A tre mesi dall’inaugurazione ufficiale il Patriarca ha fatto una breve visita al “don Vecchi 5”. In verità la presentazione della nuova struttura alla città era avvenuta a maggio in maniera frettolosa perché l’assessore alla Regione, dottor Sernagiotto, che aveva puntato a “coprire” quella zona grigia compresa tra l’auto e la non-autosufficienza, “correva” per essere eletto al Parlamento europeo.
Forse questo amministratore della Regione voleva presentare all’opinione pubblica quella sua intuizione che avrebbe permesso agli anziani di allungare la loro autonomia e, nello stesso tempo, avrebbe risparmiato all’ente pubblico l’onere pressoché impossibile delle rette per non autosufficienti.
Sernagiotto penso che abbia considerato il “don Vecchi 5” come il fiore all’occhiello del suo servizio in Regione. Con la scelta di creare questa struttura intermedia volle dimostrare che è possibile raggiungere i due obiettivi suddetti.
La Fondazione dei Centri don Vecchi, senza volerlo, aveva già fatto questa esperienza nelle sue strutture esistenti perché esse, partite per ospitare persone autosufficienti, in vent’anni avevano mantenuto la domiciliarità anche per gli anziani che avevano perso molto della loro autonomia. Il “don Vecchi 5” è diventato così non solamente un’esperienza pilota che vuole aprire una soluzione innovativa per i problemi della terza e quarta età, ma pure una sfida sulla possibilità di garantire agli anziani altro tempo di vita da uomini e donne pressoché normali.
L’uscita di scena dell’assessore alla sicurezza sociale, dottor Sernagiotto, ha almeno per ora, congelato il secondo aspetto dell’operazione, aspetto che prevedeva un contributo, pur minimo, per garantire un maggior supporto all’anziano residente. A livello personale sono stato quasi contento dell’inghippo perché, senza contributo, il “progetto sfida” diventa più radicale “costringendo” le famiglie ad essere più vicine al loro famigliare, fornendogli quell’aiuto che è postulato dalla stessa natura.
Comunque l’esperienza è partita. Infatti tutti i 65 alloggi, sono già occupati e forse per l’autunno del 2015 potremo tirare le somme e farne un bilancio.
Tornando al Patriarca, egli ha parlato agli anziani, dimostrando di essere sufficientemente informato sulla “dottrina del don Vecchi”. Ha scoperto la dedica ai benefattori insigni e visitato molto rapidamente la struttura, perché impegnato in altri servizi. Don Gianni, il parroco di Carpenedo, che è pure presidente della Fondazione, ha presentato in maniera brillante l’opera destinata agli anziani in disagiate condizioni economiche. Io, sollecitato dal Patriarca a prendere la parola, ho precisato che ero il “passato prossimo” dell’opera, ma che mi avviavo rapidamente ad essere il “passato remoto”; comunque desideravo affermare con decisione che i Centri don Vecchi vogliono essere un segno visibile, comprensibile e concreto dell’attenzione della Chiesa di Venezia nei riguardi dei fratelli in difficoltà, anche se a molti pare che la Fondazione viva ai margini della vita ecclesiale.