraternita, che veste alla maniera delle antiche “scuole” di Venezia, che sono antesignane delle vecchie corporazioni o degli attuali sindacati, pur mantenendo un linguaggio e degli aspetti del passato, ha saputo rinnovarsi nei contenuti ed offrire ai concittadini dei “servizi” quanto mai attuali ed efficienti.

Oggi si parla giustamente e con ammirazione degli ambulatori aperti a Marghera dall’ente “Emergency”, però l’attività sociale e assistenziale della nostra confraternita di San Giacometto non è certo meno valida e attuale.

Pubblico due pagine di questo periodico perché chi vive a Mestre ma anche chi ha conoscenti da queste parti sia informato sui servizi offerti.

NEWS sodalizio

I MEDICI DELLA MISERICORDIA DI VENEZIA OFFRONO VISITE SPECIALISTICHE GRATUITE ANCHE A PENSIONATI VENEZIANI IN DIFFICOLTA’ ECONOMICHE ELIMINANDO TEMPI LUNGHISSIMI DI ATTESA.

E’ noto che la città di Venezia, pur essendo prevalentemente una città ricca per le attività turisti-che e l’attività del terziario, presenta sacche di povertà che le istituzioni pubbliche e di volontariato stentano a controllare dal punto di vista sanitario, d’altra parte è elevato il numero di anziani con pensioni minime che non riescono ad accedere ai servizi sanitari specialistici per vari motivi, uno dei quali è principalmente il tempo di attesa tra prenotazione ed esecuzione della visita. Pertanto, il gruppo di Medici Volontari dell’Ambulatorio di San Giacometto. costituito per lo più da medici specialisti o polispecialisti è disponibile ad offrire consulenze specialistiche per i casi di pazienti veneziani o in difficoltà economica.

L’aiuto offerto potrà, per il momento, essere dato per le seguenti specialità:

Cardiologia

Endocrinologia

Gastroenterologia

Geriatria

Ginecologia

Malattie infettive

Medicina interna

Neurologia

Otorinolaringoiatria

Pediatria

Reumatologia

Urologia

Il servizio di consulenza sarà organizzato come segue: le visite dovranno essere prenotate tele-fonando alla segreteria della Misericordia e verranno eseguite nell’ambulatorio sito a S. Giacometto concordando data ed ora. Casi di pazienti particolari, valutati caso per caso, potranno essere visitati nell’ambiente del paziente stesso.

NON E’ NECESSARIO PRESENTARE DICHIARAZIONE DEI REDDITI O ALTRA DOCUMENTAZIONE COMPROVANTE CHE UNA PERSONA NON E’ RICCA !!! ORMAI “POVERI” SIAMO UN PO’ TUTTI !!!

NEWS sezioni interne

Sezione “ARCOBALENO Consuntivo 2° Trimestre 2017

A – DIVISIONE PEDIATRICA – OSPEDALE CIVILE DI VENEZIA

Assistenza ai bambini in divisione pediatrica ore n. 160

Assistenza per Emergenze ore n. 20

B – CASA CIRCONDARIALE FEMMINILE – GIUDECCA

Intrattenimento con i bambini delle detenute ore n. 60

C – CASA FAMIGLIA AURORA

Assistenza ai bambini ore n. 105

D – ISTITUTO PROV. S.M. DELLA PIETÀ

Assistenza ai bambini in comunità ore n. 105

Sezione “FILO D’ARGENTO” Consuntivo 2° Trimestre 2017

A – PUNTO DI ASCOLTO presenze n.217

1. Richieste di informazioni, assistenza e compagnia n.241

2. Telefonate effettuate per comunicazioni e compagnia n.507

B – SERVIZI EFFETTUATI

1. Assistenza e compagnia a domicilio n.175

2. Spese a domicilio n. 46

3. Accompagnamento a visite mediche n. 42

4. Espletamento pratiche amministrative n. 57

C – ATTIVITÀ PRESSO STRUTTURE PUBBLICHE

1. Ospedale Civile – vari reparti presenze n.606

2. Fatebenefratelli: R.S.A. presenze n.100

3. Fatebenefratelli: Hospice presenze n.49

4. Case di Riposo presenze n.177

AMBULATORIO Consuntivo 2° Trimestre 2017

Visite ambulatoriali generiche n. 30

Richiesta visite specialistiche n. 5

Richiesta esami radiologici n. 10

SERVIZIO DI CONSULENZA PSICOLOGICA su appuntamento presso l’AMBULATORIO, telefonando al mattino al 041.5224745.

I nostri protagonisti: Danilo

In quest’ultimo tempo mi è venuto in mente di parlare ai miei amici di chi sono i protagonisti della nostra splendida impresa e del “miracolo” a livello solidale che si è avverato in questi ultimi vent’anni. Di certo è riconosciuto un po’ da tutti il fatto che i Centri don Vecchi siano il fiore all’occhiello di Mestre, ma magari non tutti sanno che il “polo solidale” è cresciuto in simbiosi e non è meno importante e prezioso. “Il miracolo” dei magazzini a favore dei poveri, ossia quel complesso tanto efficiente di attività solidale, che non teme confronti almeno nel Triveneto, rappresenta pure qualcosa di miracoloso. Una delle componenti più importanti di questa attività in favore del prossimo sono i magazzini San Martino, il più grande ipermercato non soltanto di Mestre, di indumenti nuovi e usati per i cittadini non abbienti. Oggi vorrei presentarvi il ritratto del fondatore e del manager indiscusso di questo enorme ipermercato del tessile. L’autore di questo complesso quanto mai efficiente ed originale si chiama Danilo Bagaggia. Questo capitano d’industria, che s’è formato presso la grande azienda dei fratelli Coin, pur venendo dalla gavetta, ha percorso con tenacia e capacità tutta la strada arrivando fino ai più alti livelli. Noi abbiamo avuto la fortuna di poterlo “rubare” all’azienda in cui è cresciuto a livello professionale per farne il promotore dei nostri magazzini. Il signor Danilo, che ha i suoi settantanni, portati molto bene, è partito nella sua nobile impresa nel 2002 e in quindici anni ha costituito il suo “impero” beneficiando di tutte le esperienze che s’è fatto dai Coin e applicando le leggi di mercato con assoluta decisione e rigore. Attualmente la sua e nostra “azienda” copre un’area di circa ottocento metri quadrati, s’avvale di una forza lavoro di 110 volontari, ai quali è richiesta una risposta lavorativa, che qualsiasi azienda del settore esige dai propri dipendenti.

Nei magazzini San Martino ognuno ha la sua mansione, ognuno svolge la sua attività in maniera diligente, deve trattare la “clientela” nella maniera più cortese e appropriata. Non sono ammesse assenze ingiustificate e ognuno deve comportarsi come e meglio che se fosse a libro paga. Quando si apre il “negozio” tutto deve essere perfettamente in ordine. Con questa efficienza pure gli utili a livello morale sono molto lusinghieri. Un giorno il signor Bagaggia, che è diventato da tempo amico carissimo e collaboratore preziosissimo, mi ha confidato: “Per tutta la vita ho sognato di avere una mia azienda, senza purtroppo riuscirci, ora però, che sono in pensione, ho la soddisfazione di aver creato e di dirigere il primo e il più grande ipermercato solidale del tessile, almeno di tutto il Nordest”. Il mio maestro monsignor Valentino Vecchi mi diceva che la vera ricchezza di un Paese è costituita dai capitani d’industria: mi pare che nel suo campo, con Danilo, Mestre e la carità abbiano la fortuna di averne uno, di grande capacità e valore!