La Voce – Anno 1 – n° 8 – 29 novembre 2020

IL CUORE DEL VANGELO DI QUESTA DOMENICA

Comincia l’Avvento, il tempo nel quale la chiesa, in nome del Signore, ci invita a voltare pagina per affidare alla misericordia di Dio il nostro passato e per chiedere con fiducia ed entusiasmo i giorni nuovi che Egli vorrà donarci.

BREVI RIFLESSIONI DI UN PRETE ULTRANOVANTENNE

La foto della fede e quella della tomba

Caro concittadino, la fede e la preghiera rendono più vivo, più vero e più bello il volto del tuo caro che oggi sei venuto ad incontrare in questo camposanto.
La foto che c’è sulla tomba non riproduce più l’immagine di lui che è viva e presente nel tuo cuore, è la fotografia di uno che non c’è più mentre tu hai bisogno di un ricordo reale.
Prima di andare a pregare sulla tua tomba entra in chiesa e la fede te lo renderà vivo e presente. Solo la fede e la preghiera rendono reale il tuo incontro e gioverà a lui e a te.
La nostra cara Chiesa ti offrirà il dono di un incontro che scalderà il tuo cuore e manterrà reale il rapporto con la persona amata.

”La voce” o “La mia voce”

E’ stato uno dei miei vecchi scout a suggerirmi il nome per questa nuova Testata. In verità, mi ha invitato ad aggiungere a “La voce”, l’aggettivo possessivo “mia”, ma a me è parso un po’ troppo, visto che ho appena pubblicizzato il volume “Le mie esperienze pastorali 1954-2020”.
In ogni caso, per quel poco fiato che ho ancora, la “voce” parlerà sempre in maniera “libera e fedele” come quella del mio “padre spirituale” don Primo Mazzolari.
E’ mia intenzione di spendere questa voce per seminare coraggio, speranza, fiducia nel domani, spirito di sacrificio, coerenza, amore per Iddio e la Chiesa.
Ho la sensazione che oggi la comunità dei credenti abbia bisogno anche di povere voci, come la mia, per riconfermare le grandi e vecchie verità, per promuovere la ricerca di nuove strade in modo da offrire agli uomini del nostro tempo il grande dono del messaggio di Cristo.
Io, confesso, sono a farlo comunque, come l’ho fatto per tutta la vita.

I posti disponibili nella nostra chiesa

La chiesa del cimitero dispone di 210 sedie e, nei corridoi, può ospitare un’altra trentina di fedeli in piedi. In questo momento, a causa del virus, i posti disponibili sono solamente 110 ed è un po’ difficile vedere se sono liberi. Di conseguenza, sarebbe opportuno che chi entra per primo in chiesa occupasse fin da subito i posti più vicini all’altare in maniera che per chi arriva un po’ più tardi sia più semplice individuare quelli ancora disponibili.

La Voce – Anno 1 – n° 7 – 22 novembre 2020

IL CUORE DEL VANGELO DI QUESTA DOMENICA

Questo è il “codice di Dio”, codice sul quale saremo giudicati: avevo fame, ho avuto sete, ero un migrante, non avevo di che vestirmi, sono stato in carcere e tu cosa hai fatto per me? La prova dell’autenticità della fede è soltanto la solidarietà!

BREVI RIFLESSIONI DI UN PRETE ULTRANOVANTENNE

Il domani col volto di donna

Su “Il Gazzettino” del 13 ottobre ho letto che il nostro Patriarca ha finalmente inserito una donna ad un certo livello dell’organico della Curia. Una splendida notizia, a mio avviso!
Qualche giorno dopo ne ho letta una ancora più bella: il Papa ha fatto la stessa cosa nell’organico dei dicasteri del Vaticano.
Papa Bergoglio, che non cessa di sorprenderci spalancando ogni giorno di più le porte della Chiesa perché il domani entri bene accolto da noi discepoli del Risorto, ha aggiunto che la Chiesa è decisa a valorizzare sempre di più il ruolo della donna.
Personalmente ritengo che questo cambiamento sia avvenuto molto tardi e soprattutto “troppo poco”!
Da sempre ho sognato e desiderato che la Chiesa sia la prima a captare il luogo e il tempo nel quale il Signore fa nascere il domani, mentre continuo a constatare, con rammarico, che ciò avviene troppo tardi! Del “troppo tardi” non vale la pena parlare perché “acqua passata non macina più”, mentre del “troppo poco” sono convinto che sia giusto e doveroso parlare a voce alta.
Ogni membro della chiesa, della quale fortunatamente anche io faccio parte, pur con cautela, rispetto e pazienza è tenuto a esprimere la propria opinione affinché la Chiesa cammini sempre più al passo con i tempi nuovi.
Sono convinto che la società civile abbia compiuto più di qualche passo avanti per quanto concerne il ruolo dell’emancipazione della donna.
Alcune manifestazioni femministe, quasi sempre scomposte e volgari, sono comunque degne di nota, perché sono state espressione di un malessere e di un’ingiustizia, purtroppo atavica, ma comunque sono state un campanello dall’allarme sulla necessità di un doveroso cambiamento.
Credo che avvertiremo un po’ tutti con piacere questa crescita comprovata anche dalle molte forme di emancipazione che ogni giorno s’impongono alla nostra attenzione.
Sui mass media le donne hanno occupato brillantemente la scena e fanno una gran bella figura: sciolte, preparate, disinvolte, brillanti e anche piacevoli!
Mi auguro che questa tendenza si manifesti rapidamente anche nella Chiesa in modo che non ci siano solo suore impegnate negli asili e nei ricoveri!
Una ventina di anni fa ho auspicato che il ministero sacerdotale potesse essere esercitato non soltanto da uomini vedovi o sposati ma anche da donne nubili, sposate o vedove a patto che fossero creature ricche di fede e di amore per il prossimo.
Attualmente, data la scarsità di vocazioni al sacerdozio, si sta raschiando il fondo del barile per raccogliere quel poco che resta, ma nel mare grande della Chiesa penso che si possa trovare ancora una folla di persone disposte a dare voce e presenza affinché Cristo parli e salvi anche gli uomini del nostro tempo.
Papa Luciani nei suoi pochi giorni di pontificato ha affermato che Dio è Padre ma è anche Madre. Mi pare che così debba essere anche per gli uomini e le donne, perché siamo tutti fatti a immagine e somiglianza di Dio.

La Voce – Anno 1 – n° 6 – 15 novembre 2020

IL CUORE DEL VANGELO DI QUESTA DOMENICA

Ad ogni uomo, al quale Dio dona la vita, dà un compito per il bene della comunità e le risorse per realizzarlo. Tu benefici del dono di tanti altri, ma ti viene chiesto di ricambiarlo!

BREVI RIFLESSIONI DI UN PRETE ULTRANOVANTENNE

Non ricordare i nostri defunti e una grave colpa e una grande perdita

Ho la sensazione che il “culto dei defunti” come tanti altri valori umani si stia affievolendo nella sensibilità degli uomini del nostro tempo, sempre più attratti dal fatuo, dall’inconsistente e dall’effimero propagandati in maniera ossessiva dai mass-media.
Nella preghiera della sera, dovremmo dedicare sempre un pensiero alle persone che ci hanno dato molto e dovremmo dedicare loro, almeno tre volte all’anno, una santa messa: il giorno della morte, del compleanno e del loro onomastico.
Il culto dei morti è una componente essenziale in ogni società che fonda la vita sui valori più alti, più nobili e più fecondi.

Tappi di plastica per l’AVAPO

Più volte ho scritto che l’AVAPO (l’Ospedale – casa per i malati di tumore) è di certo uno dei fiori all’occhiello della nostra città.
Ora aggiungo che tra l’AVAPO, i Centri Don Vecchi e il “Polo Alimentare” c’è un collegamento e una fraterna collaborazione, che ha dato vita all’iniziativa di collocare nello spazio antistante l’ingresso della chiesa del cimitero un recipiente nel quale i concittadini possono mettere i tappi di plastica, un modo per finanziare questa associazione benefica che, come tutte le opere di bene, è sempre a corto di soldi.
Stiamo ottenendo un ottimo riscontro, perché il suddetto contenitore si riempie di tappi più volte alla settimana.
Non si ottengono triglioni di dollari, ma tutto aiuta!

L’AVAPO ricambia la gentilezza

L’AVAPO rappresenta un’autentica fucina d’iniziative di carattere benefico. Quest’anno in occasione dell’11 novembre, il giorno in cui si ricorda San Martino, il santo che tagliò a metà il suo mantello per coprire un povero infreddolito, ha promosso un gesto quanto mai simpatico, invitando i pasticcieri di Mestre e i loro clienti a regalare un “San Martino” agli ammalati che questa Associazione assiste. Inoltre, ha invitato la cittadinanza a offrire un San Martino ai 550 anziani dei Centri Don Vecchi. In questo tempo cupo nel quale la paura e la solitudine si fanno maggiormente sentire, anche un piccolo gesto di gentilezza può dare conforto ai nostri anziani.

L’offerta per le SS messe

Per disposizione di Papa Francesco l’offerta per la S. Messa è assolutamente libera. Si ricorda che ogni offerta fatta nella chiesa del cimitero, qualsiasi sia il motivo, viene interamente destinata a opere di carità.

La Voce – Anno 1 – n° 5 – 8 novembre 2020

IL CUORE DEL VANGELO DI QUESTA DOMENICA

Il frutto del silenzio è la preghiera
Il frutto della fede è l’amore
Il frutto della preghiera è la fede
Il frutto dell’amore è il servizio
Il frutto del servizio è la pace. (Madre Teresa di Calcutta)

BREVI RIFLESSIONI DI UN PRETE ULTRANOVANTENNE

Non c’è rosa senza spine

Il don Vecchi è certamente una bella realtà ma non di certo “il paradiso terrestre”, quel Paradiso che dopo lo “sbaglio” di Adamo non si trova più su questa terra. Il Centro l’avevo sognato come una comunità di amici, e dato che è stato ideato da un parroco, l’avevo pensato quasi come un convento di religiosi nel quale regna l’amore fraterno. Con mio grande dispiacere, nemmeno la metà dei residenti viene a messa e soprattutto un buon numero pensa solamente ai fatti propri, riducendo la partecipazione alla vita della nostra piccola comunità a un frettoloso “buon giorno” o “buona sera” incontrandosi nei corridoi.
Per un prete tutto questo è troppo poco!
Non mi resta che continuare e seminare la “solidarietà” con grande assiduità, sperando che prima o poi fiorisca.

Il mio Sant’Agostino e i “vicini” e i “lontani”

Io amo e ammiro quanto mai S. Agostino per la sua intelligenza, la sua umanità e la sua fede.
Conosco le sue opere e ho letto “La città di Dio” ma soprattutto “Le confessioni”, un libro che considero fondamentale per la formazione religiosa.
S. Agostino ha scritto una frase meravigliosa: “ci sono uomini che la chiesa possiede ma Dio non possiede ed altri uomini che Dio possiede, ma che la chiesa non possiede”. Ebbene mi io sono sempre più appassionato alla ricerca di questi ultimi, dei cristiani senza chiesa, come li definì Ignazio Silone, che sono presenti nella nostra società. Incontrarli mi arricchisce, purifica la mia fede, mi fa guardare con più simpatia la società, mi spinge a continuare perché, come dice Tagore “Il Signore si trova solamente quando Dio è di tutti, e non solo di pochi “eletti”.

Mille copie

Quando il tipografo mi ha chiesto quante copie doveva stampare del libro “Le mie esperienze pastorali 1954-2005” mi è parso di essere esagerato dicendogli: 500. Lui però ha insistito dicendomi che mille copie avrebbero rappresentato solamente il costo di mezza giornata di lavoro in più! E non ho saputo dirgli di no!
Ora ad un mese dall’uscita del volume, mi rimangono solamente una quindicina di copie. Va bene che il volume l’ho regalato, però mai avrei pensato che tanta gente si sarebbe interessata delle vicende religiose di un povero prete ultranovantenne!

La rete

Nel mio volume “Le mie esperienze pastorali 1954-2005”, che è stato scritto troppo velocemente e con errori di tutti i generi, m’è parso giusto e doveroso dedicare un capitolo alle mie sconfitte.
Le mie ferite sono molte e dolorose.
Ho confessato con grande amarezza di non essere riuscito a costruire, almeno finora, una rete di condivisione e collaborazione tra le comunità parrocchiali di Mestre e il “Polo solidale del Centro don Vecchi” che è di certo una bella “cattedrale della carità” ma rischia di rimanere una “cattedrale nel deserto”!

La Voce – Anno 1 – n° 4 – 1 novembre 2020

IL CUORE DEL VANGELO DI QUESTA DOMENICA

Nessuno pianga più i nostri morti
Nessuno si disperi, né rigetti così la vittoria di Cristo.
Egli infatti ha vinto la morte.
Perché dunque piangi senza motivo?
La morte è diventata un sonno. Madre Teresa di Calcutta

BREVI RIFLESSIONI DI UN PRETE ULTRANOVANTENNE

I poveri della domenica

Cari amici, lasciatemi raccontare un fatto del quale ho scritto più
volte e che si rifà ad una conversazione di quasi mezzo secolo fa
avuta col mio vecchio parroco Monsignor Vecchi, allora impegnato
a costruire grandi opere di solidarietà.
Un giorno, vedendo che avevo una qualche clientela di poveri che
venivano in canonica a ritirare il piccolo contributo che riuscivo a
donare loro mi disse: “don Armando fai bene a dar l’elemosina ai
poveri diavoli che te la vengono a chiedere, ma sappi che se costruisci
una struttura, fai un’elemosina che risolve di più il disagio
sociale e che si protrarrà per almeno 50 anni! Una piccola sorella
di Charles De Foucauld alla quale poi chiesi se era dello stesso parere
del mio parroco, mi disse con garbo ed umiltà: “Anche il piccolo
gesto che non risolve nulla è sempre un gesto di fraternità!”.
Grazie al discorso fatto con Monsignor Vecchi, sono nati i centri
per gli anziani a lui dedicati, mentre ripensando alle parole della
suora è nata la scelta di off rire due euro alla cinquantina di
derelitti che ogni domenica vengono a prendersele prima della
messa, perché “non hanno tempo” per partecipare alla funzione
religiosa!

Chi canta prega tre volte

Nella mia chiesa del camposanto c’è un gruppetto di fedeli che
partecipano al culto domenicale. Fino a qualche mese fa ad animare
la liturgia c’era la piccola “corale” Santa Cecilia degli anziani
del don Vecchi, ma la pandemia ha scompigliato anche questo
gruppetto di generosi. Fortunatamente s’è off erto di animare il
canto il professor Mario Carraro, che fi no a poco tempo fa ha
diretto una corale ben più numerosa e famosa: la corale Carpinetum.
All’organo continua a esserci il dottor Carmelo, medico ed
organista come il più famoso dottor Schweitzer e non manca mai
Mariuccia, soprano di grido, che come voce solista contribuisce
a rendere quanto mai solenni le liturgie domenicali. Ora, nel rispetto
delle distanze sociali, le 220 sedie si sono ridotte a 110,
comunque si canta ancora decentemente le lodi al Signore!

Il supermercato “Santa Marta”

Ogni volta che passo in località Arzeroni, guardo con estrema attenzione
come procede la costruzione dell’ipermercato della carità.
Mi auguro che gli operai facciano presto, tanto presto ad
ultimarlo perché l’ondata autunnale della “pandemia economica”
causata dal coronavirus è già devastante e noi non siamo ancora
totalmente attrezzati per affrontarla serenamente. Comunque,
magari a mani nude, i nostri volontari sono più che mai decisi a
fronteggiare questa crisi, con coraggio e determinazione, però
non siamo ancora pronti!

Il canto del cigno

Non una predica di parole, ma un volume che riporta fatti, imprese e scelte concrete “Le mie esperienze pastorali 1954 – 2020” condensa il messaggio di 66 anni di sacerdozio

Mesi fa, Giorgio, mio caro coinquilino del Centro don Vecchi, la struttura nella quale vivo anch’io da quindici anni una volta che sono andato in pensione per limiti di età, è morto da coronavirus. Tutta la comunità, composta di 200 anziani, è stata messa in quarantena. Sono quindi rimasto recluso nel mio piccolo alloggio di quaranta metri quadrati, per interi quindici giorni. Confesso che questa reclusione mi è costata alquanto, come sono certo che è costata a tutti.

In questi lunghi quindici giorni, mi attanagliava l’incubo per le notizie poco rassicuranti che la televisione trasmetteva da mane a sera, notizie che mi facevano toccare con mano quanto fossi indifeso e quanto fosse precaria la vita. Dall’altro canto la reclusione e l’isolamento dagli altri mi esasperavano e mi facevano desiderare, come mai mi era accaduto prima, la libertà di movimento, la possibilità di incontrare e parlare con altre persone. Non avendo poi impegni particolari di cui occuparmi, avevo la sensazione che il numero dei giorni del calendario fosse sempre lo stesso, che le ore non passassero mai, e che le lancette dell’orologio, se non ferme, girassero molto più lentamente del solito!

La paura del virus e l’impossibilità di muoversi mi facevano capire che, o per la virulenza della pandemia o per la mia tarda età, 91 anni, mi ritrovavo a vivere “tempi supplementari”, tempi che sono notoriamente molto brevi.

Da questo stato d’animo è nata l’idea: perché non tentare di fare, forse, l’ultima omelia ai miei concittadini? Perché non condensare il messaggio che ho sempre reputato la mia più grande ricchezza in tutti i miei 66 anni di sacerdozio in un discorso definitivo? Non però una predica di parole, ma un discorso di fatti, di imprese e di scelte concrete? Subito s’affacciò alla mia mente l’interrogativo: “Come?”.

Mi ha aiutato a rispondere a questa domanda una confidenza che in tempi molto lontani mi ha fatto l’onorevole Costante Degan, che era mio parrocchiano ed amico. Il quale un giorno mi disse: “Sa, don Armando, gli annunci, le parole che convincono sono quelle che hanno le gambe!” e alla mia sorpresa e stupore soggiunse “I discorsi che convincono sono quelli che hanno il respiro e il volto della testimonianza!”. Allora mi sono detto: perché prima di andarmene, non tento di fare una “predica” raccontando la mia lunga e intensa vita di prete? Perché non fare un discorso riferendo con umiltà e onestà come ho tentato di passare concretamente il messaggio di Cristo in cui ho creduto e per cui ho speso tutte le mie energie?

Da questa riflessione è nato questo volumetto: “Le mie esperienze pastorali 1954-2020”. A questo punto, però, mi si sono aggiunti altri due obbiettivi, che potevano completare questa mia decisione. Il primo: informare le nuove generazioni di cristiani e soprattutto di sacerdoti sul punto raggiunto dai cristiani e dai preti della mia età circa l’annuncio del “Regno”. Quindi passare il testimone dell’impegno pastorale della mia generazione perché altri potessero continuare l’impresa e la splendida avventura di realizzare la proposta di Cristo. Il messaggio di Gesù ha bisogno di essere sempre aggiornato e ritradotto in rapporto alla sensibilità e alla cultura che è in costante e veloce evoluzione. Ora i preti della mia età stanno terminando il loro compito, spetta ormai ad altri continuare dal punto da noi raggiunto.

L’ultimo obiettivo me l’ha offerto mio nipote don Sandro Vigani, regalandomi un suo recente volume sulla ricostruzione della chiesa di Eraclea, mio paese nativo, chiesa che fu distrutta dalla prima guerra mondiale. Il realizzatore di questa impresa è stato Monsignor Giovanni Ghezzo, che in paese tutti ritenevano un grande prete, non solo santo, ma anche colto.

Fin dalla mia infanzia avevo sempre sentito dire che, prima di morire, questo sacerdote aveva scritto una bella e significativa poesia dal titolo “Il canto del cigno” versi con i quali egli si accomiatava dalla sua gente. Finalmente ho potuto leggere questa poesia nel volume di don Sandro. Non dico che sia rimasto deluso, ma essa è scritta in maniera tanto aulica che non è proponibile per il nostro sentire. Comunque il suo titolo – “Il canto del cigno” – potrebbe essere messo a capo delle “mie esperienze pastorali 1954-2020”, perché anch’io sono giunto al momento in cui vorrei concludere cantando e lodando il Signore per la vita che mi ha donato, vita che tutto sommato è stata bella, intensa e convinta! Dono ai miei amici e alla mia gente questo “cantico”, non tessuto di note o di parole, ma di fatti concreti, sperando che sia anche per loro motivo di speranza, di incentivo e di pungolo all’impegno, a continuare, a realizzare “il Regno” annunciato da Cristo.

N.B. è possibile reperire, a titolo gratuito, questo volume presso la segreteria del Centro don Vecchi di Carpenedo o nella chiesa del cimitero di Mestre.

La Voce – Anno 1 – n° 3 – 25 ottobre 2020

IL CUORE DEL VANGELO DI QUESTA DOMENICA

Anche nel nostro tempo è opportuno e doveroso conoscere e imitare
i “santi con l’aureola”, però dobbiamo cercare di scoprire
quelli senza. Fortunatamente sono molti gli uomini e le donne
che “parlano di Dio” mediante l’onestà, il coraggio, la generosità,
l’amore della pace e della verità- Anche loro sono testimoni di Dio-

BREVI RIFLESSIONI DI UN PRETE ULTRANOVANTENNE

Le croci bianche

● La televisione in questi ultimi giorni ci ha mostrato più di una
volta un campo d’erba incolta, pieno di piccole croci bianche,
molte delle quali sghimbesce e disordinate, sotto le quali sono
sepolti i bimbi non ancora nati che le madri hanno deciso di non
dare alla luce e che oggi vorrebbero eliminare la memoria della
loro scelta quanto mai amara. La nostra società è sempre tanto
ipocrita, ma riguardo all’aborto lo è più che mai perché pretende
di chiamare con un nome quanto mai improprio un evento tragico
e triste. Guardando quel tristissimo spettacolo mi sono chiesto se
nel disegno di Dio qualcuno di quei bambini ammazzati avrebbe
potuto rappresentare per la nostra società un Francesco d’Assisi,
un Dante, un Einstein o un’altra figura di rilievo.

Il supermercato Santa Marta

● Il Signor Rivola, consigliere della Fondazione Carpinetum dei
Centri don Vecchi, ha suggerito di dedicare a Santa Marta il nuovo
ipermercato della carità. Tutti conoscono Maria e Marta, le sorelle
di Lazzaro, il resuscitato da Cristo; Maria tutta mistica, che
pendeva dalle labbra di Gesù, mentre Marta, che pur amava il
Nazzareno, era molto più concreta e con i piedi a terra quindi più
preoccupata di preparargli una buona cenetta in occasione della
visita. Io, con profonda convinzione, condivido la concretezza
di Marta perché ritengo che la fede debba tradursi sempre in
solidarietà. Confesso che anche oggi prediligo i vecchi ed attuali
discepoli di Cristo che tentano di trasformare in impegno solidale
il messaggio del Maestro, anche se so quello che Gesù disse a
Marta. Per mia fortuna, nonostante fosse un po’ gelosa, anche lei
è diventata Santa, meritandosi l’aureola! Invito quindi i cristiani
che appartengono a quest’ultima categoria a darci una mano per
portare avanti la nostra nuova impresa!

I Santi senza aureola

● Qualche giorno fa ho partecipato ad un’assemblea dei volontari
che prestano servizio al don Vecchi nel reparto degli indumenti,
un’attività particolarmente rischiosa a causa del coronavirus. Io
non mi sono assolutamente sentito di insistere affinché continuino
a svolgerla, anzi ho ribadito che ognuno doveva fare la sua
scelta in maniera assolutamente libera e responsabile. Ebbene
della sessantina dei presenti non uno s’è tirato indietro. Forse
nessuno s’accorgerà di questa generosità e di questo coraggio,
dimesso e sconosciuto, ma m’è parso che un angelo dalle grandi
ali stesse scrivendo su un block notes il nome di ognuno.

Inno alla solidarietà

La Fondazione Carpinetum si impegna quotidianamente per garantire un alloggio agli anziani in difficoltà e vorrebbe formare delle comunità solidali contando sul supporto dei residenti. Non passa giorno senza che io controlli e verifichi i progressi del cantiere dell’impresa edile Dema, che finalmente sta costruendo l’ipermercato della carità. Questa struttura, ubicata in località Arzeroni a Mestre, aiuterà in maniera moderna e adeguata i concittadini in ristrettezze economiche, offrendo loro generi alimentari. Purtroppo, a causa della pandemia, il numero di persone sulla soglia della povertà è aumentato in maniera esponenziale. Sarà altresì il segno tangibile di un modo più aggiornato e coerente di vivere il messaggio di Cristo. Il signor Edoardo Rivola, membro del consiglio di amministrazione dei Centri don Vecchi, ha proposto di chiamare la nuova realtà Santa Marta come la discepola di Gesù che non si è limitata a intrattenere il Signore con una bella conversazione, ma gli ha preparato la cena. Io sono perfettamente d’accordo con questa scelta che testimonia una fede vissuta con “i piedi per terra!”

Oggi però vorrei soffermarmi su un aspetto che credo riguardi sia tutti coloro che ambiscono a venire ad abitare in uno dei 500 alloggi dei Centri don Vecchi, sia l’opinione pubblica di Mestre. Mi preme innanzitutto fare una premessa per chiarire questo discorso: gli alloggi dei suddetti centri sono offerti gratis (sia ben chiaro una volta per tutte!) con la sola corresponsione delle utenze (i consumi effettivi di ciascun residente) e dei costi condominiali stabiliti in base alla metratura dell’alloggio. La Fondazione Carpinetum non si è mai sognata di aprire un’agenzia immobiliare che faccia concorrenza a quelle presenti in città. Il suo obiettivo è promuovere la solidarietà contando sul contributo di ogni residente in base alle sue capacità e alla sua disponibilità di tempo.

L’intento è scoraggiare il disimpegno e la tentazione di vivere sulle spalle degli altri. San Paolo, che è uno dei grandi maestri di vita cristiana, ha affermato con molta chiarezza e vigore “Chi non lavora, non mangi”, parole che io condivido fino all’ultima sillaba. Credo anche che l’impegno di dover badare ai nipoti non sia una giustificazione, perché è preciso dovere dei figli occuparsi della famiglia che hanno formato. È bene che facciano la loro strada, a meno che non ci siano situazioni di grave disagio. Devono imparare a essere autonomi senza continuare a vivere sulle spalle dei loro vecchi genitori che hanno già fatto la loro parte.

Qualcuno mi ha fatto notare che sono meno dell’8,9% i residenti del Centri don Vecchi, soprattutto 1 e 2, che offrono qualche forma di collaborazione. Se non potremo contare su questo prezioso supporto, i costi aumenteranno e non sarà più possibile offrire l’alloggio gratis come avviene oggi.

Nonostante io non abbia più alcun ruolo nella gestione dei centri, mi premurerò di suggerire al consiglio di amministrazione della Fondazione che, all’atto di presentazione della domanda, venga ribadita questa condizione. Se considerate il Don Vecchi casa vostra, perché non vi adoperate per mantenerlo “vivo”, attivo e curato? Non è possibile continuare a pensare che sarà qualcun altro a farsi carico dei tanti impegni quotidiani. Non possono essere sempre le stesse persone a rimboccarsi le maniche! Perché la vita dei nostri centri non vi riguarda?, mi chiedo amareggiato.

La Voce – Anno 1 – n° 2- Domenica 18 ottobre 2020

IL CUORE DEL VANGELO DI QUESTA DOMENICA

Il cristiano deve essere sempre corresponsabile e compartecipe alle esigenze della vita della società in cui vive dando il suo contributo in base alle sue possibilità.

BREVI RIFLESSIONI DI UN PRETE ULTRANOVANTENNE

L’ultimo amore

● L’ultimo splendido dono che il Signore mi ha fatto durante i miei 66 anni di sacerdozio è di certo il servizio religioso nella “Cattedrale tra i cipressi”, chiesa intima e bella. Liturgie domenicali sempre affollate e partecipi, catechesi pressoché quotidiane, durante le celebrazioni del “commiato cristiano”, sui principali “misteri” della nostra fede. A queste catechesi partecipa quasi sempre un numero abbastanza consistente di fedeli particolarmente disponibili nei confronti della Parola del Signore perché coinvolti dall’evento della morte, un suffragio che sempre si traduce in carità a favore dei poveri.
Amo, amo tanto la mia chiesa del cimitero, l’amo più di quanto io abbia amato quella di Eraclea, il paese in cui sono nato, quella della Madonna della Salute nella quale mi sono preparato al sacerdozio o il Duomo di San Lorenzo dove ho vissuto le prime esperienze da sacerdote e perfino più di quella di Carpenedo nella quale sono stato parroco per 35 anni. Amo di più la mia “cattedrale” perché sarà di certo il mio ultimo amore!

Don Roberto, Parroco doc

● Io ho un fratello più giovane di 20 anni che è pure lui sacerdote e parroco a Chirignago: don Roberto.
Qualche giorno fa ho letto sul suo settimanale “Proposta” questi titoli:
“Cento giovani sul Monte Grappa per l’inizio della loro vita associativa – 70 adulti in pellegrinaggio, 20 chilometri a piedi al santuario di Sesto al Reghena.
Quattro cori parrocchiali: coretto dei bambini – Corale Perosi, il coro dei giovani e il coro delle mamme.
Ripresa del catechismo: 35 gruppi di catechismo dalla seconda elementare alla terza media, con altrettante catechiste per non parlare poi dei gruppi di formazione giovanile, del centinaio di scout, della catechesi per gli adulti, delle visite alle famiglie, dei 15 gruppi d’ascolto che si riuniscono nelle loro case.
Mi vien da concludere: nonostante il coronavirus, la vita parrocchiale è ancora possibile, nonostante parecchi preti non la pensino cosi.

La serenità delle mie scelte

● Le testimonianze positive sono un dono di grandissima importanza.
Ho raccontato ancora un episodio, che pur essendo passati almeno trent’anni e più, mi sta aiutando ancora.
Eccovi il fatto: m’ero recato in un grande magazzino di indumenti gestito da un parrocchiano che sapevo gravemente ammalato di cancro. Incontrandomi egli s’accorse che ero a conoscenza del suo male e che ero sorpreso che, malgrado le sue condizioni, fosse ancora in bottega.
Mi disse allora: ”Don Armando voglio che la morte mi incontri vivo! Anche per questo voglio sognare ed impegnarmi per quanto posso, come se avessi vent’anni.
Pur essendo convinto che non ho più un organo che funzioni a dovere, voglio impiegare anche gli avanzi”

La Voce – Anno 1 – n° 1 – Domenica 11 ottobre 2020

Da questa settimana pubblichiamo i testi del nuovo settimanale di don Armando Trevisiol (91 anni!). Il foglio, composto da due facciate, è reperibile negli espositori della chiesa del cimitero di Mestre.

IL CUORE DEL VANGELO DI QUESTA DOMENICA

Dio ci invita a vivere una vita buona e felice e ci mette invece in guardia dal sciuparla per obiettivi futili, deludenti e devastanti per se stessi e per gli altri.

BREVI RIFLESSIONI DI UN PRETE ULTRANOVANTENNE

  • La scorsa domenica tutte le sedie “lecite” erano occupate e fuori dalla chiesa c’era un folto gruppo di fedeli. Ho provato però tanta nostalgia della chiesa del passato gremita come non mai.
    Mi pare di aver capito che le persone hanno bisogno di stare insieme per sentirsi sotto lo sguardo del Padre comune che è nei cieli.
  • La stampa in questo ultimo tempo non fa che parlare delle mascalzonate di monsignori e cardinali del Vaticano.
    Sono INDIGNATO e ADDOLORATO perché ho assoluto bisogno di sognare una Chiesa bella, pulita e innamorata del bene e della vita.
    Fortunatamente abbiamo Papa Francesco che fa da contrappeso in maniera splendida alla meschinità vestita di porpora.
  • Quando dall’altare guardando i fedeli, dico loro:
    “La pace sia con voi”, la mia gente mi pare così cara e così bella.
    La fede rende sempre bello il volto dei credenti.
  • Questa mattina una signora mi ha chiesto di ricordare, per il trentesimo anno di seguito, i suoi genitori. Che bello incontrare chi mantiene viva la memoria e l’affetto per i suoi cari!
  • Ogni volta che entro in sacrestia dò uno sguardo al quadro di San Francesco e ogni giorno mi pare che mi ripeta:
    “LAUDATO SII MIO SIGNORE, PER NOSTRA SORA MORTE CORPORALE!” E’ consolante pensare che la morte sia rappresentata come una cara sorella che apre la porta del cielo ad ogni creatura che ha finito il suo viaggio!
  • L’altro ieri mi ha commosso una anziana signora che durante il funerale del marito pregava con le lacrime agli occhi.
    Oggi è raro vedere le gente piangere al funerale di un proprio scomparso.
    M’è sembrato che quelle lacrime fossero una commovente dichiarazione d’ amore.

Riaprono i magazzini San Martino

Siamo lieti d’informare la cittadinanza che la Direzione dell’associazione “Vestire gli ignudi” ha deciso di riaprire i magazzini San Martino. Purtroppo, in seguito alla pandemia, la distribuzione di indumenti nuovi e usati è stata sospesa perché si temeva che la prosecuzione dell’attività potesse favorire la diffusione del virus. I cento volontari, che con grande disponibilità e spirito di sacrificio prestano la loro opera ogni giorno, erano disposti a continuare, ma la Direzione dei magazzini, per prudenza, ha ritenuto opportuno interrompere l’erogazione di questo servizio molto apprezzato dalla cittadinanza.

In questi sei lunghi mesi di chiusura la segreteria dei magazzini è stata subissata di telefonate che chiedevano di accelerare i tempi di riapertura. Finalmente lunedì 17 agosto, dalle 15:00 alle 18:00, in via dei 300 campi 6, a Carpenedo, presso il Centro don Vecchi, è ripresa la distribuzione degli indumenti naturalmente osservando tutte le prescrizioni dettate dall’autorità sanitaria.

Per tutto il periodo di sospensione, la raccolta degli abiti è continuata e alcuni negozi, che sono stati costretti a chiudere, hanno donato grandi quantità di vestiti nuovi, quindi sarà disponibile un’ampia gamma di articoli.

Come avveniva in passato, la distribuzione degli indumenti è gratuita e la modestissima offerta che viene chiesta va a coprire i soli costi di gestione, che sono piuttosto ingenti.

Colgo l’occasione per ringraziare tutti i volontari e per esortare i cittadini che dovessero trovarsi in difficoltà a cogliere questa provvidenziale occasione. Dopo la chiusura di quindici giorni per ferie, riaprirà i battenti anche il magazzino dei mobili e dell’arredo casa. Dal momento che forniscono beni di prima necessità, i magazzini dei generi alimentari e della frutta e verdura hanno continuato a essere operativi, nonostante le restrizioni e i rischi, anche durante la pandemia.

Proprio in virtù della continuità che è stata garantita finora, ci permettiamo di rivolgere un accorato appello a tutti i negozi e supermercati cittadini affinché continuino a mettere a disposizione dei poveri le eccedenze o la merce in scadenza. Nel contempo, esortiamo i cittadini di buona volontà a offrirsi come volontari. Per qualsiasi informazione potete contattarmi direttamente.

I militi ignoti

Sto purtroppo constatando che il mio ultimo volume – “Le mie esperienze pastorali 1954-2020” – ha provocato tanti “militi ignoti” quanti ne ha provocati la prima guerra mondiale! Durante la reclusione della quarantena per la pandemia, è nato, forse troppo in fretta, il volume con il quale ho voluto raccontare, ai miei amici, fedeli, collaboratori e concittadini, le vicende dei miei 66 anni di sacerdozio. Già allora avevo temuto di correre il rischio di dimenticare qualche nome di persone coinvolte nelle mie imprese pastorali, infatti ho anche ufficialmente chiesto scusa per eventuali dimenticanze. Lo potete costatare anche a pagina 102 del volume! Però, ora non passa giorno che mi dica: come ho fatto a dimenticare quella persona che ha dedicato tempo e fatica per dare consistenza ai miei sogni a i miei progetti? Ora che le mille copie del volume stanno già circolando, sto scoprendo ogni giorno “vittime insigni”: persone che hanno collaborato in maniera determinante in quella che è stata per me una bella e intensa storia e che io non ho citato nel mio scritto. Ora sto arrossendo per il timore che la mia dimenticanza possa essere giudicata come una mancanza della dovuta riconoscenza, e mi sto aggrappando al fatto che il libro è nato in un mese, che ho novantun anni compiuti e che è stato certamente per me un azzardo impegnarmi in un’opera per la quale non sono attrezzato!

Per tutto questo sento il bisogno di farmi perdonare di queste dimenticanze che mi appaiono sempre più imperdonabili. Ne racconto una delle tante! Qualche settimana fa un parroco di Genova mi ha telefonato per chiedermi se potevo mandargli L’incontro perché gli interessava questa iniziativa pastorale. Gli chiesi istintivamente come avesse scoperto la testata e il mio nome, dato che per me Genova è sconosciuta come l’America.. Questo prete mi rispose come cosa assolutamente ovvia: “Internet”! Raccontai a suor Teresa questo episodio, per me sorprendente, ed ella, dopo aver pigiato alcuni tasti del suo computer, mi ha fatto scorrere sullo schermo una serie infinita di titoli e articoli che mi riguardavano e che io avevo assolutamente dimenticati!

Solo allora ho capito che uno dei miei “militi” che ho lasciato “ignoti” era Gabriele Favrin, un giovane ormai adulto che ho conosciuto fin da bambino e che da più di vent’anni trasferisce le vicende della parrocchia di Carpenedo e le mie personali in quella “enciclopedia” pressoché infinita, rappresentata da Internet, perché il mondo intero conosca le nostre imprese pastorali. Gabriele Favrin penso che a Mestre sia uno dei migliori esperti in questo settore e per me uno dei più generosi volontari a cui debbo la mia “notorietà”. Infatti, guardando la stampa cittadina, quando parla di me e delle mie imprese, cita solamente il mio nome come fossi “un personaggio” noto a tutti! “Scusami Gabriele!” Io non sarei “don Armando” e tanti concittadini non si sarebbero fidati e non mi avrebbero aiutato tanto, se tu non mi avessi messo sul capo “un’aureola” per me di certo non meritata. Purtroppo nel mio volume di “Gabriele” ve ne sono tanti, forse troppi! “Scusatemi!” Vi prometto che nel prossimo volume, che di certo non scriverò, non rimarrete più ignoti! Anzi, vi dico che se spingerete nei tasti di Internet, troverete che il vostro nome è già scritto nel “Libro del Regno!”

Finanziamento dell’ipermercato

Sono veramente numerose le società, le parrocchie, i Comuni ed enti vari che si sono dimostrati interessati alla dottrina dei Centri don Vecchi, perché ai più queste realtà appaiono evidentemente una soluzione ottimale per gli anziani meno abbienti e soprattutto soli in città nelle quali i cittadini vivono pigiati quanto mai ma che di fondo rimangono assolutamente soli. Avere un alloggio, che sia a portata di tutte le tasche, in un ambiente signorile e tutto sommato che offra la sensazione di non essere isolati e soli, ma avendo accanto a sè dei coetanei che sono nella stessa situazione e soprattutto, essendo garantita una assistenza, seppur leggera, ma pronta a dare soccorso immediato alle varie urgenze, rappresenta una cosa di non poco conto.

Tutti capiscono quanto grandi sono i vantaggi e gli enti che si interessano alle situazioni esistenziali delle nostre città non possono non essere curiosi, o meglio ancora interessati a queste soluzioni di carattere sociale. Ogni volta però che ho avuto modo di rispondere a questo interesse, come battuta finale m’è sempre giunta la domanda a come s’è risolto il problema del finanziamento. Le imprese capiscono subito che non è affar loro perché è evidentemente esclusa ogni forma di reddito. I Comuni si mostrano interessati ma, come avviene sempre, l’ente pubblico è lento, e inceppato da molti vincoli della burocrazia. Le parrocchie si dimostrano di primo acchito più disponibili, ma poi quando sentono le mille difficoltà e i mille rischi nell’intraprendere questa avventura, la stragrande maggioranza rimanda, e tenta di dimenticare. è sempre più facile e più comodo aspettare e sperare in un “miracolo” che non è facile incontrare.

In un recente opuscolo, scritto ancora una volta per informare la comunità sulla progettazione e sull’iter di questa avventura, ho sempre riservato qualche riga per informare su come si è risolto il finanziamento di ognuna delle sette strutture delle quali disponiamo a tutt’oggi. Non mi pare che gli interlocutori ogni volta si dimostrassero convinti delle soluzioni che ho escogitato per risolvere il problema finanziario, che in realtà non è proprio cosa da poco conto.

Dato che la Fondazione dei Centri don Vecchi s’è una volta ancora impegnata in un’altra avventura che fa parte del mondo della solidarietà, tenterò di illustrare come stiamo tentando di risolvere il problema del relativo finanziamento. Per l’acquisto dell’area abbiamo scelto di acquistare un terreno a destinazione agricola perché infinitamente meno costoso di quello edificabile. Poi abbiamo chiesto al Comune un cambio d’uso forti della destinazione sociale del nuovo edificio. Un giovane geometra membro del Consiglio di amministrazione, esperto in quel che riguarda l’edilizia ha scelto, ha trattato con un’impresa seria che si accontentava di un guadagno onesto. Abbiamo messo via qualche risparmio fatto con una gestione oculata e leggera delle nostre strutture. Ancora una volta, ho messo nel mercato le “azioni” di questa struttura, ed ancora una volta i concittadini hanno cominciato sapientemente ad acquistarle essendo garantito che valgono anche per la salvezza eterna! Ho deciso che tutti i proventi che ottengo nella mia chiesa, “la favolosa cattedrale tra i cipressi”, saranno destinati a questo scopo, sperando che la parrocchia di Carpenedo faccia altrettanto. Infine ho passato alla divina Provvidenza il preventivo di due milioni e mezzo, che costerà l’ipermercato della carità. Non conosco ancora a che persona la Provvidenza abbia affidato il compito di saldare il debito, ma questo non è affar mio, ma quello della Provvidenza. Sono sicuro però che comunque sono in una botte di ferro!

Cercare un aiuto

Penso che a Mestre ormai tutti sappiano che al Centro don Vecchi di Carpenedo, in via dei 300 campi, ci sono dei grandi magazzini nei quali vengono offerti, praticamente gratis, mobili, arredi per la casa, frutta e verdura, generi alimentari e vestiti per ogni età e per tutti i gusti. L’organizzazione caritativa richiede soltanto una piccola offerta per coprire i costi di gestione. E infatti, quando un concittadino, che ha una certa disponibilità di denaro, decide di cambiare qualche mobile oppure quando muore una persona che viveva sola e i parenti non sanno come sgomberare l’appartamento, si rivolgono all’associazione “il Prossimo” telefonando al numero 0415353204 (Magazzini San Giuseppe). Di prassi, la persona lascia il proprio recapito e viene ricontattata per accordarsi sul ritiro di ciò di cui vuole disfarsi. L’associazione, che dispone di furgoni e volontari, ritira gratuitamente quanto viene offerto, a patto che i mobili siano in buono stato e possano essere donati ai poveri senza bisogno di restauro.

Mi soffermo in particolare sui mobili aggiungendo qualche altro dettaglio affinché chi si trova in difficoltà sappia che può avere risposta alle proprie esigenze. Nel contempo vorrei anche far sapere ai parroci e a tutti coloro che si occupano di solidarietà (centri di ascolto, enti locali e altro) che è preferibile offrire servizi e oggetti piuttosto che denaro. Ai Magazzini San Giuseppe si possono trovare: letti, materassi, quadri, mobili, lampadari, tappeti, piatti, bicchieri e ogni sorta di suppellettili per la casa, poltrone e arredi di ogni tipo. A volte capita che venga ritirato qualche pezzo d’antiquariato che impreziosirebbe un salotto o una camera da letto, ma al di là dell’effettivo valore, viene proposto a cifre modeste.

Al Don Vecchi questo servizio è attivo da più di una quindicina d’anni ed è un vero peccato che chi è in difficoltà o chi vuol fare un po’ di bene, pur traendone un notevole vantaggio, non ne fruisca come potrebbe. Ai magazzini si trova ogni ben di Dio, anche se la sistemazione degli articoli non è ottimale per ragioni di spazio. A questo proposito, sono lieto d’informarvi che in località Arzeroni, dietro l’ospedale dell’Angelo, è già stato aperto il cantiere per la costruzione dell’ipermercato della carità. Dalla tarda primavera del prossimo anno, i mobili e gli arredi potranno godere della visibilità e della valorizzazione che meritano in modo da agevolare anche un’eventuale scelta.

Attualmente i magazzini sono aperti dalle 15 alle 18, sotto la responsabilità della signora Luciana, che sapientemente suggerisce le soluzioni più convenienti e ha le competenze per riconoscere l’antiquariato di pregio. La segreteria telefonica dello 0415353204 è sempre attiva e la signora è sempre molto puntuale nel richiamare chi la contatta. Tra i servizi offerti, c’è anche lo sgombero completo degli appartamenti: ciò che non è più utilizzabile viene portato in discarica mentre gli articoli in buono stato vengono offerti alle persone meno abbienti. In questo caso viene richiesto il costo dello smaltimento in discarica.

L’associazione “Il Prossimo” sogna di poter attivare anche a Mestre il progetto dell’”economia circolare” che riutilizza tutto quello che è recuperabile. L’attuale magazzino e l’ipermercato che sorgerà fanno parte di questo sogno e spero che anche la nuova struttura diventi un tassello significativo del grande mosaico della solidarietà a Mestre.

Invito a pranzo

Schivo come sono sempre stato, non gradisco particolarmente gli inviti a pranzo o cena, anche se mi sono rivolti da persone che mi sono particolarmente care. Ora poi, a motivo del coronavirus, penso che non corra questo pericolo perché chi mai, durante questi giorni nei quali pare che ci si possa trovare inaspettatamente di fronte a questo nemico mortale, osa fare inviti del genere?

Nonostante questo e nonostante che le persone che mi sono vicine mi abbiano sconsigliato di accettare questo invito “fuori stagione”, appena la signora Pina, la responsabile dei Centri don Vecchi 6-7, mi ha invitato a pranzo assieme ai residenti dei due suoi centri, ho accettato di buon grado. Questo incontro conviviale è stato organizzato dai residenti di queste strutture 6-7, in occasione del primo anniversario dell’inaugurazione del Don Vecchi 7, l’ultimo nato nell’ormai numerosa serie di Centri don Vecchi. Ho accettato volentieri l’invito perché la relativa responsabile signora Pina mi è particolarmente cara per la sua calda umanità, per la sua passione veramente materna con la quale guida queste strutture ed infine per la sua ammirevole capacità con cui ha creato una vera famiglia tra l’ottantina di residenti provenienti dai luoghi più diversi e soprattutto dalle situazioni esistenziali quasi mai serene o meno ancora felici.

Di questa donna, ormai di una certa età, ma soprattutto gravemente disabile, mi piace quasi tutto: il coraggio, la determinazione, la capacità di creare rapporti umani veri e caldi, la chiarezza degli obbiettivi da raggiungere e la decisione nel farli accettare a tutti. Le persone che hanno partecipato al pranzo, preparato con tanto entusiasmo e per il quale ognuno vi ha offerto qualcosa di suo, mi hanno dato la sensazione di un piccolo mondo nel quale la cordialità, l’affetto trasparivano dalle parole e dall’entusiasmo da parte di tutti.

Sembrava di partecipare ad un pranzo di nozze, mentre in realtà mi hanno confidato che si trattava dell’offerta di un catering dal costo di soli quattro euro a persona. La sala era preparata con i fiocchi: su una parete c’era un gran cartello con le date, le motivazioni e le foto di una diecina di incontri precedenti, i tavoli disposti in maniera elegante e distanziati secondo le norme vigenti, tanto che ho pensato che il Ministro dell’Istruzione pubblica, che è poi una donna, dovrebbe andare a scuola dalla nostra gente per risolvere quello che per lei pare un “enigma” senza soluzione per l’inizio dell’anno scolastico. Avvertire durante il pranzo aria di cameratismo, di serenità mi ha abbondantemente ripagato di qualche cruccio che ho dovuto affrontare soprattutto nel passato.

Voglio inoltre sottolineare due aspetti che mi sono particolarmente cari: io da sempre coltivo l’ordine, la pulizia, la signorilità tanto che più di uno la ritiene una mia mania, ma io sono convinto che quando ci sono in un ambiente questi requisiti essi ti mettono a tuo agio. La signora Pina l’ha intuito questo mio desiderio e mi accontenta fin troppo. All’ingresso una signora, ben s’intende volontaria, seduta presso una scrivania di buon gusto, offre tutte le indicazioni di cui una persona abbia bisogno, l’ambiente è ordinato pulitissimo all’interno e per lo scoperto essa s’avvale di un piccolo esercito di volontari, che rasano il prato e che curano l’addobbo floreale in maniera veramente impeccabile.

I Centri don Vecchi rappresentano una risposta felice a chi, per motivi diversi, si è trovato in difficoltà, ma la loro nota di pregio non è costituita solamente da costi a portata di tutti, ma pure da una eleganza che sa di albergo di qualità. Fortunatamente in tutti i centri i responsabili ci mettono il cuore perché ognuno si senta a casa sua, e abbia la gioia di abitare in ambienti che a molti sembrano perfino troppo lussuosi. Approfitto di questo invito a pranzo per ringraziare i responsabili dei sette Centri che grazie alla loro umanità e generosità rendono queste strutture fiori all’occhiello della nostra città.