Da “LA FESTA” – 24 settembre 2017

Da “LA FESTA” – 24 settembre 2017
settimanale dell’Unità Pastorale di San Cassiano e San Silvestro di Venezia

Nel foglio di questa settimana il parroco, don Antonio Biancotto, traccia un bilancio sull’adesione alla proposta dell’Adorazione perpetua (giorno e notte) nella sua chiesa di San Silvestro. Don Antonio riferisce che sono ben 180 i fedeli che si sono impegnati ad essere presenti nell’ora che han scelto e altri 500-600 che, in maniera saltuaria, sostano in chiesa per qualche tempo in preghiera.

A Santa Maria Goretti, in Vicolo della pineta, il parroco don Narciso ha scritto che da lui gli adoratori stabili sono 400. L’adorazione prolungata viene attuata pure nella chiesa di San Girolamo a Mestre e anche don Roberto di Chirignago ha promosso in questi giorni nella sua parrocchia l’adorazione durante tutto il giorno (esclusa la notte). Non c’è poi quasi parrocchia che non metta in programma qualche ora di adorazione.

Ritengo opportuno dare queste informazioni perché credo siano quanto mai vantaggiosi, per la vita spirituale, questi tempi di silenzio e di meditazione e quindi tanti fedeli sappiano dove si trovano queste oasi di silenzio e di preghiera.

Resoconto degli incontri con gli adoratori che sostengono l’adorazione perpetua

La scorsa settimana ci siamo trovati con gli adoratori, dopo l’emergenza estiva. Quest’anno, infatti, a causa delle ferie, abbiamo dovuto coprire diversi turni. Con gli adoratori ci siamo presi l’impegno di raccontare la bellezza dell’esperienza fatta in questi due anni e mezzo in modo da coinvolgere altre persone. Ad oggi sono 180 coloro che si turnano davanti al Santissimo, se ciascuno riesce a coinvolgere un’altra persona, il prossimo anno saremo 360. In questo modo potremmo affrontare l’estate senza pesare solo su alcuni generosi. Durante l’estate abbiamo fatto conto di circa 500/600 persone che sostano davanti all’eucaristia, senza contare quelle dei turni. Significa che la cappellina è diventata meta di veneziani che passano per Rialto e di turisti, non solo italiani ma anche stranieri. A Venezia, la cappellina è l’unico luogo di preghiera che rimane aperto 24 ore su 24 per tutto l’anno, dando seguito all’invito di Papa Francesco che auspicava la presenza di chiese aperte ad accogliere chiunque desideri trovare il silenzio, intimità e pace. A proposito del silenzio tutti gli adoratori hanno sottolineato come la loro ora di Adorazione è diventata un tempo di ristoro, di serenità, atteso durante tutta la settimana. La cappellina, in estate più che mai, è stata un’oasi di refrigerio per gli spossati nello spirito.
Da quest’anno ci siamo presi l’impegno di pregare per le vocazioni e per tutti i consacrati. Devo dire che ultimamente ho avuto conferma della preziosità di questa preghiera incessante, infatti, un giovane ci ha comunicato di essersi messo in verifica per un “sì” definitivo al Signore. Abbiamo concluso poi con l’impegno di continuare la proposta formativa per gli adoratori, il primo giovedì del mese. Continuiamo a sostenere questa proposta di preghiera, caldeggiata anche dal nostro Patriarca, e cerchiamo di portare davanti a Gesù anche le persone che conosciamo.

Don Antonio Biancotto

 

Da “COMUNITA’ E SERVIZIO” – 24 settembre 2017

Da “COMUNITA’ E SERVIZIO” – 24 settembre 2017
settimanale della parrocchia di San Giuseppe di viale San Marco

Questo foglio è normalmente ricco di contenuto. Don Natalino, il parroco, stimola continuamente i suoi fedeli alla verifica dell’impianto pastorale. In questo numero mi par degno di segnalazione l’articolo di fondo della copertina in cui il parroco spinge i suoi parrocchiani a verificare, a riflettere e a cercare soluzioni adeguate sulla funzione e sulla gestione del patronato.

Don Natalino dà molta importanza al patronato. Penso che tutti i parroci dovrebbero porsi questo problema perché molti patronati sopravvivono stentatamente.

Segnalo poi l’articolo di Alessandro Seno che, brillante come al solito, affronta il problema dell’educazione stradale e il trafiletto “Grazie agli animatori” in cui si viene a sapere che in questa parrocchia l’attività dei Centri estivi è durata 11 settimane, quindi tre mesi, e non come avviene in certe parrocchie in cui questa attività estiva dura due settimane, esclusi i sabati e le domeniche, tanto per dire che si è fatto il grest!

Prendere l’iniziativa e coinvolgersi

Metti una domenica pomeriggio soleggiata e ventosa dopo una settimana di pioggia… Che avresti voglia di fare? Una passeggiata al parco, un’uscita in laguna, una veloce scampagnata. Invece quaranta persone – molte coppie di sposi – hanno scelto di fermarsi insieme per tentare risposte ad una domanda: «I patronati sono Chiesa in uscita?». Quest’ora e mezzo di dibattito, vivace e serrato, ha concluso la Fiera dei patronati ospitata dalla parrocchia di San Pietro Orseolo in viale don Sturzo. Nessuno aveva risposte pronte in tasca. Ci siamo resi conto che i patronati – come tutta la Chiesa – si trovano in un cambiamento d’epoca. La memoria dei bei tempi ci sostiene, ma non basta più. Con essa ora ti trastulli e ora ti deprimi. Piuttosto bisogna prendere iniziativa e coinvolgersi, come insegna Papa Francesco, per uscire e non solo lasciar entrare. Uscire incontro alle persone, intercettando i loro bisogni e le loro domande, per dar vita ad un ambiente dove si fanno esercizi di vita buona. Le diverse esperienze messe in campo ci hanno suggerito che vi possono essere molte opportunità su cui investire, dai più piccoli fino agli anziani. Sarebbe illusorio voler farcela da soli, come se non aver bisogno di nessuno fosse un merito pastorale. E’ saggio piuttosto fare insieme, camminare insieme, intrecciare una rete di relazioni e di scambi. Ecco il perché la Fiera: non un evento esaurito nell’arco di un giorno, ma l’aprirsi di un processo che speriamo sempre più partecipato. Certo, anche dai giovani che questa volta non abbiamo saputo attrarre.

Don Natalino Bonazza

Uno sguardo sulla settimana

È ufficialmente diventato uno sport estremo alla stregua del Free Climbing (l’arrampicata libera col solo uso delle mani e delle gambe), del Bungee Jumping (il salto dai ponti con l’elastico attaccato ai piedi) o del parapendio (lanciarsi con un paracadute da una collina); a cosa mi riferisco?
Ma all’Attraversamento Pedonale che diamine non l’avevate capito? In effetti sembra che passare sulle strisce al giorno d’oggi sia quasi più pericoloso che fare immersione subacquea senza bombole o discesa in canoa su torrenti impetuosi, hai le stesse probabilità (anzi ben maggiori) di incappare in qualche incidente…
È notizia della scorsa settimana quella di un’anziana signora travolta, mentre stava regolarmente transitando sull’attraversamento stradale, da una moto che l’ha investita; la malcapitata è morta un paio di giorni dopo per le ferite riportate. Volete sapere quanti incidenti ci sono stati in Italia da gennaio ad agosto di quest’anno? Pensate un numero, ecco tipo tremila o quattromila vero? Bene, aggiungeteci uno zero e il gioco e fatto! Oltre 48.000 scontri si sono verificati in 8 mesi, una media di 200 al giorno!
Ovviamente non tutti sono legati ai pedoni e alle “zebre ” poste sul manto stradale ma un buon 30% riguarda persone senza motorizzazione cioè a piedi o in bicicletta.
Nella mia quotidianetà mi trovo ad attraversare la strada almeno un paio di volte al giorno e sono stato anch’io quasi vittima di un incidente legato alla fretta di alcuni automobilisti che appena vedono il rosso veneziano del tram non capiscono più niente e si lanciano in sorpassi che hanno dell’incredibile; se vuoi far valere i tuoi diritti di pedone sulle strisce sai di poter incappare in spiacevoli guai poiché se attraversi davanti al tram e punti ali ‘altro lato della strada senza avere un minimo accenno di indecisione nel guardare a sinistra, rischi di trovarti sul radiatore di qualche Suv…Se poi fai notare al cortese conducente che sta superando (contromano, cioè sula corsia opposta al suo senso di marcia) un veicolo lungo e fermo per far scendere delle persone, ti guardano come fossi un insetto da schiacciare e cominciano a diventare paonazzi dalla rabbia di non poter scendere (perché in errore ovviamente) e gonfiarti di ceffoni.
Bisogna imparare ad essere civili, il rispetto delle regole, stradali o sociali che siano, dovrebbe essere nel DNA ma purtroppo sembra che i nostri cromosomi non siano più in grado di recepire cosa è giusto e cosa non lo è col risultato che passiamo bellamente col rosso oppure posteggiamo sulle aiuole senza farci alcuno scrupolo.
Aggiungiamo a questa situazione poi delle pubblicità di automobili che mostrano una donna che mentre guida l’auto si distrae a vedere una vetrina di abbigliamento o un’altra (sempre con una donna al volante, chissà come mai) che viene distolta dalla vista della strada da un banale contrattempo ed entrambe vengono salvate dal sistema frenante delle macchine guidate che si attiva automaticamente all’avvicinarsi di qualche ostacolo (furgone o bambina sulle strisce).
Le tecnologie ci cambiano la vita, adesso è tempo che l’uomo cambi il proprio cervello facendo del rispetto di persone e cose un valore fondante!

Alessandro Seno

A.A.A. volontari cercasi

Proprio qui a Mestre, e proprio qui in viale San Marco, a fianco della nostra chiesa esiste da alcuni anni una realtà che forse molti o forse pochi di noi conoscono: Casa Aurora.
Potrebbe sembrare una realtà «strana», se ci fermiamo ai classici luoghi comuni: madri sole, bambini in difficoltà… e invece, se proviamo ad entrare, si possono incontrare volti. Volti di ragazze che soffrono e cercano, nonostante le prove della vita, di andare avanti e guarire provando a metterci volontà e impegno. Ma per chi questa volontà? Per i loro figli.
Entrando, un po’ più in là, possiamo incontrare anche volti innocenti di bambini capaci di donarci molto con i loro sorrisi e i loro giochi. Ed è per questo che il volontario o la volontaria a Casa Aurora può aiutare e anche contribuire, nella sua semplicità, a costruire un futuro, a regalare un’opportunità di crescita. Non con grandi cose, ma con strumenti semplici: una ninna nanna, una filastrocca, una fiaba, un balletto… Molto spesso si torna a casa con un movimento di emozioni e di domande che ci stimolano a riflettere, assaporando, seppur in una situazione di difficoltà, il gusto della vita. Crediamo proprio che da piccoli gesti possano nascere grandi azioni in un presente che è già futuro… che è già domani. Noi educatori di Casa Aurora avremmo piacere di farvi conoscere questa realtà a voi vicina ed è per questo che se qualcuno ha piacere di donare anche solo un pizzico del suo tempo a uno di questi volti, saremmo ben lieti di aprire la nostra porta e farvi entrare.
Vi aspettiamo.

d.r.t

Da “L’INCONTRO” – 1° ottobre 2017

Da “L’INCONTRO” – 1° ottobre 2017
settimanale della Fondazione Carpinetum dei Centri don Vecchi

Il periodico da alcuni mesi è strutturato a carattere monografico. Questo numero tratta prevalentemente della visita pastorale del nostro vescovo alle 120 parrocchie del Patriarcato.

Credo che gli articoli più significativi in merito siano i seguenti:

  1. L’intervista di Alvise Sperandio al nostro Patriarca
  2. La riflessione di Plinio Borghi che confronta le visite pastorali del passato e quella che inizierà tra poco
  3. Il parere di cinque parroci
  4. l’articolo di Luciana Mazzer che auspica che questa visita tenga conto pure dei non praticanti e dei non credenti
  5. Infine l’esperienza ecclesiale di Enrico Carnio su questo evento in rapporto alla visita del Cardinale Cè.

Dopo aver letto il periodico con molta attenzione e confrontando il progetto di questa visita con quelle a cui ho assistito nei miei tanti anni di vita parrocchiale, mi pare che il programma voli troppo alto, sia piuttosto fumoso e che difficilmente porterà a qualche conclusione positiva.

Tra le numerose visite pastorali nelle quali sono stato coinvolto, mi pare che la più realistica e positiva si stata quella del Cardinale Agostini, visita che si muoveva in questa direzione: “Quanta gente viene a messa la domenica? Si visitano ogni anno tutte le famiglie e gli ammalati? Quanti sono gli iscritti alle singole associazioni parrocchiali? Il catechismo da quale anno comincia e fino a quale anno arriva? Come vengono assistiti i poveri della parrocchia? E via di seguito.

E soprattutto questa visita restava più efficace con il ritorno del Patriarca dopo qualche mese per verificare sul campo l’esito dell’incontro.

E’ vero, io ho novant’anni, però rimango ancora convinto che bisogna camminare con i piedi per terra!

“ANDIAMO INCONTRO AL RISORTO”
di Alvise Sperandio

Il Patriarca Francesco Moraglia spiega l’importanza della visita pastorale per la diocesi E aspettando l’arrivo del Papa sottolinea: “Cresciamo tutti insieme nella comunione”

Eccellenza, inizia la visita pastorale diocesana: oltre a un adempimento canonico, qual è il suo auspicio?
“Il cuore della visita, il suo vero obiettivo, è quello di crescere tutti – pastori e fedeli – nella comunione e, soprattutto, nella capacità e nella disponibilità di muoverci insieme verso il Signore Gesù, il Risorto, partendo dalla carità e dalla verità del Vangelo. L’impegno è dunque, allo stesso tempo, semplice ed esigente: ravvivare la fede, la speranza e la carità delle persone e delle comunità che, di volta in volta, saranno visitate, soprattutto di chi è più fragile, ferito o comunque sofferente”.

Quali sono i temi focali che verranno affrontati nella visita pastorale?
“La visita sarà un’occasione per approfondire e rilanciare le tre grandi priorità che, da tempo, sono state individuate: la trasmissione della fede ai più giovani, la cura delle famiglie (quelle giovani in particolare) alla luce del documento di Papa Francesco “Amoris laetitia”, la catechesi degli adulti valorizzando l’insegnamento e la testimonianza sociale della Chiesa. Non dimentichiamo l’attenzione trasversale al tema delle vocazioni, specialmente alla vita sacerdotale e religiosa, nonché l’invito e l’incoraggiamento a crescere nella missionarietà e nella collaborazione tra parrocchie, mettendo in comune risorse umane e materiali ed incentivando possibili meccanismi di perequazione tra le varie realtà”.

Nella lettera “Incontro al Risorto”, Lei raccomanda di crescere nella comunione con gioia: come fare concretamente?
“Sono convinto che bisogna porre maggiormente al centro di tutto, delle nostre attività, dei nostri impegni, anche delle nostre preoccupazioni, il Signore Gesù: è Lui l’unico necessario, è Lui Colui che abbiamo veramente in comune e ci riconduce continuamente ad unità, è Lui che sa come mettere insieme le nostre differenze”.

Parla anche di “Chiesa in uscita”: com’è possibile essere missionari, oggi, per testimoniare la bellezza della fede a chi ne è lontano o rifugge dalla Chiesa?
“Nella lettera scrivo che “siamo oggi chiamati a dare una testimonianza umile ma coraggiosa nel leggere i segni del nostro tempo” e poi che, per essere Chiesa in uscita, è urgente “far nostro uno stile più evangelico per rispondere meglio alle attese degli uomini e delle donne del nostro tempo”. Solo così saremo in grado di vivere forme concrete di umanesimo cristiano in dialogo, capace di ascolto e annuncio, con i vari segmenti di società e le diverse culture del nostro tempo, segnate dalla postmodernità e sempre più da multiculturalità e multietnicità”.

Le tappe si articoleranno per collaborazioni pastorali: come procede il percorso della loro costituzione e perché questa scelta?
“Il percorso procede con gradualità, come era scontato che avvenisse, ovvero con alcuni significativi e costanti passi in avanti e anche con qualche fatica, tenendo conto che ogni “collaborazione” pastorale ha storia, caratteristiche e modalità singolari per l’originalità di ogni realtà territoriale. È un percorso che richiede un cambiamento profondo – una “conversione” – da parte di tutti, ma è una strada necessaria per rispondere alla chiamata del nostro tempo, alle sue urgenze ed esigenze, dinanzi alla quale non era possibile passar oltre, facendo finta di nulla; è un cammino ormai intrapreso dalla Chiesa italiana”.

Quanto sarà importante che il Patriarca raggiunga le realtà civili e sociali del territorio, oltre quelle ecclesiali, per evitare di essere autoreferenziali?
“La visita è un evento profondamente ecclesiale e non dovrà perdere questo suo carattere. Ma sappiamo bene che la fede cristiana ha una chiara rilevanza pubblica e ci porta a suscitare e a sostenere relazioni umane, sociali e politiche “nuove” e differenti da quelle che solitamente è capace di costruire il mondo, ponendo al centro la dignità della persona, la famiglia, l’uomo e la donna, il bene del singolo e il bene comune. Come persone e comunità siamo spinti a metterci in gioco nella realtà che ci circonda e a dialogare con tutti. E anche la visita, nelle varie località, troverà le modalità giuste per compiere questo passo”.

Quale preparazione suggerisce d’intraprendere ai fedeli verso l’incontro con il Vescovo?
“Sono stati individuati e proposti tre distinti momenti che possono aiutare a viverlo: una catechesi che affronti i temi della Chiesa locale e del senso delle nuove collaborazioni pastorali; un incontro comunitario che aiuti a “vivere” e portare la visita nel quotidiano di quella singola realtà che viene coinvolta; un incontro di preghiera con lectio divina nell’immediata vicinanza della visita stessa”.

L’anno prossimo arriverà a Venezia Papa Francesco: come si intersecano i due eventi per il popolo di Cristo?
“Si intrecceranno e la visita del Pontefice sarà benefica per tutti noi, un vero dono della Provvidenza. Come ho già avuto modo di dire, attendiamo il Santo Padre con gratitudine affinché ci confermi nella fede, visitando le realtà dove viviamo e cerchiamo di dare insieme – pastori e fedeli – una testimonianza cristiana e, quindi, un contributo sostanziale e insostituibile alla vita buona nelle nostre città e dei nostri paesi”.

 

Il bello della vita

RAGGIUNGERE ANCHE I PIÙ LONTANI
di Plinio Borghi

Quando sento parlare di “visita pastorale” la mia mente si fionda subito nell’indimenticabile passato remoto dal quale emerge, tra le altre, una figura del tutto particolare: quella del patriarca Angelo Giuseppe Roncalli, poi divenuto papa Giovanni XXIII e di recente proclamato santo. Vivevo allora i primi anni dell’età della ragione e il clima nelle parrocchie era ben diverso: rispetto ad oggi, eravamo a livelli di frequenza stratosferici e l’arrivo del pastore della diocesi in zona era vissuto come quello del nonno in visita speciale. Non occorrevano tanti avvisi: bastava un foglietto grande come un francobollo attaccato ai pali della luce e tutti scattavano. La curiosità prendeva anche i più lontani dalle cose di Chiesa e al giorno stabilito c’era più gente in strada che non se passasse la corsa ciclistica. Le finestre erano addobbate di drappi, piante e lumini, la chiesa come se fosse Natale e il percorso di striscioni e cartelli di benvenuto. Gli adempimenti burocratici preliminari, ridotti a pura formalità, lasciavano più tempo al contatto fisico con la realtà che il presule veniva a toccare con mano, circondato dalla gente che anelava di conoscerlo.
Chi guarda ancora i film di don Camillo e Peppone può avere un discreto spaccato di com’era il clima. In buona sostanza quelle visite erano sì una sorta di autocelebrazione, ma ce n’era ben donde. Ora, lentamente ma inesorabilmente, i tempi sono cambiati: i mass media così evoluti non lasciano più spazio all’immaginazione e quindi personaggi mai visti è come se fossero di casa da sempre; l’evoluzione culturale permette a tutti approfondimenti un tempo impensabili, per cui si sa già tutto di tutti e lo stimolo a toccare con mano si è alquanto affievolito; il benessere, con annessi e connessi, ha ridotto la frequenza ordinaria a meno del 20%; gli stessi “aficionados” sono talmente edotti dei contorni dell’avvenimento che rischiano di non esserne stimolati e di ridurlo a un momento di autoreferenzialità. Tutto ciò impone un cambio di rotta radicale. Suonare la grancassa a vanvera serve a niente. Vanno invece promossi percorsi mirati, per coinvolgere soprattutto quell’80% che dall’esterno è ben conscio della presenza e del ruolo della parrocchia, ma ne approfittano solo quando ne hanno bisogno, magari per residui di esigenze sociali che qualche retaggio del passato ancora impone. Far capire a costoro, a tutti, siano essi cristiani o appartenenti ad altra fede, ancora abbastanza vicini o del tutto lontani, che la visita del nostro pastore è un momento di verifica e dì confronto da non farsi sfuggire, perché non possono prescindere da una presenza, che magari forse vorrebbero diversa, più partecipe, più aperta o più attiva; che è proprio il momento per farsi intendere in modo vantaggioso per tutti e che una corretta conoscenza non può derivare dalla mera partecipazione occasionale, che ne so?, al matrimonio del parente o alla sagra parrocchiale. A noi frequentanti più assidui, spetta uscire dall’alveo, come ci sollecita il Papa, e diventare veri missionari, che è poi il compito precipuo del cristiano. C’è margine perché una visita pastorale del vescovo ritorni a essere un coinvolgimento di popolo com’era una volta e perché ciò non sia appannaggio solo dell’arrivo di un Papa, il quale, guarda caso, capita proprio lo stesso anno dell’avvio di questo forte impegno diocesano. Speriamo che questa coincidenza serva a tirare la volata per arrivare al rafforzamento o alla riscoperta della fede.

Opinioni a confronto

Aspettando il Patriarca
di Luca Bagnoli

Ecco che cosa alcuni parroci si attendono dalla visita del Patriarca Moraglia: “Verificare la fede della comunità; incentivare la collaborazione tra parrocchie; ragionare in grande”.
Ai sacerdoti abbiamo rivolto la domanda: “Quale auspicio per la sua comunità cristiana e il territorio?”.

Don Guido Scattolin, parroco di Santa Barbara
“Il mio auspicio rispecchia gli intenti della visita: verificare la fede della comunità cristiana e affrontarne i bisogni per intraprendere una missione in sintonia tra le parrocchie.
Il Papa considera giustamente il dialogo con le realtà non ecclesiali un’esigenza, ma non sarà il tema primario di questa occasione. In fondo riuscire a stimolare la collaborazione tra di noi sarebbe già un successo. La nostra comunità è chiamata a operare oltre se stessa e le persone devono essere l’anello di congiunzione con l’esterno: lavorare in modo proficuo con i più assidui sarebbe un ponte per raggiungere tutti gli altri”.

Don Mirco Pasini, parroco di Santa Maria di Lourdes
“I vescovi si limitano a rispettare il diritto canonico. La visita non porta quasi mai grandi miglioramenti. Mi ricordo quella di Angelo Scola: non è servita a niente. In generale dovrebbe confermare la fede e la comunità. Oggi vogliono incentivare la collaborazione tra parrocchie. In questo tempo senza preti, prima di tutto il sacerdote dev’essere santo con l’esempio della propria vita. La Chiesa è del Signore, ci penserà Lui a sistemare le cose. Dispiace solo che gli sforzi del Papa per una comunità in uscita vengano vanificati dagli orientamenti territoriali”.

Don Marino Gallina, parroco del Sacro Cuore
“La visita deve essere prima di tutto un’occasione. È il momento in cui la garanzia di continuità apostolica entra in contatto con la comunità e con i suoi problemi. Se poi il vescovo locale è in comunione con il vescovo di Roma, allora questa comunione diventa universale. Le parrocchie devono approfittarne. È necessario verificare la realtà circostante, i suoi numeri, la catechesi, l’evangelizzazione. Spero inoltre si riesca a interagire con una scuola, una fabbrica, insomma con i luoghi non ecclesiali che vanno stimolati e che dovrebbero vivere questo coinvolgimento come uno sprone”.

Don Natalino Bonazza, parroco di San Giuseppe
“Non ho auspici particolari e soprattutto miracolistici. Dopo tante formule di ingegneria ecclesiastica, vorrei solo un percorso missionario rivolto a tutto il territorio, in quelle aree cittadine mai visitate. Diversamente, sarà la solita routine. La nostra è una diocesi metropolitana: Giona a Ninive non si rivolgeva sempre ai soliti. Dovremmo discutere di mobilità, di semiresidenzialità lavorativa e studentesca, di lavoro. Rispetto alla visita di Angelo Scola ci stiamo trasformando e il cambiamento va affrontato, possibilmente senza odiare gli stranieri che spesso sono cattolici come noi. Mestre ha un difetto: è bigotta, si perde su cose di poco conto, mentre invece dovrebbe ragionare più in grande”.

Don Marco De Rossi, parroco dei Santi Francesco e Chiara
“L’incontro tra vescovo e parrocchie è sempre un momento positivo. Non credo tuttavia possa essere risolutivo o fornire particolari strumenti pastorali. Le difficoltà di Marghera, penso soprattutto al mondo giovanile, vanno ben oltre la visita. Ad ogni modo la collaborazione pastorale, novità di quest’anno, è fondamentale. Auspico dunque un nuovo slancio: basta piangerci addosso! Sarebbe importante guardare anche fuori dalle parrocchie, ma non è previsto e quindi non me lo aspetto. In fondo non si può fare tutto, bisogna decidere su cosa focalizzarsi e penso abbiano scelto la comunità perché in fase evolutiva. Ma vedrete che riusciranno ad aggiustare la mira in corso d’opera, in base alle esigenze specifiche di ogni zona”.

Pensieri a voce alta

Una Chiesa in uscita
di Luciana Mazzer

La visita pastorale dev’essere un’occasione per andare a testimoniare la bellezza della fede e della vita cristiana a chi non frequenta.
Per affrontare assieme i problemi di tutti i giorni Domenica 15 ottobre prossimo il Patriarca Francesco inizierà la sua prima visita pastorale in diocesi. Ci sarà la celebrazione di apertura nella chiesa del Sacro Cuore di via Aleardi poi, con il nuovo anno, sarà nelle varie realtà del territorio. Il Patriarca sa dell’importanza di uscire dal palazzo per conoscere il quotidiano vivere, le circostanze spesso non facili con le quali devono confrontarsi molte creature del suo gregge.
Per toccare con mano le diverse problematiche di famiglie, giovani, anziani. Per gioire assieme se impegno, carità, generosità degli uni soccorre ed aiuta gli altri. Soprattutto per dare mandato e mezzi affinché questo sia un agire abituale: uno stile di vita. In passato, nelle varie parrocchie, la visita pastorale era sempre motivo di grande fermento. Per preparare l’accoglienza nel modo più solenne, con canti, cerimonie, paramenti delle grandi occasioni, le associazioni e i gruppi facevano a gara nel fare, dire, proporre. Anche oggi, com’è giusto sia, portiamo nel cuore affetto e gratitudine per l’attesa venuta.
Orpelli e inutile pompa magna devono lasciare spazio e tempo affinché il Pastore conosca le diversificate realtà in cui vivono i fedeli che ancora frequentano le comunità parrocchiali, ma soprattutto chi ne sta fuori. Dalle ricerche di settore, risulta che i fedeli osservanti siano tra il 18 ed il 20%: una larga minoranza.
Dunque diventa ancora più necessario che i fedeli sentano il loro pastore vicino, consapevole, propositivo, pronti a dargli aiuto per essere a loro volta Chiesa pronta all’aiuto, allo slancio con la forza della fede nell’uscire e nel rinnovarsi.
È fondamentale non chiudersi o fare clan escludendo i non praticanti, pur sempre creature dello stesso Padre. Se guardiamo al tempo difficile di oggi, constatiamo che i più deboli sono i disoccupati e gli anziani, categorie entrambe in forte crescita. Loro sono i più fragili e troppo spesso i più vessati. Il lavoro è la grande emergenza sociale e con i disoccupati e i sotto occupati anche le famiglie pagano nei più diversi modi la tragicità del loro quotidiano. Per anziani e vecchi, invece, troppo spesso pesano la malattia, la solitudine, il dover dipendere da chi è poco o per nulla disponibile per le loro aumentate necessità, le pensioni in troppi casi miserrime, le istituzioni disattente, se non addirittura assenti o peggio ancora indifferenti. L’augurio che faccio al mio, al nostro, Patriarca è che al fine della sua fatica, prima preghi lo Spirito Santo (e in merito non nutro dubbio alcuno), poi, aperte le porte del palazzo, invii i suoi messaggeri ad agire, consolare, aiutare, ammonire. Come fece Gesù quando mandò a due a due i suoi apostoli nel mondo.

Il ricordo

Quella volta con il Patriarca Marco
di Enrico Carnio

“Io sono il Buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me”, è il versetto del Vangelo di Giovanni (Gv10,14) che associo alla Visita Pastorale e mi riporta a un tardo pomeriggio di autunno di metà anni Ottanta nella casa dei suoceri in parrocchia di San “Simeon Grando” a Venezia. I nonni Riccardo e Anita attendevano il Patriarca Marco Cè insieme a una quindicina tra figlie, figlio, nuora, generi e nipoti raccolti nell’unica stanza capiente, la cucina. I nonni condividevano sempre le pietanze per cui gli altri a tavola si stringevano e dividevano quel che c’era. In occasione della prima visita pastorale del Patriarca alla parrocchia, il parroco aveva preparato l’incontro particolare a una famiglia, quella dei nonni. Emergeva quasi una affinità personale, ricordo, tra il Patriarca Marco e nonno Riccardo (chiamato Nino) nonostante i quasi 20 anni di differenza, con il tempo poi fattasi anche fisica: il Cardinale, pur abituato a rapportarsi agli altri, rimaneva il pastore mite e umile di cuore com’erano miti e umili i miei suoceri, ambedue emozionati e raggianti, nell’unico abito da festa.
Il Patriarca era venuto per conoscerli e dar loro ascolto, farli sentire sulla buona strada e confortarli nel cammino che dava buona testimonianza anche del passato, coinvolgendo e incoraggiando noi e i più piccoli a trarne esempio, quale che fosse il percorso che ciascuno aveva davanti. Certe cose però di quel personalissimo dono d’amore del Risorto, fatto in tutta umiltà e semplicità, noi più giovani le avremmo capite meglio dopo e non tutti allo stesso modo. Il pomeriggio del 14 maggio 2014 ho voluto restituire quella visita fatta a noi quasi 30 anni prima. Un ringraziamento e un saluto nella silenziosa solitudine della cappella battesimale in basilica a San Marco: lì era appena stata esposta la salma del Patriarca Marco per il commiato della città. Nel testamento spirituale si svela il legame che aveva unito la città e il suo vescovo: “Venezia è stata per me un grande dono: l’ho amata e sono stato riamato al di sopra di ogni mio merito. Venezia è stata veramente la mia casa e la mia famiglia”. Il nostro Patriarca l’aveva visitata e vissuta la sua diocesi come un padre. Ora questa vicenda si ripete.

Da “COMUNITA’ IN CAMMINO” – 13 agosto 2017

Da “COMUNITA’ IN CAMMINO” – 13 agosto 2017
settimanale della parrocchia San Pietro della Riviera del Brenta

Già ho segnalato le interessanti riflessioni offerte all’attenzione dei suoi parrocchiani da don Cristiano Bobbo, un ottimo prete, parroco della parrocchia di San Pietro di Oriago. Un sacerdote che abbia zelo nei riguardi della sua gente offre loro la proposta cristiana mediante la predica, le conversazioni personali e soprattutto mediante la sua vita. Ora poi che la tecnica offre immense altre opportunità che possono fare da cassa di risonanza all’annuncio del Vangelo è doveroso servirsene e don Cristiano lo fa con convinzione. Don Cristiano intelligentemente si serve della stampa, uno dei mezzi di comunicazione più accessibili e più facili da usare, e lo fa in maniera semplice e convincente.
Scelgo questa settimana la riflessione sulla sobrietà che don Cristiano propone con la volontà di vivere lui stesso in maniera modesta essendo convinto che un cristiano, per essere coerente al Vangelo, deve rifiutare il consumismo che si alimenta del superfluo, dello sperpero, dell’inutile e del lusso.

Ritengo che la riflessione di questo “curato di campagna” sia più convincente di una predica dal pulpito, soprattutto perché espressa da un sacerdote convinto e che mettendo in pratica la virtù rende più credibile anche il suo apostolato.

Pensieri in libertà di un Parroco della Riviera

La nostra stanza ‘

Ricordo che quando il nostro precedente Patriarca, il card. Angelo Scola, dovette trasferirsi a Milano in qualità di nuovo arcivescovo della Diocesi ambrosiana, volle mettere all’asta una serie di oggetti di un certo valore che nel corso degli anni aveva collezionato. Si trattava per lo più di regali che nelle circostanze più disparate gli erano stati consegnati e dai quali se ne poteva ricavare una qualche utilità a favore dei poveri.
Credo che un’operazione simile dovremmo effettuarla anche noi sacerdoti soprattutto quando la nostra casa terrena rischia di riempirsi di tante cose inutili o di orpelli che, seppure segni di affetto, si ac­cumulano senza misura nel luoghi della nostra quotidianità. Il proposito di sfoltire l’ambiente della mia vita da ciò che è accessorio, mi accompagna regolarmente e, almeno in parte, riesco anche a realizzarlo nel tempo di vacanza, quando i ritmi dell’azione pastorale mi concedono una certa tranquillità. Intanto l’impegno del Grest di questo mese di Luglio, se ancora non mi consente di passare all’azione, mi lascia però intravvedere i prossimi passi da compiere. In fondo di che cosa c’è bisogno nella mia stanza? Di una finestra dalla quale lasciare passare la luce, del silenzio necessario per ritrovare me stesso, della speranza con la quale rinnovare il coraggio di aprire la porta per affrontare la vita. Il resto è superfluo e può anche essere lasciato sapendo che possediamo sì un luogo dove abitare in questa vita, ma si tratta pur sempre di una stanza in affitto che un giorno dovremo lasciare.

Don Cristiano Bobbo

Da comunità parrocchiale “SS. TRINITÀ” – 1° ottobre 2017

Da comunità parrocchiale “SS. TRINITÀ” – 1° ottobre 2017
periodico della parrocchia omonima del Terraglio

Il dottor don Angelo Favero, già preside al Franchetti, nella consueta rubrica “Il nostro tempo”, tiene la sua “lectio magistralis” sul problema attualmente dibattuto dello “Jus soli”.

Faccio questa presentazione quanto mai seriamente perché sono convinto che ognuno debba mettere a disposizione della comunità quanto di meglio possiede. Il saper quindi che esiste in città un periodico che affronta ogni settimana, in maniera seria e documentata, argomenti che interessano l’uomo di oggi, mi pare rappresenti una ricchezza che non si debba trascurare.

Nello stesso numero di questo periodico c’è pure un intervento di Graziano Duso che afferma una verità che credo siamo in moltissimi a non conoscere. Il Duso afferma che gli interventi dell’uomo – fabbriche, automobili, termosifoni, ecc., – incidono solo per il 10% sulle variazioni del tempo e che tutto il resto dipende invece da fattori ancora imponderabili. Questa notizia ci libera almeno dal senso di colpa di essere noi gli assassini dell’atmosfera e chi ruba la possibilità di vivere agli uomini del domani. Non è veramente poco!

Questo nostro tempo

Non parlerei né di ius soli né di ius culturae, ma semplicemente di “diritto di cittadinanza”. Il concetto di cittadinanza trae origine dalla cultura della romanità, dalle radici più profonde della nostra civiltà latina; si tratta di un concetto fondamentale in base al quale una persona viene riconosciuta di diritto appartenente alla società del Paese in cui abita e opera; questo diritto impone ovviamente corrispettivi doveri. Il concetto ha trovato la sua piena applicazione nel diritto romano fin dalle origini dell’Impero e si è sempre più esteso, anche (e spesso soprattutto) per motivi finanziari, a partire da Augusto; si trattava di un concetto in base al quale il mondo si divideva in cittadini romani e tutti gli altri che spesso coincidevano con i cosiddetti barbari. Pensiamo all’orgoglio di s. Paolo che quale “civis romanus” vantava il diritto di appellarsi al tribunale di Roma.
Questo concetto ha trovato pienezza di significato nel periodo illuministico settecentesco e piena applicazione nella rivoluzione francese allorquando tutti, uomini e donne, dal re all’ultimo dei contadini, godeva dell’appellativo di “cittadino”. In questi giorni stiamo assistendo in Italia allo scontro politico tra chi intende dare il diritto di cittadinanza a ragazzi e adolescenti nati e scolarizzati presso di noi e chi invece intende ostacolare questa legge di civiltà.
Provo a dare in modo indicativo una sintesi di quanto prevede questa legge già approvata alla Camera ed in attesa di essere approvata al Senato. Va chiarito innanzitutto che questa legge non prevede alcun automatismo per cui non è che diventi cittadino italiano qualunque giovanotto che sbarchi sul nostro suolo e venga qui a fare il bellimbusto senza alcun impegno di studio o di lavoro.
Dapprima la legge stabilisce che acquista la cittadinanza chi è nato nel territorio italiano da genitori stranieri, dei quali almeno uno sia in possesso del diritto di soggiorno permanente e per gli extracomunitari il requisito decisivo è il soggiorno in Italia per almeno cinque anni e il possesso anche di altri tre requisiti: reddito non inferiore all’importo annuo dell’assegno sociale, alloggio idoneo a termini di legge, superamento di un test di conoscenza della lingua italiana.
Da tale permesso sono esclusi gli stranieri pericolosi per l’ordine pubblico o la sicurezza dello Stato. Inoltre la legge prevede anche un’altra strada per il riconoscimento della cittadinanza ai minori stranieri, in cui emerge in primo piano il fattore formativo (si parla infatti di ius culturae).
Ne sono beneficiari gli stranieri nati in Italia o entrati entro il compimento dei dodici anni, a cui viene riconosciuto il diritto alla cittadinanza italiana qualora abbiano frequentato regolarmente un percorso formativo di almeno cinque anni nel territorio nazionale. Infine è prevista una terza via con elementi di novità che però non introduce un diritto, ma rientra nel campo della concessione della cittadinanza, quella che comunemente si chiama “naturalizzazione”.
Si tratta di un provvedimento discrezionale per cui la cittadinanza viene concessa con decreto del Presidente della Repubblica, sentito il Consiglio di Stato, su proposta del ministro dell’Interno e che va richiesto al prefetto o all’autorità consolare.
I potenziali beneficiari sono gli stranieri arrivati in Italia prima della maggiore età e legalmente residenti da almeno sei anni. Condizione di base è la regolare frequenza di un ciclo scolastico, con il conseguimento del titolo conclusivo, presso istituti del sistema nazionale d’istruzione, o di un percorso di formazione professionale, con il conseguimento della relativa qualifica. Tutto questo appare del tutto normale, anzi sembra un chiaro appello cristiano e decisamente umano. Questi gli interrogativi che qualche giorno fa poneva il direttore di “Avvenire”: “Chi e perché vuol mettere paura agli italiani? Chi e perché prova in tutti i modi a istillarci l’idea che la nostra civiltà non sia più buona né “contagiosa”? Chi e perché vuol farci vivere nella chiusura e nella grettezza, in modo da non generare più figli, né dai nostri lombi né grazie alla nostra cultura e al nostro spirito? Chi vuol convincerci che la cittadinanza sia un immeritato stato di grazia, ereditato come una cosa, e non una conquista e riconquista, fatta di diritti e doveri onorevoli e onorati?

Angelo Favero

Caro don Angelo,
In questa estate caldissima e siccitosa, con successivi nubifragi, si sono moltiplicati i proclami sui cambiamenti climatici e sulle colpe di Trump, reo di aver rifiutato gli accordi di Parigi. Eppure il clima globale dipende solo marginalmente dall’uomo, forse il 10%. Si ignora il 90% dovuto a variabilità naturali (attività solare, raggi cosmici, oceani, vulcani ed altre emissioni naturali, ecc.) e ci si accanisce sulla responsabilità umana, col supporto di modelli matematici privi di credibilità scientifica. Sono approssimativi, hanno un numero enorme di parametri liberi e soprattutto non hanno conferma sperimentale. Infatti tutte le previsioni fatte finora, di assurdi innalzamenti di temperatura, sono state puntualmente smentite. John von Neumann, fondatore di questo tipo di matematica, diceva che con soli 4 parametri liberi è possibile costruire un modello matematico per dimostrare che gli elefanti volano. La conferma sperimentale è indispensabile, da Galileo in poi, per il sigillo di scientificità. Quando entra l’ideologia e soprattutto tanti soldi, qualsiasi stramberia diventa scienza. Gli eventi atmosferici estremi hanno sempre fatto paura, perché siamo incapaci di governarli. In epoche precristiane si scongiurava questa paura con i sacrifici (anche umani) agli dei. Poi Gesù dimostrò la capacità di governare gli eventi estremi affidandosi a Dio, creatore e custode della natura. Il paganesimo attuale rifiuta Dio e sostituisce i sacrifici agli dei con i sacrifici economici all’IPCC, l’agenzia ONU sui cambiamenti climatici, che ha la presunzione di determinarli scientificamente. Chi pretende di usare la ragione e non si adegua, diventa ideologicamente colpevole degli eventi climatici estremi.

Graziano Duso

Da “LA BORROMEA” – 24 settembre 2017

Da “LA BORROMEA” – 24 settembre 2017
settimanale del Duomo di San Lorenzo di Mestre

Un altro parroco, monsignor Gianni Bernardi, nell’articolo di fondo del suo periodico, lamenta le estreme difficoltà per portare avanti la catechesi anche nelle classi delle elementari e delle medie. Nella parte finale dell’articolo appare però un seppur lieve motivo di speranza ed un invito al rilancio della proposta cristiana mediante uno sforzo comune di tutte le componenti della comunità. Don Gianni conclude la sua amara riflessione auspicando un confronto con la diocesi o con altre parrocchie della nostra città.

Qualche settimana fa ho letto una notizia positiva: un parroco scriveva che il 70% dei suoi ragazzi cresimati avevano accettato di continuare la catechesi e molti arrivano fino all’università. Se la cosa interessa posso fornire il numero di telefono.

La comunità cristiana è chiamata al nuovo annuncio di Cristo

Carissimi, dopo rincontro con i collaboratori e con coloro che amano la vita delia parrocchia, ho iniziato a pubblicare sulla Borromea le ‘lìnee guida” che mi erano state chieste in vista del nuovo anno pastorale.
Sulle orme di san Lorenzo, nostro patrono, la settimana scorsa abbiamo riflettuto sui POVERI in senso concreto. Oggi vorrei soffermarmi con voi su un’altra categoria di poveri, quelli che chiamerei i poveri nella fede.
E vero, a guardar bene, che tutti noi ci troviamo in tale condizione; quando mai possiamo dire di avere una fede viva, forte, bella? Eppure, è sotto i nostri occhi che oggi la fede cristiana vive un momento di forte cambiamento, dovuto certamente all’influsso della cultura dominante, non direttamente contraria (tranne qualche eccezione) ma certamente indifferente rispetto alla vita di fede, ma dovuto anche a una certa “stanchezza” degli stessi cristiani.
Ci troviamo, anche come parrocchia, di fronte alla necessità di un “nuovo annuncio”: le stratture tradizionali della trasmissione della fede non bastano più. Pensiamo, ad esempio, alle difficoltà che è, costretta ad affrontare anche la nostra catechesi; molto spesso i bambini e i ragazzi che vi partecipano sono sprovveduti sui contenuti della vita cristiana, o della fede, anche negli aspetti più semplici, ad esempio quelli che riguardano la preghiera.,. o lo stesso segno di. croce; molto spesso le famiglie sono indifferenti e gli itinerari formativi sono considerati un peso o un impegno in più per ì ragazzi che hanno già le giornate letteralmente riempite di svariate attività; ai massimo, sembra emergere un certo interesse (solo superficiale? Solo momentaneo?) per le tappe sacramentali. La difficoltà della formazione alla tede si nota anche nelle realtà giovanili: penso ai gruppi parrocchiali ma penso anche a quelle associazioni, come gli scout, che tanta importanza hanno nella vita della parrocchia, Cosa fare in questa situazione? Potrebbe venir la voglia di lasciai1 perdere tutto… e rinchiuderci in una specie di comunità di eletti.,, ma non credo sia questa la strada, dal momento che noi abbiamo la responsabilità di annunciare il Vangelo a tutte le genti e di trasmettere la fede, come ci ricorda san Paolo in due passaggi pregnanti della prima lettera ai Corinzi, a proposito della cena del Signore e della sua risurrezione (1Cor 11,23; «Io, infatti, ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi ho trasmesso» e 1Cor 15,3: «vi ho trasmesso dunque, anzitutto, quello che anch’io ho ricevuto».
Nel dinamismo della comunità cristiana, noi abbiamo ricevuto (e di questo ringraziamo continuamente il Signore e coloro che ci hanno formato…) e per questo dobbiamo, a nostra volta. trasmettere. Non possiamo interrompere questa linea, che parte dal Signore Gesù e arriva fino al! incontro con Lui, quando verrà nella sua gloria, Abbiamo la responsabilità di trasmettere il Vangelo alle nuove generazioni, Cerchiamo allora di saper rispondere alle nuove sfide, facciamolo, certo, rinnovando i nostri strumenti, facciamolo, soprattutto, lavorando insieme; questo io dico in modo particolare ai catechisti e a tutti i formatori. Nessuno può essere un libero battitore, perché il “mandato” viene dalla chiesa, Lavorare insieme vuoi dire anche aver la pazienza (e la gioia,..) di incontrarsi, di parlarsi, di aiutarsi, di sostenersi a vicenda. Facciamolo sapendo che il nostro scopo è annunciare il Signore Gesù,
Neanche un grappo può essere libero battitore. Ecco perché è importante conoscersi all’interno della parrocchia; e conoscersi significa anche stimarsi, apprezzare il servizio gli uni degli altri nella consapevolezza che si è, insieme, nella parrocchia e a servizio della parrocchia.
Ecco perché e importante essere in contatto con la diocesi; confrontiamoci con chi vive gli stessi problemi, con chi ha uno sguardo aperto a orizzonti più grandi del nostro contesto che, per quanto grande, è sempre limitato e ristretto (utile, naturalmente, è anche il confronto con il vicariato: confronto, purtroppo, spesso disatteso dalla nostra parrocchia).

don Gianni Bernardi

Da “DIMENSIONE PI” – 24 settembre 2017

Da “DIMENSIONE PI” – 24 settembre 2017
settimanale della parrocchia di San Marco di viale San Marco

Don Mario Liviero, parroco di questa comunità cristiana, nel suo articolo di fondo mette il dito sulla piaga dell’abbandono della pratica religiosa dei ragazzi che hanno ricevuto la cresima.

Le espressioni con le quali questo parroco denuncia questo abbandono, che poi è comunissimo in moltissime parrocchie, sembrano un lamento, esprimono angoscia e delusione, tanto da augurarsi che sarebbe stato meglio che questi ragazzi non avessero partecipato al relativo corso di preparazione a questo sacramento. Io, pur con grande rispetto e condivisione dell’amarezza, sono però convinto che comunque vale la pena seminare qualsiasi siano le difficoltà, le previsioni, gli abbandoni, perché la semente sparsa con convinzione e generosità finisce, prima o poi, per germogliare. Ricordo una pagina di “Anni verdi” del Cronin. Questo autore, che aveva pure lui abbandonato la pratica religiosa, avendola ritrovata racconta di un adolescente che per sottolineare il suo rifiuto lancia una pietra contro il rosone della chiesa nella quale aveva ricevuto la sua formazione religiosa. Il vecchio parroco lo rincorre e gli dice: «Ricordati che se anche tu oggi volgi le spalle a Dio, Egli continuerà ad amarti e a rispettarti». Questa è la logica del Padre del Figliol Prodigo.

La chiesa deve rimanere sempre con le porte aperte e il prete deve continuare a “sperare contro ogni speranza”!

Postcresima

L’11 febbraio scorso abbiamo celebrato il Sacramento della Cresima per 35 ragazzi e ragazze della nostra parrocchia. Da quel giorno alcuni di loro non hanno più messo piede in chiesa. Lo si sapeva che sarebbe successo questo. Non sarebbe stato meglio che avessero fatto un passo indietro prima, senza disonorarsi, disonorare la parrocchia e il Sacramento? Ma c’è il motivo per cui non si sono tirati indietro prima: in queste occasioni si hanno dei regali, anche importanti, e si racimola un po’ di soldi…perché perderla questa occasione!!!… i nostri giovani imprenditori!!! Ma noi li aspettiamo ancora. La parrocchia non vuole negare i Sacramenti a nessuno. Come dice il Papa, non siamo padroni ma amministratori, servitori dei doni di Dio; non facciamo pagare il dazio a nessuno. Questi ragazzi sono in un periodo particolare della vita, sono affascinati da tante cose, devono fare delle scelte e per questo vanno aiutati. Il Signore Gesù stesso va loro incontro proprio con questo Sacramento con il quale fa dono dello Spirito santo che è luce per vedere, forza per avere il coraggio di fare le scelte giuste anche se impegnative e contro corrente, vento impetuoso per buttare all’aria abitudini incartapecorite e senza valore. Perciò ci diamo da fare perché tutti comprendano, gustino e siano contenti dei doni del Signore, li accolgano bene e con gioia e li facciano fruttificare.
Chiediamo anche alle famiglie di mettersi sulla stessa lunghezza d’onda, sicuri che vogliono il meglio per i loro figli, sostenendoli nelle inevitabili difficoltà e dubbi che tutti incontriamo.
Per questo la parrocchia invita i neo cresimati a continuare insieme il loro cammino di fede e ad essere fedeli all’incontro con il Signore nell’Eucarestia domenicale. In Gesù e nello Spirito Santo è la nostra forza.
Da anni nella parrocchia ci sono dei gruppi postcresima, nati proprio dopo la celebrazione del Sacramento per sostenere i ragazzi nell’impostare cristianamente la loro vita e nell’affrontare bene l’adolescenza in cui si stanno inoltrando. Sarà probabilmente un periodo in cui si mette in discussione tutto, anche ciò che si è appena scelto. Non c’è problema, è giusto sapere e approfondire ciò che si crede, perché lo si crede… Preoccupa non chi pensa ma chi non pensa. Cogliamo l’occasione per ringraziare le persone che hanno seguito questi gruppi negli anni passati e le invitiamo a fissare i nuovi orari e percorsi. Con i cresimati 2017 stabiliremo a breve contenuti e orari.
La parrocchia è un grande cantiere che ha sempre bisogno di tanto personale.
Accogliamo l’invito del Vangelo di oggi che parla di un padrone che a tutte le ore esce in piazza a cercare operai per la sua vigna: non vuole vedere disoccupati, c’è sempre tanto da fare, ogni anno: “Andate anche voi a lavorare nella mia vigna”

don Mario Liviero

Da “SAN NICOLO’ – SAN MARCO” – 17 settembre 2017

Da “SAN NICOLO’ – SAN MARCO” – 17 settembre 2017
comunità pastorale di Mira

Questo numero contiene un inserto di quattro facciate nel quale, in occasione del primo anno di collaborazione pastorale o forse, meglio ancora, di accorpamento delle due parrocchie, si tira qualche valutazione.

Il primo articolo, firmato da don Mauro, collaboratore del parroco, è piuttosto “misticaleggiante” e da esso si fa fatica a capire come vanno le cose. L’idea di fondo mi pare sia che per arrivare ad una vita più cristiana è più importante essere che fare.

Il secondo articolo, non firmato, mi convince di più, perché servendosi di una specie di parabola sull’impegno di una formica, fa intendere che la soluzione possibile è aver pazienza e procedere a piccoli, anzi piccolissimi passi.

Il terzo articolo, che ritengo opportuno segnalare, è la solita rubrica del parroco “appunti di don Gino”, che offre una lettura pacata, serena e paterna di un buon padre di famiglia. Don Gino, che ha ormai quasi settant’anni, nel parlare alla sua gente esprime saggezza, comprensione, speranza, buona volontà, fede e coraggio. E questo non è proprio poco!

 

“Collaborazione…per cosa?”

Mi sono posto questa domanda per fare il punto della situazione e guardare avanti nel cammino che la comunità cristiana di Mira sta compiendo da un anno a questa parte. Sono convinto che stiamo vivendo una stagione molto importante e delicata per il futuro della Chiesa; tante trasformazioni, tanti travagli ci danno sicuramente motivo di ripensare non solo a ciò che facciamo ma a CHI SIAMO. Non sono un grande amante del termine “collaborazione pastorale”, mi sembra molto legato agli addetti ai lavori e forse di sapore burocratico.
Ma questo è un pensiero superficiale e immediato che ho approfondito e superato grazie alle lettere di san Paolo apostolo.
Questi scrive in un brano della seconda lettera ai Corinzi che siamo “collaboratori della vostra gioia”, e sta parlando di quella gioia che viene dall’incontro con Gesù.
Questo è il grande lavoro della collaborazione pastorale, questo è il motivo che deve dare senso a tutte le scelte e le azioni che intraprendiamo: collaborare alla gioia dei nostri fratelli e sorelle comunicando Gesù, rendendo possibile l’incontro con lui. Questa è la nostra priorità, non possono essercene altre e per fortuna!! Porci la domanda su cosa fare e come fare ci permette di ritornare ad un’essenzialità di fede che le parrocchie hanno, a mio parere, messo un po’ sullo sfondo.
Andare al cuore della fede e a recuperare certe cose “ovvie” ci permetterà di attingere alla sorgente di acqua viva che Gesù è per la vita di ogni uomo e prima di tutto per noi appartenenti alla comunità cristiana di Mira. Avere questa sensibilità alle volte ci porterà a dover operare delle scelte che non renderanno contenti tutti, è ovvio che in un contesto di calo dei numeri si dovranno fare delle rinunce e degli accorpamenti, ma le dobbiamo leggere come azioni di potatura che servono alla pianta perché possa portare più frutto, Sono convinto che il Signore ci stia guidando in questo cammino, che la scoperta di volti e esperienze tra le due parrocchie continuerà come in quest’anno, ma soprattutto vorrei che ci ricordassimo che la nostra collaborazione attraverso le soddisfazioni e le fatiche, i compiti o i servizi nella nostra comunità sono un modo attraverso cui possiamo portare la gioia del Vangelo.

(Don Mauro)

 

Per meditare

Talvolta per meditare può essere d’aiuto più una storiella che un discorso difficile e serioso. E’ il senso della storiella che proponiamo, dove appare chiaro che la collaborazione ha bisogno anche della tenacia.

Collaborazione e tenacia

L’altro giorno ho visto una formica che trasportava una foglia enorme. La formica era piccola e la foglia doveva essere almeno due volte il suo peso. Ora la trascinava, ora la sollevava sopra la testa. Quando soffiava il vento, la foglia cadeva, facendo cadere anche la formica. Fece molti capitomboli, ma nemmeno questo fece desistere la formica dalla sua impresa. L’osservai e la seguii, finché giunse vicino a un buco, che doveva essere la porta della sua casa. Allora pensai: “Finalmente ha concluso la sua impresa!”. Mi illudevo. Perché, anzi, aveva appena terminata solo una tappa. La foglia era molto più grande del foro, per cui la formica lasciò la foglia di lato all’esterno ed entrò da sola. Così mi dissi: “Poverina, tanto sacrificio per nulla.” Mi ricordai del detto popolare: “Nuotò, nuotò e morì sulla spiaggia.” Ma la formichina mi sorprese. Dal buco uscirono altre formiche, che cominciarono a tagliare la foglia in piccoli pezzi. Sembravano allegre nel lavoro. In poco tempo, la grande foglia era sparita, lasciando spazio a pezzettini che ormai erano tutti dentro il buco, immediatamente mi ritrovai a pensare alle mie esperienze.
Quante volte mi sono scoraggiato davanti all’ingorgo degli impegni o delle difficoltà? Forse, se la formica avesse guardato le dimensioni della foglia, non avrebbe nemmeno cominciato a trasportarla. Ho invidiato la perseveranza, la forza di quella formichina.
Naturalmente, trasformai la mia riflessione in preghiera e chiesi al Signore che mi desse la tenacia di quella formica, per “caricare” le difficoltà di tutti i giorni. Che mi desse la perseveranza della formica, per non perdermi d’animo davanti alle cadute. Che io possa avere l’intelligenza, l’abilità di quella formichina, per dividere in pezzi il fardello che, a volte, si presenta tanto grande. Che io abbia l’umiltà per dividere con gli altri i frutti della fatica come se il tragitto non fosse stato solitario. Chiesi al Signore la grazia di riuscire, come quella formica, a non desistere dal cammino, specie quando i venti contrari mi fanno chinare la testa verso il basso …specie quando, per il peso di ciò che mi carica, non riesco a vedere con nitidezza il cammino da percorrere. La gioia delle larve che, probabilmente, aspettavano il cibo all’interno, ha spinto quella formica a sforzarsi e superare tutte le avversità della strada.
Nella vita, per fare grandi cose, è sufficiente avere uno spirito da “formica”…

Don Gino

 

APPUNTI… DI DON GINO

Giustificare e condannare

C’è uno strano atteggiamento ampiamente diffuso al punto da diventare opinione pubblica: la facilità con la quale siamo pronti a giustificare tanti atteggiamenti e tante scelte non sempre corrette e buone e, dall’altro lato, l’ossessione con quale, di fronte ai tanti “disastri” che capitano, si deve per forza cercare il colpevole. Un tempo si diceva con un proverbio di indubbia efficacia: “Piove, governo ladro”. E così si era trovato il colpevole e tutto era a posto. Sia l’atteggiamento di giustificare con troppa facilità, sia quello opposto di cercare sempre un colpevole, per prima cosa porta a togliere dalle spalle la responsabilità personale. C’è sempre qualche altro contro cui puntare il dito. E si dimentica sempre di puntarlo verso se stessi. Ora, di fronte a qualsiasi avvenimento ci sono, è vero, delle colpe che vanno ricercate e punite; ma c’è anche una diffusa faciloneria che determina comportamenti che possono essere riconducibili anche a scelte personali che determinano il clima, la cultura, la moda che poi sfocia inevitabilmente in gesti riprovevoli. E’ proprio vero che uno può sempre tirarsi fuori dicendo: è colpa di questo o di quello e mai colpa mia?

La riconciliazione

Il viaggio di Papa Francesco in Colombia, paese martoriato da decenni di guerra civile che ha fatto centinaia di migliaia di morti e ha inferto ferite profonde nella popolazione, è stato un appello costante alla riconciliazione, che non nasconde le colpe e le responsabilità, ma “compiendo per primi il primo passo”, può aprire una strada nuova.
Ecco parole forti e significative di Papa Francesco: “E’ ora di sanare le ferite, dì gettare ponti, di limare sofferenze. E’ l’ora di spegnere gli odi, rinunciare alle vendette e aprirsi alla convivenza basata sulla giustizia, sulla verità e sulla creazione di un’autentica cultura dell’incontro fraterno”. La riconciliazione non è un’utopia, è sempre possibile, purché si rispetti la verità e si abbia il coraggio di rinunciare all’odio e alla vendetta. Ma se questo vale per la storia di una nazione, può valere anche per la storia personale di ciascuno di noi, delle nostre famiglie e delle nostre comunità.

Ripartire

Stamattina ho iniziato il nuovo anno scolastico con i ragazzi della nostra scuola s. Pio X°. Avevo in primo banco i piccoli della prima elementare, un po’ spauriti e incerti, con i loro occhi attenti. Tutti però attenti nel vivere un momento di preghiera semplice e bello. Ci ha aiutato nella riflessione, non soltanto la Parola del Vangelo ma anche la storia di una matita, cosi semplice da sembrare insignificante, ma così preziosa nel dare consigli utili per l’impegno di un anno, per alunni e insegnanti. La matita insegna che ci vuole una mano forte e sicura per essere guidati a scrivere cose belle e buone. Ogni tanto dev’essere temperata. Nelle vita anche le sofferenze e i dolori aiutano a diventare migliori. I segni sbagliati possono essere cancellati e si riparte dal perdono. Ciò che conta non è l’esterno, ma la mina che c’è dentro, come nella vita.

Da “LA COMUNITA’” – 24 settembre 2017

Da “LA COMUNITA’” – 24 settembre 2017
Settimanale della parrocchia del Sacro Cuore di via Aleardi

Questo numero del periodico che è uscito nel giorno in cui il nuovo parroco, don Marino Gallina, è stato immesso dal Patriarca nella parrocchia del Sacro Cuore, è quasi totalmente dedicato agli indirizzi di saluto ed ai convenevoli di circostanza. In verità la lettura sembra un po’ “minestra riscaldata” espressa in uno stile un po’ chiesastico.

Ritengo degno di nota il discorso di don Marino per il suo tono onesto e sofferto, e l’articolo che riguarda il gruppo del terz’ordine francescano, uno dei pochi gruppi esistenti di questo tipo, dei quali ci piacerebbe conoscere la vita e le attività. Chi poi fosse interessato ai vari interventi in occasione dell’ingresso del nuovo parroco, lo può fare cliccando www.parrocchiasacrocuore.net

 

La fraternità OFS del “SACRO CUORE” inizia l’anno pastorale 2017/2018

Come ogni anno l’Ordine Francescano Secolare del Sacro Cuore si ritrova nel primo fine settimana di settembre per vivere assieme l’aspetto fraterno che è essenziale per la vita della fraternità.
Quest’ anno, come spesso succede, eravamo ospiti nella casa di accoglienza francescana di Cugnan (BL): erano presenti una cinquantina di persone fra adulti, ragazzi e bambini.
Negli spazi di condivisione fraterna è emerso con forza l’esigenza e il desiderio di una formazione più approfondita sul nostro essere Ordine francescano secolare in particolare su quella “S” di secolarità che ci chiama ad una testimonianza efficace e responsabile nella Chiesa e nella società in cui viviamo per essere fermento nel mondo attraverso le dimensioni del nostro vissuto: famiglia, lavoro, impegno sociale.
Le riunioni si svolgono ogni quindici giorni: una al sabato e una alla domenica, iniziano alle 16,30 alternando un incontro di preghiera con uno di formazione; al termine animiamo la Celebrazione Eucaristica e il nuovo assistente, Fra Andrea Vaona si è reso disponibile a presiedere la Santa Messa,
Concludiamo la giornata con la condivisione della cena tutti insieme. Quest’ anno ci incontreremo il 2° sabato e la 4° domenica di ogni mese.

Annamaria Franzato
Ministro O.F.S.

 

Saluto del nuovo parroco, mons. Marino Gallina alla comunità del SACRO CUORE

In questo momento voglio soltanto e semplicemente dire grazie. La mia Eucaristia, la mia benedizione di lode prima di tutto sale a Dio, fonte e datore di ogni bene che sempre guida la nostra vita, a volte attraverso sentieri difficili, verso la pienezza del bene nel vero e nel bello che per noi è Cristo stesso.
Grazie al Patriarca che nonostante le mie obiezioni dettate dalla prudenza e dalla conoscenza mi ha voluto qui in questa comunità come parroco.
Grazie ai miei familiari che sempre mi sostengono. Grazie ai tanti amici che ho conosciuto in questi 37 anni di ministero, che continuano, nonostante la mia naturale riservatezza, a mostrarmi stima e amicizia.
Grazie particolarmente a tutti voi fratelli e sorelle del Sacro Cuore che mi avete accolto con affetto e disponibilità. Vi chiedo di camminare insieme per formare con la nostra diocesi di Venezia la Chiesa una, santa, cattolica e apostolica, la sposa bella, segno di salvezza innalzato per gli uomini e le donne che vivono in questo territorio.
A tutti chiedo la carità di una preghiera.
Grazie.

Don Marino Gallina

Da “SEGNO DI UNITA’”

Da “SEGNO DI UNITA’”
periodico della parrocchia Santa Maria della pace di Bissuola

Questo settimanale non offre nulla di “trascendentale”, però è curato con tanto amore e riporta, come tutti gli altri foglietti parrocchiali, gli appuntamenti degli incontri ai quali sono invitati a partecipare i fedeli della parrocchia. La comunità conta 5261 abitanti, è guidata da don Liviano Polato, un sacerdote di 69 anni non troppo in salute, però aiutato da un diacono.

Il foglio parrocchiale normalmente non produce nulla di proprio, ma ha il pregio di offrire testimonianze e riflessioni che sono colte dalla stampa cattolica. Riportiamo un articolo sulla preghiera, piuttosto ingenuo ma ricco di fede popolare e quanto mai edificante.

Perché prego

«Tra poco dovrò leggere alcune tra le preghiere più strazianti, tenere e strabocchevoli di desiderio che l’umanità abbia mai composto. Ma prima volevo dire qualche cosa anch’io sulla preghiera, in particolare cosa è, per me, la preghiera.
Devo premettere che il Signore, per me, era una specie di mamma, papà e maresciallo dei carabinieri messi assieme, a cui ti rivolgevi per farti esaudire richieste che non erano di competenza dei genitori: quando il nonno o le zie stavano poco bene si pregava quel Signore di farli guarire o quando il nostro vicino di casa, il sig. Mario, ha perso il lavoro si è pregato sempre quel Signore. Una volta il babbo mi disse di pregare per la nostra squadra che doveva giocare una partita importante, ma mi disse anche di non dirlo alla mamma. Forse è per quello che la nostra squadra ha perso: perché la mamma, non sapendolo, non si è unita alle nostre preghiere. Si, perché avevo maturato una specie di statistica nella quale emergeva confusamente un dato: e cioè, che le preghiere rivolte a quel Signore là in alto venivano tanto più esaudite quanto più erano collettive, lo credo di avere iniziato a pregare da solo verso i 5 anni, sarebbe meglio dire ad esigere qualche cosa da quel Signore potentissimo che se ne stava in alto da qualche parte: lo pregavo di farmi tornare presto dalla colonia estiva dove i miei genitori mi mandavano tutti i mesi d’agosto. La permanenza nella colonia era di un mese e io iniziavo a pregare di farmi tornare a casa appena il treno si staccava dai binari di Milano per andare in direzione della Liguria. Forse il Signore non aveva tempo per un bimbo di 7 anni che se ne stava un mese senza vedere i suoi genitori. Per sei lunghe estati ho pregato in maniera estenuante, senza che il Signore mi ascoltasse. Apparentemente.
Poi, verso gli anni delle medie, a 11-12 anni, ho cambiato preghiera, anzi, richiesta: gli chiedevo di farmi diventare alto, glielo chiedevo con tutto il cuore o, forse, con tutta la rabbia che avevo nel cuore: “Fammi diventare alto! Fammi diventare alto!”.
Era insopportabile una vita sotto il metro e cinquanta: i compagni mi deridevano, le compagne mi ignoravano! “Fammi diventare alto, ti prego!!!”. Non mi ha ascoltato.
Apparentemente.
In quegli anni non avevo un’ottima opinione di Lui: non mi ascoltava mai… e la lista delle richieste inesaudite era diventata lunghissima. Poi ci sono stati anni in cui ho smesso di pregarlo; ero convinto di poter fare a meno di Lui. Apparentemente.
Qualche tempo fa una mia cara amica, mia e di mia moglie, si è ammalata gravemente e nel volgere di qualche mese le sue condizioni erano tali che da lì a poco avrebbe lasciato noi e la sua famiglia. Mi sono ricordato delle zie e del nonno e mi sono messo a pregare; dopo poco ho inteso che sarebbe stato inutile pregarlo di restituirle la vita e allora ho espresso una’ preghiera strana, forse nemmeno così impegnativa per Lui: lo pregai di togliere la paura a quella nostra amica, di toglierle l’angoscia di sentirsi sola e abbandonata in quel momento terribile: “Signore, ti prego, toglile la paura; donale, se possibile, serenità, ti prego…”
E forse ho compreso. Ho compreso che quel miracolo che chiedevo a Lui non solo era possibile, ma era già realizzato: Il Signore guardava noi amici, il marito, i figli, guardava me e diceva: “Solo se non scapperete lei non avrà paura, solo se rimarrete lì lei non si sentirà sola …”.
Lui ci indica il modo, ma gli artefici del miracolo siamo noi. Noi con Lui.
I miracoli bisogna desiderarli, ma soprattutto dobbiamo avere voglia di realizzarli: noi con Lui, o meglio, Tu con noi.
Noi preghiamo, ma forse ancora di più Lui prega: e forse prega così: “Speriamo che smettano di delegarmi, speriamo che capiscano che sono un loro alleato… Ah quanto vorrei fare delle cose con loro…. A proposito Giacomo, cosa hai chiesto? Alto o grande?”.
II Signore ci ascolta sempre, bisogna stare attenti a cosa gli si chiede!»

Giacomo Poretti è un comico, componente il trio Aldo, Giovanni e Giacomo, ben noti ad un vasto pubblico.. “Giacomino” è un uomo di Fede.

Da “PROPOSTA” – 22 ottobre 2017

Da “PROPOSTA” – 22 ottobre 2017
settimanale della parrocchia di San Giorgio di Chirignago

I paletti dei confini sono tanto più avanzati quanto più si ha la capacità di amare, di servire e di sacrificarsi per gli ideali per i quali ci si è impegnati.

Vi presento due audaci e consolanti traguardi raggiunti da questa comunità che non cessa di sorprendere per i risultati che continuamente raggiunge.

Il primo riguarda la tenuta nel settore dei ragazzi e degli adolescenti. Il secondo poi, il coraggio di chiedere ai giovani di incontrarsi ogni settimana all’ora antelucana delle 6,30 per celebrare l’Eucarestia.

Pare che sia giunto il tempo di spingersi a chiedere ai giovani coraggio e sacrificio.

 

DOMANDA DI RICEVERE IL DONO DELLA CRESIMA E INGRESSO NELLA COMUNITÀ’ GIOVANILE

Domenica 22 Ottobre: durante la Messa delle 9,30 i ragazzi di 2A media porteranno all’altare la loro domanda di ricevere la Cresima l’8 dicembre del 2018. Questa tappa fa parte del percorso che viene proposto ai ragazzi delle medie in vista del momento in cui, per mezzo del dono dello Spirito Santo, si compirà in loro, pienamente, l’iniziazione cristiana. In altre parole saranno cristiani dotati di tutti i doni necessari per affrontare la vita in compagnia di Gesù Cristo.
Il catechismo delle medie è stato pensato a lungo e verificato in tanti anni, modificato dove si capiva che non era efficace, ed ora è una proposta che porta i suoi frutti. Di norma più del 50 per cento dei ragazzi che terminano le medie continuano la catechesi alle superiori. Diamo qualche numero.
Oggi frequentano
18 giovani in 1A superiore
30 “ 2A “
23 “ 3A “
16 “ 4A ”
24 “ 5A ”
Si tenga presente che di media le classi negli anni della prima comunione e della cresima si aggiravano attorno ai 50/55 ragazzi (ma l’anno scorso soli 41).

LA MESSA DEI GIOVANI

Mercoledì 11 Ottobre 2017, è ripreso l’appuntamento con la SS. messa delle 06.30 per i giovani della nostra Comunità. Appuntamento al quale non si può e, non si riesce a mancare, perché come ho scritto già qualche altra volta, iniziare la giornata con il ”BUONGIORNO DEL SIGNORE” tramite la SS. messa e naturalmente “l’EUCARESTIA”, è un dono di grande valore che Gesù continua a farci attraverso il nostro Parroco Don Roberto. Dopo la messa, naturalmente la consueta buonissima e abbondantissima colazione offerta da Don Roberto e i suoi collaboratori e, poi tutti di corsa felici ai propri impegni. Davanti a questo miracolo che si compie due volte al mese, ringrazio tantissimo “Nostro Signore” e, lo prego affinché non distolga mai il suo sguardo dalla nostra Comunità.

Maria Carmela

P.S. Anche se con un po’ di ritardo, un ben arrivato a Don Sandro, un bravissimo sacerdote molto preparato che piano piano stiamo conoscendo e che sembra come se già facesse parte della nostra Comunità da molto tempo. Un caloroso abbraccio a Don Andrea che sicuramente sarà sommerso da numerosi impegni nel suo nuovo incarico.

Maria Carmela

Da “INFORMAZIONI DELLA COMUNITA’” – 24 settembre 2017

Da “INFORMAZIONI DELLA COMUNITA’” – 24 settembre 2017
Settimanale della parrocchia San Pietro Apostolo di Favaro Veneto

Il bollettino si compone di un solo foglio A4 – fronte e retro – e si presenta bene come grafica. Mi par di dover segnalare l’articolo di fondo del parroco, don Andrea Volpato, in cui si avverte il travaglio e la preoccupazione nell’affrontare il problema dell’assorbimento della comunità di Sant’Andrea e della nuova unità pastorale che si allarga alle parrocchie di S. Leopoldo e di Dese.

Il parroco poi si rivolge sia ai praticanti che ai non praticanti intendendo che il foglio non si limiti agli avvisi, ma si apra pure al dialogo con tutte le componenti della comunità.

Riporto pure “La preghiera del giornalista” perché credo che tutti coloro che si impegnano nel difficile lavoro di comporre un giornale, seppur modesto, hanno particolarmente bisogno dell’aiuto di Dio.

Camminiamo assieme

Ci siamo.
Un altro passetto verso la collaborazione pastorale potrebbe essere il foglietto parrocchiale di S. Andrea e San Pietro assieme. E perciò si chiamerebbe “CAMMINIAMO ASSIEME”. Intanto potremmo cominciare così e in futuro … vedremo come andranno le cose anche con le altre parrocchie della collaborazione pastorale. Naturalmente questo foglietto, questa intestazione, questo titolo sono una bozza iniziale. Fin da subito lanciamo l’invito a tutti a dare suggerimenti a proporre modifiche e a proporre altri modelli … Immagino che strada facendo troveremo ciò che cerchiamo. Ma il concetto è comunque lo stesso. Il foglietto parrocchiale è una tradizione, uno strumento di comunicazione come tanti altri (mass media e oggi anche social network). E’ una opportunità di dialogo, riflessione, informazione … Serve a tutti: ai parrocchiani, a chi non frequenta per niente o poco, agli altri, ai parroci e agli altri preti … ai catechisti, all’Azione Cattolica, a quelli della San Vincenzo e delle pulizie della chiesa … a tutti insomma. Serve per far riflettere, per informare, per sollecitare, per critiche costruttive … Tutti possono partecipare e chiedere spazio. Naturalmente spetta poi a chi è in primis responsabile della vita parrocchiale consentire o negare questo spazio se è il caso. Devo dire che finora mi pare non mi sia mai capitato di “censurare” qualcuno: anche perché non sono poi così tanti gli interventi. In linea di massima il foglietto riporta in prima pagina una riflessione, un articolo di fondo. Speriamo di riuscire ad alternarci fra parroci in questo. Nella seconda pagina ci sono soprattutto informazioni, orari, proposte … C’è spazio anche per qualche preghiera, per qualche invito speciale. E naturalmente saranno riportati a fondo pagina tutti i dati necessari delle nostre parrocchie: telefono, e-mail, portale internet (se c’è), indirizzo, orari delle Messe … Ogni foglietto naturalmente è datato e contrassegnato da un numero progressivo di pubblicazione. Il nuovo foglietto sarebbe il numero 1 dell’anno primo. Il foglietto parrocchiale consente anche ai parroci di adempiere a quello che sarebbe ancora un loro dovere e cioè quello di redigere una cronistoria della vita parrocchiale. Che dire … un po’ dispiace di lasciare i nostri foglietti. Ma in fondo non lasciamo proprio niente e viviamo in modo diverso e più allargato questo strumento prezioso e importante. Il Signore ci aiuti a trovare la strada più giusta per tutti.

Don Andrea

E siccome un po’ tutti potremmo essere giornalisti di questo foglietto, ecco una bella preghiera che può anche essere una guida per uno stile adeguato.

Don Andrea Volpato

Preghiera del Giornalista

Signore, Tu mi hai chiamato a servire
il prossimo attraverso
i mezzi dell’informazione.
Donami di farlo sempre
nell’obbedienza alla verità,
con il coraggio di pagare
di persona affinché essa
non sia mai tradita.
Aiutami anche a coniugare
la verità con la carità, per non ferire mai la
dignità di nessuno e promuovere in tutto,
per quanto a me possibile,
la giustizia e la pace.
Che io non faccia preferenze
di persone, e sappia proporre
le mie idee con umiltà,
onestà e libertà di cuore.
Donami di essere anche così
un testimone dell’amore, che viene da Te,
verità che libera e salva.
Tu, che con Dio Padre
vivi e regni nei secoli dei secoli.
Amen!

(Bruno Forte)

Da “PROPOSTA” – 17 settembre 2017

Da “PROPOSTA” – 17 settembre 2017
settimanale della parrocchia S.Giorgio di Chirignago

Chi è esperto di computer può leggere ogni settimana questo periodico, certamente interessante da un punto di vista pastorale, cliccando il suo sito: “chirignago.altervista.org”, Credo che per i parroci che avessero poca fantasia la lettura di questo foglio risulterebbe certamente utile. Da parte mia segnalo questa notizia offerta senza molto risalto, ma che ritengo quanto mai significativa.

In questa parrocchia esistono diversi cori: La Cappella musicale “Lorenzo Perosi”, Il coro dei giovani, Il coretto dei bambini, Il coro delle giovani mamme.

Ci vuol poco per immaginare quanto siano vive ed armoniose le liturgie, come questa attività squisitamente spirituale veda interessati almeno 150 parrocchiani e quale sia l’indotto di amici, nonni, genitori e fedeli. Quindi come non suggerire ad altre parrocchie almeno qualcosa del genere?

LA CAPPELLA MUSICALE “LORENZO PEROSI” ACCOGLIE NUOVI CANTORI

L’anno corale 2016/2017 della Cappella Musicale “Lorenzo Perosi” non poteva concludersi meglio. Nel mese di giugno siamo infatti stati invitati a cantare la Santa Messa nel 200° anniversario della nascita del Beato Luigi Caburlotto, in Basilica dei Frari. Pochi giorni dopo, il nostro canto ha accompagnato la processione del Corpus Domini in Piazza San Marco, dalla loggia dei cavalli della basilica cattedrale. Infine, a metà luglio, il piacere e l’onore di cantare alla Messa solenne nella festa del Redentore, nel tempio votivo della Giudecca. Tre celebrazioni belle ed importanti, presiedute dal Patriarca Francesco Moraglia.
Ora siamo pronti ad iniziare il nuovo anno con rinnovato entusiasmo. Se siete amanti della musica, se vi piace cantare o se solo desiderate provare a cantare, vi invitiamo calorosamente a partecipare alle prove che il nostro Coro tiene tutti i martedì sera nella sala dedicata a mons. Albino Tenderini, in via del Parroco 5. Ci troveremo per iniziare insieme martedì 19 settembre alle ore 20.45. Questo è sicuramente il momento migliore per entrare a fare parte della nostra grande famiglia musicale.

I cantori della Cappella Musicale “Lorenzo Perosi”

 

AVVISO: INCONTRI PER MADRI E FIGLIE ALLE SOGLIE DELLA PUBERTÀ

Care mamme se avete figlie attorno agli 11/13 anni e volete affrontare insieme l’educazione affettiva, la nostra parrocchia con il consultorio diocesano mette a disposizione lo spazio per fare due incontri nel mese di ottobre e novembre. Queste le date: 13 e 20 ottobre 2017 dalle 15:00 alle 18:00 10 e 17 novembre con lo stesso orario.
Per iscrizioni chiamare Giovanna Animatrice degli incontri per Mamma&Figlia “Il corpo racconta”.

d.r.t.

Da “PROPOSTA” – 10 settembre 2017

Da “PROPOSTA” – 10 settembre 2017
settimanale della parrocchia San Giorgio di Chirignago

Il settimanale di questa parrocchia è composto solamente da un foglio A4, ma quasi sempre è zeppo di cose interessanti. Questa settimana lo propongo all’attenzione dei visitatori di questo sito quasi per intero, incorniciando brevemente gli articoli che segnalo.

  1. Il saluto di don Andrea. Il cappellano lascia la parrocchia per diventare parroco di ben tre parrocchie a Venezia. Questo giovane prete si accomiata dalla comunità con una bellissima lettera di congedo. Oltre i convenevoli di rito in questa lettera si avverte che questo prete ha fatto una stupenda esperienza personale nella parrocchia in cui ha fatto il cappellano e porta con sé la consapevolezza che la parrocchia può essere anche oggi una comunità ricca di vita e capace di educare le nuove generazioni. E’ di una importanza assoluta che un giovane prete faccia un’esperienza forte nei primi anni di sacerdozio. Il cardinale Luciani perseguiva il progetto che tutti i giovani preti dovessero passare alcuni anni in parrocchie di particolare vivacità pastorale perché si convincessero che molto è possibile ancora.
  2. Il secondo articolo dà notizia che secondo una tradizione ormai collaudata a Chirignago il 18 ottobre i fedeli sono invitati a fare un pellegrinaggio (a piedi) al Santo di Padova. Sono del parere che una parrocchia che voglia essere tale deve offrire svariate proposte pastorali in modo che ognuno possa trovare quella più giusta per lui per crescere nella fede.
  3. L’articoletto che sento il dovere di segnalare è una lettera di una suora di colore che opera in Kenia la quale ringrazia la parrocchia di Chirignago che ha “adottato” il suo villaggio e lo aiuta costantemente anche da un punto di vista economico. Ogni comunità parrocchiale dovrebbe gemellarsi con una dei paesi di missione perché ha dei doveri di coscienza nei riguardi dei fratelli più poveri d’oltremare.

 

IL SALUTO DI DON ANDREA

Cosa scrivo? Bilanci? Ringraziamenti? Bilanci no. Quelli economici li faccio in Curia, quelli esistenziali li lasciamo fare a Qualcun altro. Motivazioni e sentimenti? Li ho espressi nel Proposta del 30 luglio 2017 presente in internet. Meglio parlare di soddisfazioni e delusioni. Soddisfazioni ne ho avute tantissime. Ne richiamo tre. La soddisfazione più grande? Quello che mi ha dato sempre tanta gioia? Vedere tanti giovani alla messa delle 11 e alla messa dei giovani il mercoledì mattina. Quella è e sarà il regalo più grande che la comunità giovanile mi potrà fare. Sapere che continuano ad andare sempre e tutti alla domenica a incontrare Gesù nell’Eucaristia, l’unica persona che non ti trascura mai, l’unica a cui un giorno potrai chiedere aiuto e consolazione. Gli altri avranno sempre tanto da fare, anche il tuo sposo o la tua sposa. Lui no. Avrà sempre cuore e tempo per te e questo rapporto lo costruisci adesso o mai più, nell’incontro domenicale con lui. È stato fantastico quest’anno vedere che Chiara, la prima bambina che ho battezzato, ha ricevuto la cresima e frequenta sempre la messa!
La seconda: i campeggi e i campi estivi e invernali, esperienza di famiglia grazie agli animatori, ai cuochi, ai capi e a tutte le persone che li rendono possibili curando gli aspetti logistici. Ho visto come queste brevi ma intense esperienze contribuiscono a costruire la comunità che poi vive a Chirignago: amicizie, riflessioni, i servizi fatti insieme cantando i tormentoni estivi… che bello! Ho avuto il dono di essere presente alla maggior parte di questi, grazie alla delicatezza del don che mi permetteva di stare via più di un mese e mezzo, portando lui da solo tutte le fatiche della parrocchia. Due aspetti dei campi: anzitutto Caracoi. Su questo angolo di paradiso posso dire solo che dentro di me è e resterà per sempre la mia seconda casa. Poi i campi mobili col clan. Scuole di provvidenza. Quando tutto sembra perso, quando non sai cosa fare ti arriva la persona, il luogo, il dono inaspettato da chi non hai mai visto in vita tua. Potrei scrivere un libro con volti e luoghi che mi hanno insegnato quanto ci sia vicino il Signore.
Terza soddisfazione: il coretto, la prima realtà che ho servito e amato da quel 7 novembre 2003. Tante gioie costruite e condivise con la cara amica Lorella e con tutti i collaboratori maestri e suonatori che con costanza inimitabile accoglievano e animavano questo gruppo di bambini arrivato a contare 50 elementi. Cantare a messa, cantare davanti a papa Benedetto, cantare a Venezia o a Salisburgo erano cose che sognavo e che con fatica lentamente abbiamo costruito.
Delusioni.
Me ne vengono in mente solo due, Ma alla fine ho deciso di tenermele pe me.
Ringraziamenti
Sarà duro ma, per non dilungarmi qui e per far capire quanto li abbia nel cuore, quelli preferisco farli a voce durante la messa. E semmai, verranno pubblicati nel prossimo numero.
Scuse.
A chi dovevo le ho già chieste, talvolta anche troppo, convinto che la comunione e la pace valga più di tutto il resto. A chi ho ferito e non l’ho mai saputo, chiedo invece umilmente perdono. Per questo chiedo scusa alla Comunità Capi per non essere passato alla loro ultima riunione.
IL resto l’ho già detto in questi anni o, a chi passera a Venezia, lo dirò.
Chi va prete si rovina la vita? Dai fatti mi pare proprio di no. Auguro a tutti i più giovani di trovarsi a 45 anni felici come me. Tanti miei coetanei ahimè non lo sono. Io si. E il merito è di tutti voi che se avete ricevuto da me 10, mi avete sempre restituito 100! Grazie Chirignago, mio primo amore. Sarai sempre nelle mie preghiere e nelle benedizioni che, ogni sera guardando dalla mia casa alle Zattere verso ovest, darò ancora ai miei bambini , ai miei giovani, agli anziani e a tutti coloro che in questi anni hanno camminato con me. Vi voglio e vi vorrò sempre tanto bene! vostro

Don Andrea

 

PELLEGRINAGGIO AL SANTO DI PADOVA

Nonostante i tanti impegni che si accavalleranno uno sull’altro, desidero non perdere la tradizione del pellegrinaggio a piedi da Chirignago al Santo. Lo faremo SABATO 14 OTTOBRE (con qualsiasi tempo). Ridurremo di un’ora la strada perché faremo in pul-man un tratto particolarmente brutto e pericoloso. La partenza sarà comunque alle 4 del mattino, celebreremo la S. Messa nella basilica padovana e poi pranzeremo allegramente insieme.
Come è avvenuto quando siamo andati a Monteberico faremo due pulman: uno per i pellegrini a piedi (partenza ore 4.00) ed uno per i pellegrini che non camminano (partenza ore 9.00)
Il costo sarà, come nel passato e per tutti di Euro 35 (pranzo compreso)
Iscrizioni fino ad esaurimento posti in canonica.

drt

PS…
Per il catechismo dei bambini della prima comunione Katia mi sostituirà; per le confessioni ci sarà don Sandro.

 

ISCRIZIONI ACR
Cari genitori e ragazzi
DOMENICA 17 SETTEMBRE, alla conclusione della messa delle 9.30, troverete sotto al portico gli animatori del gruppo ACR, pronti a raccogliere le vostre iscrizioni!
Il gruppo ACR è aperto per tutti i ragazzi dalla 3° ELEMENTARE alla 3° MEDIA,
Per avere informazioni chiamate uno dei seguenti numeri.

ELISA, RICCARDO

La cattedrale tra i cipressi

Lo scrittore inglese Bruce Marshall fa dire a un sacerdote, protagonista di uno dei suoi romanzi, che la sua chiesa era una “sposa bella” che amava perdutamente e a cui era sempre stato fedele. M’è sempre piaciuta questa immagine, che sottolinea il rapporto caldo, intimo e affettuoso tra il sacerdote e la chiesa in cui incontra i suoi fratelli di fede e il suo Signore e in cui vive i momenti più importanti della sua missione di ministro di Dio.

Io confesso che ne ho avuti più di uno di questi amori durante la mia lunga vita di prete. Sono stato innamorato della chiesa neoromanica di Eraclea, il mio paese natio, chiesa in cui da fanciullo ho ricevuto le prime carezze di Gesù. Ho amato con amore caldo la basilica della Madonna della Salute nella quale ho maturato la mia vocazione. Ho amato ancor di più la bella chiesa dei Gesuati nella quale ho fatto la mia prima esperienza di giovane prete, ma questo è stato un amore fuggevole perché è durato appena due anni. Quindi ho conosciuto la bella chiesa di San Lorenzo martire dove ho convissuto felicemente per quindici anni. Però l’esperienza d’amore più prolungata e matura l’ho fatta nella chiesa neogotica del Meduna a Carpenedo, chiesa che ho amato d’amore fedele ed appassionato per trentacinque anni.

Pensavo che così fosse terminata la mia storia d’amore. Invece no. Da vecchio ho preso una autentica cotta e mi sono perdutamente innamorato della giovane chiesa prefabbricata del cimitero. Questa “sposa bella” è povera, ma quanto mai “avvenente” anche se è nata in Romania ed è costata solamente duecentocinquantamila euro. è stato un colpo di fulmine, mi è parsa subito bella, dolce, intima, quieta e sorridente. Che cosa può aspettarsi di meglio un prete novantenne?

È vero, gli ho donato tutto quello che di meglio avevo ancora. L’ho vestita di ordine, pulizia e fiori, ho invitato a farle compagnia le persone più care e sante che ho conosciuto durante la mia lunga vita: la Vergine Maria, Padre Pio, Sant’Antonio, Santa Rita, Madre Teresa di Calcutta, San Francesco d’Assisi, e i miei Papi più cari: papa Luciani, papa Giovanni Paolo II, papa Roncalli, papa Paolo VI. Cosicché quando i miei fedeli entrano in chiesa sentono subito di essere accolti con affetto da questi santi così amati da tutti, tanto che ognuno di questi santi della terra e del cielo ha qualcosa da dire loro e da offrire: un sorriso, una parola di conforto e un invito a ricordarsi che quella è la casa del Signore.

La gente accende un lumino, si siede e si sente avvolta da un abbraccio di dolcezza, d’armonia e di bontà, e trova pace, tanto che vedo che da mane a sera c’è un andirivieni costante, raccolto e sereno. Qualcuno poi mi ha confidato che se anche il tetto di legno è molto basso gli sembra di sentirsi all’interno di una baita di alta montagna. Ora poi il mio piccolo scout di tempi lontani, Toni Marra, mi ha donato una via Crucis che aiuterà di certo chi ha ancora il cuore che sanguina per ferite recenti o lontane, dando consolazione e speranza mediante la ripetizione delle tappe della via dolorosa di Cristo, figlio di Dio e dell’Uomo.

Durante la settimana la mia chiesa si anima perché si celebra spesso il commiato cristiano a persone sole molto anziane, che vivevano con la badante o provengono da case di riposo, ma comunque si respira in essa conforto e speranza. Alla domenica però la mia chiesa si anima, diventa festosa per la folla che la gremisce, per i canti della corale degli anziani del Centro don Vecchi, per la calda fraternità dei tanti fratelli che vengono a trovare il Padre nella chiesa più umile della nostra città e che moltissimi ritengono, come me, la più bella e la più cara.

La “cattedrale tra i cipressi” è il mio amore, ma lo condividono e la rendono sempre più bella e più viva pure Enrico, il mio diacono ad honorem, Anna e Gianni, suor Teresa e i miei famigliari che la tengono ordinata con piante e fiori. La mia umile chiesa non ha campanile, ma prima o poi spero che concerti di campane suonino l’ora della resurrezione e della vita ai defunti che dormono nel nostro camposanto e ai concittadini che vivono nella nostra cara Mestre.