Da “PROPOSTA” – 1° ottobre 2017

Da “PROPOSTA” – 1° ottobre 2017
settimanale della parrocchia San Giorgio di Chirignago

Non è per nepotismo, ma mi pare doveroso informare quello che si fa a Chirignago per la formazione degli adulti. Mi auguro di poter fornire notizie del genere provenienti anche da altre parrocchie.

Seconda segnalazione: una serie di lettere mandate alla redazione del periodico. Per capire la cosa è necessario che vi informi dell’antefatto che ha determinato questa reazione.

Il Patriarca ha destinato l’ex cappellano, don Andrea, a fare il parroco di tre parrocchiette veneziane. In occasione dell’addio, a fine messa un gruppetto di ragazzini ha espresso la riconoscenza mediante una scenetta che un parrocchiano “tradizionalista” ha ritenuto irrispettosa del luogo sacro, non per i contenuti, ma perché fatta in chiesa e quindi ha chiesto al parroco di pubblicare questa opinione sul periodico. Al che, una serie di fedeli è intervenuta per manifestare il suo dissenso.

Ritengo giusto segnalare il garbo, la misura e la carità di questi fedeli. L’autenticità e la vitalità di una parrocchia credo che la si misuri anche e soprattutto da questa capacità di dialogo e di confronto fraterno, ma pure franco e leale.

 

ADULTI, A CATECHISMO!

I bambini, i ragazzi ed i giovani hanno già iniziato il loro percorso catechistico.
Ora tocca agli adulti.
Può bastare la Messa domenicale per una continua formazione e maturazione della fede in un laico che si confronta con un mondo sempre più indifferente o ostile, e con una vita che spesso è faticosa (e dolorosa)? Potrei dire di sì se non dovessi dire di no. Nel senso che nelle celebrazioni liturgiche non c’è spazio, o non ce n’è almeno fino ad ora, per il dialogo ed il confronto. Dialogo e confronto che sono necessari per capire meglio sempre ed ogni cosa.
Questo dialogo e questo confronto è possibile negli incontri di catechesi che sto per riproporvi. Ce n’è per tutti i gusti.

1 IL CATECHISMO DEL GIOVEDÌ’ SERA, dalle 20,40 alle 21,10, tenuto dal parroco quest’anno ancora sul libro degli Atti degli Apostoli.
II parroco tiene prima una lezione sul testo e poi sollecita il dialogo ed il confronto. Puntuali si inizia e puntuali si termina.
Questo per i primi tre giovedì.
Il quarto (novità) sarà animato da don Sandro che incentrerà il suo intervento e la discussione successiva su IL FATTO DEL MESE, una rilettura alla luce della fede di un fatto che ha suscitato interesse, domande, paure. Interessante, no?

2 I GRUPPI FAMIGLIARI che si ripropongono anche quest’anno tutti (anche quelli che sono stati particolarmente colpiti da difficoltà di vario genere) e che propongono UN INCONTRO MENSILE, nelle case dei partecipanti (o in centro) e che anche quest’anno avranno come tema IL VANGELO SECONDO LUCA.
I gruppi sono una quindicina, alcuni anche molto numerosi, per quasi metà composti o da giovani o da persone ex (da poco) giovani (45/55 anni), e distribuiti su tutto il territorio della parrocchia.

LETTERE

Carissimo Don Roberto, mi permetto di disturbarla un secondo.
Ho letto la lettera a firma di Bortolato Francesco su Proposta del 24.09.2017. Mi permetta di replicare (con serenità e con spirito di correzione fraterna).
No, a me la “scenetta-gioco” non ha fatto venire il mal di stomaco, anzi mi ha fatto scendere qualche lacrima di commozione. Ritengo che il tutto sia stato fatto con estremo rispetto del luogo Sacro che è la ns. Chiesa (la Casa della ns. Comunità).
Non ho sentito schiamazzi, non ho visto atteggiamenti volgari, non mi sembra vi siano stati atteggiamenti irrispettosi nei confronti del luogo e di ns. Padre. Mi sembra un po’ azzardato affermare che si rischia dì trasformare poco alla volta la chiesa in un cinema e la celebrazione in uno show. Ogni domenica a San Simeon Piccolo alle ore 11.00 c’è la Santa Messa adatta forse a Francesco. Con rispetto e affetto

Elena

Caro Francesco, vorrei rispondere alla tua sollecitazione sollevata su Proposta del 24 settembre.
Concordo pienamente nel metodo: trovo lodevole -se non eroica- la tua premura nella correzione fraterna, e mi sembra che sia una piena adesione alle scritture che ci invitano caldamente adesso.
Permettimi però di dissentire nel merito: sicuramente la Santa Messa è il ricordo del sacrificio di Gesù sulla Croce.
Ma il sacrificio della Croce senza il suo compimento nella Resurrezione sarebbe semplicemente un’esecuzione capitale ingiusta. La nostra non è solo la religione della paura, della tristezza e del pensiero di morte: ci sono già le malattie psichiatriche per questo, dove si prova il vuoto dell’esistenza, l’angoscia senza senso e senza fine.
La nostra è anche la religione della gioia della Resurrezione, della salvezza per tutti gli uomini. Noi Chiesa abbiamo per lungo tempo commesso l’errore di lasciare entrare solo sentimenti tristi nei nostri edifici di culto, lasciando fuori della porta la gioia. Questo ha creato l’idea che la gioia non rientri nella fede cristiana, lanciando così i semi dell’edonismo e del relativismo atei che caratterizzano la nostra epoca. Non credo che una scenetta non prevista dal Messale, ma rispettosa di Nostro Signore e delle persone sia blasfema. Grazie in ogni caso per avermi permesso di riflettere e confrontarmi con altre persone al riguardo.

Con affetto
Edina

Caro Francesco,
credo che il primo commento ricevuto alla tua lettera fosse il più azzeccato…..”sono senza parole”….., ma poi mi sono detta che qualche parola di “correzione fraterna fatta con sincerità e per amore di verità” bisogna dirla. Credo che la nota stonata in questa occasione venga da te. E cercherò dì esprimerti il mio punto di vista:
1) Quella che tu hai definito “scenetta gioco” era un saluto simpatico fatto utilizzando la musica che don Andre ama tanto; non so tu cosa definisca gioco, forse attaccare le note musicali sul pentagramma ma probabilmente se non fossi uscito avresti sentito che questi gesti erano accompagnati da affettuosi apprezzamenti sulle qualità di don Andrea e il suo amore nel seguire ogni gruppo. La scenetta faccio ancora più fatica a vederla….
2) Luogo e momento: la Chiesa è la casa del Signore ma anche la nostra, e se il rispetto rimane, non credo sia inopportuno passare anche un momento gioioso fra le sue mura; fra l’altro mi pare che in molte occasioni proprio in questo luogo si siano condivisi momenti simpatici e gioiosi accostati a momenti di preghiera (es. Festa della famiglia) e questo non ha scandalizzato nessuno. E’ vero, con don Andrea si stava celebrando la messa ma la celebrazione era praticamente conclusa e di sicuro non credo si sia mancato dì rispetto nei confronti del “Sacrificio di Gesù”.
3) Prima che i bambini capiscano di “essere come Maria e Giovanni sul Calvario sotto la Croce”, credo che debbano sentirsi in famiglia, che debbano respirare una fede e un amore per Gesù vissuto anche nella gioia, col sorriso, con una serietà che non nasce da imposizioni ma da esperienze concrete di vita. Perciò la buonafede di chi a tuo parere vuole “animare tutto a uso dei bambini” nasce dal desiderio di far si che i bambini imparino ad amare Gesù e la sua Chiesa partendo dalla loro capacità dì comprensione, di percezione, di esperienza. Non so perché dovremmo fermarci…..
4) In risposta alla tua ultima domanda, come lettrice dì proposta devo dire che ho avuto un po’ dì mal di stomaco ma …. leggendo queste righe.

Lorella

PS.: Tì assicuro che la mia risposta non è dettata da risentimenti personali e tantomeno vuole essere una polemica.
Basterebbe…
” …fare esperienza in terra di missione: Africa, America latina, Asia…segna la vita, arricchisce, soprattutto apre la mente e il cuore! Penso alle molte Eucaristie partecipate, animate, danzate…laddove neppure una virgola poteva sfuggire alla fantasia creativa delta cultura locale: popoli allo stremo, ma non nello spirito! Celebrazioni coloratissime incastonate in uno scenario da eden; cielo e terra, mistero di Dio e dell’Uomo, uniti in un’armonia inesprimibile profondamente radicata nel cuore…se anche il rigo musicale avesse attraversato l’Eucaristia, anziché la gradinata, sempre di immenso Sacrificio Eucaristico si sarebbe trattato. Non portiamo alla “cremazione ” entusiasmi e riconoscenze veri a una vita autenticamente celebrata e offerta, per 14 intensissimi anni!”

Sr.Guidalma

Caro Francesco, premesso che non vorremmo usare “Proposta” per polemizzare ma solo per esprimere una opinione diversa dalla tua, quindi nulla dì personale…
Siamo alcuni lettori di Proposta e tuoi amici e, onestamente, “il mal di stomaco” a noi e venuto dopo aver letto quello che hai scritto tu. Siamo sinceramente dispiaciuti che tu sia dovuto uscire di chiesa a causa di una “scenetta-gioco” che altro non era se non il saluto affettuoso di una COMUNITÀ di bambini e ragazzi alla persona che ha dedicato loro ogni minuto o quasi dei suoi ultimi 14 anni.
Riteniamo che essendo tu papà sappia capire ed apprezzare la differenza fra un asettico saluto e un abbraccio caloroso dì un figlio al proprio genitore. La forma dì saluto ed il momento in cui è stato fatto (ALLA FINE DELLA S. MESSA) sono stati scelti proprio per non disturbare in nessun modo i più sacri ed importanti momenti della celebrazione eucaristica. Lo scorso maggio siamo stati agli esercizi spirituali diocesani per sposi con figli e don Marco, sacerdote mantovano che li ha predicati, ha definito la Santa Messa come una finestra aperta sul paradiso e più è gioiosa la celebrazione maggiormente è spalancata la finestra.
Definire la messa solo come la “ripresentazione del Santo Sacrificio di Gesù Cristo” ci pare perlomeno riduttivo. Vìva Dio la storia della salvezza, che passa dalla Croce, giunge alla Gioia della resurrezione! In cuor nostro vogliamo credere che Dio Padre, in quanto tale, non sì scandalizzi ne ci imputi questo saluto festoso come una colpa, ma piuttosto che continui a guardarci con benevolenza e misericordia. Siamo contenti che i nostri figli, assieme a molti loro amici, partecipino alla S. Messa delle 9.30 così com’è, prima di tutto per il loro AMICO GESÙ, ma anche perché trovano un ambiente a loro misura (coretto, omelia alla loro portata, sacerdoti e catechiste accoglienti che insegnano loro che è bello voler bene a Gesù); in fin dei conti anche Gesù spesso faceva festa e ci invita al Banchetto Eterno… teniamo fisso l’obiettivo finale….

Con immutato affetto e stima fraterna…
Silvia Salvatore Antonella Marco Anita Giovanni Piera Marco

Caro Francesco,
mi verrebbe da risponderti che … sì, è proprio il caso che ti cerchi un buon gastroenterologo!
Poi però ho pensato che le risposte istintive non sono sempre utili, perciò ti rispondo dicendo che questo tuo attaccamento alla forma tifa assomigliare sempre più ai Dottori della Legge del tempo di Gesù o agli integralisti di oggi, se preferisci. A quelli che hanno accusato Gesù perché ha compiuto un miracolo il sabato, sai bene cosa Gesù stesso ha risposto … probabilmente conosci il passo a memoria. Come neppure, a causa della “scenetta-gioco” mi sono sentita una ‘mercante nel tempio”.
Sono persuasa che la forma senza sostanza non sia una strada che libera l’uomo, ma una comoda prigione dorata per chi ha paura dì confrontarsi con il suo cuore.

Elisabetta Tomasutti

Da “COMUNITA’ E SERVIZIO” – 8 ottobre 2017

Da “COMUNITA’ E SERVIZIO” – 8 ottobre 2017
settimanale della parrocchia di San Giuseppe di viale san Marco

Interessante l’intervento di don Natalino che mette a fuoco il rapporto tra il parroco e la comunità cristiana. Pure molto interessante “Uno sguardo sulla settimana” di Alessandro Seno che dimostra tutti i limiti del referendum (vedi Catalogna – Veneto e Lombardia) per risolvere i problemi dell’autonomia. Importante l’analisi sulla lenta crescita delle “collaborazioni pastorali”. Penso che l’esperienza della parrocchia di viale san Marco abbia qualcosa da insegnare. Infine desta curiosità l’innovativa iniziativa del “Patrobaby” e dello “Studiopoint”. La vita della parrocchia ha bisogno di concretezza e di contributi umano-sociali.

 

PRIMA DELLA ROVINA VIENE L’ORGOGLIO E PRIMA DELLA CADUTA C’È L’ARROGANZA
(Pr 16,18)

IL DISTACCO NEL POSSESSO

Della parabola dei vignaioli omicidi, che ascolteremo nel vangelo proclamato domenica, mi ha sempre colpito il finale tragico. Alla vista del figlio del padrone, quelli che avevano ricevuto la vigna in affitto si dicono l’un l’altro: «Costui è l’erede. Su, uccidiamolo e avremo noi la sua eredità!». Una pretesa assurda e cieca, senza senso. Come potevano pensare di farla franca?
Non occorre giungere a fatti di sangue per riconoscere che cosa non va dentro di noi, quando perdiamo perdiamo il distacco nel possesso.
Se io, per esempio, con tutta la dedizione e l’energia che ci metto, considerassi la parrocchia come cosa mia, esclusivamente mia, senza mantenere il necessario distacco, farei disastri. Lo stesso vale per chi assume un servizio nella comunità cristiana e più in generale nei rapporti educativi. Le persone non sono tue, ma piuttosto ti sono affidate. Prendere in mano non significa stringere in pugno. Accompagnare è ben altro che spingere unicamente a quello che vogliamo noi. Il nostro lavoro pastorale non va fatto per il successo della nostra idea, per la nostra bella figura o la nostra gratificazione. Lavoriamo – e perciò impariamo a lavorare insieme – per «l’erede», che è Gesù Cristo vivente nella Chiesa.
Certo, mettendoci il cuore, ma non attaccando il cuore all’opera. Il distacco nel possesso è ben più che ascesi: è un esercizio di quella sapienza, che fa crescere il bene attorno a sé.

don Natalino Bonazza

UNO SGUARDO SULLA SETTIMANA

Da qualsiasi parte si affronti l ‘argomento il risultato sembra essere lo stesso: il popolo ha bisogno, di autonomia!
Da una parte il caso eclatante e internazionale della Catalogna e dell’ indipendenza dalla Spagna, qui da noi un molto più contenuto referendum che punta a portare le due regioni interessate – Lombardia e Veneto – a richiedere (soprattutto) maggiore elasticità fiscale e legislativa. Il tenue filo che lega le due realtà è il metodo scelto, quello appunto che richiede il parere della popolazione.
Mi accorgo che sono sempre perplesso quando ci chiedono di “entrare in gioco” perché alcune situazioni non penso possano essere risolte dalla gente comune; troppe incognite, troppe domande che non trovano risposta o se la trovano è al tempo stesso giusta per un fronte ed errata per l’altro! Non conosco la situazione iberica ma invece mi sono fatto un ‘idea precisa su quello che dovremo votare (forse) da qui a qualche settimana; senza entrare nel merito della mia decisione mi piacerebbe invece approfondire come le domande poste sui quesiti referendari siano sempre un po’ “tendenziose”, cioè spingano il votante verso una precisa inclinazione; ad esempio scrivere “Volete pagare meno tasse? ” oppure “Volete essere più liberi?” o ancora ” Volete vivere meglio? ” siano domande che portano istantaneamente a rispondere SI, certo che SI perbacco!
Poi magari si va a scavare e viene fuori che sul primo punto pagheremo meno tasse ma avremo anche meno servizi, sul secondo saremo più liberi ma non avremo più sicurezza e sul terzo vivremo meglio perché aumenteranno i parcheggi scambiatori!
Non si può pensare di poter risolvere le questioni delicate ricorrendo all’interpellanza popolare, lo dice la parola stessa: popolare, cioè del popolo che è sovrano certo ma anche, cosa ancora più brutta, indifferente e questa risulta la strada più battuta negli ultimi anni visto l’astensionismo selvaggio ad ogni consultazione, elettorale o referendaria che sia. Non voglio che chi ci governa decida tutto per noi, questo è certo, ma sono convinto che alcune questioni non possano essere risolte con una croce sulla scheda di votazione.
Negli esempi di apertura da una parte abbiamo un problema enorme come quello spagnolo che non può essere sbrogliato con un referendum riguardante poi solo la popolazione interessata; se il governo in carica avesse indetto la stessa consultazione nel resto della penisola iberica chiedendo “Volete che la Catalogna si stacchi dalla Spagna “credo che il risultato sarebbe stato un deciso e chiaro NO; riguardo al Nord-Est e alla sua voglia di autonomia i margini di trattativa con il governo ci sono e sono molto ampi, del resto anche la vittoria con il 110% di consensi non porterebbe che ad un nuovo confronto con l’esecutivo parlamentare, avendo in mano un successo “viziato ” da una domanda alla quale onestamente nessuno risponderebbe NO!
A quel punto sarebbe tutto come prima, anzi peggio avendo speso un po’ di milioni per allestire seggi e stampare schede.

Alessandro Seno

STUDIOPOINT AL VIA

Martedì 10 ottobre riparte lo Studiopoint, dedicato ai ragazzi e alle ragazze dalla prima media alla terza superiore. È un cantiere educativo del patronato giunto al quarto anno dì attività. Il gruppo dei tutors è formato da persone diverse: dalla maestra in pensione al professionista, dal laureato allo studente ormai maggiorenne delle superiori ed è sempre disponibile a ricevere chi vuole dare una mano. Lo studiopoint offre ai ragazzi l’occasione di migliorarsi e di acquisire un metodo di studio, per affrontare al meglio il percorso scolastico. Non viene chiesto nessun contributo, solo il loro impegno. Ogni settimana ci sono due momenti per ritrovarsi in patronato al secondo piano: al martedì e al venerdì, sempre dalle 18 alle 19.30.
Per maggiori informazioni contattare Anita.

ARRIVA IL PATROBABY!

Domenica 15 ottobre alle ore 16 nel salone San Giovanni Paolo II del patronato riprende l’appuntamento mensile per i bambini dai 3 ai 6 anni e i loro genitori. Lo staff di animazione si è rimesso in moto e accenderà tutti di gioia ed entusiasmo. Diffondete i volantini di invito per un pomeriggio gioioso dei nostri bambini.

UN PROCESSO AVVIATO

La collaborazione pastorale tra le tre parrocchie di San Giuseppe, San Marco e Corpus Domini progredisce con l’intrecciarsi di rapporti fraterni tanto tra i sacerdoti quanto tra i laici e tra laici e sacerdoti. Siamo ormai dentro ad una prospettiva concreta, che impegna ciascuno ad andare incontro agli altri e non certo a restare alla finestra.
Vista da san Giuseppe la collaborazione si manifesta con l’alternarsi di don Gilberto e don Natalino alle messe domenicali in ragione di speciali circostanze (domenica 8 ottobre ad esempio è la domenica del mandato al Corpus Domini).
Anche il servizio di Alessio si svolge in parte al Corpus Domini per riordinare la sacristia e garantire una regolare apertura della chiesa. Infine, i due foglietti parrocchiali hanno assunto la stessa veste grafica e condividono la prima pagina, pur mantenendo per ora la propria testata.
La collaborazione con San Marco prosegue in ambito catechistico ed educativo. Sta nascendo un coordinamento di pastorale giovanile tra le tre parrocchie. C’è ancora molto da fare per passare alla conoscenza reciproca, alla stima vicendevole, ad una comunione affettiva ed effettiva. Insomma, i giornali che titolano di preti «a ore» o «a scavalco» non raccontano la realtà, ma inventano notizie. Badiamo piuttosto a coltivare una vera comunicazione tra noi.
Ed infine, siccome siamo comunità che camminano insieme e non filiali d’azienda da accorpare, ecco che abbiamo bisogno della preghiera, di tanta preghiera, per ascoltare ciò che lo Spirito ci sta dicendo e riconoscere i passi da compiere dove ci vuole il Signore.

don Natalino Bonazza

Da “COMUNITA’ E SERVIZIO” – 1° ottobre 2017

Da “COMUNITA’ E SERVIZIO” – 1° ottobre 2017
settimanale della parrocchia di San Giuseppe di viale san Marco

Naturalmente mi trovo d’accordo col “fondo” del parroco Natalino Bonazza che costituisce l’editoriale del periodico. Questa volta però nutro delle serie perplessità riguardo gli argomenti espressi circa l’operazione della curia di affittare ad un albergo una canonica disabitata di Venezia in cambio del suo restauro e di quello della chiesa adiacente, auspicando invece di destinare questa abitazione ad una famiglia povera.

La nostra gente diffida di questo idealismo esagerato che ha poco i piedi per terra, con il detto “non si può avere la botte piena e la serva ubriaca”. Mi pare che a Venezia si pecchi abbastanza, anzi troppo al riguardo: “No alle grandi navi, noi al turismo mordi e fuggi, no ad un afflusso di turisti esagerato!” I vessilliferi di queste chimere sono quasi sempre i giovani dei centri sociali, le dame della nobiltà veneziana e i partiti dell’opposizione. Non vorrei proprio che ora ci si mettessero anche i preti. Credo che sia opportuno che prima di criticare gli altri sia da verificare quello che facciamo noi. Non vorrei a questo proposito essere autoreferenziale, però se ogni parrocchia tentasse di fare quello che ha fatto la mia, che ha messo a disposizione quasi 500 alloggi per gli anziani poveri, molto probabilmente non ci sarebbe più spazio per queste perplessità.
I

n compenso sottolineo positivamente gli articoli “Lo sguardo sulla settimana” di Alessandro Seno, quello di Anita sulla “fiera dei patronati” e l’”Avvio al catechismo”, articolo nel quale finalmente si parla di una catechesi interparrocchiale per i giovanissimi e per i giovani, cosa che le parrocchie quasi sempre non riescono più a fare in modo autonomo.

 

UNA NOTA STONATA

Nel nostro territorio la casa è il primo dei problemi. Qui arrivano ancora oggi da Venezia famiglie di varie età: qualche coppia giovane, sposi con figli, anche degli anziani. Mai per scelta, sempre per necessità. Una volta cambiata casa, c’è chi si adatta e chi invece fatica a riconoscersi inserito nel nuovo contesto. La nota di fondo è il rammarico, che si accompagna ad un certo senso di impotenza. Non servono tante indagini, basta ascoltare le persone, che ti raccontano le loro storie e si confidano col prete. La gente sa che si tratta di problemi più grandi di noi, eppure conta nella nostra comprensione e nell’interessamento sincero.
La Chiesa di Venezia ha un capitale di fiducia, che le è accordato proprio perché la responsabilità sociale è storicamente affermata nel suo modo di vivere in questa città. Una settimana fa, aprendo il giornale, ho scoperto che a Venezia una canonica è stata data in affitto ad un albergo per un bel po’ di anni. L’interrogativo sorge immediato: perché non darla ad una giovane famiglia (mi dicono che ce ne starebbero comodamente due)? Al netto di ogni precisazione formale, la sostanza non cambia: viene preferita una rendita sicura pluriennale al bene delle persone. Brutto segno. Contrasta col fatto che una casa canonica, anche quando non serve ad un prete, mantiene una destinazione comunitaria d’origine. In questo nostro contesto sottrarla ad un bisogno abitativo diffuso e urgente, facendone piuttosto mezzo di rendita, stona proprio.

don Natalino

UNO SGUARDO SULLA SETTIMANA

I tempi cambiano, le persone pure, figuriamoci le nazioni! E così, dopo oltre settant’ anni fuori dalla politica che conta, un partito di estrema destra ritorna nel Parlamento Tedesco.
La notizia da parecchio da pensare, soprattutto nell’ottica del revisionismo storico cioè quella corrente di pensiero (politico, storico, sociale) che tende a rimettere in discussione atti assodati accaduti negli anni passati.
Sembra quindi che la Germania abbia “dimenticato” le conseguenze dell’ultima ascesa che un movimento estremista ha provocato nel secolo appena trascorso, una sciocchezza come la Seconda Guerra Mondiale…
Vanno fatti naturalmente i dovuti distinguo e l’exploit politico dell’Alternativa per la Germania (AfD) la sigla del Movimento) non porterà di certo ad un nuovo stato nazista ma sicuramente un minimo di apprensione è legittima e sottovalutarne la portata sarebbe stupido e pericoloso.
Colpisce come anche in uno Stato in salute come quello tedesco le fronde estreme riescano a cavalcare il malcontento della gente; non è argomento nuovo e la Brexit e l’elezione di Trump sono qui a ricordarcelo ma resto sempre tristemente colpito quando “la pancia" vince “sul cervello” cioè quando l’uomo si fa prendere da bisogni primari come sicurezza, stabilità economica e forte nazionalismo trascurando elementi meno appariscenti ma più sostanziali come accoglienza, rispetto reciproco e tolleranza.
Con questo non voglio sminuire argomenti importanti come quelli appena elencati e credo che qualsiasi cittadino voglia avere strade sicure o trovare lavoro per i propri figli ma ritengo che queste basilari necessità debbano andare di pari passo con un senso e un gusto per la vita che possa includere la maggior parte delle persone possibili. Spesso – e anche in Germania è successo – chi predica bene poi razzola male e sventola al popolo proclami e promesse che poi si guarda bene dal mantenere.
Con questo non voglio affermare che gli “altri” partiti siano tutti perfetti e veritieri; è proprio perché i movimenti politici tradizionali si sono dimostrati incapaci e menzogneri che l’elettorato si è rivolto ad altre realtà, solo che queste ultime sono, a mio avviso, troppo “spinte ” su posizioni che non riusciranno a mantenere (e lo sanno bene!) ma che sono utili ai loro fini di conquiste elettorali e politiche. Come sempre sta a chi va a votare saper distinguere e discernere tra slogan atti solo a smuovere le viscere (pancia) e manifesti più attenti alla condizione completa e sociale dell’ elettore.
Viviamo un’epoca dove il cervello non è quell’organo fondamentale che può cambiare la nostra vita e quella degli altri, dove conta più soddisfare i bisogni primari e personali piuttosto che sacrificare qualcosa tutti per stare meglio assieme.
E allora è bene che ci poniamo delle domande su cosa vogliamo veramente da uno stato, presto toccherà anche a noi andare al voto ed è giusto essere informati e consci dell’importanza del nostro gesto che non deve essere lasciato all’istinto e ai facili proclami!

Alessandro Seno

LA FIERA DEI PATRONATI

Domenica 17 settembre nella parrocchia di S. Pietro Orseolo a Carpenedo si è svolta la «Fiera dei Patronati»: cinque le parrocchie coinvolte, compresa la nostra. Un evento molto sentito, specialmente in questo cambiamento d’epoca.
Nella mattinata noi partecipanti abbiamo mostrato e raccontato i nostri cantieri educativi. In particolare: i centri estivi, lo studio-point e il patrobaby. Questo scambio di esperienze con animatori e responsabili dei patronati di altre parrocchie ci ha permesso un arricchimento vicendevole, ci ha fatto sentire che non si è da soli e che insieme si possono affrontare con più forza ed entusiasmo le difficoltà che incontreremo nel nostro cammino.
Nel pomeriggio c’è stata la Tavola rotonda: un momento formativo molto partecipato, che mi ha particolarmente colpito e continua a farmi riflettere. C’è il rischio che il patronato, mentre è pieno di attività, rimanga soltanto un contenitore.
Come mi pongo nei confronti del patronato, che cos’è o meglio chi è il patronato? E’ un soggetto che promuove e propone esercizi di vita buona, «genera e fa crescere persone che vivono cristianamente». Il patronato è – come ho già avuto modo di scrivere lo scorso Natale nel Villaggio – la casa di tutti noi. E’ famiglia di famiglie, perché accanto al bene individuale si persegue un bene legato al vivere sociale delle persone: il bene comune. E’ il bene di quel «noi-tutti», formato da individui, famiglie e gruppi che «si uniscono in comunità sociale>» come insegna Benedetto XVI nell’enciclica «Deus Caritas Est».
È comunità di vita e di amore che si attua lungo un cammino, fatto di passi che conducono sempre più oltre. Spero che la «Fiera dei Patronati», questo metodo efficace di lavoro, coinvolga altre comunità parrocchiali e prosegua nel tempo, magari.. il prossimo anno nella nostra parrocchia.

Anita

AVVIO DEL CATECHISMO

Dopo il primo incontro dei catechisti e del parroco con i genitori il calendario settimanale ha la seguente scansione: ogni martedì alle 15.30 il gruppo di prima media (catechiste: Sandra e Patrizia L.) e alle 16.30 un gruppo di terza elementare (don Natalino); al mercoledì alle 16.30: il gruppo di seconda elementare (Patrizia M. e Silvana); il secondo gruppo di terza elementare (Valentina); il gruppo di quarta elementare (Marina e Maria); il gruppo di quinta elementare (Annalisa e Marzia); al sabato alle 10.30 il gruppo dei cresimandi (Andrea). Per i giovanissimi e i giovani si stanno creando una proposta condivisa tra le realtà delle tre parrocchie della collaborazione pastorale. Come si nota, nel gruppo di catechisti c’è chi si ferma e c’è chi parte. L’obbiettivo, non ancora pienamente raggiunto, è quello di disporre due catechisti per ogni gruppo/classe. Occorre che nella nostra comunità si ravvivi l’attenzione per la catechesi e qualche altra persona si dedichi a questo importante servizio.

Da “LETTERA APERTA” – 8 ottobre 2017

Da “LETTERA APERTA” – 8 ottobre 2017
settimanale della parrocchia dei santi Gervasio e Protasio di Carpenedo

Questa parrocchia è certamente tra le poche del Patriarcato che gode di abbondanza di clero. Infatti il giovane parroco, don Gianni Antoniazzi, da qualche mese si avvale anche del contributo pastorale di don Claudio Breda e di monsignor Mario Ronzini. Faccio questa annotazione perché da alcune settimane quest’ultimo cura la rubrica “Profili” nella quale presenta testimoni sia del nostro tempo che di tempi andati. Nel numero attuale presenta il padovano Giorgio Perlasca, morto un paio di anni fa, il quale con sprezzo del pericolo, mediante lo strattagemma di presentarsi alle SS come console di Spagna, salvò centinaia di ebrei dai campi di sterminio.

Mi pare che sia un’ottima idea fare spazio nei nostri settimanali a questa “santità laica” perché il bene è sempre e comunque espressione di virtù che si rifà al messaggio evangelico.

Un secondo trafiletto dal titolo “La Sapapian”, ha attirato la mia attenzione. Nell’articoletto, preceduto da una nota del parroco, si parla di una iniziativa nata 35 anni fa al tempo in cui andavano di moda le marce. Don Gianni constata, con un po’ di amarezza, che mai aveva osservato una partecipazione così modesta. Ai miei tempi, quando abbiamo dato vita a questa iniziativa, i partecipanti si contavano a centinaia.

In rapporto a questa “confessione”, mi sento di esprimere due giudizi. Il primo, positivo: mi pare da ammirarsi un parroco che ha il coraggio di parlare anche degli insuccessi. I nostri fogli peccano spesso di trionfalismo, quando non si piangono addosso. Il secondo, negativo: solo Dio è eterno, le parrocchie se vogliono essere vive hanno bisogno costante di rinnovamento, virtù che si ottiene con la fantasia, il coraggio, il sacrificio e la sperimentazione. Altrimenti bisogna rassegnarsi ad una vita stanca, rassegnata e stantia.

 

BRICIOLE
Profili: GIORGIO PERLASCA

Perlasca moriva il 15 agosto di venticinque anni fa. Un pensionato come tanti che la mattina andava a comperare il giornale e a giocare a carte con gli amici e al pomeriggio accompagnava il nipotino al parco. Ma quello non era una persona qualsiasi, anzi. Quel signore alto, solo leggermente curvato dall’età, coi capelli corti e candidi, nella Budapest invasa dai nazisti era riuscito a salvare migliaia di ebrei fingendosi un console spagnolo. Una storia incredibile.
Già, era veramente successo e coloro ai quali aveva salvato la vita non si erano dimenticati di lui. Con la fine della guerra fredda alcune signore ungheresi si erano messe alla ricerca del loro salvatore. Un giorno del 1987 si presentarono a Padova, a casa sua: “Salve, signor Perlasca, siamo quelle ragazzine che ha salvato tanti anni fa”. E il passato tornò presente.
In pochissimo tempo al Memoriale di Yas Vashem di Gerusalemme arrivarono centinaia di testimonianze e il 23 settembre 1989 Perlasca fu insignito del titolo di “Giusto tra le nazioni”. Seguirono poi numerosi riconoscimenti da Spagna, Ungheria e Stati Uniti e più tardi la Repubblica Italiana gli conferì la Medaglia d’Oro al merito civile. Nel nome di Perlasca – dal 2003 -opera una Fondazione presieduta dal figlio Franco che così ha descritto il padre in una intervista riferita in “Avvenire” dell’11 agosto u.s.: “Mio padre era nato nel 1910 a Como ma aveva vissuto la sua giovinezza a Maserà, vicino a Padova. Era andato volontario prima in Africa Orientale e poi in Spagna. Nel 1938 tornò in Italia e trovò due cose: le Leggi Razziali e l’alleanza con la Germania. Lui, fascista nazionalista, cominciò ad essere critico.
Lo collocarono in congedo illimitato e poi arrivò la guerra. Venne richiamato ma, invece di essere mandato in unità combattenti, lo inviarono nei paesi dell’Est a comprare bestiame per l’Esercito. Scelse come base Budapest, in quanto l’Ungheria fino a quel momento aveva mantenuto una grande indipendenza nella politica interna”. Con l’invasione tedesca del marzo 1944 tutto cambiò drasticamente. Il 26 aprile venne disposta la confisca delle abitazioni degli ebrei e il loro avvio ai campi di sterminio.
Perlasca, dopo l’armistizio, decidendo di rimanere fedele al Regno d’Italia, era braccato dai nazisti. Lui però si ricordò del foglio rilasciatogli dopo la guerra civile in Spagna (“Caro camerata, in qualsiasi parte del mondo ti troverai, rivolgiti alla Spagna”) e chiese aiuto all’ambasciata che gli rilasciò un passaporto e una cittadinanza fittizia, diventando “Jorge Perlasca”. Iniziò così la sua azione prima al fianco dell’ambasciatore spagnolo, poi, quando il rappresentante del governo spagnolo se ne tornò in patria, continuò autonominandosi suo sostituto. Nascose migliaia di ebrei in “case protette” e rilasciò loro documenti falsi e salvacondotti. Quando venti anni fa il Mulino pubblicò il diario di Perlasca, il titolo fu L’Impostore.
A firmare l’introduzione fu Giovanni Lugaresi che scrisse come Perlasca abbia dato concretezza alle parole dello scrittore francese Leon Bloy: “A stare dalla parte dei perseguitati, non si sbaglia mai”. Nonostante il periodo di ferie estive, ai suoi funerali parteciparono più di duemila persone. Il parroco della chiesa di sant’Alberto Magno, nell’omelia, ricordò un simpatico aneddoto che fece sorridere i presenti: «Un giorno passavo sotto casa di Perlasca, lui mi salutò e mi disse: “Però voi preti siete dei gran bugiardi”. Gli chiesi il motivo di tanta franchezza. “Perché quando uno muore, subito dite che era bravo. Faccia attenzione, perché se farà così anche con me, verrò a tirarle le gambe” mi rispose.
Tra i tanti riconoscimenti ricevuti negli ultimi anni, quello a cui Giorgio Perlasca più ci teneva era una targa che gli avevano regalato gli alunni della scuola elementare del suo quartiere. C’era scritto: “Ad un uomo cui vorremmo assomigliare”.

don Mario Ronzini

LA SAPAPIAN

Ringrazio di cuore gli organizzatori della Sapapian di domenica scorsa. Forse avremmo potuto fare una pubblicità più ampia all’evento. Forse il tempo non è stato dei più clementi. Di fatto non ricordo di aver mai visto una partecipazione così modesta. Sono mancati davvero anche molti dei nostri affezionati ragazzi e ragazze più giovani, anche scout. Pazienza. Il prossimo anno cercheremo di fare di meglio.

d.G.

Domenica scorsa si è svolta la 34a edizione della corsa non competitiva “Sapapian” di Carpenedo, organizzata dal clan Al Bazar. Grazie all’impegno messo nella preparazione dell’evento tutto è andato per il meglio, peccato che il tempo non fosse dei migliori!
Forse anche per questo le iscrizioni sono state meno del solito, ma noi non ci abbattiamo e contiamo di recuperare l’anno prossimo. In ogni modo, la Sapapian resta un’occasione per riunire la comunità in una domenica di sport e divertimento.
Si ringraziano gli sponsor che hanno contribuito alla buona riuscita della corsa.
Si ringraziano pertanto: Panificio Bello, Cartoleria Tintoretto, Meggetto, Pasticceria Ceccon, La Bottega del Gelato, Copisteria da Thomas, Fioreria L’Angolo Fiorito, Callegaro Gioielli, Essetre Sport, Autoscuola Quattro Ruote Manin, Fioreria Fior Claudia e Cristina, Cartoleria Digital Service Image, Fioreria Sabbadin, Decathlon Marghera. Un ringraziamento speciale però va a tutti i corridori che ogni anno ci stupiscono! Vi aspettiamo il prossimo anno, più carichi e numerosi!

Clan Al Bazar

Da “LETTERA APERTA” – 15 ottobre 2017

Da “LETTERA APERTA” – 15 ottobre 2017
settimanale della parrocchia dei santi Gervasio e Protasio di Carpenedo

In questo numero il parroco, don Gianni Antoniazzi, fa trapelare qualche amarezza e preoccupazione circa la partecipazione dei ragazzi alla messa festiva e al catechismo per l’irrequietezza estrema di alcuni di essi, e la difficoltà a rispondere alla disponibilità dei ragazzi, troppo impegnati in attività marginali alla loro formazione umana e religiosa.
In compenso il settimanale contiene una testimonianza di mons. Ronzini su Papa Giovanni XXIII, testimonianza che si legge volentieri, anche perché riporta momenti vissuti personalmente con Papa Roncalli.

LA PARTECIPAZIONE ALLA MESSA

Affrontare il tema dell’Eucaristia significa toccare il cuore della fede: l’incontro reale con il nostro Signore e Salvatore. Con delicatezza propongo delle riflessioni che sarebbe giusto completare nei vari gruppi
Il Vangelo converge verso l’Eucaristia, incontro con Cristo e con la sua Pasqua. Lui ha comandato: “Fate questo in memoria di me” e ha chiarito che i tralci slegati dalla vite non possono portare frutto. Il parroco, pur responsabile di molti ambiti, ha come primo il compito di curare l’Eucaristia: essa è più preziosa di qualunque attività. Finite le vacanze estive, si fa fatica a riprendere la frequenza alla Messa in parrocchia: la chiesa si riempie, ma chi conosce i gruppi nota ancora le assenze. Domenica scorsa, per esempio, parecchi bambini sono stati impegnati in tornei sportivi e, al saluto di Marco Zane, hanno partecipato pochi giovani rispetto alle potenzialità. Sia nella catechesi che fra gli scout troppi ancora mancano.
Resta poi il problema dei ritardi, non solo alla Messa delle 9.00, che inizia presto, ma persino a quella delle 12.00.
Ci sarebbe anche da riflettere sulla maturità della celebrazione: alcuni si complimentano perché le liturgie sono vive, ma vi sono occasioni dove l’assemblea resta quasi in silenzio. Infine alcuni gruppi restano piuttosto lontani dall’Eucaristia.
Restare lontani da Cristo è rimanere senza frutto. Pensiamoci,

don Gianni

CATECHISMO DELLE ELEMENTARI
in primo piano

Mi sembra che stiamo risolvendo tutte le difficoltà del catechismo delle elementari e delle medie: con un po’ di pazienza abbiamo avuto la disponibilità di alcuni catechisti che sostengono le famiglie nel loro annuncio di fede e organizzano un cammino di catechesi anche in vista dei Sacramenti. Purtroppo, anzitutto per incapacità grave del parroco, questa parrocchia non riesce ad avere tutte le competenze necessarie per far fronte ad ogni situazione specifica. Per esempio noi riusciamo ad offrire due possibilità per la catechesi: o durante il giorno della settimana oppure il sabato mattina. Qualcuno è impegnato sia in un uno che nell’altro incontro. Vorrei organizzare anche una terza e quarta possibilità, ma ci sarà sempre qualcuno che avrà alti impegni gravissimi e inderogabili. Così preferisco fermarmi a due, chiedere scusa per le mie incapacità e suggerire alle famiglie altre ipotesi nelle parrocchie qui intorno. Allo stesso modo il parroco ha già avvisato le famiglie che è naturale avere fra i ragazzi qualcuno con un temperamento “vivacissimo”. Fa parte della crescita. Noi non abbiamo le competenze per far fronte a tutto e non possiamo permetterci di perdere i catechisti al momento disponibili. Con la massima delicatezza stiamo dunque domandando ad alcuni di aspettare a partecipare alla catechesi finché ci saranno altri adulti disponibili ad aiutarci nel servizio e più competenti di me nell’educazione di bambini e ragazzi.

d.G.

BRICIOLE
Ricordi: PAPA GIOVANNI XXIII

La memoria liturgica (11 ottobre) del Papa San Giovanni XXIII mi offre l’opportunità di annotare i personali ricordi dell’amato Papa, che ho conosciuto nella mia giovinezza. Premetto che sono entrato nel Seminario minore del Patriarcato, allora ubicato in Villa Fietta a Paderno del Grappa, nell’autunno del 1954, all’inizio della seconda media.
Ero un ragazzino spaesato che veniva dalla campagna e portavo ancora le braghe corte. Il primo ricordo di Roncalli è stampato in una foto in bianco e nero che conservo come una reliquia, incorniciata e in bella vista. Il Patriarca – che era arrivato in Villa a bordo di una monumentale Opel Kapitan nera targata, per privilegio cardinalizio, SCV (Stato Città del Vaticano) – prima di ripartire aveva posato per la foto ricordo scattata sulla scalinata retrostante la Villa. La sto riguardando mentre scrivo queste poche righe: lui sta al centro, circondato da un folto gruppo di ragazzini, di alcuni adulti e di pochi preti: il rettore monsignor Gino Spavento e lo staff dei superiori ed insegnanti, tutti passati a miglior vita. Ricordo un particolare di quella visita di Roncalli ai suoi giovani seminaristi: in cappella il Patriarca, che era abbastanza corpulento, tenne un fervorino e, come era il suo stile, accompagnava la parola con il gesto delle mani e movimenti ‘saltellanti’ sulla poltrona nella quale sedeva. Ad un certo punto si sentì un distinto crac: si temette -senza conseguenze per fortuna – che il Patriarca finisse a gambe all’aria.
L’anno dopo facevo parte del Seminario maggiore in Centro Storico e gli incontri con il Patriarca a San Marco durante i pontificali erano abbastanza frequenti. Ritenevo un po’ ridicolo il fatto che noi ragazzi venissimo utilizzati come paravento quando il Patriarca – anche durante la celebrazione della Messa – doveva cambiarsi le scarpe secondo il colore liturgico della celebrazione… Il ricordo più personale è legato alla visita pastorale che Roncalli compì in Seminario. Se ben ricordo fu l’anno prima che diventasse Papa: avevo 15 anni.
Il Patriarca volle ricevere benevolmente i seminaristi, uno ad uno, nell’ufficio del Rettore che allora era monsignor Valentino Vecchi. Non ricordo granché di quell’incontro, se non la grande emozione che ho provato nel trovarmi a tu per tu con una persona amabile e sorridente, incoraggiante e paterna. Naturalmente quella emozione si amplificò quando, pochi mesi dopo, il Patriarca fu eletto Papa e potei partecipare con il Seminario alla cerimonia della sua Incoronazione in San Pietro.
Era la prima volta che andavo a Roma. Di quel momento così memorabile mi è rimasto impresso un particolare: quando Giovanni XXIII entrò in Basilica, portato a spalla dai “sediari”, scoppiò un fragoroso applauso. Notai sul volto del Papa, che in quel momento passava a pochi passi dalla mia postazione, un cenno di disappunto e più tardi ne compresi anche la motivazione: un serioso signore, in abito liturgico, camminava davanti al Papa reggendo una canna che terminava con una specie di coppa nella quale bruciava, fumigando, della stoppia, il Papa, che non benediceva la folla e che forse non sentiva nemmeno gli applausi, era tutto assorto nell’ascolto e nella meditazione delle significative parole che accompagnavano quel rito: Sancte Pater, sic transit gloria mundi! Santo Padre, così passa la gloria del mondo! È l’ultima immagine di Papa Giovanni, dal vivo, che porto nei cuore. Ora invoco, come tanti, la sua protezione dal cielo.

don Mario Ronzini

Da “SAN NICOLO’ – SAN MARCO!” – 15 ottobre 2017

Da “SAN NICOLO’ – SAN MARCO!”
comunità cristiana di Mira – 15 ottobre 2017

Oltre ad una fitta agenda di incontri per le età, le categorie ed i motivi più diversi c’è da consultare, per chi è interessato, il sito internet www.sannicolosanmarco.it. Ci sono i soliti appunti di don Gino, come sempre interessanti e soprattutto esemplari per i parroci che desiderano avere un rapporto confidenziale col proprio “pastore”.

 

Appunti… di don Gino

IL CUSCINO

Messa con il cuscino per i ragazzi di prima superiore. Non per dormire evidentemente. Sabato sera ho consegnato un cuscino a questi ragazzi perché lo pongano sopra il letto e, alla sera, prima di toglierlo, si ricordino di fare una preghiera per ringraziare il Signore della giornata che finisce. Insieme al cuscino ho consegnato anche un libretto con le letture della Messa quotidiana perché trovino un piccolo spazio per leggere almeno il brano del Vangelo.
Accanto a questi due “segni” ho consegnato anche l’impegno della Messa del sabato sera e l’appuntamento del Venerdì sera per l’incontro di gruppo. Sono questi i quattro pilastri che possono sostenere il cammino di vita cristiana da condividere con i loro amici in parrocchia. Piccole cose che però possono diventare fondamentali se si vuole costruire qualcosa di solido e scoprire la bellezza e la gioia di una vita cristiana che, a piccoli passi, possa condurli ad un vero incontro con il Signore.

LA SOLITUDINE

La morte, quando entra nelle nostre famiglie e porta via una persona cara, getta sulle spalle il peso durissimo della solitudine che, spesso, si trasforma in paura, angoscia e tristezza. E’ la sera il momento più difficile e tante persone, aprendosi alla confidenza, raccontano quanto è difficile perdere il compagno o la compagna di un’intera vita. Anche la solitudine va affrontata facendo leva sulla bellezza dei legami della famiglia e delle amicizie che, nel corso degli anni, hanno reso bello e prezioso un rapporto d’amore e di vicinanza che la morte non riesce a spazzare via. La solitudine poi va riempita di cose belle.
Non serve a niente chiudersi e piangersi addosso. Il tempo della solitudine può diventare il tempo della carità, del volontariato, del dono di sé. Ma per riempire totalmente la solitudine c’è la preghiera, l’unione con il Signore che diventa unione anche con i propri cari che sono ormai nella comunione con il Signore, in attesa di potersi ritrovare in questo amore che va al di là della morte. La vita ha senso anche quando arriva il momento del distacco.

RIMPIANTI

“Che cosa dovevo fare ancora che non abbia fatto?”. E’ la domanda che il Signore si fa, tramite il profeta Isaia, nei confronti del popolo d’Israele che è paragonato ad una vigna che avrebbe dovuto portare frutto abbondante e invece ha prodotto acini acerbi.
E’ la domanda che un padre, una madre si portano nel cuore di fronte alle scelte dei figli che non sempre realizzano i loro sogni e le loro speranze. La domanda arrischia di creare nel cuore un rimpianto e una tristezza difficilmente colmabili. Bisogna stare attenti a non cadere in questa trappola. Nella vita quello che è fatto, è fatto, non si torna indietro e qualsiasi cosa deve fare i conti con la libertà personale che non è in potere di nessuno.
Certo bisogna fare il meglio, bisogna seminare un seme buono, con abbondanza, con passione e con fiducia, soprattutto in questo tempo difficile e poi essere sereni, affidando ogni fatica e ogni speranza nelle mani del Signore.

don Gino Cicutto

Da “SAN NICOLO’ E SAN MARCO” – 8 settembre 2017

Da “SAN NICOLO’ E SAN MARCO” – 8 settembre 2017
settimanale di queste due parrocchie di Mira

Ripesco due articoli che, per motivi diversi, ritengo di segnalare anche se sono un po’ datati.

Il primo è “Appunti … di don Gino”, la rubrica che ho segnalato altre volte e che consiglierei ad ogni parroco per quel modo di riflettere a voce alta, o più precisamente di aprirsi con i propri fedeli mediante riflessioni confidenziali espresse tramite il periodico parrocchiale. Questa soluzione offre la possibilità ad un approccio confidenziale con il proprio sacerdote, conosciuto attraverso i suoi scritti. Credo poi che gli appunti di don Gino facciano bene a tutti.

Il secondo articoletto che sottolineo è quello che passa sotto il titolo di “Proposte per i giovani”, dal quale si apprende che nelle due parrocchie si è già arrivati a proporre un tipo di formazione a tutto l’articoato mondo giovanile attraverso una catechesi e delle esperienze diverse ma sempre con finalità pastorali.

 

Appunti… di don Gino

UN ANNO FA…
Confesso che un anno fa, di fronte all’impegno di assumere anche la parrocchia di s. Marco, ero profondamente preoccupato. Si trattava di moltiplicare il lavoro, che già è abbondante, e di trovare strade nuove per “collaborare” insieme. Ma ero ancora più preoccupato di come avrei amato anche quest’altra porzione della Chiesa che mi veniva affidata. E’ passato un anno, è passato veloce, e mi sono accorto che il cuore si è allargato tanto da trovare spazio per amare anche la chiesa e la comunità di s. Marco. A piccoli passi, come è sempre il cammino, è cresciuta la conoscenza, la stima e l’affetto. Alcune collaborazioni sono cresciute quasi da sole: i catechisti delle due comunità si sono incontrati e hanno camminato insieme; i collaboratori di s. Marco sono diventati preziosi e “simpatici”; la Messa del mattino ha unito in maniera semplice persone diverse; la processione del Venerdì Santo è stata un segno veramente bello di comunione. Se il cuore si allarga, il Signore ci darà modo di allargare anche la collaborazione e la gioia.

RIPARTIRE
Se potessi, cancellerei dal calendario il mese di settembre. Dopo il periodo delle vacanze dove tutto assume un ritmo diverso, bisogna ripartire con il cammino normale della parrocchia. C’è da organizzare la catechesi, le attività per i ragazzi e i giovani, gli appuntamenti con i fidanzati, le famiglie, gli anziani e mille altre cose. E’ il tempo nel quale si affacciano mille richieste che non sempre trovano una disponibilità generosa, bisogna affrontare anche qualche “no” e tante richieste che non sempre possono essere accolte. E’ vero che si presentano tante persone generose, ma non bastano per coprire tutte le esigenze. Ma ormai siamo dentro a questo mese “terribile” e, come sempre, lo affrontiamo con grinta e con impegno. Tanto non serve niente fare “gli struzzi”; i problemi vanno affrontati e risolti, con l’aiuto del Signore e di tante persone buone disposte a collaborare con generosità. Alla fine di questo sfogo rimane da dire: “viva settembre”: la vita riprende con gioia.

GUERRA E PACE
Ieri il quotidiano “Avvenire” portava in prima pagina il titolo: “Guerra & pace”, e mostrava da un lato la foto dei carri armati del dittatore della Corea del Nord e dall’altro un manifesto di Papa Francesco per la sua visita in Colombia.
Da un lato l’esibizione della forza che potrebbe provocare distruzioni e catastrofi e dall’altra la forza inerme di questo Papa che non ha paura di recarsi in un paese dove, fino all’altro ieri, era in atto una guerra civile. Da un lato la forza che rappresenta il male, dall’altra una foto piena di tenerezza, alla quale siamo abituati, di Papa Francesco che abbraccia un bambino, e in fianco la scritta: “Non si può vivere senza perdonarsi, soprattutto in famiglia”.
La guerra e la pace: da sempre si affrontano nella storia dell’umanità, a partire dai rapporti più semplici e quotidiani, per allargarsi agli stati e ai paesi.
Papa Francesco, messaggero di pace e di riconciliazione, invita tutti alla preghiera e a gesti di riconciliazione, a cominciare da casa nostra.

Don Gino Cicutto

PROPOSTE PER I GIOVANI
Comunichiamo per tempo alcune proposte per i giovani in modo da tenersi liberi nelle date fissate.
PERCORSO PER I GIOVANI DI 5A SUPERIORE E DEL PRIMO ANNO DI UNIVERSITÀ
Domenica 17 settembre: ritrovo per la Messa delle 9.30 a s. Nicolò, partenza per Portobuffolè e incontro con don Giorgio Maschio sul tema: “Cristo è interessante?”
Pranzo al sacco
PROPOSTA RIVOLTA AI GIOVANI UNIVERSITARI E LAVORATORI, FIDANZATI O MENO, SPOSATI O SULLA VIA DEL MATRIMONIO
Sabato 16 settembre, ore 10.00 partenza dalla chiesa di s. Nicolò e incontro con le monache del Monastero di Attimis (Udine)
Pranzo al sacco – Cena a Mira, alla Festa di fine estate organizzata dagli scout.
E’ necessario dare l’adesione a don Mauro entro il 6 settembre. Si tratta di due proposte differenziate e serie che speriamo possano incontrare l’interesse dei giovani di s. Nicolò e s. Marco.

Da “COMUNITA’ PARROCCHIALE” – 1° OTTOBRE 2017

Da “COMUNITA’ PARROCCHIALE” – 1° OTTOBRE 2017
settimanale della parrocchia della Santissima Trinità del Terraglio

Don Angelo, il parroco, nel suo editoriale si pone una domanda che in verità tormenta tutti coloro che hanno a cuore le sorti della fede e della Chiesa, ossia “C’è un futuro per il cristianesimo?” ed ancora “C’è un futuro per la Chiesa cattolica?”.
Il suo discorso, come tutti i discorsi seri, si svolge su questi due versanti: il negativo e il positivo.

Quasi tutto l’articolo di don Angelo è occupato dal “negativo”, che consiste in un’analisi cruda, spietata e definitiva, anche se onesta da un punto di vista razionale. Pare, secondo don Angelo, che non ci sia un domani per queste realtà prese in esame. Il “positivo”, invece, è affidato alle quattro righette finali, pure esse molto fragili.

Io sono d’accordo con l’analisi di don Angelo, però sono fermamente convinto che stiamo andando verso una fede più luminosa, più sostanziale, verso una Chiesa più da Vangelo, cioè da “lievito”, da “sale” e da luce! Sono profondamente convinto che il Risorto lo incontreremo nel domani, non nel passato.
Per quel che mi riguarda tento con tutte le mie forze di far spazio a questo domani perché sono convinto che il Dio della vita lo incontreremo su questo versante della storia. Se la nostra esperienza di Dio, della Chiesa, è diventata secca, inutile e marcia, se cade, poco importa: l’importante è invece che vi siano vigneti freschi e a me pare di scorgere all’orizzonte molti di questi germogli quanto mai promettenti. Se poi vado ad analizzare la storia, la Chiesa dopo ogni batosta, per quanto grave, è risorta più bella di prima – vedi le eresie dei primi secoli, la corruzione del papato, il rinascimento, lo scisma protestante, la rivoluzione francese, la rivoluzione russa, quella del Messico e le ricorrenti persecuzioni anche dei nostri giorni, e ancora l’illuminismo, la massoneria, il liberalismo del risorgimento.
Il nostro tipo di fede e di religiosità è certamente in crisi, ma secondo me questo è soprattutto il segno di una fase nuova e più vera della fede e della religiosità.

 

Questo nostro tempo

C’è un futuro per il Cristianesimo? O ancor meglio: c’è un futuro per la Chiesa Cattolica? Ci possiamo consolare con la notevole presenza agli incontri con il Papa ma in realtà la verifica della vita cristiana si coglie nell’interesse quotidiano per il messaggio di Gesù Cristo. Per quanto riguarda le altre Chiese cristiane le statistiche non sono certamente allegre: si constata che nella Chiesa anglicana soltanto il cinquanta per cento circa ha qualche interesse religioso e tra questa parte di popolazione di lingua inglese ben pochi hanno una frequenza al culto.
Accenno poi al mondo protestante nei confronti del quale lo stesso Ratzinger, ottimo conoscitore del mondo tedesco, parla di una frequenza nei grandi centri cittadini del cinque per cento. Il mondo cattolico presenta ancora una forma, almeno apparente, di frequenza religiosa ma è facile constatare la caduta verticale in ogni settore: i matrimoni religiosi sono sempre più rari, la partecipazione alla Messa domenicale vede persone sempre più anziane che, a causa del prolungamento della vita, assicurano ancora una andamento statistico apparentemente soddisfacente, ma i vuoti di giovani e talora anche di ragazzi delle elementari e delle medie sono sempre più evidenti.
Tengono in buona parte i funerali perché assolvono ancora nella ritualità liturgica anche una funzione sociale di aggregazione nel momento del dolore della parentela, delle amicizie e delle conoscenze. Il Veneto, tradizionalmente «religioso, appare sempre più interessato ai propri affari e ai propri interessi finanziari e sempre meno attento alla formazione alla fede dei figli. Anche dalle nostre parti esiste un fenomeno per molto tempo sconosciuto: famiglie che con scelta molto decisa non fanno battezzare i figli e conseguentemente non li fanno partecipare alla catechesi parrocchiale. Non parliamo poi dell’abbandono massiccio del dopo cresima che rivela come la partecipazione ai sacramenti della iniziazione cristiana siano tenuti in vita ancora da una tradizione abbastanza formale. La fede non ci permette alcuna sbavatura in merito alla disperazione poiché la grazia di Dio agisce nella storia umana in modo del tutto imprevisto, ma ai nostri occhi umani la situazione non appare allegra e tanto meno chiara.
La Chiesa, che abbiamo conosciuto fin da giovani, godeva di una solida struttura assicurata da un’abbondanza di preti che dedicavano, pur con diversi difetti, l’intera vita a servizio del popolo di Dio. Ma adesso i preti sono sempre meno e conseguentemente assistiamo con grande tristezza al raggruppamento delle parrocchie per cui viene meno quel rapporto umano che assicurava una conoscenza nell’ambito del quartiere o del paese che costituiva la base anche del ritrovarsi in chiesa come cristiani. Ci sarà un futuro per la professione di fede cattolica? Ragionando con parametri umani dobbiamo dire che ci muoviamo in un orizzonte molto buio.
Ne sarà prova il fatto che la scomparsa delle persone anziane porterà allo scoperto il grande vuoto nella partecipazione alla vita liturgica. Tutto negativo? E’ molto probabile che il venir meno delle forme solleciti uomini e donne a riflettere più attentamente sul destino sia dell’umanità che delle singole persone che appaiono sulla scena di questo mondo.
Proprio la scadenza dei 500 anni della proposta luterana con le famose 95 tesi di Wittemberg ci induce a ripensare a tutta la nostra organizzazione e a tornare fiduciosi all’ascolto della Parola che dona senso alla vita fino a farla divenire vita eterna. Se poi a questa constatazione aggiungiamo gli scandali nella Chiesa a base di sesso e di affari economici allora la situazione appare ancor più nera e non rimane che invocare l’aiuto massiccio dello Spirito Santo che ci liberi da tanta valanga.
Mi sembra che chi tiene la barra di questa barca in tempesta sia Papa Francesco, che proprio per le scelte profondamente evangeliche è divenuto bersaglio di attacchi dall’esterno, attacchi ovvii, e dall’interno della Chiesa, attacchi ben poco ovvii. Francesco, l’aiuto di Dio continui a darti forza e coraggio; sappi che noi preghiamo per te e tifiamo per te.

don Angelo Favero

Da “SAN NICOLO’ E SAN MARCO” – 1° ottobre 2017

Da “SAN NICOLO’ E SAN MARCO” – 1° ottobre 2017
settimanale delle relative parrocchie di Mira

Una volta ancora segnalo la rubrica “Gli appunti di don Gino”, rubrica tenuta dal parroco, che si trova in ogni numero del periodico. Gli interventi di questo parroco si leggono sempre volentieri perché sono scritti in modo scorrevole e perché trattano con molta saggezza problemi di viva attualità alla luce del sentire cristiano.

Segnalo anche una rubrica, pure settimanale, che riporta un intervento di Papa Francesco su argomenti diversi. Questa settimana c’è il commento al brano evangelico di domenica 24 settembre tenuto all’Angelus in piazza san Pietro. I giornali e la televisione riportano spesso il pensiero del Papa, ma lo fanno in maniera sommaria e sottolineando solamente i passaggi che fanno più colpo sull’opinione pubblica, mentre ritengo che sia più utile che i fedeli conoscano direttamente ed in maniera più completa la parola del Santo Padre nel foglietto parrocchiale.

 

LA PAROLA DEL PAPA

Nell’odierna pagina evangelica (cfr Mt 20,1-16) troviamo la parabola dei lavoratori chiamati a giornata, che Gesù rac­conta per comunicare due aspetti del Regno di Dio: il pri­mo, che Dio vuole chiamare tutti a lavorare per il suo Re­gno; il secondo, che alla fine vuole dare a tutti la stessa ricompensa, cioè la salvezza, la vita eterna. Il padrone di una vigna, che rappresenta Dio, esce all’alba e ingaggia un gruppo di lavoratori, concordando con loro il salario di un denaro per la giornata: era un salario giusto. Poi esce anche nelle ore successive – cinque volte, in quel giorno, esce – fino al tardo pomeriggio, per assumere altri operai che vede disoccupati.
Al termine della giornata, il padrone ordina che sia dato un denaro a tutti, anche a quelli che avevano lavorato poche ore. Naturalmente, gli operai assunti per primi si lamentano, perché si vedono pagati allo stesso modo di quelli che hanno lavorato di me­no. Il padrone, però, ricorda loro che hanno ricevuto quello che era stato pattuito; se poi Lui vuole essere generoso con gli altri, loro non devono essere invidiosi. In realtà, questa “ingiustizia” del padrone serve a provoca­re, in chi ascolta la parabola, un salto di livello, perché qui Gesù non vuole parlare del problema del lavoro o del giu­sto salario, ma del Regno di Dio!
E il messaggio è questo: ne! Regno di Dio non ci sono disoccupati, tutti sono chia­mati a fare la loro parte; e per tutti alla fine ci sarà il com­penso che viene dalla giustizia divina – non umana, per nostra fortuna! -, cioè la salvezza che Gesù Cristo ci ha acquistato con la sua morte e risurrezione. Una salvezza che non è meritata, ma donata – la salvezza è gratuita -, per cui «gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi».
Con questa parabola, Gesù vuole aprire i nostri cuori alla logica dell’amore del Padre, che è gratuito e generoso. Si tratta di lasciarsi stupire e affascinare dai «pensieri» e dalle «vie» di Dio che, come ricorda il profeta Isaia, non sono i nostri pensieri e non sono le nostre vie. I pensieri umani sono spesso segnati da egoismi e tornaconti personali, e i nostri angusti e tortuosi sentieri non sono paragonabili alle ampie e rette strade del Signore.
Egli usa misericordia -non dimenticare questo: Egli usa misericordia -, perdona largamente, è pieno di generosità e di bontà che riversa su ciascuno di noi, apre a tutti i territori sconfinati del suo amo­re e della sua grazia, che soli possono dare al cuore uma­no la pienezza della gioia. Dio che non esclude nessuno e vuole che ciascuno raggiunga la sua pienezza. Questo è l’amore del nostro Dio, del nostro Dio che è Padre.
(Angelus 24 settembre 2017)

Appunti… di don Gino

BAMBINI
Papa Francesco ha concluso il suo viaggio in Colombia con un occhio nero. Scherzando ha detto ai giornalisti: “Qualcuno mi ha dato un pugno, ma sto bene”.
In verità ha sbattuto contro il vetro della papamobile mentre si sporgeva per salutare la folla.
Ma, nel viaggio di ritorno, nel consueto dialogo con i giornalisti, ha voluto dare una bella testimonianza di questo viaggio pieno di gesti di fede e di riconciliazione.
“Quello che più mi ha colpito è che i papà, le mamme alzavano i loro bambini per farli vedere al Papa e perché il Papa desse loro la benedizione. Come dicendo: “Questo è il mio tesoro, questa la mia speranza, questo il mio futuro, io ci credo. Bellissimo, bellissimo!
Questo è un simbolo, simbolo di speranza di futuro. Un popolo che è capace di fare bambini e poi mostrarli, come dicendo “Questo è il mio tesoro” è un popolo che ha speranza e futuro. E’ una testimonianza bella e commovente. Il nostro paese si avvia a diventare un paese di vecchi, forse perché stiamo perdendo la convinzione che la via sia il tesoro più bello?

UN AVVIO FATICOSO
Abbiamo completato anche quest’anno le iscrizioni alla catechesi con numeri notevoli che ci costringono ad una grande fatica per organizzare i diversi gruppi, trovando i catechisti e gli orari idonei con gli spazi che abbiamo a disposizione. Ma la partecipazione delle famiglie e dei ragazzi alla Messa della Domenica, giorno del Signore, rimane piuttosto deludente. E’ una grande amarezza. Diciamo in tutte le occasioni che l’Eucaristia è il centro della vita cristiana ed è il primo catechismo, ma troviamo una “sordità” che ci preoccupa e ci amareggia.
Talvolta c’è in noi un senso di delusione che potrebbe toglierci la gioia in quello che facciamo per i nostri ragazzi e per le nostre famiglie. Eppure ci impegniamo con tutte le nostre forze per donare il meglio; per rendere l’Eucaristia della Domenica un momento bello, sereno e gioioso, ma troviamo su questa strada degli ostacoli che sembrano insuperabili: la pigrizia, la superficialità, lo sport, i centri commerciali, la gita domenicale e mille altre diavolerie. Non ci resta che affermare con forza e convinzione l’importanza dell’Eucaristia nel cammino della formazione cristiana e pregare il buon Dio che ci dia una mano.

LA DROGA DELLA PAURA
Ci sono un’infinità di spacciatori della “droga della paura” verso lo straniero, il diverso, il povero. Ma nessuno dà la caccia a questi spacciatori, anzi sembra conquistino sempre più terreno. La proposta di integrare chi vive nel nostro Paese da tanto tempo, ha un lavoro e una casa, ha figli nati nel nostro territorio, parla la nostra lingua, è rispettoso delle nostre leggi, sta incontrando difficoltà insormontabili per cui l’accoglienza e l’integrazione sembrano la peggiore disgrazia che ci possa capitare. Ed è invece l’unico modo perché ognuno conosca ed usufruisca di diritti e di doveri. Calcoli politici legati alle prossime elezioni stanno facendo affossare una proposta di integrazione seria e ragionevole che, con le dovute garanzie, potrebbe sconfiggere gli spacciatori di paure e di sospetti irragionevoli.

Don Gino Cicutto

Da “Comunità Parrocchiale SS. TRINITA’” del Villaggio Sartori

Da “Comunità Parrocchiale SS. TRINITA’”
del Villaggio Sartori 15 ottobre 2017

Dei problemi della Catalogna ne hanno parlato tutti, tanto che anche il cittadino meno interessato a queste vicende ne è sufficientemente informato. Comunque consiglio caldamente di leggere “il fondo” del parroco, don Angelo, che inquadra il problema dalle varie angolature – sociologiche, bibliche, spirituali e religiose – per capire in maniera più esaustiva le ragioni di questo problema.
Questo foglio parrocchiale poi è quasi sempre arricchito dal contributo di personalità competenti ed intellettualmente qualificate. Vi consiglio quindi di leggere pure l’intervento di Graziano Duso sul dialogo tra cristiani, non solo alla base ma anche ai vertici della Chiesa.
Credo che valga la pena infine di conoscere il pensiero del lettore Carraro sul problema della cittadinanza da concedere ai ragazzi extracomunitari nati in Italia.

 

QUESTO NOSTRO TEMPO

All’Europa mancava anche la grana della Catalogna. E non sappiamo come l’intera faccenda andrà a finire: la proclamazione di indipendenza spezza una nazione quale la Spagna, lanciata verso uno sviluppo finora sconosciuto dopo l’uscita dal periodo buio del franchismo. L’impedimento della indipendenza può produrre una situazione di grande malumore in tutta la nazione spagnola e di perenne sabotaggio strisciante.
E’ chiaro che ci scontriamo con una delle tante contraddizioni in cui siamo impigliati: per un verso ci sono uno sforzo ed uno slancio per costruire l’Europa come una grande nazione articolata al suo interno nelle varie autonomie locali, per altro verso i vari Stati si spezzano al loro interno nella affermazione della propria autonomia indipendentista.
E’ capitato questo sfilacciamento con la vecchia Iugoslavia, è capitato con la Cecoslovacchia, stava per capitare con la Scozia. Ed ora è in ballo la Catalogna. Rimane vero che l’uomo, l’umanità intera, vive perennemente nella contraddizione proprio come Ovidio nelle Metamorfosi nel primo secolo avanti Cristo descriveva così: “Video meliora proboque, deteriora sequor”. La lucidità razionale prende atto delle contraddizioni in cui quotidianamente ci imbattiamo e questo ci dovrebbe condurre al superamento.
Ma è così? Purtroppo dobbiamo fare i conti con una contraddizione fondamentale nella nostra vita: ci troviamo a vivere come un progetto, siamo gettati in avanti e tutto il lavoro della vita consiste nella costruzione delle nostre persone attraverso l’incontro e lo scontro del dialogo con l’altro, cresciamo, ci sviluppiamo ed inevitabilmente corriamo verso la conclusione, verso la morte che in concreto distrugge il progetto, anche se per i credenti si tratta di un passaggio alla vita eterna. Siamo impigliati nella contraddizione strutturale, di cui anche s. Paolo parla nella lettera ai Romani e con linguaggio teologico dal quarto secolo con s. Agostino siamo abituati a chiamare “peccato originale”.
E’ la dissociazione reale che ci attanaglia e ci costituisce: vogliamo la pace, tutti gli uomini vogliono la pace, nessuno escluso, in modo decisamente convinto e nel contempo facciamo la guerra. In Europa stiamo tentando faticosamente di costruire l’unità ed invece in varie parti appaiono divisioni e contrapposizioni.
Il caso eclatante in questo momento è il dissidio aperto tra la Spagna e la Catalogna, ma basterebbe pensare ai problemi posti dall’immigrazione sia dall’Est che dall’Africa ove ciascun Stato si autodifende, anche con modalità ridicole e con sbarramenti vari, rendendo impossibile qualsiasi forma di accoglienza.
Serietà vorrebbe che tutti i ventisette Stati dell’Unione Europea assumessero la responsabilità in toto dell’immigrazione e decidessero in concreto regole per sapere chi accogliere e chi rifiutare, chi integrare e chi respingere.
Un richiamo andrebbe comunque fatto per precisare l’identità europea; questa identità che stiamo sempre più abbandonando con un danno forse irreparabile; stiamo dimenticando il valore profondo delle nostre origini, della nostra civiltà: la cultura greca e latina, l’ispirazione cristiana, la spinta propulsiva dell’illuminismo.
In particolare l’abbandono massivo della fede e della religiosità cristiana dell’intera Europa rischia di togliere il respiro di quell’identità per cui da secoli era riconoscibile il volto del cittadino europeo. Oggi ci si lagna dell’invadenza del mondo islamico, ma non c’è dubbio che la miglior difesa sarebbe quella di non perdere la propria identità, il proprio patrimonio culturale, la propria ricchezza morale e religiosa.
Don Angelo Favero

Caro don Angelo,
a me lo ius soli fa paura. E’ giusto, anzi sacrosanto: chi con un po’ di cuore e con un minimo di sale in zucca potrebbe dire una cosa diversa? Eppure… Ho sentito Alfano dire ieri che una legge giusta fatta in un momento sbagliato diventa una legge sbagliata. Credo sia la prima volta che mi trovo d’accordo con lui. Con tante cose da fare, possibile che sia venuto in mente di proporla in un momento come questo? E ora che sembrava in dirittura d’arrivo – tanto che qualcuno ha addirittura proposto che per essa venisse posta la fiducia (misura che giudico quantomeno improvvida) è diventata improvvisamente ingombrante. Perché può favorire i nemici alle elezioni.
Di qui l’obiezione chiaramente interessata di Alfano. Sospetto che sia una di quelle decisioni prese dopo aver fatto i conti con il pallottoliere sugli elettori che porta e su quelli che allontana in vista delle prossime elezioni.
Nolite tradere margaritas ad porcos, ci ha insegnato l’altra domenica. E allora, al pensiero di venir preso per il naso per convincermi a decidere una legge che ha finalità diverse da quelle decantate, preferisco fermarmi. Se, poi, ci sono nostri simili che, senza alcuno scrupolo, fanno mercato delle vite dei migranti, pensa che non sfrutteranno l’occasione offerta dallo ius soli per fare mercato della cittadinanza? Non stiamo forse pagando la liberalità di certe leggi che depenalizzano alcuni reati? Fossimo uno stato forte potremmo rintuzzare facilmente queste derive, ma purtroppo proprio non lo siamo.

Simone Carraro

Caro don Angelo,
Ho l’impressione che i progressisti si suppongano talmente illuminati, intellettualmente e moralmente superiori, da non degnare i conservatori, i custodi del depositum fidei, nemmeno di un chiarimento. Il rinnovamento deve essere colto senza spiegazioni, chi le chiede non è in grado di capirlo e qualsiasi spiegazione sarebbe inutile, una perdita di tempo. Non credo che i cardinali dei famosi Dubia su Amoris Laetitia (Brandmüller, Burke, Caffarra e Meisner), di cui due morti nel frattempo, siano stati degli immorali, di intelligenza ridotta. O è forse che la rivoluzione bergogliana debba seguire talmente spedita che non si possa perdere tempo in chiarimenti, che debba raggiungere presto ad un punto di non ritorno per evitare che i successori la possano revocare. Non c’è tempo nemmeno per un incontro o per rispondere alla recente correctio filialis, firmata da 62 tra sacerdoti, teologi e altri studiosi.
Gesù non ha mai negato le spiegazioni, si è prodigato anzi a cercare quegli esempi che fossero più vicini e comprensibili agli interlocutori, compresi i farisei, favorevoli al divorzio. È stato estremamente misericordioso con i peccatori, ma ha condizionato la misericordia di Dio all’impegno di non peccare più. È stato invece Lutero, che considerava l’uomo incapace di astenersi dal peccato, a pretendere una misericordia incondizionata e a sostituire l’oggettività della situazione con il soggettivismo individuale. Cioè tutti liberi di decidere in proprio cosa sia peccato, limitatamente solo alle leggi dello stato. Addio quindi ai comandamenti, sesto e nono per primi.

Graziano Duso

Da “SEGNO DI UNITA’” – 17 settembre 2017

Da “SEGNO DI UNITA’” – 17 settembre 2017
settimanale della parrocchia di Santa Maria della pace di Bissuola

Ciò che è valido non teme il passare del tempo. Segnalo per motivi diversi due articoletti apparsi su questo periodico circa un mese fa.

Il primo potrebbe apparire perfino banale, perché segnala l’orario delle messe. Don Liviano è costretto a tre messe e per una parrocchia come la sua di 5200 anime tre messe sono pochine. Mi vengono due considerazioni: penso che tra frati e preti vecchi non dovrebbe essere troppo difficile trovare chi abbia la possibilità di celebrare almeno un’altra messa. Il secondo esprime l’auspicio che l’orario delle messe tra parrocchie contigue sia concordato per facilitare i fedeli, ma soprattutto dovrebbe essere segnalato in maniera molto evidente l’orario della celebrazione delle messe della zona, meglio ancora della città.

Il secondo articolo che segnalo è quello sui “preti scomodi”, don Milani e don Mazzolari. Ho l’impressione che i periodici parrocchiali non abbiano dato sufficiente rilievo alla visita del Papa alle tombe di questi due grandi testimoni e profeti della Chiesa di oggi che hanno offerto dei significativi orientamenti verso la Chiesa del domani.

 

GLI ORARI DELLE SS. MESSE FESTIVE

Come si vede dalla seconda domenica di ottobre e fino a nuovo avviso, viene sospesa la s. messa delle 8.00.
Don Liviano è arrivato a questa decisione, confortato dai suggerimenti emersi nell’ultima riunione con i catechisti, alla luce della situazione attuale: don Liviano è praticamente solo, pur contando sull’apporto dei sacerdoti dell’Istituto “Berna” che non garantisce una presenza costante, e sull’apporto sempre più limitato di don Antonio che finora ha prestato un servizio per il quale non lo potremo ringraziare mai abbastanza, ma che ormai sente sempre più i limiti dell’età. D’altra parte non è parso conveniente continuare con un’unica celebrazione che veda riuniti ragazzi e adulti; un conto è d’estate quando l’affluenza alla s. messa è limitata, un altro è durante l’anno catechistico quando la presenza dei ragazzini è più consistente. Don Liviano sarebbe costretto a fare un’omelia adatta a loro penalizzando gli adulti, che hanno bisogno di sentire una parola più adatta alle loro esigenze. Le cose potrebbero cambiare, non poniamo limiti alla Provvidenza, e allora si potrebbe recuperare quell’orario delle ore 8.00. Per ora la situazione è questa.
Questo ci deve spingere a pregare lo Spirito ancora una volta perché dia sostegno a don Liviano e chissà che un aiuto insperato non giunga da qualche parte.

DUE PRETI SCOMODI DON MILANI E DON MAZZOLARI

Il 20 giugno di quest’anno, papa Francesco si è recato a Bozzolo (Mantova) per pregare sulle tombe di don Primo Mazzolari e don Lorenzo Milani, Il 23 aprile, prima dell’annuncio del viaggio aveva mandato il card. Bassetti a Bozzolo a celebrare una messa e posare a suo nome una rosa d’argento sulla tomba di don Primo.
Dopo un mese il card. Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia, è stato nominato nuovo Presidente della Conferenza Episcopale Italiana.
Il neo Presidente della CEI si è formato nella Firenze di Della Costa, La Pira e Don Milani. Ha già compiuto 75 anni, l’età della pensione per i vescovi, ma il Papa lo ha prorogato senza scadenze.
Le parole di papa Francesco pronunciate in occasione di quella visita, hanno indotto Bassetti a scrivere l’articolo che ci sembra opportuno proporlo oggi, all’inizio dell’anno catechistico, poiché questi due preti sono stati due grandi educatori. Non serve aggiungere altro. Buona lettura.

“Il Papa parla anche attraverso i segni e vuole indicare ai sacerdoti e ai vescovi di oggi due modelli di “Chiesa in uscita”, due pastori che “hanno l’odore delle pecore”, capaci di cogliere i segni dei tempi e sempre dalla parte dei dimenticati, degli ultimi. Le più belle pagine della Chiesa sono state scritte da anime inquiete, diceva don Mazzolari. Vale anche per don Milani. Erano diversi ma entrambi profetici, lontani dalle etichette cui si tenta talvolta di ridurli. A don Milani, per esempio, hanno cucito addosso dei vestiti che non erano suoi. È una personalità complessa, difficile da afferrare perché aveva un pensiero fermo nei principi ma in costante evoluzione. L’hanno definito ribelle, disobbediente alla sua Chiesa, il prete rosso. Ma lui, come don Mazzolari, è sempre stato fedele alla sua Chiesa, anche nei momenti più difficili. Parlava chiaro e non era tenero con nessuna parte. La verità era quella e la diceva. Già nelle esperienze pastorali, del ’54, accusava i comunisti di tradimento nei confronti dei poveri: nelle case del popolo date giochi e valigette borghesi! Li invitava a trasformarle in scuole, piuttosto. Talvolta è destino dei profeti il non essere compresi. Dava fastidio la sua scelta radicale per i poveri, la scuola, il suo lottare contro le ingiustizie. Ragazzi sfruttati, in fabbrica per sedici ore con salari minimi. Aveva capito che i ricchi possono scegliere quello che vogliono ma per i poveri c’è solo un destino bieco. E il Vangelo lo portava a stare dalla parte degli ultimi, i dimenticati, non perché fosse un sociologo né tanto meno un marxista, ma perché era un prete. Un prete fino in fondo. In una lettera del 25 febbraio 1952 scriveva che l’ingiustizia sociale non è cattiva anzitutto perché danneggia i poveri ma perché è peccato, offende Dio e ritarda il suo regno. Anche la cultura diventava per lui uno strumento per evangelizzare i poveri. La scuola per i poveri, gli operai, i contadini, divenne il mezzo di questa sua catechesi: crescere i giovani per farne uomini più liberi, più giusti e in fondo più cristiani.

(card. Gualtiero Bassetti, presidente della CEI)

Da “L’ALVEARE” – 1 ottobre 2017

Da “L’ALVEARE” – 1 ottobre 2017
settimanale della parrocchia di San Pietro Orseolo di Trivignano

Il foglio riporta un lungo commento al Vangelo della domenica, alcuni appuntamenti tra quelli più normali di ogni parrocchia, l’informazione che l’ufficio parrocchiale è aperto ogni mercoledì dalle 9 alle 11 e l’articolo che riporto nel quale si invitano i genitori ad impegnarsi perché i loro figli frequentino ogni settimana la messa e il catechismo.

Anche in questa parrocchia si chiede un contributo per l’uso delle stanze e il materiale didattico: 25 euro per un figlio, 20 se sono due, 15 se più di tre.

 

Un nuovo anno di catechesi

Carissimi genitori,
la prima parola che intendo rivolgervi è “grazie”. Un grande grazie in anticipo, per la scelta che compirete nei prossimi giorni di iscrivere vostro figlio/a alla catechesi parrocchiale.
Il gesto che compite non è solo un banale atto “burocratico”, a mio avviso invece ha una grande valenza. Per comprendere questo gesto credo sia necessario partire da una domanda fondamentale: “di che cosa ha bisogno mio/a figlio/a per crescere e vivere bene? Ha bisogno di essere nutrito innanzitutto, perché per vivere bisogna mangiare! Per questo ogni giorno date loro un cibo sano, buono, gustoso, condito anche con il vostro amore. Deve crescere sano e robusto, forte e… per questo c’è la palestra, lo sport, le passeggiate, le settimane bianche, il mare e la montagna. Tutte queste cose sono necessarie, ma sono sufficienti? I vostri figli non hanno solo bisogni fisici e psicologici, culturali, ma anche spirituali.
Essi sono figli vostri, ma insieme e prima ancora sono figli di Dio. È Lui che li ha creati, voi misteriosamente siete stati suoi collaboratori.
Voi li amate moltissimo e per loro avete fatto e fate tanti sacrifici. Ma sappiamo che Dio li conosce e li ama infinitamente da sempre, che Gesù li ha amati fino a dare la vita sulla croce per la loro salvezza. Ai vostri figli non basta il nutrimento materiale, hanno bisogno di imparare a pregare, come hanno bisogno di mangiare, dì giocare, di studiare. Hanno bisogno di imparare che c’è un Dio che è Padre, che desidera per loro una vita felice. Hanno bisogno di sapere che la vita si apre al cielo. Hanno bisogno di capire che anche nelle cadute e nei fallimenti non sono mai soli perché Dio è misericordia. Il catechismo risponde a tutte queste esigenze profonde del loro cuore: al catechismo imparano a conoscere Dio come loro Creatore e Padre e i suoi comandamenti, che sono la vera legge della libertà e della vita. Imparano a conoscere Gesù loro Salvatore, la sua vita unica, con i suoi meravigliosi esempi ed insegnamenti.

Carissimi genitori,
vi chiedo di sostenere con il vostro apprezzamento l’impegno che la Comunità Parrocchiale, specialmente nella persona dei catechisti, mette per comunicare ai vostri figli la fede nel Signore, per educarli a vivere nell’amore di Dio e del prossimo. Vi chiedo, rispettosamente ma con forza di accompagnarli alla S. Messa festiva, possibilmente alle ore 9.30. Non esiste vita cristiana senza la messa, e la catechesi senza la messa è azzoppata. È una scelta faticosa quella che compite lo so bene ma rientrata in quello che avete chiesto per loro nel giorno del loro battesimo. Prego il Signore perché vi sostenga nel vostro arduo impegno e vi benedica.

don Claudio Gueraldi

Ricordo che le iscrizioni saranno domenica 1 e domenica 8 ottobre dopo la messa, in canonica. Chiedo con un po’ di apprensione di aiutarci nelle spese di riscaldamento e luce e del materiale con una quota di 25 € (20 se ci fossero due figli, 15 dal terzo figlio). Ma i soldi non devono essere un problema!!!

Da “LA VOCE DELLA RIVIERA” – 8 ottobre 2017

Da “LA VOCE DELLA RIVIERA” – 8 ottobre 2017
settimanale dell’unità pastorale delle parrocchie del Sacro Cuore di Gesù di Ca’ Sabbioni e di San Pietro in Bosco e Santa Maddalena di Oriago

Prima cosa da notare è il cambiamento della testata del periodico. Fino a poche settimane fa si chiamava “In cammino” ed ora “Voce della Riviera” perché è diventato il portavoce di queste tre comunità che vivono in riva al Brenta.
Don Cristiano, che è diventato il coordinatore di queste tre comunità cristiane, afferma che il cambiamento di nome della testata non è casuale, ma vuol indicare che il settimanale si esprimerà con una sola voce, la risultante di una polifonia di voci. Non intende quindi appiattire ed uniformare la vita e le opere di queste parrocchie, ma si impegna ad arricchire tutte e tre delle esperienze l’una dell’altra.
Mi pare che don Cristiano parta fin dall’inizio col piede giusto, anche se il raggiungimento dell’obiettivo è ancora parecchio lontano.

La Voce di tutti

Carissimi,
Ogni volta che nasce un giornale, nell’editoriale del primo numero, si spendono moltissime parole per spiegare il perché di questo arrivo, che comunemente è descritto come importantissimo, quasi epocale. Noi non vogliamo fare altrettanto. In primo luogo perché il nostro non ambisce d’esser annoverato tra le grandi e già affermate testate giornalistiche anche se, per i suoi contenuti e la sua veste grafica, può con orgoglio collocarsi nella categoria pur dignitosa dei piccoli giornali a carattere divulgativo con diffusione locale. In secondo luogo perché non riteniamo affatto epocale l’uscita di questo primo numero. Per dare, nondimeno, una breve spiegazione dei perché di questo evento vogliamo partire dal titolo: Una Voce nella Riviera.
La Voce è quella non di una sola ma di più Parrocchie: Sacro Cuore di Gesù (Ca’ Sabbioni), San Pietro in Bosco (Oriago), Santa Maria Maddalena (Oriago), intese non solo come istituzione ma come insieme di realtà, di soggetti, attività ed esperienze che nella Parrocchia nascono, crescono, si trasformano e che in un certo qual modo sono la Parrocchia stessa.
Tre Comunità chiamate ad esprimersi con Una Voce o, più correttamente, secondo l’etimologia latina dell’aggettivo unus, con Una sola Voce, come uno solo è Dio in cui crediamo, una sola è la fede che professiamo, uno solo è il Battesimo che abbiamo ricevuto. Perché questa voce non vuole essere solo un amplificatore di ciò che accade nelle nostre Parrocchie, ma anche un ponte che le unisca con tutti coloro che ne fanno parte e con tutti coloro che, per vari motivi, si collocano un po’ ai margini. Uno strumento di unità che si ripromette di accogliere ogni voce che desidera fondersi con tante altre in vista di un’unica armonia. Pertanto, non un’unica voce solista, ma una sola polifonia di voci! È pur vera che questo primo numero è stato ideato e realizzato da pochi rappresentanti delle nostre Parrocchie, ma noi speriamo, e crediamo fermamente, che per i prossimi numeri altri si aggiungeranno! Invitiamo quindi, già da adesso, tutti coloro che sono interessati, a farsi vivi e contattare l’indirizzo della nostra Redazione!
L’augurio che possa rappresentare una buona e proficua opportunità per tutti i nostri benevoli lettori, s’accompagna fin d’ora all’auspicio che quella delle nostre Parrocchie rimanga sempre Una Voce libera. Libera perché nasce dall’esperienza liberante del Vangelo di Cristo. Libera perché senza paura. Una Voce che risuona nella nostra bella Riviera ma non solo. Una Voce per la nostra società in cui l’effimero è diventato valore, in cui l’individualità domina i rapporti umani. Una Voce per aiutarci a riscoprire il nostro essere cristiani, per non affondare nel mare dell’angoscia, per camminare uniti anche quando l’oscurità sembra prevalere! Invito tutti a fare in modo che le nostre Voci, pur nella loro pluralità, s’impegnino a diventare Una sola Voce, e siano unificate nella forza che le spinge a parlare, nell’unica e sola fede in Cristo!

don Cristiano Bobbo

L’affidamento alla Vergine

Qualche giorno fa don Gianni mi ha telefonato per dirmi: “Don Armando, abbiamo scelto per il prossimo numero de L’incontro l’argomento della salute. Ora sapendo che lei ha avuto qualche seria batosta a proposito della salute, le chiedo di offrire ai lettori una sua testimonianza”.

L’argomento è stato scelto per questo numero del settimanale perché si celebra la festa della Madonna della Salute, la ricorrenza che per la pietà popolare della nostra gente è una delle più sentite. In questa occasione i concittadini sentono il bisogno di accendere una candela e dire almeno un’ave Maria nella stupenda basilica del Longhena. Adesso poi, che i veneziani sono approdati in terraferma, si sono aperte due succursali: quella della chiesa di via Torre Belfredo e quella delle Catene, ambedue molto frequentate in occasione del 21 novembre di ogni anno. Però non mi è stata chiesta una riflessione su questo evento religioso particolarmente sentito dai veneziani dell’isola e da quelli di terraferma, quanto piuttosto una testimonianza personale sulle alterne vicende che la mia salute fisica ha attraversato.

Allora non ho alcun motivo per non dichiarare pubblicamente alcuni passaggi un po’ difficili in proposito: a vent’anni ho avuto il tifo con un ricovero prolungato all’isola delle Grazie e quindi una pleurite come conseguenza dell’indebolimento per il prolungato digiuno. Una ventina di anni fa ho subito un intervento al colon per un tumore, poi venne l’asportazione della cistifellea, quindi una serie infinita di interventi per eliminare dei polipi vescicali che per anni continuavano a riprodursi. Infine ho subìto l’asportazione di un rene per un altro tumore, il tutto con i relativi cicli di chemioterapie.

Come potete vedere il mio curriculum è di tutto rispetto, nonostante ciò ho quasi novant’anni, sono abbastanza autonomo e non ho che da ringraziare il Signore perché la mia vita è stata intensa, laboriosa e nonostante tutto bella e anche felice.

La gente dice: “Quando si ha la salute si ha tutto!” Poi in realtà non si accontenta della salute, ma cerca pure il benessere, l’affermazione, la stima e altro ancora. Ma tutto questo non conta se alla salute non si accompagna la serenità interiore, la gioia dello scoprire la vita e il creato come il più bel dono di Dio, la certezza di essere in cammino verso il nuovo “giorno”. La salute fisica si rivela come un dono incompleto e talvolta anche deludente.

Lasciatemi aggiungere che spesso quella che tutti chiamano “la malattia” talora è invece una medicina portentosa per scoprire il volto più bello della nostra vita. Quando sono tornato a casa dai lunghi periodi di degenza trascorsi in ospedale, ho scoperto un mondo meraviglioso del quale prima non mi ero mai accorto: la gente più bella, la natura e le opere dell’uomo meravigliose; i fiori, le piante, le stelle, i prati, i boschi e i fiumi: quali regali stupendi che il buon Dio ci dona ogni giorno come sorpresa del suo Amore!

Per me, e lo dico serenamente, le prove fisiche sono sempre state in definitiva dei doni e non disgrazie, doni che mi hanno fatto scoprire il volto più bello della vita e che mi hanno spinto ancora a dare un po’ della mia scoperta e della mia gioia a chi ho incontrato sulla mia strada. Credo che la chiave che ci può aprire a questa scoperta, sta in quella preghiera che ci permette questa lettura positiva della vita: “Padre nostro”. Se sono convinto che Dio mi vuole un bene di padre, allora debbo essere convinto e sicuro che tutto quello che mi manda è sempre un segno di quanto mi ama e sempre a mio vantaggio. Anche se in certi frangenti confusi e tormentati tutto questo non mi è sembrato vero, dopo un po’ mi è sempre capitato di verificarlo. A qualcuno di certo verrà da chiedermi: “Allora questo anno chiederà alla Madonna della Salute qualche altra prova?” “No”; mi piacerebbe avere ancora un po’ di tempo per vedere l’ipermercato della carità e il Centro don Vecchi 7, stare ancora un poco assieme a quelle persone che mi vogliono bene e alle quali voglio tanto bene, vedere ancora la prossima primavera!

Però so che la cosa più importante, di cui ho assoluto bisogno, per “star bene veramente” è quella di fidarmi completamente del Signore, di essere certo che tutto quello che avverrà sarà comunque per il mio bene. Alla Madonna anche quest’anno chiederò: “Aiutami Vergine Santa ad avere assoluta fiducia in tuo figlio Gesù, perché io credo, però tu aumenta la mia fede!” Accompagnerò pure questa preghiera recitando un'”Ave Maria” ed accendendo un lumino come tutti i miei concittadini.

Da “UNA COMUNITA’ SULLA VIA DI SAN PAOLO” – 8 ottobre 2017

Da “UNA COMUNITA’ SULLA VIA DI SAN PAOLO” – 8 ottobre 2017
settimanale della parrocchia di San Paolo di via Stuparich

Il numero di questa settimana è molto corposo in rapporto a quelli dei settimanali parrocchiali, quasi tutti molto striminziti (la norma è il foglio A4, eccetto una o due parrocchie). Questo dell’8 ottobre contiene un lungo commento al Vangelo della domenica.

Mi pare degno di segnalazione l’articolo a firma di Silvana B.F. che parla dell’inizio dell’anno pastorale e si compiace del gruppo numeroso di ragazzi post cresima.

Degno di attenzione pure l’articolo che segnala che il corso di preparazione dei fidanzati al matrimonio che sarà unico per le cinque parrocchie dell’unità pastorale. Interessante pure il servizio pastorale sul grest. In genere i bollettini parrocchiale sono poveri di fotografie perché tutti hanno difficoltà a pubblicare foto belle.

 

INIZIO ANNO PASTORALE

Ieri 1° ottobre 2017, con la messa delle 10.00 è iniziato il nuovo anno pastorale. C’era tanta gente, oltre tutti i nostri ragazzi, i catechisti, gli animatori, ecc., ma io avrei voluto che ci fosse tutta la comunità al completo, perché vedesse come la nostra “grande famiglia”, continua a rinnovarsi e a crescere, perché è viva, lo ho provato tanta gioia, ma la cosa che mi ha veramente commossa è stata la “firma d’impegno” del gruppo delle superiori: il gruppo di Daniele ed Emanuela.
Da quarant’anni sono in questa parrocchia, ho fatto catechismo anch’io, ma non ho mai visto un gruppo così numeroso di ragazzi e ragazze “post Cresima”. E non è tutto: a loro quest’anno si sono aggiunti anche i cresimati dell’anno scorso, ragazzi che hanno deciso di continuare il cammino insieme ad amici con i quali si sta volentieri e si cresce meglio. Non è facile formare un gruppo così, ma Daniele ed Emanuela ci sono riusciti. A questo punto però, non posso fare a meno di dire un particolare grazie a don Stefano, che con la sua simpatia e il suo modo di fare, non rende mai pesante il cammino di Fede; ecco perché tanti giovani che poi ha saputo affidare alle persone giuste.
Si può dire: “Benedetto colui che viene nel nome del Signore” trattandosi di un parroco? Io l’ho sempre detto anche per i sette che lo hanno preceduto. Età diverse, mentalità diverse, carismi diversi, hanno fatto sì che la nostra comunità non “ammuffisse” mai! Oggi don Stefano è il parroco dei giovani ed è quello che impedisce ai meno giovani di invecchiare. Grazie Signore, per questo sacerdote. Con i giovani rinasce sempre la speranza: sono il nostro futuro, il sogno concreto di una vita che tende all’infinito, la garanzia di un Vento Sacro che continua a gonfiare le vele assicurando alla nostra barca di non affondare mai.

Silvana B. F.

IN PREPARAZIONE AL SACRAMENTO DEL MATRIMONIO

Una proposta unitaria viene dalle cinque parrocchie della collaborazione pastorale (ss. Gervasio e Protasio Carpenedo, s. Paolo, s. Pietro Orseolo, SS. Trinità, s. Maria del Carmelo Favorita) per la preparazione al sacramento del matrimonio. Per quest’anno viene proposto un corso unitario di dieci incontri che si svolgeranno di sabato alle ore 20.45 e che indicativamente avranno queste date: gennaio 13, 20, 27; febbraio 3, 10, 17/24; marzo 10, 17. Un solo incontro ci sarà di domenica: si tratta dell’assemblea dei fidanzati con il Patriarca nel pomeriggio del 4 Marzo.
Il corso è proposto a quanti ritengono opportuno dare un senso religioso cristiano alla loro unione sponsale per cui avrà come destinatari sia coloro che hanno già delle indicazioni di scadenza della celebrazione sia coloro che hanno una prospettiva di una scadenza non ancora precisata.
L’intento fondamentale è quello di ascoltare ed accogliere le esigenze dei partecipanti ed inscrivere il tutta nella consapevolezza offerta dalla Parola di Dio in merito al vincolo matrimoniale.
Oltre ai sacerdoti ci saranno delle coppie dì sposi che collaboreranno nella comprensione del sacramento sponsale.
Per l’iscrizione, che dovrà essere effettuata entro il 6 Gennaio 2018, ci si dovrà rivolgere al proprio parroco

GREST 2017 DUE SETTIMANE FANTASTICHE

Anche quest’anno si sono concluse le attività estive del Grest e ricomincia il nostro cammino pastorale invernale, denso di nuove opportunità da vivere assieme.
Vorrei potervi raccontare in poche parole l’esperienza che mi ha più coinvolto assieme ai ragazzi delle superiori, come animatori, anche se credo che sìa difficile poter trasmettere l’emozione, la soddisfazione, ma anche il caldo, la fatica e la responsabilità che questa attività comporta.
Diciamo allora che la fatica e il caldo si dimenticano, ma ciò che non si può dimenticare e che porteremo sempre dentro di noi è il clima che abbiamo respirato in quei giorni, fatto di risate, momenti di tenerezza e tanta allegria.

Emanuela

LARGO AI GIOVANI!!!!
Riflessione di alcuni animatori raccolte da Eleonora

Abbiamo voluto mostrare a tutta la comunità cosa si può creare di bello lavorando insieme con gioia. Gli alberi esposti in chiesa sono stati realizzati con l’aiuto di noi animatori durante il Grest di questa estate dove abbiamo voluto, con la nostra passione e il nostro impegno, far capire ai ragazzi più piccoli come ognuno con le proprie capacità e i propri talenti intrecciati con i nostri possa creare qualcosa di grande.
Questi alberi realizzati con materiale di riciclo sono solo un esempio di quello che siamo riusciti a fare insieme.
L’esempio tangibile, ma non il più importante, perché la gioia, il divertimento e la passione con cui abbiamo trascorso quei momenti saranno dei ricordi che custodiremo per sempre nei nostri cuori.
Per alcuni, oltre ad essere stato un periodo di volontariato, è stata anche un’opportunità
formativa che ha contribuito nell’attività di “alternanza scuola-lavoro”.
Grazie a tutti voi per aver permesso di realizzare un sogno e un messaggio, solo insieme, con l’aiuto di tutti si possono costruire grandi cose.

Eleonora