Burocrazia contro solidarietà

Nota della Redazione: queste riflessioni sono antecedenti al 27 novembre, quando la situazione è finalmente stata sbloccata.

Nel pomeriggio delle domeniche mi concedo un pisolino sulla poltrona e la visione in contemporanea di due rubriche: “L’arena”, condotta da un giovane intelligente ed onesto, che poi sapendo che è anche un ottimo cristiano, mi piace più ancora, e un’altra rubrica di cui non ricordo il titolo, ma che comunque consiste nell’intervista di mezzora ad un uomo politico di spicco da parte dell’Annunziata. Questa donna la rifiuto in maniera radicale, perché faziosa, prepotente e preconcetta, ma comunque devo ammetterlo anche intelligente e preparata. Come faccio a seguire le due rubriche in contemporanea? Passo da un canale all’altro, perdendo battute di certo, ma riuscendo comunque a cogliere la sostanza del discorso.

Qualche domenica fa era di turno il ministro Brunetta. Questo signore non mi è proprio molto simpatico, perché sbruffone, indisponente, perchè pare sia una specie di padreterno che sa tutto lui e risolve ancora tutto lui. Brunetta mi pare sia una copia non proprio riuscita di Berlusconi!

Debbo però ammettere che nonostante gli attacchi insistenti ed indisponenti, faziosi e preconcetti della giornalista, non solamente gli ha tenuto testa ma l’ha mandata all’angolo, vincendo indubbiamente per ko tecnico!

Mentre ascoltavo le bordate ripetute e dirompenti di Brunetta, alla burocrazia, alla faziosità ed arroganza dei giudici, al menefreghismo e al non rendimento dei funzionari dello Stato, il mio pensiero andava al ritiro dei generi alimentari in scadenza. Battaglia certamente perduta per l’egoismo sfrontato della grande distribuzione, per l’impotenza del Comune e per la solita burocrazia.

Ora il problema è in stallo perché l’Ulss deve definire quello che non si deve asportare. Faccio fatica a capire perché questa gente debba sentenziare di tutto senza preoccuparsi per nulla dei problemi più gravi del bisogno e di come risolverli.
Comunque quanto ci vorrà per stilare questa lista del si e del no?

Cinque minuti? Dieci? Diamogli pure un quarto d’ora, ma poi buttiamoli fuori a calci sul sedere dall’ufficio.

Per far il bene servono fondi!

Qualche giorno fa due vecchi amici altoatesini, da molto tempo residenti a Mestre, mi portarono un depliant trovato durante una loro visita ad una chiesa tedesca, in una delle tante scorribande che sono soliti fare in Germania.

Sorridenti e sornioni porgendomi il foglio stampato in carta patinata con la riproduzione del soffitto di una grande chiesa gotica, mi chiesero: “E’ stato lei a suggerire al parroco tedesco l’espediente di vendere le stelle della sua chiesa per recuperare il denaro necessario per il restauro dell’edificio?”

Evidentemente ricordavano la mia impresa di vendere le stelle dorate della chiesa di Carpenedo per costruire il don Vecchi!”

I tedeschi con precisione teutonica avevano contato esattamente il numero delle stelle: 8758 presenti nei singoli segmenti separati dalle nervature del soffitto e avevano preparato il documento con cui si registrava il contratto d’acquisto consistente in 50 euro per stella.

Sono stato felice di aver aperto una via che altri stanno seguendo, spero che a qualcuno venga in mente di chiamarla con il mio nome.

Questa scoperta ha acuito la mia preoccupazione nel non riuscire più a scoprire che cosa posso ancora vendere per pagare il don Vecchi di Campalto.

Ho venduto le stelle della chiesa, le pietre del selciato, i mobili della canonica, le icone… Pur lambiccandomi il cervello da mane a sera, non so proprio cosa mettere all’incanto.

Qualcuno mi ha suggerito di mettere sul mercato dei bond da mille euro ciascuno, non esigibili prima di due anni, con la segreta speranza che gli investitori si dimentichino di chiedere il rimborso, essendosi nel frattempo abituati a farne senza, ne donino praticamente il controvalore alla Fondazione.

Per ora sto studiando con gli esperti l’operazione sperando che non risulti un flop come è toccato a Tremonti con le banche italiane!

L’inno di san Paolo “Ubi caritas, ibi Deus” e il don Vecchi

Non avrei mai pensato che il don Vecchi, che qualche concittadino si ostina ancora a ritenere una casa di riposo, in poco tempo sarebbe diventato un vivaio in cui si muove tanta gente, si fanno tante cose e soprattutto in cui pulsa rigogliosa la vita.

Era quello che volevo ma non avrei mai pensato che sarebbe avvenuto tanto presto e con tanta intensità.

Il sogno iniziale era quello di offrire agli anziani, senza tanti mezzi economici, una dimora in cui essi potessero rimanere uomini, donne e soprattutto persone fino all’ultima goccia di vita.

Questo è avvenuto! Al don Vecchi c’è un campionario del mondo, magari non con volti e comportamenti all’ultima moda, e con stili di vita all’ultimo grido, ma comunque ci sono uomini e donne liberi, che fanno le scelte che vogliono, che vivono, amano e si comportano come ognuno crede.

Talvolta amerei che rientrassero un po’ di più nel clichè della comunità dei cristiani, li sollecito a questo, ma mi impegno e garantisco loro la libertà di praticare e di vivere come credono.

La costituzione del don Vecchi, ha pochi paragrafi: solidarietà, rispetto, libertà, per il resto ognuno si arrangia.

Quello che però mi esalta è l’interrato, la parte meno nobile dell’edificio, la è sbocciata la vita: i magazzini dei mobili, dell’oggettistica, dei supporti per gli ammalati, del banco dei generi alimentari, dei vestiti.

Credo che non ci sia angolo o istituzioni di Mestre in cui si incontri in maniera così intensa e numerosa e diversificata la solidarietà.

Dire che ne sono orgoglioso non è giusto, perché non è opera mia, ma espressione corale di un volontariato tanto diversificato per età, sesso, cultura, lingua, religione.

Il denominatore comune di questo formicaio di volontari, nato quasi per caso, è la solidarietà, espressa in mille modi e con stili diversi, ma comunque è sempre solidarietà.

Il don Vecchi è sempre vivo perché non cessa mai l’andirivieni di anziani, figli, nipoti, badanti, amici e fornitori, ma il pomeriggio il popolo dei piani alti e di quello dei piani bassi, si mescolano e tutti insieme cantano l’inno di san Paolo “Ubi caritas, ibi Deus” dove c’è la solidarietà la c’è Dio, forse per questo il don Vecchi è così vivo e così nuovo!

Parrocchie: catechesi, liturgia e… una carità zoppicante

Da un paio d’anni raccogliamo gli strumenti di supporto per gli infermi per metterli a disposizione di chi ne ha bisogno senza ricorrere a compilazioni di moduli, di presentazione di ricette mediche e di Cud e di mercanzia del genere.
Le cose vanno benino!

Pian piano pare che riusciamo ad ottenere quello che poi ci è richiesto, ma mentre abbiamo una certa carenza per gli esterni, in compenso c’è sovrabbondanza di comode, di stampelle e di treppiedi.

Qualche giorno fa, facendo visita al magazzino, piuttosto angusto, di questo materiale, mi accorsi che in un angolo c’era un treppiedi con una gambetta spezzata, non serve a niente bisogna che lo buttiamo perché solamente l’appoggio su tre gambe offre la stabilità richiesta.

Mentre pensavo di chiedere al responsabile di portare alla Vesta lo strumento che non poteva più servire, per una strana associazione di idee, ho pensato alle molte, troppe parrocchie che dovrebbero, se fosse possibile, essere mandate alla Vesta per essere rottamate perché sono mancanti di un elemento del treppiede che è parte integrante della sua struttura.

Notoriamente i tre supporti della parrocchia sono: catechesi, liturgia e carità. Il peduncolo della carità per molti sembra però quasi un optional e perciò o manca completamente o è sostituito malamente con rimedi di fortuna, tanto che un elemento qualificante la comunità cristiana, anzi uno dei più apprezzati dall’uomo d’oggi per alcuni sembra non importante tanto da essere abbandonato senza tanti drammi interiori.

Qualcuno si illude che debba provvedere lo Stato, qualche altro lo delega a strutture diocesane e qualche altro lascia che cammini come uno sciancato, tirandosi avanti zoppicando.

Non so se questa mancanza sia ritenuta da Rosmini una delle cinque piaghe della chiesa dei tempi nostri, se non lo fosse bisognerebbe denunciarne la presenza, perchè è certamente una causa dei suoi malanni.

“Primo obiettivo è fare il bene, ultimo chiacchierare sul bene da fare!”

L’amicizia è un modo per stabilire rapporti cordiali e fiduciosi verso tutti, ma in particolare verso chi avverti abbia una consonanza di idee e di convinzioni. Tutto questo vale per le persone del nostro tempo, ma egualmente anche nei personaggi del passato.

Io, per esempio, mi sento molto vicino alla sensibilità e al pensiero di Sant’Agostino, meno per San Tommaso, il grande filosofo e teologo, provo tanta simpatia per l’apostolo Giacomo, uomo concreto e con i piedi per terra piuttosto che per l’apostolo San Giovanni, che mi pare abbia sempre la testa tra le nuvole! Non penso che con ciò faccia un torto né a San Tommaso D’Aquino né a San Giovanni evangelista, l’apostolo tanto amato da Gesù.

La mia amicizia scaturisce probabilmente da un’assonanza di sensibilità e di idee.

In queste ultime settimane una delle tre letture domenicali della S. Messa, è dedicata a San Giacomo e mi fa felice che egli, pur senza saperlo, faccia da supporto ai miei convincimenti più profondi e mi garantisca che non sono fuori strada.

In questi giorni credo debbano fischiare le orecchie a San Giacomo perché lo penso cento volte al giorno per quella sua frase: “La fede senza le opere è sterile!”

Quante volte ho pensato che al buon Dio gli debba interessare proprio ben poco l’acqua santa, l’incenso, gli inchini e le cerimonie in genere, ma invece gli sia quanto mai gradito ed approvi chi si occupa degli ultimi, si fa carico dei fragili e di quelli che non contano.

Al Padre non può che essere gradito che le sue creature si aiutino, che chi è più intelligente, più forte, più ingegnoso si dia da fare anche per chi è incerto ed impacciato, per chi non tiene il passo, per chi non sa sbrogliarsela da solo.

Il mio esercito di volontari zoppica alquanto a livello della frequenza al culto, della comprensione della liturgia e del tempo dedicato alla preghiera, ma in compenso sgobba, fatica e s’impegna!

Talvolta penso perfino di fondare una nuova congregazione che abbia come prima regola: “Primo obiettivo è fare il bene, ultimo chiacchierare sul bene da fare!”

Non sono però proprio sicuro di ottenere l’avallo pontificio!.

Comunque possiamo procedere anche senza avallo perché all’ingresso del Cielo ci sarà San Giacomo a farci entrare!

Ho visto lacrime, smarrimento, difficoltà negli occhi di chi lascia il proprio paese…

Confesso che ho seri motivi per sentirmi profondamente coinvolto dal problema degli extracomunitari presenti a centinaia di migliaia nel nostro Paese.

Dopo la prima guerra mondiale il nonno “che suppongo fosse dei bianchi” del mio paese natio, quindi non avesse nulla a che fare né coi “rossi”, né coi “neri”, trovandosi in difficoltà fece fagotto ed emigrò in Brasile con tutti i suoi figli, mia madre compresa. Non fecero fortuna ma vissero dignitosamente. La mamma era allora fidanzata a mio padre, il nonno la riaccompagnò in Italia, ella si sposò, il nonno rimase ancora un paio d’anni finchè nacqui io, poi se ne tornò dagli altri figli a San Paulo, ove è morto e dove sono morti tutti i miei zii.

La mamma visse tutta la vita con la nostalgia del padre e dei fratelli lontani.

Un paio di loro, dopo la seconda guerra mondiale, ritornarono per qualche mese, ebbi modo così di rendermi conto dell’immensa nostalgia del paese natio, della propria terra e della propria gente.

Quando si presentò il problema dell’immigrazione anche da noi, mi sentii totalmente coinvolto dallo smarrimento di tutta la gente che cercava lavoro e pane piovendo da tutti i paesi satelliti della Russia, caduti nella più profonda miseria.

Diedi vita al “senior service” un’agenzia di volontari che per molti anni mise a contatto l’offerta con la richiesta. Molti mi dissuasero, non chiedevo di certo documenti, chiedevo solamente se avevano bisogno. Un monsignore qualificato in un incontro tra preti mi ammonì: “Ricordati don Armando, che prima di tutto vale la legalità”.

Tirai dritto per la mia strada essendo convinto che prima di tutto e soprattutto vale “la carità” .

Ora sono fuori corso e non competono più a me scelte del genere, poi credo che le cose siano decisamente cambiate e che lo Stato, seppur confusamente, stia pian piano riordinando le leggi in rapporto a tanti fattori, però ancora adesso ho visto lacrime, smarrimento, difficoltà.

Ad una ragazza che mi implorava aiuto per legalizzare la sua situazione, dicendomi che in Moldavia chi guadagna tantissimo prende 200 euro al mese, chiesi: “ma come fanno a vivere?”

Ella mi rispose che in ogni famiglia almeno una donna lavora all’estero per mandare i soldi a casa! Povere donne, bambini senza mamme! Ci sono popoli che pagano ancora così duramente la follia del comunismo!

Io non so se le leggi attuali siano le migliori e le più opportune, sono però certo che ognuno deve fare la sua parte per trovare un nuovo ordine in Europa e sono altresì certo che ognuno di noi può fare qualcosa!

Anche gli uomini di Chiesa dovrebbero fare autocritica

Riflettere a voce alta su questo argomento so che è molto pericoloso per un prete, perché finchè un uomo di chiesa critica i partiti, il sindacato, gli organismi vari che hanno responsabilità nella conduzione della vita pubblica, almeno per quanto riguarda l’organismo di cui fai parte, non corri alcun pericolo di richiami, di critiche o di provvedimenti vari.

Se però il tuo discorso odora solamente di autocritica del mondo di cui sei parte, c’è sempre qualcuno dell’apparato che arriccia il naso, che al minimo, ti dice imprudente!

Io sono contento quando uomini di chiesa, che occupano posti importanti nell’organizzazione ecclesiastica, prendono posizione contro chi non rispetta la libertà, la dignità, il diritto di esistere, di avere una vita degna e per quanto posso gli do manforte, però mi piacerebbe che in tutto questo partissimo dalla nostra testimonianza anche perché non posso non ricordarmi di quella frase del nostro maestro: “Togli prima la trave dal tuo occhio e poi preoccupati pure della pagliuzza dell’occhio del tuo fratello!”

La chiesa struttura è certamente un qualcosa di consistente, dispone di molti mezzi economici, di molti fedeli, di una solida e vasta organizzazione, di un apparato mastodontico.

Non è che onestamente la chiesa se ne stia con le mani in mano, ma altrettanto onestamente potrebbe fare molto, molto di più! Quasi sempre poi quelli che si espongono e si impegnano a livello di difesa dei deboli, di soccorso ai poveri, di sostegno a chi è in difficoltà, sono spesso, non i vertici, ma la base, i singoli, quelli che non contano, quelli che sono spesso guardati a vista perché intemperanti, poco prudenti!

Non passa giorno che qualche monsignore, che presiede uffici, commissioni, dicasteri ed altro fa la sua “sfuriatina” contro il governo, contro certi provvedimenti.

Non dico che sempre non abbia ragione, però se assomigliasse un po’ di più al volto e all’opera di Madre Teresa di Calcutta o di San Vincenzo de Paoli, o del Cottolengo, ne sarei più orgoglioso e convinto.

Quando guardo a come le singole parrocchie, i cattolici di Mestre sono impegnati nei riguardi del prossimo, sono preoccupati della situazione degli “ultimi”, credo dovrebbero pensarci mille volte prima di pretendere che gli “altri” facciano o non facciano!”

Per me la critica dovrebbe sempre cominciare dall’autocritica!

Il bene va fatto sempre ma la politica non lo capisce sempre…

Qualche settimana fa m’ero illuso che, dopo una assurda pausa di due anni, il Comune avesse fatto un passo avanti tirando fuori il “Samaritano” da un binario morto e avesse finalmente messo in marcia il grande progetto della realizzazione del centro per la cura, mediante i protoni di certi tipi di tumore, della sede per una struttura sociosanitaria per il recupero degli anziani con gravi patologie, della sede per le associazioni che si occupano del settore della sanità, e di una residenza per i familiari dei degenti dell’Angelo che vengono a Mestre da lontano e dei pazienti dimessi che hanno bisogno di visite di controllo o di terapie varie.

La dottoressa Fincato assessore dei lavori pubblici m’aveva dato la parola d’onore che, terminate le elezioni, avrebbe provveduto ad un accordo con la Ulss perché essa procedesse mediante quel marchingegno di finanziamento di progetto, per cui chi sborsa i soldi li recupera a iosa mediante certi servizi che saranno loro concessi.

Tutto pareva finalmente deciso, tanto che “Il Gazzettino” ne aveva dato notizia con un certo rilievo.

Qualcosa deve essere saltato perché ora pare che il Comune voglia realizzare il tutto direttamente o mediante aziende ad esso care sempre per l’eterna preoccupazione della sinistra che la destra non faccia troppa bella figura realizzando quest’opera oltre “Il passante” e il nuovo ospedale!

Almeno questo mi pare d’aver capito, dopo aver letto un’intera pagina del quotidiano tutta dedicata all’argomento in questione.

Da parte della Ulss si obietta che finche il comune continua a concedere permessi a costruire strutture alberghiere tutto l’intorno, non sa se riuscirà a trovare chi sia l’allocco disposto a sborsare 100 milioni di euro, col pericolo che non riesca a recuperarli? Siamo sempre alle stesse: Ci sono troppi politici faziosi, troppo interessati all’affermazione del proprio partito o peggio ancora ad essere ricettivi, incapaci di fare e non disposti a permettere a chi ha dimostrato di saperlo fare, che lo faccia.

Non capendo o non volendo capire che il bene va sempre fatto anche se fosse il diavolo stesso ad offrirsi di farlo; in questo caso vorrebbe dire che il diavolo si sarebbe convertito! E questo è proprio il massimo che si possa sperare!

Che amarezza il grande egoismo di tanti verso chi li aiuta!

Il mese di settembre è diventato un tempo drammatico per molti estracomunitari presenti in Italia, moltissimi sentono da un lato incombente la spada di Damocle del reato di clandestinità e dall’altro la prospettiva di dover tornare nel paese di provenienza nel quale, essendo fortunati di trovare un lavoro, avrebbero uno stipendio di cento – centocinquanta euro al mese.

I tempi per approfittare di un’ultima via di salvezza sono veramente brevi, e questa volta poi i salvatori non sono più i benestanti, ma la povera gente, a sua volta bisognosa di aiuto.

Io pensavo che i poveri fossero solidali tra loro, che un tipo di povertà comprendesse l’altro tipo di povertà, che ci fosse uno scambio in natura.

Tu mi offri la tua disponibilità, tenendo conto anche delle mie poche risorse economiche, ed io ti ricambio con quello che le leggi patrie mi permettono di offrirti, permettendoti così di arrabattarti pur continuando in lavori umili e precari per evitare la miseria e la fame.

Paura, prevenzione, egoismo, disinteresse stanno caratterizzando un momento amaramente triste e deludente del comportamento verso i nuovi poveri! Sto costatando come troppi vorrebbero beneficare a buon mercato della disponibilità di tante donne straniere, alle quali è richiesta una vita al limite della sopportazione, senza voler contraccambiare, non dico con violazioni della legge o con rischi di reato, ma solamente approfittando della possibilità che la stessa legge offre per rendere legale la presenza di chi li aiuta! Sto scoprendo che la catechesi sulla carità è estremamente manchevole, inefficace, puramente formale. Mentre si può essere certi, che non esisterà mai una carità che non abbia prezzo, anzi più essa è vera e autentica più costa.

Una volta ancora mi si ripresenta il problema che troppi cristiani si illudono d’essere tali solamente assolvendo a qualche pratica di culto, non avendo ancora capito che saremo invece giudicati sull’amore al prossimo!

La chiesa mestrina potrebbe far di più…

Sono in crisi perché non so più come far fronte alle grosse spese che debbo sostenere per pagare i costi del “L’incontro”.

Non ho trovato un inserzionista che in cambio della concessione di uno spazio esclusivo di pubblicità mi offra almeno quei 20.000 € che mi sono assolutamente indispensabili per tirare avanti.

I conti son presto fatti: due bancali di carte mi durano un mese e costano più di 1000 €, per l’inchiostro mi servono 480 € al mese, altri 300 € per le matrici = quasi 2000 € al mese moltiplicati per 12 mesi.

D’altronde sono così convinto della necessità che un certo modo di sentire la fede e la religione debba avere uno spazio di proposta che il chiudere questo strumento di dialogo e di pungolo nei riguardi dei cristiani mestrini, è l’ultima cosa che farò.

Posso tagliare su tutto: vacanze, vestiti, comodità, viaggi, dischi ecc. ma non su ciò che mi permette di donare il mio contributo a quella frangia di chiesa che la pensa come me, ai miei fratelli di fede e alla mia città!

In questi giorni, una volta ancora, ho fatto delle amare constatazioni sullo stato della carità religiosa a Mestre.

Per quanto riguarda la carità civile, non ho che da essere orgoglioso; Bettin prima e Cacciari poi hanno fatto di Venezia un comune d’avanguardia sulle politiche sociali.

Ma per quanto riguarda la chiesa mestrina, non posso pensare altrettanto, anche se vi sono delle realtà alcune vive altre che vivacchiano.

Ne cito alcune, non do un giudizio sull’efficienza e sulla validità, lasciando ad ogni singolo cristiano a dare un punteggio.

Ecco gli enti di carità a Mestre: Caritas, S. Vincenzo, Mensa di Ca’ Letizia, Mensa dei Cappuccini, Mensa di Altobello, Banca del tempo libero, Centro Nazaret, Santa Maria del Rosario, Centri don Vecchi, Magazzini dei vestiti, dei mobili, dei supporti per infermi, Banco alimentare, Bottega solidale, Casa di accoglienza S. Chiara, Fojer S. Benedetto, Foresteria di Carpenedo, Casa Nazaret di Chirignago, Seniorestaurant, S. Vincenzo parrocchiali, Don Orione di Chirignago. Forse ho dimenticato qualcosa, ma non credo che ci sia molto altro!

Mi limito ad affermare che la chiesa mestrina potrebbe far di più e di meglio, perché siamo ancora ben lontani dalla meta fissata dal nostro Fondatore “Ama il prossimo tuo come te stesso!”

Cosa posso dire per convincere dell’importanza del volontariato?

Ho sempre pensato che talvolta non è il valore reale che costruisce una personalità che s’impone sull’opinione pubblica, ma spesso i mass-media, che hanno sempre un irrefrenabile bisogno di notizie, di novità e di iniziative e perciò finiscono per costruire in modo del tutto fittizio queste personalità pubbliche.

Temo che, seppur mi trovi provinciale o meglio ancora casalingo e per certi versi di un rango modesto, sia capitato anche a me questo ruolo particolare.

La disponibilità ad aiutare la gente della carta stampata o del piccolo schermo, la coscienza di dover dare il mio contributo, seppur umile e modesto alla maturazione dell’opinione pubblica e soprattutto il bisogno che i mass-media rilancino certi miei progetti che facilmente si riducono allo stallo, han fatto sì che tanti concittadini mi conoscano di più di altri preti, seppur più validi e meritevoli di me. Ora poi mi capita di avvertire tutta la difficoltà di rimanere su questo angusto e pericoloso capitello! Qualche settimana fa una cara e buona signora, che non conosco per nulla, e che si occupa di volontariato ospedaliero, mi ha chiesto, come io potessi essere la personalità di grande richiamo, di partecipare ad una tavola rotonda che sta organizzando nel suo paese.

Ho tentato con tutte le mie forze di dirle il mio disagio, la mia difficoltà di intervenire a quei livelli e su quegli argomenti, non c’è stato nulla da fare!

Sognava di abbinarmi a Cacciari, poi per fortuna dovette ripiegare su Bettin, persona buona che mi è più vicina.

L’argomento: “Il volontariato; dovere civico e religioso di impegnarsi a favore del prossimo”.

Ormai è parecchio che mi lambicco il cervello sul cosa dire. Un’idea in verità ce l’ho, ma è un’idea per un telegramma non per un intervento.

L’opinione pubblica dei cristiani oggi praticamente pensa che l’impegno per il prossimo sia un optional della religione, ma non una componente essenziale della vita cristiana, che ne è parte integrante e necessaria.

“Ama il prossimo tuo come te stesso” per molti fa parte di un repertorio ideale scontato, ma non è per nulla un impegno che vale sempre, per tutti. Qualsiasi ruolo uno svolga nella società in cui vive!

Che il Signore me la mandi buona, in maniera che possa mettere in crisi almeno qualcuno!

Solo la partecipazione diretta fa capire davvero il dramma dell’altro

In queste ultime settimane è riemersa nella mia memoria una frase di un anonimo cittadino, intervistato casualmente da un radiocronista della Rai. Si tratta di un vecchio ricordo, tanto che mi sono perfino chiesto come mai sia rimasta traccia nella mia memoria, nonostante da quel tempo lontanissimo essa abbia registrato milioni di altre immagini, di parole e di sensazioni che si sono sovrapposte a quelle poche parole riportate dalla televisione.

I cronisti in quegli anni ormai molto lontani, si davano molto da fare per informare gli spettatori, avidi di notizie, sull’incidente avvenuto sul colle di Superga, quando il grande Torino fu cancellato totalmente dalla vita sportiva, dalla tragedia capitata all’aereo che trasportava l’intera squadra di calcio.

Lo spettatore, era evidentemente uno sportivo, quando il cronista gli chiese che cosa provasse di fronte a quel disastro, egli rispose: “Di fronte alla notizia di un fatto del genere, ti vien da dire che è una grave disgrazia, ma se tra i morti nell’incidente ci sono persone che tu conosci, stimi, gli vuoi bene, allora è tutt’altra cosa!”

Per il mio “mestiere” che svolgo in un cimitero, ho estrema dimestichezza con la morte e con i morti. Però se il defunto è una persona con cui hai vissuto, hai giocato da bambino, ti ha aiutato nei momenti difficili della vita, allora il dolore, la mancanza, la morte, è tutt’altra cosa!

La morte di Amedeo, mio cognato e mio compagno di giochi d’infanzia, ha inciso come mai avrei pensato nel mio animo! Ho visto la morte ghermire pian piano il respiro, l’armonia del corpo, la vita …… è stata ben altra cosa di quello che, pur convinto e partecipe, mi capita di dire durante i funerali!

Una volta ancora il buon Dio mi fa intendere che solamente la partecipazione diretta, il rapporto di amicizia, la compassione, ti mettono nella condizione di partecipare di comprendere, di cogliere la lezione che un evento grave ti trasmette.

Mi par finalmente di aver maggiormente compreso che solamente quando si sceglie di lasciarci calar dentro il dramma dell’uomo, si può capire il povero, la persona sola, il vecchio, l’emarginato, il sofferente!

Non tutti i preti capiscono che la fede senza le opere è sterile

Qualche giorno fa un signore, che non credevo di conoscere, mi chiese il mio diario del 2008.

Pensavo di non averne più una copia, invece ne trovai fortunatamente una.

Il signore che aveva manifestato questo suo desiderio alla figlia, abita a Padova ed è un mio coetaneo, probabilmente il fatto dell’età costituisce già un minimo denominatore comune, per leggere la cronaca e il sentire della gente del nostro tempo.

La domenica successiva suddetta figlia, si presentò puntualmente dopo la messa, celebrata tra le tombe, per recuperare il diario e per portarmi una generosa offerta.

Si sa, una parola tira l’altra tanto che pian piano sono riuscito ad inquadrare la personalità del richiedente padovano, le sue figlie, una delle quali era una ragazzina di San Lorenzo, da grande aveva adottato due bimbi e l’altra una mamma a cui avevo battezzato due o tre figli.

Bella gente, dal cuore grande, ricco di umanità e di fede semplice e concreta! Mi sovvenne durante il colloquio, anche questo anziano imprenditore, sollecitato dalle sue care figliole, aveva sognato e tentato di coinvolgere il suo parroco a costruire in un suo terreno un qualcosa di simile al don Vecchi per gli anziani di Padova. La cosa non procedette perché il suo parroco aveva ben altri progetti per la testa. Scopro ogni giorno di più quanto sia estranea dalla coscienza dei preti la solidarietà.

Un giorno c’è stato un parroco della marca trevigiana che mi invitò a parlare, durante una congrega di preti della sua foranìa, delle mie esperienze caritative in parrocchia. Man mano che procedevo ad illustrare queste esperienze, mi accorsi che prima si avvertiva noia tra i presenti, poi disagio ed infine insofferenza! La cosa non interessava loro per nulla.

E’ ancora molto diffusa tra i preti l’idea che la carità sia un’opzione piuttosto che una componente essenziale della vita cristiana.

Moltissimi preti pare che non credano che la fede senza le opere è sterile, anche se ciò è stato detto da un esponente autorevole della chiesa ben venti secoli fa!

Per qualcuno la carità fa le ferie d’Agosto!

Questa sera ho ricevuto una fucilata al cuore! Mentre cadevo si sono riaffacciate alla memoria, scontri duri ed amari di una ventina o trentina di anni fa.

Mi sono ricordato di “eventi bellici” che puntualmente un tempo si ripresentavano ogni anno in occasione delle ferie estive. I responsabili della mensa di Ca’ Letizia, e della San Vincenzo, in genere, associazione di volontari cristiani impegnati a favore dei poveri, di cui per decenni fui assistente religioso, mi proponevano un calendario per la chiusura della mensa per un certo numero di giorni per dar modo ai volontari di andare in ferie!

La discussione era serrata, spesso dura, talvolta perfino polemica. Io sostenevo che i poveri, erano cittadini, anzi fratelli, che non potevano andare in vacanza, e noi su questa loro ferita buttavamo sale privandoli anche della colazione al mattino e della cena alla sera. Un anno arrivai a dire: “Andate pure in vacanza ed io mobiliterò le suore della città perchè preparino loro la cena!” fu un flop totale, le suore risultarono più insensibili e più borghesi degli stessi vincenziani.

Fui sempre sconfitto, tanto che finii per andarmene, aprendo a Carpenedo nuovi fronti di solidarietà.

Non riesco proprio comprendere una carità mozza, quasi un modo per passare il tempo, perché sono convinto che la carità che non costa non è neppure carità.

La fucilata?
Una e-mail da parte della vice presidente della San Vincenzo cittadina: “Caro don Armando, dato che ad agosto molti volontari vanno in vacanza abbiamo deciso di sospendere l’uscita di “Coraggio” (il quindicinale dedicato agli ammalati) nel mese di agosto.

Speravo che in questi ultimi anni la San Vincenzo mestrina, con la guida del giovane dottor Stefano Bezzi e con il giovane e bravo assistente don Cristiano Bobbo, avesse fatto dei passi in avanti e fosse arrivata ad una carità di qualità. Invece purtroppo no!

Io sono rimasto del parere che chi è in ospedale durante il mese di agosto, abbia bisogno e diritto ad una parola di conforto come chi si ammala in dicembre ed ancora, se panifici, banche, ipermercato, tengono aperto anche di agosto come può la carità che ha scopi e motivazioni più consistenti chiudere?

Mi sento molto vicino ad una seconda divaricazione di strada!

Oltre il punto di non ritorno per tanti progetti importanti

Quasi tutto è realizzabile, però bisogna essere disposti a pagare dei prezzi tanto più consistenti quanto sono più importanti i progetti che si perseguono.

Pare finalmente che sia sul binario giusto il progetto della Casa di accoglienza per familiari che vengono da lontano per assistere i loro congiunti ospiti nell’ospedale dell’Angelo. Ormai i giornali della città parlano sempre più di frequente e sempre più nei particolari della struttura per la cura dei tumori mediante i protoni.

Il “Samaritano” è come la barchetta legata a questo transatlantico; quanto grande, come verrà realizzato, chi lo gestirà, sono elementi ancora avvolti nel mistero, però pare che in due-tre anni s’arriverà in porto.

Quante pressioni, quante varianti, quante delusioni, quante arrabbiature… spero che non ci siano ancora aumenti di prezzo!

Per il don Vecchi di Campalto, con infinite modifiche, preoccupazioni, telefonate, suppliche pare che ormai siamo prossimi al fischio di partenza.

Non tutto è ancora risolto, ma mi pare che ormai si sia superato il limite di non ritorno!

Per la chiesa del cimitero si è passati dal monumento alla baracca, dalla cattedrale al prefabbricato, comunque per novembre e quindi per l’inverno i fedeli potranno pregare al riparo della pioggia e al caldo.

Già amo appassionatamente la “mia nuova chiesa in grembiule” la chiesa povera per la gente che crede e va al sodo!

Per i generi alimentari le cose vanno ancora meglio. Con tanta fatica e buona volontà abbiamo messo su una struttura d’avanguardia, con una catena del freddo invidiabile, con un corpo di operatori affidati ed efficienti.

Spero soltanto che l’assessore Bortollussi dia l’ultimo tocco e ci dia la possibilità di “raccogliere evangelicamente gli avanzi” del miracolo della moltiplicazione dei pani! (don Armando ha scritto questo appunto prima che la cosa si compiesse, NdR)

Costi? Notti insonni, blandizie ai giornalisti, telefonate agli amici, pazienza, costanza, faccia tosta e fiducia nella parola di Cristo “A chi batte sarà aperto, a chi domanda sarà dato!”

Però quando il bimbo è nato, la mamma dimentica le doglie ed è felice!
Così è per me!