Da “PROPOSTA“ – 26 novembre 2017
settimanale della parrocchia di San Giorgio di Chirignago
Degni di attenzione particolare penso vi siano tre articoli.
Il primo riguarda l’ospitalità, o comunque l’aiuto ai profughi. Don Roberto, il parroco, ci sente poco e male da questo orecchio e pare che, tutto sommato, sia poco d’accordo col Vangelo, col Papa e invece molto di più con Salvini, la Meloni e Forza Italia. Che il problema sia difficile per tutti, ed in particolare per l’Italia, è verissimo, ma più vero ancora che nazioni e singoli individui, specie noi cristiani, dobbiamo farcene carico, a livello civile, umano, sociale e religioso.
Questo discorso riguarda soprattutto gli Stati, ma pure gli individui. Ad esempio, votando Salvini, Meloni o Berlusconi, di certo non si dimostra di farsene carico alcuno, anzi. Sulle modalità la discussione deve rimanere aperta, ma non per l’eternità.
Il secondo articolo verte sulla risposta positiva dei ragazzi di continuare il cammino di formazione religiosa, cosa semplicemente meravigliosa ed esemplare. Magari tutte le parrocchie potessero fare un bilancio così positivo o andassero a scuola a Chirignago per conseguire risultati così positivi.
Penso che sia opportuno leggere anche l’articolo sui 30 anni dell’Azione Cattolica. Nella stragrande parte delle parrocchie il funerale dell’Azione Cattolica s’è già fatto da molti anni, mentre a Chirignago pare che essa sia un’adolescente bella e promettente.
don Armando
A PROPOSITO DEL VANGELO DI QUESTA DOMENICA DOVE DICE: “ERO STRANIERO E MI AVETE OSPITATO”
Scrivevo nella mia omelia per questa domenica: Faccio solo un’aggiunta dettata dagli anni particolari che stiamo vivendo ed anche dai fatti accaduti in questi giorni (mi riferisco ai profughi ospitati nei patronati di Mira e di Oriamo per ordine del Patriarca). Il problema dell’accoglienza a chi viene da lontano: tra le opere buone di cui il giudice ha ringraziato gli eletti c’è anche “ero forestiero e mi avete ospitato”. Che dire? Ogni epoca è stata interpellata in maniera diversa da questo dovere. Nel medioevo le abbazie benedettine accoglievano regolarmente chi bussava alla porta del monastero, offriva un letto ed un pasto caldo. Oggi, per essere ospitati dai monaci occorre scrivere o telefonare prima e prenotarsi, ed è giusto così. Lo capiscono tutti.
Ugualmente occorre ragionare sulla questione “ospitalità”, perché è una questione complessa.
Io che sono sempre d’accordo con Papa Francesco su questo punto la vedo un po’ diversamente da lui. Perché ospitare non è come fare un’offerta: la pensi, la decidi la fai e te ne dimentichi.
Ospitare significa assumersi un onere che si prolunga nel tempo, che modifica la tua libertà, che comporta responsabilità di vario genere … E se tu hai tutto il tempo e tutte le energie necessarie puoi anche tentare di imbarcarti in questa impresa, ma se non è così… non so quanto saggio sia “cominciare a costruire una torre senza aver le pietre necessarie per terminarla”, per dirla con il Vangelo.
Ospitare significa accettare persone che hanno una cultura e delle abitudini del tutto diverse dalle tue: se per te l’ordine e la pulizia non sono un “optional” ma ti sono indispensabile per avere un minimo di serenità, quando ti dovessi trovare con gente che prende qua e butta la, alla sanfasò, per un giorno, per una settimana ci stai ma dopo? Non c’è il rischio che tu diventi una pentola a pressione e che arrischi di scoppiare? Dico questo e questo scrivo perché non mi piace chi dà tutto per scontato, tutto per semplice e facile, tutto per dovuto. No.
Le cose, a mio parere, non stanno proprio così. A problemi complessi si risponde in maniera complessa e non con affermazioni ideologiche o superficiali. E allora? Allora ciascuno di noi è chiamato in coscienza a dare la sua risposta alla domanda del Signore.
Drt
P.S,
Questa riflessione l’ho scritta lunedì mattina, prima che il Patriarca e la diocesi di Padova prendessero una posizione analoga a quanto sopra.
I RAGAZZI DI TERZA MEDIA
Ho incontrato uno per uno, la scorsa settimana, i ragazzi di terza media che riceveranno la Cresima l’8 dicembre (anzi, consiglio ai colleghi che leggono Proposta on line – che sono parecchi – e che qualche – rara – volta mi chiedono come mai a Chirignago i ragazzi di terza media una volta fatta la Cresima non fuggono immediatamente a gambe levate ma rimangono per tutto l’anno presenti al catechismo e poi in prima superiore più della metà di loro continua a frequentare la CO/GI, consiglio loro, dicevo, di fare altrettanto).
Quella di quest’anno è un’ottima classe, formata da 49 ragazzi (ma a fare la Cresima saranno in 50 perché si aggiungerà anche Emma, la ragazzaa cui Dio vuol più bene tra tutti i ragazzi di Chirignago) e guidata da ottime catechìste. Basta pensare che al pellegrinaggio ad Assisi parteciperanno 45 ragazzi (su 49) e tutte le sei catechista
Il colloquio con loro è stato sereno e molto utile, e solo due su 49 hanno espresso qualche dubbio se continuare o no a frequentare il catechismo dopo l’8 dicembre. Non è detto che alle speranze corrisponda anche la realtà futura, ma il punto di partenza è decisamente positivo.
Ora affidiamo questi ragazzi alla preghiera di tutta la comunità perché possano vivere davvero bene il momento sacro della consacrazione a Dio con il sacramento della Confermazione e continuare con gioia sulla strada del Signore.
21 NOVEMBRE 1987 -18 NOVEMBRE 2017
Da trentanni l’Azione Cattolica è rinata a Chirignago. Il giorno in cui ricominciò ad esserci fu il 21 Novembre del 1987, festa della Madonna della salute. Vi racconto un po’ del perché e un po’ del come. Avevo avuto una bella esperienza di ACR nella parrocchia di San Marco di Mestre.
Avevamo cominciato con il poco: ricordo che il primo campo, con una decina di ragazzi delle elementari lo facemmo a Caprino Veronese assieme al branco dei lupetti ed al cerchio delle coccinelle. In tutti eravamo quasi novanta. Begli anni. Aggiungo che l’ultima cosa che ho fatto nella parrocchia di Mestre fu proprio il campo con l’ACR, in quel di Gosaldo. Tornammo a casa sabato pomeriggio. Alle 18,30 celebrai l’ultima messa, quella dell’addio, e la mattina dopo celebrai altrove.
Arrivato a Chirignago mi accorsi subito della quasi totale assenza dei bambini e dei ragazzi dalla vita della parrocchia. Era lo sport che se li prendeva tutti. E non si poteva offrire loro solo il catechismo e la Messa della domenica. Così avremmo perso la partita prima ancora di cominciare a giocarla.
Fu così (ero solo, con l’aiuto per il fine settimana di don Andrea Volpato che era ancora diacono e sarebbe diventato prete nel giugno dell’anno successivo) che cominciai subito a proporre ad un gruppo di giovani (bellissimo gruppo di giovani, cui partecipavano, tanto per far dei nomi Francesco Bortolato, Edina Tomassini, Alessandro Boscolo, Sara De lazzari, Maria Cristina Righetti ed altri) di far nascere due associazioni sorelle: l’Azione Cattolica Ragazzi e lo scoutismo. Accettarono con gioia e con un entusiasmo che aveva dell’incredibile.
Ad aiutarci vennero due animatori della parrocchia di San Marco, due nomi storici dell’AC di quella parrocchia: Emanuele Bonisoli e Monica Castellet. E cominciammo con ragazzi di quinta elementare e prima media.
Il primo campo fu fatto in Val di Sella, nel trentino, e conservo ancora gelosamente, nel mio studio, la foto di tutti gli animatori di allora.
Animatori e capi scout, l’ho già detto, provenivano dallo stesso “gruppo giovani”, erano cresciuti nella stessa comunità, avevano partecipato agli stessi campeggi: era mìa intenzione che le due associazioni sorelle lavorassero con un stile diverso ma nella fraternità, aiutandosi, integrandosi e formando la spina dorsale della Comunità Giovanile, a cui avrebbero dato forza e da cui sarebbero state sostenute. E’ avvenuto ed è ancora così.
La prova migliore sono i tanti “matrimoni misti” tra giovani dell’una e dell’altra associazione. Di comune accordo si stabilì che l’AC si sarebbe incontrato di sabato pomeriggio, mentre gli scouts avrebbe fatto riunione la domenica mattina. Pian piano, come era giusto e previsto, le due associazioni sono cresciute, fino a diventare, l’AC, la più grossa e più articolata della nostra diocesi. E il gruppo scout una realtà solida a cui guardano (con nascosta invidia e una buona dose di gelosia) gli altri gruppi scout della zona.
Fin dall’inizio abbiamo cercato di mettere basi solide all’Ac: un forte senso di appartenenza alla associazione ed alla comunità parrocchiale, un metodo di lavoro serio e costante, ed una certa severità (che ha fatto solo bene) nell’esigere tante cose, ad esempio la partecipazione ai campi estivi, momento fondamentale di maturazione e dì crescita. In questo sono stati essenziali i tre cappellani che si sono succeduti in questi trent’annì: don Andrea Volpato, don Gianni Antoniazzi, don Andrea Longhìni. Bravissimi, anzi, di più.
E così venne il momento che, inattesa, ci fu la mia nomina ad assistente unitario e degli adulti di tutta la diocesi.
Fu questa la molla che mi fece prendere carta e penna per scrivere una lettera ad un folto gruppo di genitori di Acierrini e di scouts per proporre loro di dar vita ad un gruppo di Adulti di Azione Cattolica. Quel gruppo c’è ancora e i suoi membri sono tutti (o quasi) impegnati in settori diversi della vita pastorale della nostra parrocchia: i miei collaboratori più fidati (senza nulla togliere agli altri).
Dopo trent’anni possiamo dire che la scommessa di allora è stata vìnta al di là di ogni aspettativa. Tutto è possibile a questo mondo, ma credo che per abbattere la nostra AC ce ne vorrà.
Ecco: questa è, ridotta all’osso, la storia di un piccolo miracolo avvenuto in mezzo a noi ad opera di Gesù risorto e vivo e di tanti che, con passione, lo hanno amato, ascoltato e seguito.
Don Roberto Trevisiol