Da “PROPOSTA” – 21 gennaio 2018

Da “PROPOSTA” – 21 gennaio 2018
settimanale della parrocchia San Giorgio di Chirignago

La chiesa di San Giorgio è stata eretta nel 1530. La parrocchia ha quasi ottomila abitanti, un parroco, don Roberto Trevisiol, che ha 65 anni e che guida questa sua gente da 30 anni. Non ha più un cappellano, ma è aiutato da don Sandro Vigani. Il foglio parrocchiale è di formato A4 ed è scritto fronte-retro.

Nonostante questo spazio ristretto il foglio è quanto mai interessante sia per contenuto che per le iniziative che riporta, tanto che consiglierei preti e laici impegnati, a leggerlo ogni settimana sia perché si fa leggere facilmente, sia perché rasserenante ed incoraggiante a livello religioso.

Consiglierei di leggere tutto il numero in esame perché tutto è interessante. Segnalo però queste iniziative che potrebbero e dovrebbero essere adottate da tutte le parrocchie:

– La catechesi per adulti.

– Il gemellaggio con una missione del Kenia del quale parla uno staff di una quindicina di operatori che si è recata in loco per controllare e stimolare.

– La proposta di un pellegrinaggio a piedi al santuario della Madonna di Follina. Anche queste soluzioni pastorali stanno diventando quanto mai attuali.

– L’iniziativa dell’Azione Cattolica Adulti di stampare ogni settimana un foglio A4 con gli articoli più significativi del settimanale della diocesi “Gente Veneta”.

don Armando

L’APOCALISSE: UN’ IMPRESA

Con l’incontro dello scorso giovedì il gruppo che frequenta il CATECHISMO DEGLI ADULTI termina, dopo 41 lezioni, lo studio del libro degli ATTI DEGLI APOSTOLI. Lo iniziammo giovedì 1 ottobre 2015, il tempo era “buono ma ventoso” e i presentì erano 49, Ci sono voluti quasi tre anni per leggere, capire e meditare ciò che lo Spirito Santo ha fatto per la Chiesa fin dalle sue prime origini. E’ stato un percorso interessante, a volte entusiasmante, comunque sempre stimolante. E ora, cosa leggere?

Nel corso di questi 30 anni abbiamo letto di tutto: la Genesi, l’Esodo, i quattro vangeli (Luca e Matteo due volte), la prima e seconda lettera ai Corinti, la lettera ai Filippesi …

Non avevo mai avuto il coraggio nemmeno di pensare allo studio dell’Apocalisse. Anzi, questo libro mi era così ostico che quando dovevo leggerlo per forza o nel breviario o nelle lettura della Messa non vedevo l’ora che finisse presto. Al momento non ho cambiato opinione. Ma. In questi anni mi sono rivolto ad amici biblisti (o anche a non amici, ma maestri che avevo avuto l’occasione di incontrare) perché mi suggerissero un commento all’Apocalisse che mi permettesse intanto di capirla io e poi di spiegarla, in qualche modo, anche agli altri. Ma niente. Libroni grossi così, tomi che avrebbero distrutto uno studioso, tutti al di là delle mie modeste capacità, ce n’è a bizzeffe.

Ma non riuscivo a trovare uno studio umile, senza pretese, alla mia portata, che spiegasse innanzitutto il significato delle parole, delle frasi, delle immagini e poi, magari, suggerisse il grande messaggio di questo libro. Finché su internet quasi per caso ho trovato. Ho trovato che un altro prete in maniera semplice e feriale ha scritto un commento di cui mi sto appropriando per tentare di capire e di condividere l’ultimo libro della Sacra Scrittura.

Cambierà il metodo di lavoro: più che un maestro sarò un compagno di studi con coloro che vorranno continuare (o iniziare: perché no?) a frequentare il catechismo del Giovedì. Che ormai compie 30 anni (cominciai nel mese di ottobre del 1988): da allora alti e bassi (per un certo tempo avemmo settanta presenze ogni sera, e in altri periodi ci dovemmo accontentare di una quarantina di persone). Lo scorso anno la media è stata di 39,8 presenti.

E quest’anno? Inshallah.

don Roberto Trevisiol

INSIEME PER WAMBA

Caro Don Roberto e cari Amici,
siamo appena tornati dal nostro ultimo viaggio a Wamba e volevamo semplicemente ringraziarvi.

E’ stato un viaggio non lunghissimo (10 giorni) ma molto intenso e toccante.

Abbiamo visitato tutti i nostri amici e referenti, abbiamo verificato come gli aiuti che faticosamente ci donate vengono utilizzati, abbiamo pianificato e ricevuto nuove richieste di aiuto.

Come al solito è molto diffìcile descrivere quello che proviamo, le sensazioni, i pensieri la gioia e il dolore di certe situazioni. Forse i numeri suonano un poco freddi ma aiutano a capire la situazione. Con i nostri aiuti l’anno scorso abbiamo pagato il salario (dando aiuto e dignità) a 8 persone diverse (6 insegnanti e 2 sarte), abbiamo fornito 2075 divise ad altrettanti bambini dell’asilo, pagato gli studi a circa 10 studenti delle scuole superiori, sfamato per un anno i 220 bambini di Suor Alice a Embu e circa 400 a Wamba, aiutato oltre 300 famiglie con il cibo, pagato spese sanitarie e molto altro.

Vi prego di credermi quando dico che non elenco numeri per autocompiacimento o semplice vanagloria ma semplicemente per condividere con voi i ringraziamenti che in ogni momento ci venivano posti da tutte queste persone. Cito questi numeri anche per affermare che le vostre donazioni sono giunte a buon fine e che SONO SERVITE!

C’è ancora un grande bisogno di noi per quel poco o tanto che riusciamo a fare. Vorrei riuscire a condividere con voi la gioia e la felicità che abbiamo visto nel sorriso di due bambini ai quali abbiamo permesso di continuare a studiare, ai quali siamo riusciti a cambiare la vita, vorrei che foste stati con noi a vedere gli occhi lucidi e brillanti dei bambini che si riempivano i piatti con piccole montagne di fagioli acquistati la mattina stessa, vorrei potervi descrivere la felicità di una Suora che ha ricevuto dei soldi per comprare il latte in polvere per i bimbi orfani a Embu e potrei continuare per ore…

Siamo tornati stanchi, sporchi e doloranti ma con alcune consapevolezze, aiutare ci aiuta, possiamo fare la differenza, magari per pochi ma lo possiamo fare, e come al solito dobbiamo considerarci fortunati per quello che abbiamo.

Scusate se il mio discorso risulta un poco confuso ma è così che mi sento da quando sono tornato. Vi saluto e vi ringrazio tutti assicurandovi che dal nostro punto di vista continueremo a mettercela tutta per continuare a fare quel poco che stiamo facendo. Vi saluto usando le parole di padre Charles che quando ho ringraziato per l’ospitalità e l’aiuto che ci ha dato mi ha semplicemente risposto: “Noi facciamo poco, Voi fate tantissimo per questa gente che neanche conoscete”.

Paolo Sambo

SABATO 3 MARZO PELLEGRINAGGIO A PIEDI O IN PULMAN ALLA MADONNA DI FOLLINA

Gli scorsi anni siamo andati alla Madonna di Monteberico, quest’anno cambiamo: il bellissimo santuario/monastero di Follina.
Come le altre volte i pullman saranno due: uno per i viandanti ed uno per chi non cammina.

VIANDANTI: ritrovo in piazza alle 4,45 partenza alle 5.00 percorso di circa 20 chilometri arrivo previsto alle 10,30
NON CAMMINATORI: partenza alle 8,30 arrivo previsto alle 9,45

devozioni
Ore 11.00: per tutti SANTA MESSA
Quindi pranzo presso il ristorante “alle rive ” a Tarso.
Quota di partecipazione: Euro 38 (il ristorante costa un po’ di più).
Iscrizioni in canonica a partire da lunedì 22 gennaio

Da “LETTERA APERTA”- 21 gennaio 2018

Da “LETTERA APERTA” 21 gennaio 2018
settimanale della parrocchia dei Santi Gervasio e Protasio di Carpenedo

Parrocchia eretta nel 1152 (vecchietta quindi) di 5600 abitanti, con un parroco di 40 anni, don Gianni Antoniazzi, che guida la parrocchia da 6 anni e che dispone di tre sacerdoti ed un diacono come aiuto: don Claudio Breda, monsignor Mario Ronzino, monsignor Fabio Longoni e il diacono Franco Scantamburlo.

Il periodico normalmente esce in otto facciate A4, il numero attuale ne ha solo 6. L’editoriale di don Gianni mette in guardia i fedeli dalle fanfaronate e dai progetti impossibili degli aspiranti alla Camera e al Senato.

Il giornale poi riporta l’invito del Patriarca a scegliere l’insegnamento religioso a scuola e presenta poi una serie di iniziative delle quali segnalo la festa dell’ammalato, la giornata per la vita, la veglia per la pace.

don Armando

GLI ELETTORI HANNO TESTA
Si avvicinano le elezioni e attendiamo di conoscere a giorni le liste dei candidati. C’è però la preoccupazione che le sparate elettorali non siano rispettose dell’intelligenza dei cittadini chiamati a compiere la loro scelta

In tempo di elezioni qualche candidato mente con promesse irrealizzabili. Talvolta il clima diventa imbarazzante, in pieno stile Totò. Sembra una gara a chi la spara più grossa, senza considerare che gli elettori capiscono molto più di quanto si pensi. Per esempio: il debito pubblico supera i 43.000 euro a testa. Un peso capace di bloccare l’Italia al primo intoppo.

Pochi ne parlano. Al rovescio: si promette che gli uni o gli altri riceveranno più contributi. Non si può offendere l’intelligenza degli elettori. Domenica scorsa don Fabio Longoni ricordava che, secondo un’etimologia dal greco, “Italia” deriva da “italoi”, cioè “paese dei vitelli”. E continuava: a marzo qualcuno proverà a metterci l’anello per portarci dove vuole. Sarebbe già prezioso se qualcuno si impegnasse a trasformare il flusso di denaro pubblico in un vero motore di crescita, paragonabile alle energie che i privati, con minori risorse, riescono a sviluppare. A pensarci bene, però, già questo obiettivo, potrebbe risultare incredibile nel contesto italiano.

don Gianni Antoniazzi

RELIGIONE A SCUOLA
in primo piano

Nelle prossime settimane genitori e ragazzi saranno chiamati ad esprimersi sulla scelta di avvalersi dell’insegnamento della religione cattolica. Il Patriarca Francesco ha ritenuto opportuno rivolgersi alle famiglie e ai ragazzi con un messaggio. Chiedo, cortesemente, di darne la più ampia diffusione, leggendolo durante le S. Messe, pubblicandolo sul notiziario parrocchiale oppure consegnandolo direttamente ai genitori, ai ragazzi, ai giovani, soprattutto a quelli che prestano un servizio in parrocchia come catechisti, animatori del patronato, Scout etc. etc. ma che, a volte, a scuola non si avvalgono dell’insegnamento della religione.

Direttore Ufficio per l’IRC
dott.ssa Monica Voltan

Carissime e carissimi, mi rivolgo a ciascuno di voi – studenti e genitori – perché in questi giorni siete impegnati nell’iscrizione on line con la scelta del percorso scolastico relativo all’anno scolastico 2018/19. È, questa, una scelta importante che domanda d’esser soppesata con attenzione. Siete chiamati a decidere, in particolare, circa la possibilità di avvalersi dell’insegnamento della religione cattolica. Mi permetto di far presente che anche tale scelta inciderà molto sulla vostra formazione e, quindi, sulla vostra vita culturale nel presente e per il futuro. Scegliere comporta un atto di libertà e di responsabilità: una buona scelta chiede di metter in azione la propria libertà e responsabilità verso tutto ciò che può far crescere, comprendendo di più la realtà e i cambiamenti in atto e, così, costruire e vivere bene le relazioni quotidiane (in famiglia, a scuola, con gli amici, nello sport, in parrocchia ecc.). Si tratta poi di far emergere e non soffocare le domande di “senso” che ognuno porta nel suo cuore e che – ascoltate – possono rendere migliore la vostra vita di uomini e donne di domani, aiutandovi ad aprirvi ad un’esistenza capace di incontrare gli altri e l’Altro.

L’insegnamento della religione cattolica rappresenta così – sul piano formativo e culturale – un’opportunità da cogliere e un vero arricchimento, con positivi stimoli e benefici anche per il vostro percorso scolastico generale.

Come ricordano bene i Vescovi italiani nel messaggio inviato per l’occasione, potete esser certi che i vostri insegnanti di religione – che “si sforzano ogni giorno per lavorare con passione e generosità nelle scuole italiane, sia statali che paritarie, sostenuti da un lato dal rigore degli studi compiuti e dall’altro dalla stima dei colleghi e delle famiglie che ad essi affidano i loro figli” – sono e saranno sempre i vostri primi alleati nel delicato compito educativo e formativo a cui siete chiamati. E siate, dunque, “sicuri che durante queste lezioni potrete trovare docenti e compagni di classe che vi sapranno accompagnare lungo un percorso di crescita umana e culturale, decisivo e fondamentale anche per il resto della vostra vita”. Per questo, incoraggio tutti a vivere il momento dell’iscrizione non in modo formale ma motivato, nello spirito di un’autentica e sana “laicità”. L’auspicio è che possiate avvalervi dell’insegnamento della religione cattolica in maniera convinta. Auguro che il tempo importante della scuola – a livello personale e comunitario – sia per ciascuno di voi una vera occasione di crescita, umana e culturale. Vi assicuro la mia vicinanza e vi saluto tutti con grande cordialità.

Francesco Moraglia Patriarca

FESTA DEL MALATO
dritti al centro

Comincio già fin d’ora a ricordare che sabato 10 febbraio prossimo, nella vigilia della festa della Madonna di Lourdes, la parrocchia si unisce in preghiera per chi sta male. Alle ore 16.00 celebreremo la Messa durante la quale ci sarà l’imposizione dell’olio dei catecumeni. A quella Eucarestia invitiamo di cuore i malati e coloro che concretamente fanno esperienza di fragilità, anche per l’età che avanza. L’unzione degli infermi sarà per invocare su chi la riceve la vicinanza di Dio nel momento della fatica. Ne parliamo fin d’ora perché, trattandosi di un sabato pomeriggio, sia possibile organizzare con parenti o amici il trasporto dei malati in questa chiesa, dove ci impegniamo a tenere caldo l’ambiente. Già dalla sera e per tutto il giorno seguente, nella celebrazione delle Sante Messe ci affideremo alla Madonna di Lourdes. In modo particolare il giorno dopo, l’11 febbraio, la Messa delle 10.30 sarà preceduta dalia recita del Santo Rosario in lingue diverse, così come si usa fare a Lourdes. Faremo poi l’inaugurazione ufficiale della Grotta di Lourdes restaurata, esponendo la targa dei defunti e degli ex-voto pur essi restaurati. Poi alla fine di ogni liturgia invocheremo, per l’intercessione della Vergine, la benedizione su tutti i nostri cari malati.

don Gianni Antoniazzi

Da “COMUNITÀ E SERVIZIO” – 21 gennaio 2018

Da “COMUNITÀ E SERVIZIO” – 21 gennaio 2018
settimanale della parrocchia San Giuseppe di viale San Marco

Don Natalino Bonazza, parroco di questa comunità cristiana e, prima, preside del liceo del Seminario, nel suo periodico ha sempre interventi intelligenti e di grande attualità. Talvolta però essi non son sempre immediati e facilmente leggibili. Ad esempio in questo numero, rifacendosi alla promessa di Gesù “Vi farò pescatori di uomini”, coniuga questa frase al detto, oggi in voga, “far rete”. L’accostamento è più che legittimo perché Cristo vuole coinvolgere i discepoli nel suo annuncio e nel suo progetto, però don Natalino indulge forse un po’ di più sul tipo di “rete” che Cristo ha deciso di usare. Comunque l’articolo è di stimolo per fare riflessioni serie su questo argomento.

Avevo capito poi che il giornalista parrocchiale Alessandro Seno avesse “abbandonato” il giornale, invece ritorna su questo numero con una critica ad un film appena uscito. La critica è piuttosto ostica e poco comprensibile per chi non ha visto il film. Quello che ho colto immediatamente è la morale del film: “non c’è buono e cattivo, ma tutti a turno siamo buoni e cattivi”.

Terza segnalazione: una rubrica che riassume i tre argomenti più importanti del giornale della diocesi “Gente Veneta”. L’iniziativa mi pare opportuna ed intelligente. Questa opportunità l’ha capita pure il periodico di Chirignago che ogni settimana riporta integralmente gli articoli, mentre questo settimanale, forse più opportunamente, ne fornisce solo il contenuto.

Interessante pure “Tempo di commedie”. Mi pare che più di una parrocchia abbia scelto questo strumento di conoscenza, socializzazione, ricreazione e cultura.

don Armando

«FARE RETE»
di don Natalino

Ogni slogan ha il suo momento di gloria. Se ne riempie la bocca chi segue la moda della frase fatta. Per esempio, non ho ancora capito che cosa significa «giocarsi in prima persona»… Se fosse ancora tra i vivi, Leon Bloy avrebbe l’occasione di aggiornare la sua (mitica) esegesi dei luoghi comuni e ci farebbe sorridere. Alcuni anni fa l’affermazione risolutiva che andava per la maggiore era: «occorre fare rete». Probabilmente c’è chi la rete l’ha fatta e sta cercando di farla ancora, magari senza dichiararlo troppe volte, e chi forse continua a ripetere stancamente uno slogan ma non si dà granché da fare. Mi colpisce ogni volta quello che Gesù dice ai primi che chiama a diventare suoi discepoli: «Vi farò diventare pescatori di uomini». Si tratta di un cambiamento personale ed insieme comunitario, con cui anche noi dobbiamo fare i conti tutta la vita. Alla luce di questa parola a me sembra che oggi nella Chiesa si tratta non solo di «fare» rete, ma di «diventare» rete. È una questione di verità e non solo di efficienza funzionale. La comunione non consiste nell’adattarsi – per quanto ragionevole – alla riduzione di forze e disponibilità, ma fiorisce grazie ad una docilità piena alla vocazione cristiana che è sempre per la comunione missionaria. C’è un mare, che è il nostro mondo così volubile e a tratti oscuro, ma pieno di vita, nel quale occorre gettare insieme la rete dell’annuncio, della testimonianza cristiana, della carità vissuta. Solo insieme, intrecciando legami di comunione, diventeremo rete che raccoglie gli uomini per Gesù.

Non è (più) tempo di solitari -benché virtuosi- con filo e canna da pesca.

LA CULTURA NON PAGA
È un film importante “Tre manifesti a Ebbing, Missouri”, uno di quelli che ci fa alzare dalla comoda poltrona che invita alla lettura (non che ci sia niente di male in questo eh!) e, per quanto sbuffando per il freddo e imprecando per la mancanza di parcheggio, poi ci fa tornare a casa più ricchi di pensiero e di interrogativi, insomma più vivi! La storia è dura, come lo è del resto la stragrande maggioranza delle esistenze comuni, una mamma divorziata che decide, in un piccolo paese della campagna statunitense, di affittare tre cartelloni pubblicitari stradali (quindi formato extra-large) per porre delle domande alla polizia locale, chiamando in causa direttamente lo sceriffo del posto. I quesiti stampati nero su bianco, anzi nero su rosso, riguardano le indagini sulla morte per omicidio della figlia della protagonista che appunto interroga le autorità che, a parer suo, dopo quasi un anno non sono riuscite a scovare l’assassino. Tutte le persone che passano per la strada dove si trovano i manifesti non possono non vederli e non possono non interrogarsi sul fatto che crudamente viene evocato dalle scritte; a maggior ragione lo fanno i diretti interessati e soprattutto il capo della polizia.

I caratteri dei protagonisti sono scolpiti nel legno, dalla mamma decisa ad andare fino in fondo passando per lo sceriffo buono ma impotente di fronte ad un delitto forse casuale. Quello che conta e che fa riflettere è la trama che si sviluppa a partire dall’affissione, come da un ‘azione corrisponda sempre una reazione ma anche come queste due siano parte integrante della stessa medaglia. E’ un film che scuote le coscienze e ci rende partecipi della difficoltà di andare oltre i nostri pensieri e i preconcetti che troppo spesso ci chiudono le porte della comprensione.

Non c’è un buono ed un cattivo, tutti lo sono a turno e spesso, molto spesso, chi si era già bollato come “nemico” può, superata la prima impressione e approfondita la conoscenza, portarci a scoprire se non la verità, almeno la parte oscura della luna.

E’ un film che farà strada, ha già vinto qualche premio e quasi sicuramente porterà a casa uno o più Oscar, quello della sceneggiatura è scontato (credo), ma aldilà dei riconoscimenti il valore di una pellicola è dato da quanto ti rimane dentro dopo averla vista, da come ci ritorni durante la giornata e dalla voglia quasi quasi di rivederlo. E allora non lasciatevelo sfuggire!

Alessandro Seno

CHE COSA LEGGEREMO IN GENTE VENETA?

Una preside mestrina 96enne racconta di quando faceva la staffetta partigiana; una figlia di Ermes Farina e Graziella Fraccon, che ricorda perché i genitori combatterono, da cristiani, per la libertà e pagarono un prezzo pesante per salvare degli ebrei: sono due testimonianze che il nuovo numero di GV riporta alla vigilia della Giornata della Memoria. Nel nuovo numero, tra l’altro:

1) Ma far festa vuol dire sballare? Una riflessione di don Gianni Bernardi sul “mestiere di vivere” dei giovani.

2) Catechista, una vocazione da sostenere formando una comunità dei catechisti: è una delle proposte lanciate dal Patriarca durante il primo fine settimana di visita pastorale a Jesolo.

3) Il 2018 sarà l’anno della rinascita di Mestre, grazie a M9, nuovi hotel attorno alla stazione e innovazione: lo dice il direttore di Confesercenti Maurizio Franceschi.

TEMPO DI COMMEDIE

Nell’auditorium della parrocchia del Corpus Domini domenica 28 alle ore 16 il Circolo NOI propone «Le pillole prodigiose»: una commedia brillante in tre atti, messa in scena dall’associazione culturale teatrale Desidera. Si dà così il via al carnevale nei patronati delle nostre parrocchie. La compagnia El Siparieto Venessian della parrocchia di San Giuseppe annuncia fin d’ora che la commedia di quest’anno sarà proposta al pubblico in date successive nell’arco della primavera.

Da “COMUNITÀ PARROCCHIALE SS.TRINITÀ” – 21 gennaio 2018

Da “COMUNITÀ PARROCCHIALE SS.TRINITÀ” – 21 gennaio 2018
settimanale della parrocchia omonima di via Terraglio

Il parroco, dottor don Angelo Favero, con l’autorità che gli viene dall’aver insegnato per 42 anni e 25 da preside, interviene in maniera intelligente e documentata sui problemi che riguardano la scuola. Qualcuno potrebbe obiettare che queste non sono questioni inerenti la pastorale, ma direbbe certamente una castroneria perché il vivere da cristiano vuol dire leggere e vivere le vicende umane e civili ispirandosi al Vangelo.

Sono molti gli aspetti che don Angelo approfondisce, motivo per cui credo che riassumerli sia lungo e non ne valga la pena. E’ quindi preferibile leggere con attenzione l’articolo per poter prendere posizione su questo argomento.

Ritengo opportuno segnalare inoltre “Il caro don Angelo” di Nevio Paganin sul problema del fine vita, affrontato e “risolto” recentemente dal parlamento. La riflessione mi pare documentata e seria, quindi degna di apparire su un bollettino parrocchiale e più opportuno ancora, mi pare, sia prenderne visione e rifletterci su.

Infine invito a leggere il corsivo sulla “cristianofobia” per prendere coscienza che “Cristo è ancora in croce” per la salvezza del mondo.

don Armando

Domenica 21 gennaio 2018 terza del tempo ordinario

Questo nostro tempo

Qualche timore ce l’ho nell’affrontare il problema della scuola italiana; il timore si spiega facilmente: alle spalle ho 42 anni di scuola ed in particolare 25 di preside, ma rimane il fatto che ormai da oltre 15 anni ho perso i contatti con il mondo scolastico ed inoltre la mia età mi distanzia molto da quella adolescenziale e giovanile. Rimango tuttavia attento a quello che sento e soprattutto a quello che leggo ed inoltre ci tengo a non passare per uno di quei tali che settant’anni fa non volevano usare la biro e si intestardivano nell’uso del pennino e del calamaio e nutrivano un forte desiderio della penna d’oca.

L’ultima perla che ho malamente accolto è la riduzione a quattro anni del percorso liceale. Ho sempre pensato che cinque anni non esaurivano il complesso sia di contenuti che di formazione; ora non mi rendo conto cosa voglia dire ridurre questo tempo di percorso.

L’osservazione più ovvia è quella che si voglia far entrare al più presto i giovani nel mercato del lavoro; ma se il lavoro manca perché affrettare questa uscita dalla scuola. Il problema non è quello di immettere al più presto nel lavoro i giovani ma di fornire loro una seria preparazione, anche molto differenziata, in base alle esigenze produttive e di mercato che oggi si richiedono. Sentiamo dire, almeno qui nel Veneto, che ci sono diverse aziende che cercano operatori specializzati e non li trovano; questo è il problema fondamentale: non tanto quello di far presto ad entrare nel mercato del lavoro ma quello di preparare effettivamente ed efficacemente al mercato del lavoro.

Quanto poi alla scuola, dapprima dell’obbligo e poi quella superiore, a mio modo di vedere appare sempre più condizionata dalle strutture tecniche, in particolare quelle informatiche, ma rischia di perdere la ricchezza sia letteraria che tecnico-scientifica che ci viene dalla nostra tradizione culturale a partire dalla Grecia almeno del quarto secolo avanti Cristo.

Acquisire questa ricchezza culturale significa mettere una solida base per fornire ai ragazzi/e una forma mentis, una intelligenza critica, un valore razionale che aiuta a vivere sia la vita personale che quella del lavoro e della convivenza sociale. Ho come l’impressione che chi guida attualmente la scuola soffra di uno spasimo esistenziale per cui a tutti i costi bisogna essere aggiornati sulle tecniche attuali quali quelle dell’informatica e del computer. Quando questi strani pedagogisti, che guidano attualmente la scuola, suggeriscono che non occorre che bambini e ragazzi imparino brani letterari a memoria o imparino a memoria le tabelline della matematica non si rendono conto che la memoria va esercitata proprio in giovane età perché assicura un bagaglio di sottofondo culturale e costituisce una facilitazione nel ragionamento. Insomma è normale usare la memoria nel fare semplici calcoli mentre si va a fare la spesa senza ogni volta tirare fuori dal taschino la calcolatrice.

Forse sto presentando un mondo antico della scuola, ma anche se è antico mi sembra che sia un mondo pedagogico perenne e sempre nuovo. E poi non abbiamo paura di tornare nelle nostre scuole ad un senso di rigorosità e di disciplina; anche la correttezza formale ed esterna aiuta moltissimo alla rigorosità della testa. Come sempre va curata la preparazione culturale e didattica degli insegnanti che rimangono il perno di ogni settore scolastico. E gli insegnanti vanno aiutati da un ottimo coordinamento del preside (o dirigente scolastico, come oggi si chiama). Senza questi strumenti di base la scuola non può funzionare e rischia di creare ragazzi/e ignoranti e incompetenti.

Caro don Angelo,

uno degli ultimi atti di questa legislatura è stata l’approvazione della legge sul biotestamento. Come sempre succede il testo è frutto di un compromesso tra le varie “anime” dei partiti politici. Il tema è particolarmente complesso e delicato. Affrontare il momento terminale della vita, quando si sono esaurite tutte le possibilità terapeutiche e si ha la consapevolezza che si è in prossimità della morte, non è cosa facile e soprattutto è il momento in cui la volontà del malato è spesso soverchiata da quella dei familiari e del medico; ognuno con intenti lodevoli cerca di operare per il mantenimento in vita del congiunto-paziente.

Fatichiamo ad accettare la morte come un evento naturale, anche quando questa arriva a tarda età in persone con molte comorbilità e stanche di lottare per vivere. Questa legge stabilisce che ogni persona “ha il diritto di conoscere le condizioni di salute e di essere informata in modo completo, aggiornato e comprensibile riguardo alla prognosi, ai benefici e ai rischi degli accertamenti diagnostici e dei trattamenti sanitari indicati”. Stabilisce inoltre il diritto di rifiutare, in tutto o in parte, qualsiasi accertamento diagnostico o trattamento compresi la nutrizione artificiale e l’idratazione artificiale, considerati trattamenti sanitari.

Viene d’altro canto chiarito che il paziente non può esigere trattamenti sanitari contrari a norme di legge, alla deontologia professionale e alle buone pratiche clinico-assistenziali. Detto così sembrerebbe tutto ed il contrario di tutto.

È auspicabile, a mio parere, che si instauri una alleanza terapeutica che sappia coniugare la volontà e la dignità del paziente con le potenzialità della medicina dove il medico in scienza e coscienza possa astenersi da ogni irragionevole ostinazione nella somministrazione delle cure ed al ricorso a trattamenti inutili o sproporzionati. Mi permetto di citare infine un documento della CEI in occasione della giornata mondiale del malato: “Non potrà mai essere terapeutica e quindi salutare, una relazione nella quale una delle due parti del rapporto, proprio in virtù della sua debolezza, sia negata come soggetto.”

(Nevio Paganin)

Osservatorio sulla cristianofobia

I cristiani continuano a subire la persecuzione, il carcere, le minacce di morte nei paesi a matrice radicale islamica o induista. Nel Pakistan, languisce ancora in carcere, condannata a morte, Asia Bibi, la madre di famiglia cristiana ingiustamente accusata di “blasfemia”, quella legge trappola con la quale si può giustificare qualsiasi persecuzione contro i cristiani. Il fatto è che i casi di persecuzione e discriminazione contro i cristiani continuano senza sosta. Oltre alle chiese colpite nel periodo di Natale, nel Punjab, in India, una bambina cristiana è stata stuprata e torturata e la polizia si è semplicemente rifiutata di registrare il caso.

Sempre nel Punjab, uno studente cristiano è stato ucciso a causa della Fede. A Mymensingh, nel Bangladesh, una 12enne cattolica è stata rapita da un musulmano 35enne.

I genitori hanno chiesto l’intervento dei leader islamici, ma questi non si sono mossi.

Da “LA BORROMEA” – 21 gennaio 2018

Da “LA BORROMEA” – 21 gennaio 2018
settimanale del duomo di San Lorenzo

Oltre a riferire sulle attività e sugli appuntamenti inerenti la vita parrocchiale, il foglio riporta una riflessione sulla settimana dellò’unità dei cristini da parte del parroco monsignor Gianni Bernardi.

Mi piace sottolineare soprattutto la parte finale dell’articolo nella quale don Gianni invita ad accettare la gradualità del cammino verso l’unità delle Chiese che son nate dal messaggio di Gesù e soprattutto la preghiera dei monaci dell’eremo di Optina.

don Armando

Unità dei Cristiani: pregare per tornare ad essere una sola famiglia

Carissimi, viviamo questa domenica al centro della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani: si tratta di un’occasione che annualmente viene suggerita alle diverse chiese e confessioni cristiane perché non dimentichino, ma addirittura mettano a fondamento della loro vita e della loro testimonianza la preghiera forte che Gesù ha rivolto al Padre prima della sua passione e morte: «Padre santo, custodisci nel tuo nome coloro che mi hai dato, perché siano una cosa sola, come noi» (Giovanni 17,11). Gesù chiede al Padre di custodire tutti quelli che gli ha dato: il riferimento immediato era a coloro che partecipavano con lui all’ultima cena, ma la preghiera abbraccia, a guardar bene, tutti coloro che in ogni tempo, diventano discepoli del Signore, cioè affidati a lui dal Padre. Gesù chiede al Padre di custodire, ma con uno scopo ben preciso: siano una cosa sola. L’espressione latina è più pregnante dell’attuale traduzione italiana: ut unum sint, che possiamo tradurre “siano unità”, vale a dire siano una realtà unita, non divisa, non lacerata.

Non si può, però, tralasciare il paragone che fa Gesù: come noi, cioè come lui e il Padre. Comprendiamo così che l’unità che il Signore invoca per i suoi discepoli è come la comunione che esiste tra lui e il Padre. L’unità dei discepoli del Signore richiama allora la comunione divina. Purtroppo, per una serie di cause diverse e di circostanze storiche e geografiche, l’unità della Chiesa si è trasformata in una serie di chiese e confessioni che si rifanno tutte al Cristo, naturalmente, ma con tante differenze e “distinguo” per cui oggi ci troviamo a vivere in una condizione di divisione e separazione.

La preghiera nasce, di conseguenza, dalla consapevolezza che, essendo divisi, i cristiani non possono essere autentici testimoni dell’unico Signore, Gesù Cristo. E la preghiera è certamente suscitata dallo Spirito Santo, che continua a “lavorare” perché il desiderio di Gesù si compia. È vero, tuttavia, che lo Spirito Santo lavora con gradualità: non segue la via dell’imposizione, ma della dolcezza: da tempo, ormai, il gelo accumulatosi nei secoli nei rapporti tra le varie chiese si è, per grazia di Dio, sciolgo. Ma c’è ancora molto da fare e una lunga strada da percorrere. È già importante riconoscersi fratelli, non nemici; è ancor più importante riscoprire nell’esperienza delle diverse chiese dei doni preziosi, che sono tali per tutti i credenti. San Giovanni Paolo II usava l’immagine dei due polmoni per indicare il contributo che le chiese d’ Occidente e d’ Oriente danno alla vita dell’intera comunità di credenti. Giovedì scorso ho partecipato all’incontro ecumenico per i preti del nostro Patriarcato: abbiamo avuto la possibilità di conoscere la vita dei sacerdoti ortodossi russi, grazie all’intervento di monsignor Francesco Braschi, presidente dell’Associazione Russia Cristiana: quell’incontro ci ha aiutato a riconoscere una comune consapevolezza dell’importanza di annunciare oggi il Vangelo e di portare speranza all’interno di una società, sia la nostra occidentale che quella russa, che vive una drammatica situazione di crisi, sia culturale che spirituale. In questa prospettiva, mi pare che sia sempre più importante il dialogo, che sia sempre più importante il conoscersi e stimarsi reciprocamente (e questo non è da poco).

Lo Spirito continua a lavorare, compie i suoi passi: di questo non dobbiamo dubitare. Intanto, continuiamo a pregare “ut unum sint”.

Mi piace lasciarvi una preghiera, detta “dei beati starcy e monaci dell’eremo di Optina”, che ho conosciuto proprio giovedì e che mi pare molto bella, anche per noi cattolici:

O Signore, fa’ che accolga con serenità d’animo tutto ciò che
mi darai quest’oggi.
O Signore, fa’ che possa consegnarmi totalmente alla tua
volontà.
O Signore, istruiscimi in tutto e sostienimi in ogni ora di
questa giornata.
O Signore, manifesta il tuo volere su di me e su coloro che mi
sono vicini.
Fa’ che accolga qualsiasi notizia di questa giornata con
serenità d’animo e con la ferma convinzione che in tutto si
compie la tua santa volontà.
O Signore grande e misericordioso, guida i miei pensieri e i
miei sentimenti in ogni mia opera e parola.
Fa’ che in tutte le imprevedibili circostanze non dimentichi
che ogni cosa procede da Te.
O Signore, fa’ che agisca con prudenza nei confronti del mio
prossimo e che nessuno resti turbato o amareggiato per causa
mia.
O Signore, dammi la forza di portare la fatica e tutto ciò che
accadrà in questa giornata.
Guida la mia volontà e insegnami a pregare e ad amare tutti
senza ipocrisia. Amen.

don Gianni Bernardi

Da “DIMENSIONE PI” – 14 e 21 gennaio 2018

Da “DIMENSIONE PI” – 14 e 21 gennaio 2018
settimanale della parrocchia di San Marco di viale San Marco

Questo settimanale si presenta in maniera particolarmente dimessa da un punto di vista grafico (probabilmente la parrocchia manca di qualche tecnico del settore che si metta a disposizione per questo servizio), però non manca di contenuti quanto mai validi.

Del numero del 14 gennaio mi paiono di segnalazione gli articoli sulla “Giornata dei migranti e dei rifugiati” e quello su “Amare la messa”. Questo due “pezzi” non sono firmati, ma penso siano ambedue del parroco, don Marco Liviero, che scrive sempre con la testa e col cuore.

Mi pare pure degno di attenzione il bilancio della Caritas parrocchiale da cui si registra che la parrocchia interviene in maniera notevole per appianare il deficit di bilancio: una comunità che investe sulla carità è sempre degna della qualifica di “cristiana”.

Del numero del 21 gennaio segnalo l’articolo “Un altro appuntamento importante” che parla della “Candelora”, soprattutto per sottolineare la conclusione dell’articolo che parla della presentazione al Signore dei bambini che partecipano al catechismo.

don Armando

GIORNATA DEI MIGRANTI E DEI RIFUGIATI

Per la 104° volta viene celebrata questa giornata. Era l’anno 1914. Allora i migranti erano tantissimi italiani che, con una vecchia valigia di cartone, prendevano i grandi vapori che li portavano in ” La Merica”. Certo, non usavano barconi o gommoni, ma anche alcuni di quelli affondarono facendo migliaia di vittime. Ma il fenomeno migratorio era in atto da tanto tempo prima. Ho letto che in cento anni, mi pare dal 1826 al 1926 circa, furono circa 28 milioni gli italiani che emigrarono. Capite? 28 milioni! Gli esperti dicono che l’emigrazione non andrà più considerata come emergenza dovuta a guerre, a fattori politici, economici o climatici, ma diventerà un fatto normale. La mobilità delle persone diventa un fatto normale: lo è anche oggi per tanti italiani in Europa, America e in altre parti del mondo.

Fa parte dei diritti della persona riconosciuti dalle Convenzioni internazionali…”liberi di venire, liberi di andare”. Su questo tema Papa Francesco da sempre si è esposto moltissimo, contrariamente alle scelte di alcune nazioni e capi di Stato che preferiscono chiudere le frontiere e innalzare muri.

Ciò ha ribadito anche nel messaggio del 1°dell’anno, giornata mondiale della pace, e ciò ripete per questa 104° giornata del migrante e del rifugiato che si celebra in questa Domenica 14 gennaio.

La risposta al problema dei migranti e dei rifugiati il Papa la scandisce usando 4 verbi:

accogliere.proteggere,promuovere, integrare.

La lettura personale del messaggio aiuta a riempire di contenuti e di proposte questi quattro verbi. Né dimentica, il Papa, di ricordare l’insegnamento della Sacra Scrittura, Antico e nuovo Testamento: “Il forestiero dimorante tra voi lo tratterrete come colui che è nato tra voi; tu l’amerai come te stesso, perché anche voi foste forestieri in terra d’Egitto” (Levitico 19,34), e il brano sul giudizio universale in Matteo 25: “Avevo fame,avevo sete, ero forestiero e mi avete dato da mangiare, da bere, mi avete accolto….o non avete fatto tutto questo.

AMARE LA MESSA

Se è vero che la frequenza alla Messa nella nostra parrocchia è attorno all’8-10%, vuol dire che la Messa non è amata. Perché non è amata? Perché non la si conosce, perché non si sa il suo significato. Se si conoscesse il suo significato, certamente le cose cambierebbero.

Tempo fa alcuni ragazzi dicevano che si annoiavano perché è sempre la stessa. Mi è venuto da rispondere: “Meno male che è sempre la stessa!” Perché questa risposta? Perché penso di aver capito, almeno qualcosa, (ma tanto ancora mi resta da capire) che cos’è la Messa. E’ il segno massimo dell’amore con cui sono amato da Dio. Dio mi ha amato e mi ama fino a darmi il Figlio suo Gesù. E questo Figlio, Gesù, mi ha amato fino a dare la vita per me.

Capite? Per me! Chi sono io per valere l’amore di Dio? Di Gesù Cristo? Una povera creatura! Povera perché creatura. Esisto, ma con niente cesso anche di esistere. E oltre ad essere una povera creatura, sono anche un peccatore, uno che manca verso Dio e verso il prossimo, un ingiusto, per niente misericordioso….. e quanto altro potrei aggiungere!

La Messa, sempre ripetuta, è l’offerta di amore, di perdono, di amicizia che Dio non si stanca mai di offrirmi. Volete che non approfitti di questo amore per lasciarmi tirare su dalle mie miserie, per lasciarmi incoraggiare nelle mie sconfitte, per farmi sostenere nel mio impegno? Ho bisogno di caricarmi del suo amore per riaccendere continuamente il mio così debole.

Nella Messa faccio l’esperienza di quel figlio prodigo che torna a casa e cerca dentro di se le parole per chiedere scusa al Padre e lo trova che da sempre, da quando era andato via di casa, lui lo aspettava e ora che è qui gli corre incontro, lo bacia e lo abbraccia,lo rimette a nuovo e gli fa gran festa. Almeno noi adulti dovremmo cercare di capire questo: non una cerimonia, ma un incontro importante, bello, che dà forza e gioia. Basta poco. Basta pensare al suo significato: “E’ il mio corpo” dato per te; “è il mio sangue” versato per te. Non mi pento di amarti, dice il Signore. Torna qui, non puoi vivere senza di me.

A Maggio porteremo altri bambini alla Comunione per la prima volta. Dovrebbero desiderarla solo perché vedono come i loro genitori (e tutti noi adulti) la desiderano, si preparano a riceverla, la fanno e stanno in preghiera con il Signore Gesù. Genitori, ne siamo consapevoli? Non sarebbe il caso che ci facessimo un pensiero e fossimo più fedeli alla partecipazione alla Messa? Questo vale per ogni cristiano.

BILANCIO CARITAS 2017:
da anni esiste in parrocchia un piccolo servizio Caritas per dare una mano a persone e famiglie che si trovano in difficoltà: in massima parte si tratta di “stranieri”: a volte chiedono generi alimentari che acquistiamo, a volte qualche soldo per necessità immediate e spicciole. Per necessità più grandi non possiamo impegnarci… anche se avviene. Si provvede a questo servizio Caritas mediante offerte fatte a questo scopo e con la questua alle Messe dei funerali. Mettendo insieme queste due voci, le entrate sono state di Euro 5556/22. Le uscite di Euro 9191/70.

Il disavanzo è di Euro 3635/48 e viene coperto dalla parrocchia. Altri bilanci verranno man mano
comunicati e quello generale e definitivo con Dimensionepi a stampa di Pasqua.

ALTRO APPUNTAMENTO IMPORTANTE

È per Venerdì 2 febbraio, giorno che è conosciuto come la festa della Madonna Candelora. In

questo giorno la liturgia della Chiesa ricorda la presentazione al tempio di Gesù Bambino. Secondo le antiche tradizioni ebraiche il primo bambino maschio che nasceva in una famiglia doveva essere consacrato al servizio di Dio nel tempio, come segno di gratitudine a Dio che nella notte della fuga dall’Egitto (festeggiata con la Pasqua) aveva preservato i primogeniti ebrei dalla morte cui invece erano incorsi quelli Egiziani. Il Padre eterno, che ha buon senso, sa che non si possono imporre le vocazioni: è Lui che chiama e a Lui si risponde liberamente. Per questo era prevista la possibilità di “riscattare” il figlio primogenito sostituendolo con un altro dono in natura: un agnello, un capretto; per i più poveri due tortore o colombi.

Due colombi furono il riscatto offerto in luogo del bambino Gesù che poi offrirà tutta la sua vita per fare la volontà del Padre.

In quell’occasione, nel tempio avvenne I’incontro con due persone anzianissime che riconobbero, per impulso dello Spirito Santo, in quel bambino Gesù che Maria e Giuseppe portavano in braccio il Messia promesso e atteso (ecco come il dono dello Spirito illumina la mente e il cuore e rende capaci di riconoscere la presenza del Signore nelle vicende della vita personale,sociale… ovunque). Anche noi celebriamo questa festa portando delle candele accese e professando che davvero Gesù, la sua Parola, il suo Vangelo, sono per noi una luce che ci fa vedere ogni cosa come la vede Dio.

NELLA NOSTRA PARROCCHIA in questa giornata noi presentiamo al Signore i bambini che stanno muovendo i primi passi verso la conoscenza del Signore partecipando alla catechesi parrocchiale e preparandosi a celebrare i primi Sacramenti, quelli particolarmente necessari e che si avrà bisogno di ricevere continuamente: il perdono e la Comunione, il dono della guarigione e il dono dell’essere nutriti. La vita divina iniziata in noi con il Battesimo niente e nessuno può guarirla ed alimentarla se non il Signore stesso.

Allora i bambini che si stanno preparando alla PRIMA CONFESSIONE e alla PRIMA COMUNIONE, accompagnati dalle loro famiglie, parteciperanno alla S. Messa di VENERDÌ‘ 2 FEBBRAIO alle ORE 18.30, verranno ad uno ad uno presentati alla comunità parrocchiale e tutti insieme li presenteremo al Signore perché vegli su di loro, li assista, li benedica e li accompagni. Le famiglie dei bambini e tutta intera la nostra parrocchia avvertano la gioia di fare incontrare un po’ alla volta questi bambini con il Signore Gesù e si sentano impegnati a sostenerli nella loro crescita. E quello che cerchiamo di insegnare corrisponda a quello che cerchiamo di vivere noi adulti.

il Sacramento della Confessione sarà celebrato in Quaresima, La Messa di Prima Comunione sarà celebrata in Maggio. Già da ora questi bambini sono i benvenuti alla nostra festa domenicale. Chiediamo ai genitori di curare la loro presenza e di parteciparvi insieme, imparando i gesti, i canti, le preghiere.

Da “INSIEME !” – 21 gennaio 2018

Da “INSIEME !” – 21 gennaio 2018
settimanale della comunità cristiana SS. Martino e Benedetto di Campalto

Il periodico si presenta con una impostazione grafica molto modesta, tanto da far pensare che i contributi siano pochi, mentre in realtà contiene ogni volta degli interventi veramente interessanti da parte di membri di gruppi diversi della parrocchia.

Segnalo il pranzo organizzato dalla San Vincenzo per i poveri ed attività scout quanto mai fantasiose.

don Armando

STARE CON

Mi ha fatto molto piacere partecipare, domenica scorsa, al pranzo organizzato dalla San Vincenzo per i suoi assistiti. Era la prima volta per me e – ammetto – nei giorni precedenti e prima di arrivare, ero un po’ a disagio, perché non sapevo cosa aspettarmi e perché non sapevo chi c’era, ma soprattutto perché io, se guardo alla mia esperienza personale, la povertà – almeno quella economica – non so proprio cosa sia e la mia mente fatica non poco ad immaginare cosa significhi essere poveri e dunque temevo di non riuscire a trovare parole, atteggiamenti e gesti adatti. Oggi mi chiedo: ma adatti a chi? Entrata in sala teatro, le tante persone, il clima gioioso, le facce allegre, la lunga tavola ben apparecchiata, mi hanno subito fatto capire che ero arrivata ad una festa e che stare insieme era l’unico scopo dell’iniziativa.

E così ho fatto: mi sono seduta dove c’era posto, ho mangiato le cose buone che i bravi cuochi hanno preparato, ho parlato un po’ di tutto e un po’ con tutti, ho riso e ho giocato alla lotteria. Ho smesso quasi subito di chiedermi se il mio interlocutore fosse un assistito, un volontario o chissà chi. Non era quello il momento di fare queste distinzioni: era solo un tempo per godere della bella ospitalità della san Vincenzo e della presenza reciproca, uno dell’altro! All’anno prossimo (o chissà, magari anche prima!).

Manuela

Crediamo che questa testimonianza esprima appieno lo spirito con cui viviamo ogni anno questa giornata con i nostri amici. Non ci importa sapere se verranno tutti, di più o di meno, siamo solo certi che è un momento di incontro per loro ma con loro, ben sapendo che come sempre è più quello che riceviamo che quello che diamo.

Avventure invernali

Alle 8 e mezza di mercoledì 3 gennaio la stazione di Mestre si è riempita di martelli, spade, asce e scudi vikinghi. C’erano anche zaini, calzoncini, calzettoni e fazzolettoni, tutti bene ordinati nell’uniforme scura, ma… non erano tutti uguali a quelli che siamo abituati a vedere, ve ne erano di due clan vikinghi diversi! Erano i ragazzi dei reparti del gruppo Campalto-Favaro 1 e del gruppo Mestre 9! Pronti a partire per vivere assieme l’avventura del campo invernale a Bassano del Grappa. Il Drakkar su cui hanno navigato sfrecciava sulle rotaie e attraversava veloce le città verso il punto d’incontro di tutti i clan vikinghi, da dove sarebbero partiti per le loro imprese. E fu proprio cosi, il tempo al campo è stato scandito con regolarità e precisione poiché ogni squadriglia, ed erano in tutto 8, è stata chiamata ad intraprendere i primi tre passi per realizzare la propria impresa, si è cioè messa ad ideare, a lanciare e a progettare quelli che erano i suoi desideri. Sono state condivise spedizioni per il paintball e per la pesca da sherpa, si sono progettate costruzioni di forni, di angoli di squadriglia, e di cortometraggi; insomma ogni squadriglia ha dato libero sfogo alle sue passioni ed alla sua creatività per lanciarsi in qualcosa in cui credeva. In tutto questo non ci siamo però dimenticati di sfidarci l’un con l’altro per testare i nostri punti forti, sono state dunque allestite sfide a buldozzer e tornei con spada, ci si è sfidati a bandiera genovese e ad un centinaio di altri giochi di cui sarebbe troppo lungo raccontare, e poi mantenere un po’ il mistero rende tutto più affascinante. Sono stati tre giorni sicuramente molto impegnativi, anche un poco sofferti per via del freddo e delle camere strette (e pensate che la cucina del campo non stava nella struttura dove alloggiavamo, perciò c’era sempre un tratto da fare fuori al freddo!! Poveri cambusieri!), ma impagabili dal punto di vista relazionale. Quanto è bello mettersi a confronto con qualcuno? Condividere il gioco, gli spazi, il tempo e perché no… magari anche qualche nostro pensiero più intimo? Gli occhi degli altri ci stimolano ad essere ogni giorno migliori, noi scout diciamo: a fare costantemente del nostro meglio, e ringraziamo per questo i ragazzi del Mestre 9, di certo questa nostra avventura ha avuto i colori sgargianti dell’arcobaleno perché la abbiamo condivisa con loro.

Il Reparto

Da “UNA VOCE NELLA RIVIERA” – 21 gennaio 2018

Da “UNA VOCE NELLA RIVIERA” – 21 gennaio 2018
settimanale dell’unità pastorale delle parrocchie del Sacro Cuore di Gesù di Ca’ Sabbioni e di San Pietro in Bosco e Santa Maria Maddalena di Oriago

Il settimanale è uno dei più signorili e dei più ricchi di contenuto tra i vari bollettini parrocchiali. Suppongo che ci sia uno staff di esperti per l’impaginazione ed un parroco, don Cristiano, estremamente zelante nei riguardi della sua gente.

Di questo numero non riporto le riflessioni del parroco perché non so per quale svarione si rifanno all’ultima domenica di avvento. Segnalo invece l’articolo sulle dieci regole per la confessione e il grande concerto della parrocchia di Oriago.

Credo che sarebbe quanto mai utile per i parroci avere un elenco dei cori, delle orchestre e dei gruppi teatrali ai quali poter attingere per organizzare attività di questo genere nelle relative parrocchie.

don Armando

Il concerto a S. Maria Maddalena del Liceo Musicale di Venezia

Grande successo di pubblico la sera di venerdì 12 gennaio per un appuntamento musicale di rilievo, organizzato dalla Caritas Vicariale Riviera Mira. Nella chiesa di S. Maria Maddalena di Oriago ha tenuto un entusiasmante concerto l’Orchestra del Liceo Musicale di Venezia, formata da una quarantina di allievi che nel recente passato hanno dato già prova del loro talento non solo qui in Italia, ma anche a Bamberg, in Germania, nell’ambito di un progetto di gemellaggio con il Liceo Kaiser Heinrich di quella città che prevede una stretta collaborazione tra le Orchestre dei due istituti. Il programma presentato a Oriago, denominato “MusicMovie”, ha previsto l’esecuzione di dodici celebri brani tratti da colonne sonore che hanno fatto la storia del cinema.

Durante la serata i volontari della Caritas Vicariale hanno raccolto libere offerte che, come ha spiegato nel suo intervento introduttivo il responsabile Fabio Schirru, contribuiranno a finanziare gli onerosi lavori previsti per l’apertura del nuovo Emporio solidale nei locali del patronato della parrocchia di Mira Porte. (E.G.)

LE DIECI ARGUTE REGOLE DI MONS. DELPINI PER LA CONFESSIONE

Monsignor Mario Delpini, attuale arcivescovo di Milano, all’inizio dello scorso anno, quand’era ancora vescovo ausiliare della città e segretario della Conferenza Episcopale Lombarda, ha spiegato in dieci punti come NON si deve fare la Confessione, elencando le “regole” da seguire per avere la certezza che… la Confessione non serva a niente! Ecco il breve e gustoso vademecum scritto dal presule.

Cosa rende inutile la Confessione
Per essere sicuri che la confessione non serva a niente si devono applicare le seguenti regole (anche non tutte, ne bastano alcune):

1.Confessare i peccati degli altri invece che i propri (e confidare al confessore tutte le malefatte della nuora, dell’inquilino del piano di sopra e i difetti insopportabili del parroco, dopo aver accertato che il confessore non sia il parroco).

2.Esporre un elenco analitico e circostanziato dei propri peccati, con la preoccupazione di dire tutto e tirare un sospiro di sollievo quando l’elenco è finito: ci sono di quelli che salutano considerando tutto finito. L’assoluzione è ricevuta come una specie di saluto e di augurio.

3.Confessarsi per giustificarsi: in fondo non ho fatto niente di male. Il pentimento è un sentimento dimenticato.

4.Confessare tutto, eccetto i peccati più gravi («perché se no non mi assolve»).

5.Presentarsi al confessore con la dichiarazione: «lo non ho niente da confessare».

6.Confessarsi perché «me l’ha detto la mamma (o il papà o la moglie o la zia…)».

7.Parlare con il confessore per mezz’ora del più e del meno e concludere: «La ringrazio che mi ha ascoltato! Le auguro buona Pasqua, a Lei e alla Sua mamma».

8.Approfittare per confessarsi della presenza di un confessore («Non avevo neanche in mente di confessarmi, ma ho visto che era libero…»).

9.Confessarsi perché è giusto confessarsi ogni tanto.

10.Confessarsi per evitare che il confessore sia venuto per niente.

Mons. Mario Delpini

Da “IL DIALOGO” – 21 gennaio 2018

Da “IL DIALOGO” – 21 gennaio 2018
settimanale della parrocchia San Michele Arcangelo di Quarto d’Altino

Mi pare opportuno e lodevole che la parrocchia ricordi il suo vecchio parroco, don Carlo Scattolin, in occasione del trentesimo anniversario della sua morte. Le comunità cristiane devono molto ai loro parroci, i quali hanno donato gran parte della loro vita per i membri della parrocchia spesso senza alcun contraccambio.

Segnalo pure un reportage su un pellegrinaggio in Terrasanta ed una iniziativa molto più banale: “Pranzo comunitario pro restauro”. Questa soluzione “mangereccia” per raccogliere offerte mi pare molto adottata dalle parrocchie della nostra città e dalle relazioni pare abbastanza positiva sia come socializzazione che come rendimento.

don Armando

DON CARLO SCATTOLIN: COSTRUTTORE DI FEDE e DI OPERE

Un ricordo a trent’anni dalla morte
Don Carlo Scattolin, parroco dal 1937 al 1976 presso la parrocchia di Quarto d’Altino, era un sacerdote severo, duro con se stesso, esigente con gli altri, non accettava compromessi. Attivo, energico e sofferente, fragile fisicamente nello stesso tempo, scomodo per alcuni, gradito ad altri, amava parlare a tutti. Egli avviò alcuni progetti importanti per la parrocchia, quali il campanile, la scultura dell’arcangelo San Michele e le campane, la scuola materna ecc, realizzate dimostrando coraggio, abilità, competenza e tanta umiltà. Oltre che costruttore di opere per la comunità, era un vero costruttore di fede tra il suo gregge e aperto al dialogo soprattutto con chi era lontano dalla Chiesa. Nel 1972, giunse a sostenerlo il nuovo vicario don Mario Ronzini che divenne poi parroco nel 1976. Per problemi di salute infatti don Carlo fu costretto a dare le dimissioni.

In una lettera indirizzata agli ex parrocchiani, pubblicata sul “Dialogo” del 29 aprile 1979, esprime non a caso, una piena e serena tristezza: “Pensare alla famiglia nella quale uno è vissuto per molti anni e si è trovato bene perché ci si capiva e si amava, è questo un ricordo che porta sollievo, anzi gioia (…) Non posso dimenticare quelle persone care che, per tanti anni, furono oggetto delle mie più assillanti preoccupazioni (…) Voi lo sapete già, quando sarà la mia ora riposerò sempre in mezzo a voi (…) Formate una comunità in cui vi considerate tutti come fratelli (…) Il sentire che in parrocchia siete un cuore ed un’anima sola e vivete gli uni per gli altri, mi riempie di gioia”. Don Carlo morì a Venezia nel gennaio del 1988.
Tratto da alcuni scritti di Alfio Bonesso

PELLEGRINI NELLA TERRA DI GESÙ

A seguito dei disordini accaduti nella martoriata terra di Palestina, mai pensavamo sarebbe stato possibile visitare la Terrasanta, meta principale per ogni cristiano. Invece, la Divina Provvidenza ha reso ciò possibile; oltre un anno e mezzo fa, I’ IRC, il centro diocesano insegnanti di religione, dopo un pellegrinaggio ai Sacri Monti, ha lanciato I’invito.

Pur essendo perplessi, abbiamo subito accolto I’invito, ritenendolo un segno. Anche se il percorso di organizzazione è stato molto travagliato la forza che ci ha permesso di andare avanti è stata la convinzione che Gesù ci stesse aspettando! Sono stati nove giorni molto intensi e faticosi, ma carichi di esperienze. Non sapevamo cosa ci aspettasse, tuttavia, nonostante i luoghi dove ha vissuto il nostro Signore non sono più quelli di duemila anni fa e che specialmente nelle basiliche della Natività e del Santo Sepolcro, molto frequentate, non ci fosse stata la possibilità di un raccoglimento intimo, abbiamo incontrato Gesù altrove.

Lo abbiamo incontrato nel silenzio del Lago di Tiberiade navigandolo in barca, lo abbiamo incontrato nel monte degli ulivi, sulla collina della Domus Flevit dove Gesù pianse davanti al panorama di Gerusalemme, per la sua prossima distruzione, sulla via del Calvario a Gerusalemme durante la via Crucis, nella grotta di San Girolamo nella cripta della Basilica della Natività, nel sito dedicato all’ Olocausto Yad Washem in particolare nel labirinto buio illuminato solo da migliaia di piccole fiammelle e dove continuamente vengono pronunciati i nomi dei circa 500.000 bambini ebrei uccisi dalla follia antisionista, nel deserto di Giuda, un posto magico che ci ha fatti entrare in una dimensione fuori dal tempo e dello spazio, nel sito di Qumram, un altro posto magico sul Mar Morto, nel Fiume Giordano dove abbiamo rinnovato le nostre promesse battesimali.

Per finire un’ esperienza commovente I’ abbiamo avuta a Jerico visitando la Scuola dell’ Infanzia Santa Maria retta da tre suore francescane di cui due ultraottantenni.

La scuola accoglie circa 600 bambini dalla scuola materna alla terza media, di cui solo 4 sono cristiani, essendo una scuola paritaria senza alcun sussidio esterno, deve mantenersi solo con una piccola retta (circa 50 euro al mese) che non tutti possono pagare. Alcune volte, noi cristiani critichiamo la nostra Chiesa generalizzando un sentimento di inadeguatezza; I’esempio della Scuola di Jerico, riassume invece la possibilità di una Chiesa aperta alle periferie, pensiamo solo che, al suo interno, nonostante un sito cristiano, viene garantita I’educazione religiosa sia ai pochi cristiani che alla stragrande maggioranza musulmana.

Dopo avere vissuto un’ esperienza così forte, pensiamo che il vero pellegrinaggio comincerà adesso, dopo avere metabolizzato le sensazioni provate.

Giuseppina e Pietro

LA PARROCCHIA SI STA ADOPERANDO PER ORGANIZZARE UN PELLEGRINAGGIO IN TERRA SANTA DAL 23 AL 30 AGOSTO 2018

PRANZO COMUNITARIO PRO RESTAURO
PASTA, MUSETTO E LENTICCHIE
Domenica 4 febbraio – ore 12.30
Contributo base € 15 a persona (fino a 6 anni: gratis)

Da “COMUNITÀ E SERVIZIO” – 14 gennaio 2018

Da “COMUNITÀ E SERVIZIO” – 14 gennaio 2018
settimanale della parrocchia San Giuseppe di viale San Marco

Il numero di questo periodico parrocchiale esce come sempre umile, ma elegante e ricco di contenuti e proposte.

Segnalo l’intervento intelligente e profondamente religioso del parroco, don Natalino, che riflette sulle domande che Dio pone all’uomo attraverso la Bibbia. Lascio al lettore la possibilità di un arricchimento spirituale leggendo tutta la riflessione di questo sacerdote che aiuta a cercare, scoprire e dialogare col Signore.

Segnalo pure l’intervento di un “nuovo giornalista” parrocchiale, Adelio Lombardo, che sostituisce il brillante Alessandro Seno che curava con tanta intelligenza e scioltezza di linguaggio, la rubrica “Uno sguardo sulla settimana”. Mi spiace davvero che questo “lettore” attento alla quotidianità, lasci il settimanale, tanto erano piacevolmente arricchenti le sue riflessioni. Il nuovo giornalista, Adelio Lombardo, inizia il suo servizio con una riflessione che attualizza in maniera quanto mai convincente il mistero dell’Incarnazione, partendo dal presepio fatto quest’anno nella sua parrocchia. Il titolo dell’articolo anticipa ed esprime il contenuto di tutto il testo: “Gesù a Km zero”.

Penso che tutti coloro che sono interessati alla pastorale farebbero bene a leggere ogni settimana il periodico nel quale intervengono questi parrocchiani impegnati sul campo dei mass media.

don Armando

CHE COSA CERCATE?
di don Natalino

Uno dei motivi che conquistano la mia attenzione sono le domande della Bibbia. Certo, a cominciare da quelle che sentiamo nostre, quando ci identifichiamo in questo o quel personaggio biblico, in un versetto dei Salmi o dei testi profetici. Prima di tutto però mi colpiscono le domande che Dio stesso rivolge all’uomo e quindi a noi. Fin dall’inizio, quando passeggiando nell’Eden chiama Adamo che si è nascosto, dicendogli: «Dove sei?». In quante altre ci si imbatte poi lungo la storia della salvezza! Il nostro è un Dio che sempre interpella, domanda, interroga, chiama ad uscire fuori. L’evangelista Giovanni ci ricorda che Gesù, all’inizio della sua missione, rivolse a due che gli andavano dietro queste parole: «Che cosa cercate?». E’ una domanda chiave, che mi ha sempre affascinato: sia perché appartiene all’arte dell’incontro propria del Signore, sia perché è una parola che non tramonta mai nel risaputo, ma provoca a riconoscere che cosa davvero ci sta a cuore mentre siamo in mezzo a tante e varie attività o pratiche religiose. Occorre lasciarsi interpellare anche oggi, come la prima volta, per ridestarsi dal torpore della routine e non restare ingessati nel ruolo. Un monaco dell’alto medioevo ci ha lasciato una bella pagina di meditazione in preghiera, che termina così: «Insegnami a cercarti e mostrati quando ti cerco: non posso cercarti se tu non mi insegni, né trovarti se non ti mostri. Che io ti cerchi desiderandoti e ti desideri cercandoti, che io ti trovi amandoti e ti ami trovandoti» (Sant’Anselmo).

GESÙ A KM ZERO
Anche quest’anno nella nostra chiesa nella seconda cappella di sinistra le due formiche creative dei sotterranei ci hanno regalato il presepio. E come al solito sono riusciti a stupirci con quanto hanno pensato e realizzato per loro e per noi.

A Natale il tema è uno solo: la nascita e non una nascita qualsiasi, bensì la nascita del Figlio di Dio. Si dice che un buon esempio vale più di mille parole: vorrà certo dire qualcosa che il nostro Creatore infinito ed eterno nasce da una donna in una stalla. Io credo che abbia voluto dirci che ci vuol bene.

Ricordo una messa di Natale celebrata nella puzza dell ‘olio e dei motori in officina del deposito autobus ACTV di via Torino a Mestre. Il celebrante ha officiato la messa sopra ad un banco di lavoro dei gommisti. Si chiamava Marco Cè. La predica dopo il vangelo mi è rimasta impressa. Ne ricordo a senso un passo chiave: «Gesù, se dovesse nascere oggi probabilmente sceglierebbe di nascere qui, in questa officina. Vedete, voi sapete aggiustare i motori, cambiare le gomme, io sono figlio di contadini lombardi e potrei spiegarvi come si munge una mucca. Gesù parlava ai pastori e ai contadini, accendendo la speranza.

Il linguaggio era semplice e immediato, parlava facile il figlio di Dio!» Una cartolina, una foto in bianco e nero di uno scorcio di Venezia nei primi anni del 1900. Nel sestiere di Dorsoduro, in località Santa Marta. Non un posto importante come San Marco o Rialto.

Un posto abitato da poveri pescatori: il campo era davvero un campo di terra ed erba. Il colore della terra suggerisce la povertà delle persone… e in mezzo a questo paesaggio brullo neanche un sottoportico per ripararsi, come nel presepio dell’anno scorso.

Quest’anno la fantasia di Luciano e Vittorio, integrata dal tocco fine dì Mario, ha ambientato la nascita di Gesù a bordo di una peata, grossa barca per trasporti. Stupefacente poi il fatto che i magi siano venuti veramente dall’altro mondo… da San Piero de Casteo! e portavano altrettanti regali che più veneziani di così non sì può. Offrivano le cose migliori per la gente semplice e povera dell’ epoca: polenta, pesce e una ombra di vino. Ho sentito una persona che, ammirando il nostro presepio, si complimentava con gli autori e a voce aggiungeva la descrizione del canale, ricordando il ponte che sorgeva sulla sinistra del rio, lì dove lui giocava. Ecco, il riconoscersi in quei luoghi precisi e scoprire che Gesù non è una cosa strana scritta sui libri ma è veramente nato da donna, dove noi eravamo e siamo cresciuti e dove ora ci troviamo.

Per questa identificazione e semplice rappresentazione grazie agli autori e realizzatori, ma soprattutto a Dio che sa spiegarsi anche con i presepi. È davvero un buon «prodotto», come la frutta e le verdure: a chilometro zero per noi.

Adelio Lombardo

Da “PROPOSTA” –14 gennaio 2018

Da “PROPOSTA” –14 gennaio 2018
settimanale della parrocchia San Giorgio di Chirignago

Mi pare che di questo numero la notizia più importante sia un incontro serale con cena per tutte le famiglie con figli. La cosa è interessante perché si pensa di coinvolgere due-trecento persone e perché diventa un modo per creare comunità.

Piacevole è pure la relazione delle vacanze di un gruppo di famiglie pure con figli nella casa di montagna della parrocchia. Importante l’annotazione di una comunità che si riunisce nel nome del Signore e vive un momento di esperienza di fede pur non vendo la presenza di un sacerdote.

don Armando

LETTERA DA CARACOI

Caro d. Roberto, siamo appena tornati da 3 giorni a Caracoi con altre famiglie. Eravamo in tanti, 19 adulti e 16 bambini, oltre a qualche defezione per malattia. Volevo renderti edotto di alcune riflessioni che mi sono sorte, perché troppo spesso diamo per scontate le cose buone che abbiamo e smettiamo di rilevarle. In primis: è stato il primo anno che non abbiamo avuto un sacerdote presente. Certamente ne abbiamo sentito la mancanza, e non solo perché non siamo riusciti a celebrare la Messa in casa, ma l’assenza di don Andrea ha “obbligato” alcuni di noi di farsi carico in maniera attiva dei momenti di preghiera comune. Abbiamo così pregato insieme la preghiera dei Vespri, bambini compresi. Preghiera dì non facile approccio, ma che ci unisce alla Chiesa universale. Sicuramente si poteva fare meglio, ma quello che avrebbe potuto essere un problema si è rivelato essere un’opportunità. O meglio, una vera e propria Grazia.

Un’altra cosa: durante la vacanza tutto avviene con naturalezza. Visto che è una vacanza si è deciso di non programmare minuziosamente le giornate e i servizi necessari. A parte la cucina (di cui si occupa soprattutto Andrea) il resto viene tutto svolto regolarmente, quando qualcuno si accorge che c’è bisogno di qualcosa lo fa. E questo stupisce notevolmente chi viene per la prima volta, sopratutto perché viene svolto tutto in armonia e senza screzi, malgrado si sia in tanti in uno spazio relativamente ristretto (mai uno, a parte quelli dei bambini che non contano!). Si respira un’aria di affetto e fiducia reciproca che lasciano intendere che ad unirci è Qualcuno di più grande. Certamente qualcuno di noi è cresciuto insieme all’ombra del campanile, ma l’esperienza ci mostra come questo non sia sufficiente a mantenere legate le persone, se quel rapporto non è cementato dall’ Amore di Dio.

L’ultima riflessione è che ho notato come nei nostri discorsi non manca mai l’interesse per la Comunità di Chirìgnago: se ne parla, ci si confronta, si raccontano esperienze e si condividono idee; come solo può accadere per un aspetto quotidiano della propria vita. Adesso non vorrei che sembrasse un consesso terribilmente serio e noioso: ci si diverte tanto insieme, ma in modo sano, rispettoso e costruttivo. E i bambini presenti crescono insieme e respirano questa “aria buona”. Che ne dici, ho usato troppo le lenti rosa? Non credo, ma un aspetto negativo della vacanza c’è stato. La strada, che d’inverno è sempre difficoltosa, quest’anno ha falcidiato qualche catena alle auto! Con affetto

Edina

SABATO 20 GENNAIO –
FESTA DELLE GIOVANI FAMIGLIE

Anche quest’anno per le famiglie che hanno figli fino “piccoli” proponiamo una serata di festa (i figli sotto la terza media non pagano, quelli sopra pagano come gli adulti) che avrà questa scaletta:

Ore 19,30: PREGHIERA PER TUTTI IN CHIESA
Ore 20.00: CENA
Ore 21.00: in sala S. Giorgio: SPETTACOLO DEL MAGO/PRESTIGIATORE CHE GIÀ LO SCORSO ANNO HA STRABILIATO PICCOLI E GRANDI
Iscrizioni in canonica entro e non oltre GIOVEDÌ 18 GENNAIO

I Genitori e ì figli sopra la terza media pagano 9 euro a testa, i bambini sono ospiti della parrocchia. P.S.:

Con l’esperienza cerchiamo di affinare ogni volta di più e meglio l’organizzazione.

Quest’anno abbiamo pensato ad una modalità per la cena che di sicuro sarà gradita da tutti.

Non vogliamo svelare il mistero ma vi assicuriamo che sarà così.

VI RACCOMANDIAMO DI ESSERCI

Da “COMUNITÀ E SERVIZIO” – 7 gennaio 2018

Da “COMUNITÀ E SERVIZIO” – 7 gennaio 2018
settimanale della parrocchia San Giuseppe di viale San Marco

Il parroco, don Natalino, nel suo articolo di fondo denuncia certi interventi di persone irrequiete che creano scompiglio, imbrattano musi e sbraitano in maniera chiassosa in luoghi pubblici. Si chiede però se la colpa di questo disagio non sia della società con le sue ingiustizie e la mancanza di valori.

Giusto! Però credo che chi è preposto al buon vivere civile, oltre ad auspicare costumi più sani, debba pure intervenire e castigare con pene (non la prigione) per far rinsavire questa gente. La cura degli sculaccioni mi pare ancora valida!

Segnalo anche l’articolo di Alessandro Seno che nella rubrica “Uno sguardo sulla settimana” fa un’autoanalisi ed un’autocritica sui suoi articoli ed auspica che qualcuno lo sostituisca per poter ascoltare voci nuove e diverse. A parer mio quella di Seno è una pia illusione: di mosche bianche ce ne sono purtroppo poche. Continui pure, che lo leggeremo sempre volentieri.

Credo sia opportuno leggere la relazione sulle due “San Vincenzo”. Questa associazione è una delle poche che danno continuità agli aiuti e seguono personalmente le famiglie in disagio sociale.

don Armando

SEGNI DEL DISAGIO
di don Natalino

Piazze e sagrati sono luoghi nei quali viene spontaneo darsi appuntamento, stare insieme e fare festa. Sono lo spazio condiviso di un bene comune, il loro valore va ben oltre la funzionalità. Qui una comunità si racconta, nelle sue riuscite e nelle sue miserie. Ai nostri giorni ci vuole così poco perché una piazza o un sagrato diventino teatro di comportamenti insulsi, specie di notte e durante le feste. E’ fenomeno recente, balzato alla ribalta della cronaca locale. Chiedetelo al parroco del Duomo o della chiesa di Altobello, confratelli ai quali va la mia solidarietà.

Occorre andare oltre il comprensibile moto di indignazione e lasciarci interrogare da questi fatti non facili da decifrare e da affrontare. Lo sballo e le sbornie, l’imbrattamento dei muri e altri atti vandalici sono gesti di una notte e lasciano un danno che si può ripulire o togliere. Invece le persone che li compiono restano e forse si portano ancora dentro un disagio, non riescono a togliersi di dosso il loro malessere. L’eccesso fatto in pubblica piazza, spaccando o sbraitando, ha un che di provocatoria esibizione, che bisogna pur saper ascoltare. Assomiglia allo strillo di chi vuole attirare l’attenzione e affermare di esserci. Forse perchè si sente escluso? Forse perchè non sopporta che la sua condizione sia ignorata? Forse per rivalsa verso i più che hanno ciò che lui non ha? Attenzione ai nostri giudizi moralistici: potrebbero servire a farci sentire a posto nei nostri caldi salotti dove siamo tutti buoni, gradevoli e belli.

UNO SGUARDO SULLA SETTIMANA
a cura di Alessandro Seno

Anno nuovo scrittore nuovo!

Ridendo e scherzando sono quasi due anni e mezzo che vi rompo le scatole con questa rubrica. Eh già, sembra ieri che scrivevo dell’Expo milanese, vi ricordate l’evento? Mi auguro di si per diamine!

In questo periodo trascorso assieme spero di avervi incuriosito almeno una volta e mi auguro che la noia non vi abbia assalito; del resto le notizie approfondite in queste righe spesso erano tra loro molto simili e purtroppo non allegre, ho cercato di bilanciare la deriva pessimistica che purtroppo irrompe dai quotidiani o dai giornali tv con sortite legate prevalentemente ad argomenti leggeri al limite del banale ma trattati con un piglio scanzonato (anche troppo penserà qualcuno a ragione…) e senza prendermi troppo sul serio. Ho ricevuto molti complimenti e di cuore ringrazio chi me li ha fatti, spero siano tutti veri ma se anche così non fosse fanno veramente molto piacere comunque. Qualche critica è stata riportata nero su bianco vicino a questa rubrica e anche quella mi ha lusingato dato che qualcuno si è preso la briga di leggermi e di armarsi di carta e penna (o tastiera e mouse forse) e ribattere in maniera garbata e senza polemica alcuna. Mi rendo conto che anche leggendo molto ed essendo parecchio interessato a ciò che succede nel grande mondo (la terra) e in quello piccolo (“el Vìal” con la V maiuscola) alla fine viene fuori il tratto distintivo di chi commenta, che nel mio caso è questo battere insistentemente sulla “civiltà ” intesa come responsabilità umana, sociale e cristiana nei confronti di chi ci sta accanto, siano persone o cose.

Trovo fastidioso che la gente posteggi sulle aiuole tanto quanto una persona che bestemmia in tram o un tizio che getta per terra una carta o un mozzicone; reputo ignoranti le persone che non riescono a interagire con altre se non sono del loro stesso colore della pelle ma altrettanto mi sale il sangue alla testa quando nel giro di 200 metri mi chiedono 4 volte la carità! Rileggendo un pò’ a caso gli articoli scritti in questo periodo di tempo salta fuori tutto questo, uno “stile ” di fondo che batte più o meno gli stessi tasti di onestà, correttezza ecc. ecc.

Non so se sia un bene o un male ma ritengo giusto che magari qualche altro possa dare un “taglio personale” a fatti, vicende e particolari facendoci scoprire magari punti di vista inusuali, interessanti e affascinanti.

Quindi passo la palla a voi lettori, spero che qualcuno abbia la curiosità di provare a scrivere qualcosa e di aiutare chi legge a vedere le cose da un’altra angolatura, solo così potremo godere di uno spettacolo a tutto tondo. Un ringraziamento particolare alla redazione di questo bollettino parrocchiale, grazie a loro ho potuto dare sfogo a una mia passione e me l’hanno lasciato fare senza nessun tipo di vincolo o paletto, in assoluta libertà; se qualche volta sono partito per la tangente – come si usa dire – è solo ed esclusivamente colpa mia.

Ancora grazie della vostra attenzione, è il miglior carburante per i viaggi sulla tastiera!

UN ANNO DI SAN VINCENZO

Nelle nostre due parrocchie sono attive fin dagli inizi altrettanti gruppi della San Vincenzo. Ecco il bilancio della loro attività caritativa.

Al Corpus Domini, grazie all’aiuto e alla solidarietà di tutta la comunità parrocchiale, è stato possibile acquistare derrate alimentari per un valore di € 6.000 e provvedere alla consegna settimanale a persone in bisogno, inoltre è stato sostenuto il pagamento di mensilità di affitto, di utenze domestiche, di ticket sanitari e farmaci per un totale di circa € 8.000. Una speciale attenzione è stata riservata a bambini in età scolare per dotarli di materiale scolastico ed anche di un aiuto economico per la partecipazione ad attività extrascolastiche. Alcune persone hanno contribuito donando pasta, pane, frutta e carne per arricchire la borsa del venerdì. C’è chi ha donato tempo: tempo per fare la spesa, tempo per allestire il mercatino e le altre attività, tempo per mantenere i rapporti con gli assistenti sociali. C’è molto bisogno di tempo e per questo a tutti si chiede, se possibile, di donarne un po’.

A San Giuseppe grazie alle provvidenze ricevute sia in occasione della domenica della carità con la raccolta delle borse della spesa, sia mediante il carrello lasciato accanto alla cassa del supermercato Famila, la San Vincenzo ha potuto predisporre borse di alimenti a persone nel bisogno. Inoltre sono stati acquistati ancora alimenti da dispensare per un totale di € 2.100. Lungo l’intero anno sono state distribuite circa 500 borse a sostegno di 25 nuclei familiari. Nelle messe dei funerali sono state raccolte offerte per un totale di € 5.920, con le quali è stato possibile venire incontro a nuclei familiari in difficoltà, aiutandoli nel pagamento delle utenze per un totale di € 6.000 e in qualche caso nell’acquisto di materiale scolastico per i bambini. Infine in soccorso di casi particolari sono stati destinati € 2.700. Il progetto «CiSoFare» per bambini, realizzato da personale qualificato di Casa Aurora nel patronato parrocchiale, è stato sostenuto con € 1.500. Occorre riconoscere che alle necessità di base si accompagnano nuovi bisogni, perché la povertà cambia volto. E si nota che prima di tutto c’è bisogno di volti e di mani, quindi di nuovi volontari, che diano disponibilità anche solo per due o tre ore la settimana.

Da “SEGNO DI UNITA’” – 14 gennaio 2018

Da “SEGNO DI UNITA’” – 14 gennaio 2018
periodico della parrocchia Santa Maria della pace di Bissuola

Mi pare che l’articolo più interessante, anche se amaro, è quello di un lettore che si firma col solo nome, Virgilio, e tratta il problema della messa festiva, specie in occasione delle grandi solennità. Le considerazioni non sono purtroppo specifiche della chiesa della Bissuola, ma sono condivise da tutte le parrocchie della città.

Anche mio fratello, don Roberto, parroco a Chirignago, parrocchia nella quale la chiesa è sempre sovraffollata, ha cominciato a lagnarsi per la diserzione dei ragazzi durante l’estate e le feste principali. Trovare soluzioni non è facile, però ritengo sarebbe quanto mai utile un confronto tra gli operatori pastorali delle parrocchie della città.

Mi paiono inoltre degni di segnalazione:

– Incontri del civico 14 – nel quale si preannuncia per mercoledì 24 gennaio una conferenza sul problema delle scelte.

– Tesseramento all’associazione “N.O.I.” che si occupa del patronato.

don Armando

IO A MESSA CI VADO, E TU?

Parliamoci chiaro, perché durante le Feste di Natale si riduce il numero delle s. messe? Sembra il solito cane che si mangia la coda. Si fa una messa sola perché c’è poca, pochissima gente, o la gente per l’appunto è poca perché si riducono le messe?

Vi garantisco che prima di arrivare alla decisione di sopprimere alcune celebrazioni, ci sono voluti anni di verifiche da parte di don Liviano. “Virgilio, dammi l’agenda dell’anno scorso, vediamo quanta gente c’era alla messa di sera del giorno di Natale l’anno scorso”. “Venticinque”. E l’anno prima, “trenta”. E chi celebra? Don Liviano arrivava a celebrare anche tre messe in un giorno ma purtroppo arrivava sempre più stanco al termine delle Feste. Don Antonio è degno di lode ed ammirazione ma l’età sta imponendo dei limiti. A parte don Stefano – anche lui ha i suoi impegni – non è che i preti si trovino agli angoli delle strade.

La sera di Capodanno ho contato una cinquantina di fedeli. Il mattino, all’unica messa delle 10.30 c’era un buon numero, ma certamente non tanto da litigare per entrare in chiesa. Dice che le chiese si svuotano, e quelli che vengono hanno mediamente una certa età. Ma ciò che si nota maggiormente durante le Feste (e anche durante l’estate) è l’assoluta assenza di bambini/ragazzi/adolescenti.

Sono tutti in montagna? D’estate sono tutti al mare? Non credo proprio perché fuori, al parco, nei centri commerciali, è pieno di bambini. Ma anche durante i periodi “normali”, quando non ci sono vacanze da scuola, gli stessi ragazzini che vengono al catechismo non li ritrovi a messa. Non è sempre tempo di sciate, né di spiaggia. Don Liviano brontola e sarcasticamente osserva – di fronte ai banchi vuoti – che poi non è vero che ci sia sta crisi (de schei) se sono tutti via. Il fatto è che non sono tutti via, magari. Sono da tutt’altra parte rispetto alla chiesa da cui però non sono fisicamente molto lontani: basta andare appunto, come dicevo prima, al parco d’estate, ai centri commerciali in inverno. è ormai un fatto culturale, anzi d’ignoranza della fede. Non ho mai fatto il catechista ma comprendo il senso di frustrazione che provano riscontrando l’astensione dalla celebrazione eucaristica da parte dei propri ragazzi. Però ho seguito gruppi di formazione di adolescenti post-cresima e con Dilvia, allora, ci era evidente che questi giovani ma non più ragazzini, non avevano chiare le motivazioni per cui «non possiamo fare a meno della mensa eucaristica» come dicevano i 49 martiri di Abitene (Tunisia 303 d.C.) Come siamo lontani da quella Fede assoluta per la quale i 49 «hanno affrontato coraggiosamente la morte, pur di non rinnegare la loro fede nel Cristo risorto e non venir meno all’incontro con Lui nella celebrazione eucaristica domenicale. Perché? non certamente per la sola osservanza di un “precetto”- visto che solo in seguito la Chiesa stabilirà il precetto festivo. Allora, perché? Perché i cristiani, fin dall’inizio, hanno visto nella domenica e nell’Eucaristia celebrata in questo giorno un elemento costitutivo della loro stessa identità». E allora? Siamo sulla stessa lunghezza d’onda? E riusciamo, noi che ci vantiamo di andare a messa (quasi) tutte le domeniche, a trasmettere ai nostri piccoli fratelli che «sine dominico non possumus»?

Virgilio

associazione patronato bissuola
INCONTRI DEL CIVICO 14
(chi siamo, dove andiamo, come andiamo, ecc.)

Ripetiamo anche l’annuncio del primo degli incontri organizzati dall’Associazione Patronato Bissuola che si terrà presso la Sala Papa Luciani in patronato il giorno Mercoledì 24 gennaio
ore 20.30

“SCEGLIERE E ANDARE A SEGNO”
Orientamento: sto scegliendo bene? Strategie per sentirsi protagonisti e soddisfatti del proprio futuro.

L’invito a partecipare è rivolto principalmente ai ragazzi delle medie inferiori e ai loro genitori che devono affrontare il problema della scelta della scuola superiore cui iscrivere i propri figli.

Interviene la dott.ssa Carrara Francesca, Psicologa dello sviluppo che si occupa in particolare di orientamento scolastico professionale.

tesseramento 2018
COLAZIONI CON N.O.I.

A partire da oggi e per alcune domeniche, l’Associazione Patronato Bissuola invita vecchi soci e nuovi simpatizzanti al tesseramento 2018. A questo scopo organizza le colazioni e gli aperitivi (a seconda dell’orario). Dopo le ss. messe delle 9.30 e delle 11.00 il NOI-Patronato Bissuola è lieto di offrirvi caffè, te, fette di torta, spriz e analcolici e darvi l’opportunità di rinnovare o fare una nuova iscrizione all’Associazione i cui vantaggi vi saranno illustrati dai solerti volontari. Quindi l’appuntamento è per oggi 14 gennaio, e per le domeniche 21 gennaio e 4 febbraio. Troverete gli addetti al tesseramento per le formalità del caso. Resta inteso che i rinnovi e le nuove adesioni si raccolgono anche presso la segreteria del Circolo nei consueti giorni ed orari di apertura: al lunedì ed al venerdì dalle 17.00 alle 18.20.

Le quote associative sono rimaste invariate rispetto agli anni precedenti, ossia: 5,00 sia per gli Adulti che per i Ragazzi.

Ed ora vediamo che novità ci sono nella prassi dell’iscrizione, novità che sono imposte da NOI Associazione cui è affiliata la nostra. Innanzitutto i nuovi soci devono munirsi del codice fiscale perché vi sarà richiesto ed è obbligatorio inserirlo nel modulo d’iscrizione.

Per i rinnovi, la segreteria, con immane lavoro, ha provveduto d’ufficio a inserire nel data base della Associazione i codici fiscali dei soci già iscritti nel 2017.

Tutte le domande d’iscrizione dei nuovi soci dovranno essere esaminate ed eventualmente accolte o respinte dal Consiglio di Circolo durante le adunanze ordinarie. L’accettazione o meno sarà comunicata all’interessato.

Da “L’INCONTRO” – 21 gennaio 2018

Da L’INCONTRO” – 21 gennaio 2018
settimanale della Fondazione Carpinetum dei Centri don Vecchi

La redazione aveva fatto il proposito di dare un’impostazione monografica al periodico, ma constato con piacere che sempre più di frequente esso esce da questa gabbia che gli sta un po’ stretta per spaziare più liberamente sugli argomenti del giorno.

Di questo numero segnalo l’articolo di Alvise Sperandio sulle prossime elezioni, quello più amaro di don Fabio Bonini sullo svuotamento delle chiese e delle associazioni del mondo cattolico veneziano e quello toccante di Federica Causin sul mondo della disabilità.

Mi permetto infine di riportare l’intera pagina 11 dalla quale si può constatare con quale amore e generosità Mestre si fa carico della grande impresa dei Centri don Vecchi.

don Armando

L’analisi
Un voto per il bene comune
di Alvise Sperandio

Mancano meno di due mesi alle elezioni politiche e i vari partiti promettono mari e monti A loro la Fondazione Carpinetum chiede credibilità e attenzione al suo impegno per la città.

Spegniamo la tivù. Non viene in mente altra reazione di fronte al florilegio di sparate su cui i leader dei partiti si stanno esercitando con rara bravura in questi giorni, in tutti i programmi. Verrebbe anche da dire: speriamo proprio che il 4 marzo arrivi presto, perché già non se ne può più. Proposte che non stanno né in cielo né in terra, veicolate solo per carpire l’attenzione dell’opinione pubblica e catturare il consenso della gente. Proposte del tutto irrealizzabili per il semplice motivo che altrimenti sarebbero già state fatte e se fossero state fatte il sistema Paese, dal punto di vista dell’equilibrio economico-finanziario, non sarebbe più rimasto in piedi. Di fronte a questo “spettacolo” sembra già dimenticato l’appello rivolto a fine anno dal Presidente della Repubblica alle forze politiche ad essere credibili.

Certe boutade sono un’offesa all’intelligenza delle persone che evidentemente qualcuno pensa deficienti, nel senso etimologico di mancanti di qualcosa. E invece la maggior parte della gente il cervello non lo vuole spegnere e desidera arrivare alle urne ad esprimere un voto consapevole per chi intenda impegnarsi a fare qualcosa di buono.

Della crisi della politica si dibatte già da tanti anni, eppure raramente si sente chi per primo l’ha provocata, i politici stessi, in tanti casi maestri dell’incoerenza e del tornacontismo, fare un minimo di mea culpa che non sia pura retorica. Al massimo qualche ritornello propinato furbescamente per farsi belli, salvo poi smentirsi nei fatti.

Non sorprende, dunque, la disaffezione, destinata inevitabilmente a crescere in un andazzo che peggiora ancora di più di fronte a passaggi cruciali, come la scelta dell’ultima legge elettorale. Il Rosatellum detta le regole della partita senza fare chiarezza e di fatto privando l’elettore del potere di scegliere chi governerà, alla faccia della tanto sbandierata frase “non si può non sapere chi ha vinto la sera stessa delle elezioni”. Un minuto dopo i risultati comincerà il balletto sulle alleanze ovviamente con la logica del do ut des.

Giusto per dirne una: quanti si presentano alle elezioni nello schieramento avverso rispetto a quello in cui erano stati eletti la volta scorsa? A volte torna il sospetto che ci sia l’interesse a che la situazione non cambi perché più il livello è basso e più c’è libertà di movimento per chi intende farsi sempre e solo gli affari propri. Non è questa la sede per entrare nel merito delle sparate più grosse di questo periodo. Sarebbe una carrellata desolante né la Fondazione Carpinetum intende sbilanciarsi in indicazioni di voto, neppure indirettamente. C’è però la pretesa forte che alla fine di questo mese chi entrerà in lista a chiedere la preferenza degli italiani sia degno dell’incarico che andrà a ricoprire e si impegni per il bene comune. La Fondazione Carpinetum si prende cura di due fasce fragili della popolazione, gli anziani e i poveri, sempre pronta a dialogare con approccio costruttivo con chi amministra il Comune e la Regione.

L’auspicio è che anche i parlamentari che saranno chiamati nella prossima legislatura a rappresentare il nostro territorio tengano conto di questa azione sociale e caritativa offerta a beneficio della città, con vantaggi considerevoli anche per gli enti pubblici che altrimenti dovrebbero provvedere da sé. La Fondazione Carpinetum lo fa grazie al contributo di tante persone generose e di buona volontà e, soprattutto, con quella credibilità che oggi più che mai è richiesta anche alla politica.

Il punto di vista
La Chiesa nella società
di don Fausto Bonini

Sempre meno persone frequentano la Messa e mentre le iniziative di carità non mancano si avverte un sostanziale vuoto di partecipazione alla costruzione dell’opinione pubblica

Chiese sempre più deserte
Alla fine dell’anno scorso il quotidiano La Nuova Venezia ha pubblicato il resoconto di una ricerca condotta da Community Media Research sulla religiosità degli italiani. Molti di voi l’avranno letta. Nessuna sorpresa comunque, ma numeri precisi su una situazione che non può sfuggire a qualsiasi osservatore. Per quanto riguarda il Veneto la maggioranza si dichiara ancora cattolica (68%), ma la frequenza con assiduità alla Messa domenicale sta scendendo in modo precipitoso: dal 35% del 2010 siamo passati all’attuale 25%. In tutto il Veneto, però. Nelle città, invece, la percentuale diminuisce ancora e la situazione sta diventando preoccupante anche a Mestre e Venezia.

Le chiese sono sempre più deserte, tranne nelle grandi occasioni e nei funerali importanti. Ho l’impressione che ci si stia rassegnando anziché reagire positivamente. I luoghi di culto sono troppi e non si sa come gestirli. I “don” sono sempre meno e sempre più impegnati sul versante del culto. Non avanza tempo per evangelizzare. Con buone eccezioni, però, di parrocchie vivaci e attive dove c’è un parroco che non si rassegna alla situazione presente, esce sul territorio, affronta i problemi della gente e sollecita chi di dovere a fare scelte che diano risposte ai veri problemi.

Frenare la “fuoriuscita” e diventare “Chiesa in uscita”

Essere “Chiesa in uscita”. A questo ci richiama l’invito costante di papa Francesco e, per fortuna, sul versante della carità la nostra Chiesa gode ottima salute. Asili parrocchiali, scuole cattoliche, mense, dormitori, sostegno ai più poveri, assistenza domiciliare e ospedaliera, catene di solidarietà, aiuto ai migranti, assistenza scolastica, carità parrocchiale: su questo i cristiani sono sicuramente i primi della classe. Ma poi non contiamo niente sulle scelte politiche e sociali. Siamo i “tappabuchi” della società disinteressata ai problemi dei più poveri. Ma tappare i buchi non risolve i problemi. Se non si cambia il modo di pensare di chi gestisce il potere, le situazioni negative non troveranno risposta. Essere “Chiesa in uscita” significa soprattutto essere presenti e operativi sul piano delle scelte di fondo, partecipare alla costruzione di un’opinione pubblica che metta al centro la persona con i suoi problemi. Su questo versante, purtroppo, la nostra Chiesa è afona, senza voce. Parla il “pastore”, ma non parlano le “pecore”. La situazione è di una quasi totale insignificanza.

L’assenza del mondo cattolico veneziano
Ho aperto questa mattina l’annuario del Patriarcato di Venezia nel settore Associazioni, Enti ed Istituzioni. C’è da perdersi fra le sigle, ma l’impressione è che si tratti in molti casi del ricordo del “caro estinto”. Un deserto seminato di lapidi. Faccio qualche esempio. A.I.M.C. che significa Associazione Italiana Maestri Cattolici: vi risulta che il gruppo di Venezia abbia suggerito qualche idea sulle problematiche della scuola primaria? A.M.C.I, che significa Associazione medici Cattolici Italiani: siete al corrente di qualche dichiarazione del gruppo veneziano relativa ai problemi della salute dei cittadini? Salto verso la fine del prontuario e trovo U.C.I.D. che significa Unione Cristiana Imprenditori Dirigenti e poi U.C.F.I. che significa Unione Cattolica Farmacisti Italiani, U.C.I.I.M. che significa Unione Cattolica Italiana Insegnanti Medi, U.G.C.I. che significa Unione Giuristi Cattolici Italiani. Sapete che cosa pensano queste associazioni sui vari temi di loro competenza in relazione al nostro territorio? Nessuno lo sa. Semplicemente perché non pensano. Chiudo e chiedo scusa a queste associazioni che ho citato. Non si preoccupino, si trovano in buona compagnia.

Pensieri a voce alta
Storie belle
di Federica Causin

Guardo volentieri i programmi che si occupano di disabilità, perché mi interessa vedere come viene affrontato il tema e soprattutto perché mi piace ascoltare voci diverse dalla mia. A volte lo zapping fa scoprire cose davvero interessanti!

Qualche settimana fa mi sono imbattuta in Inviati speciali, una serie di interviste che è stata trasmessa su Rai 3. Gli inviati speciali sono: un giornalista rimasto in carrozzina dopo un incidente in moto, la madre di un ragazzo autistico, una giovane ballerina e pittrice senza braccia e due professionisti normodotati con la passione per le storie “differenti”. Il loro modo di raccontare mi è piaciuto fin da subito perché sono stati misurati, discreti, precisi come solo chi si è documentato sa essere, e soprattutto partecipi senza scivolare nel pietismo, che non aiuta a creare e a diffondere la cultura della diversità.

Sono entrati in punta di piedi nel mondo degli intervistati, senza sensazionalismo e con la volontà di far conoscere esperienze straordinarie nella loro normalità. Si è parlato di sport e amicizia, della possibilità di fare impresa con la disabilità, di affinità che vanno oltre la forma del corpo e diventano il fondamento di un amore con la “A” maiuscola e di un’arte fruibile anche per i non vedenti. Nella storia di Fabrizio, affetto da tetraparesi spastica, del gruppo di amici che hanno assunto il ruolo di “spingitori” per permettergli di partecipare alle maratone pur essendo in carrozzina, e della sua mamma intraprendente e combattiva che ha sempre creduto in una normalità possibile per lui, che comunica soltanto con gli occhi, ho ritrovato una determinazione che conosco bene perché mi ha accompagnato finché crescevo. Lui, grazie a un computer che traduce i suoi pensieri; si è laureato in filosofia e lo sport gli ha regalato l’emozione di tagliare il traguardo assieme agli amici che lo aiutano a essere “diversamente normale” nella quotidianità.

Mentre ascoltavo la sua esperienza, mi sono resa conto di aver sempre dato per scontata la possibilità di comunicare con la parola che, invece, è un dono molto prezioso. Ho riflettuto anche sull’importanza della legge per il cosiddetto “dopo di noi” che dovrebbe garantire alle persone con disabilità motorie gravi o intellettive, che non possono più contare sulla presenza dei genitori o di altri familiari, di avere un supporto.

Purtroppo lo stanziamento di fondi non ancora erogati ha creato un vuoto che finora è stato colmato soltanto da iniziative private.

Lo stesso spirito imprenditoriale ha animato la mamma di un ragazzo autistico che ha deciso di trasformare una villa di famiglia in un albergo etico, dove lavoreranno sette ragazzi accompagnati da alcuni tutors. Ma della “Casa di Toti” e delle altre storie vi racconterò la prossima settimana. (1/continua)

Per trasparenza
La Cittadella della solidarietà
Sottoscrizione cittadina a favore della costruzione della nuova opera di bene

  • Sono stati sottoscrìtti quattro quinti di azione, pari a €40, per ricordare i defunti: Giuseppe, Giselda, Pierina ed Elsa.
  • Il figlio del defunto Bruno Giusto ha sottoscritto due azioni, pari a € 100, per onorare la memoria di suo padre.
  • I coniugi Sandro Merelli e Luciana Mazzer hanno sottoscritto un’azione, pari a € 50.
  • La signora Gemma Pavanello ha s sottoscritto un’azione, pari a € 50.
  • La signor Angelina Hoffer ha sottoscritto quasi mezza azione, pari a € 20.
  • II signor Antonio Vedovato ha sottoscritto quasi mezza azione, pari a € 20.
  • La signora Maria Abissini ha sottoscritto quasi mezza azione, pari a € 20.
  • La signora Marìuccia Buggio ha sottoscritto quasi mezza azione, pari a € 20.
  • La signora Veronese Ermenegilda ha sottoscritto quasi mezza azione, pari a € 20.
  • La signora Teresa Volpato ha sottoscritto quasi mezza azione, pari a € 20.
  • La signora Pasquali Nives ha sottoscritto quasi mezza azione, pari a € 20.
  • La signora Marisa Costantini ha sottoscritto quasi mezza azione, pari a € 20.
  • La signora Annamaria Di Nunzio ha sottoscritto quasi mezza azione, pari a € 20.
  • La signora Luigia Fantinato ha sottoscritto quasi mezza azione, pari a € 20.
  • La signora Bianca Semenzato ha sottoscritto o quasi mezza azione, pari a € 20.
  • La dottoressa Federica Causin ha sottoscritto quasi mezza azione, pari a € 20.
  • La figlia del defunto Pino ha sottoscritto mezza azione abbondante, pari a € 30, in memoria di suo padre.
  • Una signora ha sottoscritto quasi mezza azione, pari a € 20, per ricordare i suoi genitori: Annunziata ed Enrico.
  • È stata sottoscrìtta quasi mezza azione, pari a € 20, in suffragio dei defunti: Mario e Amelia.
  • È stata sottoscritta quasi mezza azione, pari a € 20, in ricordo dei defunti: Giovanni, Maria e Claudio Barato.
  • La moglie del defunto Silvano ha sottoscritto mezza azione abbondante, pari a € 30, per ricordare il marito.
  • La signora Lovorìno ha sottoscritto un’azione, pari a € 50, in memoria dei defunti: Silvano, Ennio, Valter e Amado.
  • Le famiglie Cangialosi e Scomparìn hanno sottoscritto un’azione, pari a €50, in memoria della loro amata Maria.
  • La famiglia Tiso ha sottoscrìtto un’azione, pari a €50, in memoria di defunti Valter e Noemi.
  • La famiglia del defunto Luciano Costantini ha sottoscritto due azioni, pari a € 100, per onorare la memoria del loro caro congiunto.
  • La figlia del defunto Ferruccio Lucatello, in occasione del 39° anniversario della morte di suo padre ha sottoscrìtto un’azione, pari a € 50, per onorarne la memoria.
  • La nipote della defunta suor Alda Scarpa ha sottoscrìtto un’azione e mezza abbondante, pari a € 80, per onorare la memoria della cara zia.
  • È stata sottoscrìtta mezza azione abbondante, pari a € 30, per onorare la memoria dei defunti: Caterina, Valerio, Bruno e Luigino.
  • Il dottor Giancarlo Florio, ha sottoscrìtto come ogni mese, un’azione, pari a € 50, in ricordo di sua moglie Chiara.
  • Il marito della defunta Giuseppina Piccardi ha sottoscritto quasi mezza azione, pari a € 20, in memoria di sua moglie.
  • La figlia del defunto Paolino Bortolozzo ha sottoscritto due azioni, pari a € 100, al fine di onorare la memoria di suo padre.
  • La signora Enrichetta De Rossi ha sottoscrìtto mezza azione abbondante, pari a € 30.
  • Gli amici del defunto Renato Polacco hanno sottoscrìtto quasi mezza azione, pari a € 20, per ricordare questa persona a loro cara.
  • La signora Elisabetta Zerbo De Bei ha sottoscritto un’azione, pari a € 50.
  • La signora Esterina Pistollato ha sottoscritto un’azione, pari a € 50.
  • I signori Mirella e Paolo Silvestro hanno sottoscritto un’azione, pari a € 50.
  • La signora Franca Ferrari ha sottoscritto un’azione, pari a € 50.
  • I familiari della defunta Marisa hanno sottoscritto quasi mezza azione, pari a € 20, per onorare la memoria della loro cara scomparsa.
  • In occasione del V anniversario della morte della defunta Dorita la sua famiglia ha sottoscrìtto un’azione, pari a € 50, per ricordarla al Signore.
  • La famiglia Schena ha sottoscritto un’azione, pari a €50, in ricordo della loro cara congiunta.
  • La figlia della defunta Annamaria e nuora della defunta Leda ha sottoscrìtto due azioni, pari a € 100, per ricordare queste due persone che le furono molto care.
  • La famiglia del defunto Gianpaolo Bernardi ha sottoscritto un’azione, pari a €50, in memoria del loro caro scomparso.
  • La signora Marisa De Lazzari ha sottoscritto quasi mezza azione, pari a € 20.
  • La signora Liliana Chiesa ha sottoscritto quasi mezza azione, pari a € 20.
  • La signora Annamaria Osvaldi ha sottoscritto quasi mezza azione, pari a e 20.
  • Le signore Mina e Lucia hanno sottoscritto ciascuna quasi mezza azione, pari a € 20.
  • Suor Michela e Suor Teresa hanno sottoscritto due azioni, pari a € 100.
  • La signora Metope ha sottoscritto un’azione, pari a €50, per ricordare Gianfranco, il suo indimenticabile marito, e i defunti Rosa e Guerrino.
  • La nipote della defunta Bianca Maria Ricci ha sottoscritto due azioni, pari a € 100, per onorare la memoria della zia.
  • La signora Laura Sciancalepore Marton ha sottoscritto un’azione, pari a €50, per onorare la memoria del marito Sergio e della coinquilino Emilia.
  • La signora Wanda Moz Cettolin ha sottoscritto un’azione, pari a €50, in memoria dei defunti delle famiglie: Moz, Correr e Cettolin.
  • Suor Angela Salviato ha sottoscritto mezza azione abbondante, pari a € 30.
  • Una signora ha sottoscritto quasi mezza azione, pari a € 20.
  • La signora Wilma Marchiorì ha sottoscritto mezza azione abbondante, pari a € 30.
  • La signora Zelda Rocchi ha sottoscritto quasi mezza azione, pari a € 20.
  • La signora Giuditta Bagarotto ha sottoscritto quasi mezza azione, pari a € 20.
  • I tre figli della defunta Maria De Bortoli hanno sottoscritto tre azioni, pari a €150, per onorare la cara memoria della loro madre.

Da “LA BORROMEA” – 14 gennaio 2018

Da “LA BORROMEA” – 14 gennaio 2018
settimanale della parrocchia del Duomo di San Lorenzo

Monsignor don Gianni Bernardi ha scritto per questo numero del periodico parrocchiale un articolo quanto mai interessante su come la nostra società vive il Natale: solamente una parte esigua dà a questa celebrazione un significato religioso, mentre per la stragrande maggioranza il Natale è ormai ridotto ad un occasione per celebrare il vuoto e la volgarità. Don Gianni denuncia quindi questa società (ed, aggiungo io, questa Chiesa) che non riesce a passare valori. Comunque, mentre depreca questo degrado, auspica un ulteriore sforzo della comunità cristiana per aiutare l’uomo di oggi a vivere con dignità la propria esistenza. Invito quindi a leggere questo articolo quanto mai ricco di argomentazioni che fanno da supporto alla sua analisi religioso-sociale.

Il resto del foglio (unico tra i fogli settimanali che è stampato a colori in tipografia) è dedicato alla normale cronaca parrocchiale.

don Armando

In cerca dello sballo…cosa pensano di se stessi i giovani?

Carissimi, questo nostro primo incontro dopo il periodo natalizio riprende alcune riflessioni da me fatte proprio in occasione delle feste appena trascorse. Se ricordate, il giorno di Natale ho fatto un riferimento a un recente sondaggio, secondo il quale solo 2 italiani su 10 danno alla festa del Natale un significato religioso, cristiano. Quindi il nostro Duomo, che pur era davvero gremito di fedeli, poteva sembrare poca cosa di fronte alla folla che riempiva Piazza Ferretto, durante la notte. Un Duomo pieno di gente che festeggiava la nascita di Gesù; una Piazza strapiena che “festeggiava” chissà cosa…

Il problema che ponevo, però, era un altro: non ero tanto preoccupato per la condizione minoritaria dei credenti nella società di oggi: sappiamo che è così, e sappiamo anche che questa è la grande sfida per la comunità cristiana, chiamata ancora una volta a dar testimonianza di fede e ad annunciare Gesù in un mondo indifferente o pagano, come era quello a cui gli apostoli erano stati inviati come evangelizzatori.

Qualcuno potrebbe dire che il mondo di oggi è ancor più indifferente o pagano, ma fatto sta che è il mondo in cui il Signore ci ha messo e al quale dobbiamo annunciare il Vangelo. Quindi, nessuna paura se si è minoranza: sentiamo di essere interrogati da questo mondo e… diamoci da fare, nel nome del Signore e per il Signore. Il problema che ponevo riguardava proprio la realtà dell’uomo d’oggi.

Pensavo alla massa di giovani presenti in Piazza, molti dei quali sguaiati, ubriachi e, forse, drogati. Alcuni fino a star male, molti costretti a “liberarsi” ovunque, e mi chiedevo: ma è questo il modo di far festa? Se oggi, in questi nostri anni, far festa è diventato sballare, perdere la propria dignità fino a involgarirsi, star male… questo significa che c’è qualcosa che non funziona nella nostra società, nella cultura che la caratterizza e nell’educazione che dovrebbe essere a suo fondamento. Riflettevo su tale questione già quando ero a Venezia e in Campo S. Angelo, proprio sotto la canonica dove abitavo, si svolgeva il cosiddetto “Carnevale alternativo”, organizzato da alcuni centri sociali. Di “alternativo” aveva essenzialmente la mancanza di rispetto nei confronti del luogo e degli abitanti con musiche a tutto volume e fiumi di birra… A Mestre ho trovato gli effetti di quella volgare e blasfema trovata che si chiamava “messa alcolica”… Ma il problema resta lo stesso, ed è, come l’ho definito, un problema prettamente antropologico, che riguarda, cioè, la concezione che l’uomo ha di se stesso. I nostri giovani a quale concezione di uomo sono stati educati, dalle famiglie, dalla scuola, da questa nostra società? Se vanno in cerca di sballare, se di proposito si ubriacano fino a star male, che cosa pensano di se stessi? Che cosa cercano per la loro vita? Su cosa fondano la loro vita? Evidentemente, c’è il problema dei valori che mancano: un problema che coinvolge molto spesso anche giovanissimi, come ci avvertono i fatti di cronaca che vedono proprio gruppi di giovanissimi responsabili di azioni di violenza (si pensi a quello che in questi giorni capita a Napoli ma che, con modalità forse diverse, è capitato anche a Mestre…).

Come parroco, ma prima ancora come uomo e cittadino, non posso non denunciare questa situazione, che mi preoccupa e mi addolora profondamente, perché vedere giovani lasciati allo sbando, che diventano come degli zombi, che perdono la loro bellezza e la loro dignità, e spesso anche la loro vita, è di una tristezza e di una desolazione indicibili.

Quanto avviene, e che si rende presente anche nel non autentico “festeggiare”, fa pensare che siamo diventati una società incapace di trasmettere i valori fondanti della dignità e del senso della vita dell’uomo, una società incapace di trasmettere il senso e la bellezza, nonostante tutto, di quello che Cesare Pavese definiva “il mestiere di vivere”. Credo che tutti, famiglie, società, scuola e Chiesa, non possiamo essere indifferenti; dobbiamo interrogarci: che uomini siamo? Che uomo desideriamo che nostro figlio possa diventare? È bene che ci interroghiamo anche sui nostri errori, e dobbiamo cercare di dar testimonianza della bellezza di essere veri, autentici uomini e donne.

don Gianni Bernardi