Da ”SAN NICOLÒ E SAN MARCO” – 4 febbraio 2018

Da SAN NICOLÒ E SAN MARCO – 4 febbraio 2018
settimanale della comunità cristiana di Mira

Questo settimanale, come molti altri periodici parrocchiali, è costituito solamente da un foglio A4 scritto avanti e retro, però è così ben strutturato che offre molte cose seppur in uno spazio ridotto.

La facciata si apre con una bella foto con una didascalia carica di un messaggio quanto mai incisivo. La seconda facciata è occupata da un brano di omelia di Papa Francesco, testo abbastanza breve che si legge sempre facilmente e volentieri. La terza facciata rappresenta “il cuore” del foglio, con tre riflessioni quanto mai sagge, positive e cristiane del parroco don Gino. Credo che questa soluzione dovrebbe essere adottata da ogni parroco per “umanizzare” il foglio e per creare un ponte tra il pensiero cristiano e il sentire del nostro tempo.

La quarta facciata è dedicata alla cronachetta parrocchiale con notizie, resoconti e appuntamenti sempre ordinati e concisi. Segnalo, a mo’ d’esempio “La parola del Papa”, “Gli appunti di don Gino” e “Nuovi chierichetti”, l’aiola fiorita della parrocchia.

don Armando

La parola del Papa

Continuiamo oggi le catechesi sulla Santa Messa. Dopo esserci soffermati sui riti d’introduzione, consideriamo ora la Liturgia della Parola, che è una parte costitutiva perché ci raduniamo proprio per ascoltare quello che Dio ha fatto e intende ancora fare per noi. E’ un’esperienza che avviene “in diretta” e non per sentito dire, perché «quando nella Chiesa si legge la sacra Scrittura, Dio stesso parla al suo popolo e Cristo, presente nella parola, annunzia il Vangelo». E quante volte, mentre viene letta la Parola di Dio, si commenta: “Guarda quello…, guarda quella…, guarda il cappello che ha portato quella: è ridicolo…”. E si cominciano a fare dei commenti. Non è vero? Si devono fare dei commenti mentre si legge la Parola di Dio? [rispondono: “No!”]. No, perché se tu fai delle chiacchiere con la gente non ascolti la Parola di Dio. Quando si legge la Parola di Dio nella Bibbia – la prima Lettura, la seconda, il Salmo responsoriale e il Vangelo – dobbiamo ascoltare, aprire il cuore, perché è Dio stesso che ci parla e non pensare ad altre cose o parlare di altre cose. Capito?… Vi spiegherò che cosa succede in questa Liturgia della Parola.

Le pagine della Bibbia cessano di essere uno scritto per diventare parola viva, pronunciata da Dio. È Dio che, tramite la persona che legge, ci parla e interpella noi che ascoltiamo con fede. Ma per ascoltare la Parola di Dio bisogna avere anche il cuore aperto per ricevere le parole nel cuore. Dio parla e noi gli porgiamo ascolto, per poi mettere in pratica quanto abbiamo ascoltato. È molto importante ascoltare. Alcune volte forse non capiamo bene perché ci sono alcune letture un po’ difficili. Ma Dio ci parla lo stesso in un altro modo. [Bisogna stare] in silenzio e ascoltare la Parola di Dio. Non dimenticatevi di questo. Alla Messa, quando incominciano le letture, ascoltiamo la Parola di Dio.

Abbiamo bisogno di ascoltarlo! E’ infatti una questione di vita, come ben ricorda l’incisiva espressione che «non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio». La vita che ci dà la Parola di Dio. In questo senso, parliamo della Liturgia della Parola come della “mensa” che il Signore imbandisce per alimentare la nostra vita spirituale. E’ una mensa abbondante quella della liturgia, che attinge largamente ai tesori della Bibbia, sia dell’Antico che del Nuovo Testamento, perché in essi è annunciato dalla Chiesa l’unico e identico mistero di Cristo. Desidero qui ricordare anche l’importanza del Salmo responsoriale, la cui funzione è di favorire la meditazione di quanto ascoltato nella lettura che lo precede. Ho sentito che qualcuno, se c’è una notizia, legge il giornale, perché è la notizia del giorno. No! La Parola di Dio è la Parola di Dio! Il giornale lo possiamo leggere dopo. Ma lì si legge la Parola di Dio. È il Signore che ci parla. Sostituire quella Parola con altre cose impoverisce e compromette il dialogo tra Dio e il suo popolo in preghiera. Al contrario, [si richiede] la dignità dell’ambone e l’uso del Lezionario, la disponibilità di buoni lettori e salmisti. Ma bisogna cercare dei buoni lettori!, quelli che sappiano leggere, non quelli che leggono [storpiando le parole] e non si capisce nulla. E’ così. Buoni lettori. (Udienza 31 gennaio)

Appunti… di don Gino

RICORDARE

Siamo totalmente immersi nel presente e facciamo fatica a ricordare il cammino che abbiamo percorso sotto lo sguardo dell’amore del Signore. Ricordare diventa, allora, un esercizio che dà serenità e gioia anche di fronte alle proprie debolezze e alle pagine amare della vita. Ricordare è scoprire che la vita non è un’insieme di fogli sparsi, che un colpo di vento potrebbe spazzare via, ma che questi fogli sono legati con uno spago robusto che per noi credenti rappresenta l’amore del Signore e sono contenuti in una robusta copertina che rappresenta la sua misericordia. Anche le pagine bianche che non conosciamo ancora. Dà un senso di grande pace interiore sapere e credere che tutti i passi della vita sono stati accompagnati da questo grande amore e da questa grande misericordia che avvolge tutte le nostre fragilità e le nostre debolezze. Se la pagina attuale della nostra vita presenta qualche fatica e qualche difficoltà, è bello ricordare che come il Signore ha accompagnato tutte le pagine della vita già scritte, così non mancherà di donare la sua presenza e la sua forza anche per l’oggi e il domani.

IL SILENZIO

Gli esercizi spirituali offrono un tempo prolungato di preghiera, accompagnato da un grande silenzio che si estende per tutto il giorno, compresi i pranzi. Il silenzio può rappresentare una fatica per chi non ci è abituato, ma poi, un po’ alla volta diventa un clima che permette la preghiera e soprattutto offre al Signore l’occasione per parlarci, perchè questo Lui desidera e ne ha tutto il diritto. Di solito parliamo sempre noi. Offrirgli la possibilità di lasciarci dire da Lui una parola è un dono prezioso. E il Signore ha un’unica parola da dirci, perchè non ama fare lunghi discorsi. E la parola è questa: “Ti voglio bene, mi sei caro e prezioso, desidero che tu possa cogliere questa certezza e che essa possa accompagnare tutti i tuoi passi”. Ascoltavo questa Parola del Signore mentre passeggiavo lungo la spiaggia. Anche lo sciabordio delle onde era talmente leggero e delicato da non sciupare questo silenzio prezioso che auguro a tutti di poter sperimentare. Questo è l’esercizio più bello e più importante degli “esercizi spirituali”. Ogni tanto è bello poterlo fare e sentirsi arricchiti da una parola ascoltata con il cuore.

UNA LINGUA SCONOSCIUTA

Stiamo vivendo un’epoca difficile e particolare, ma nuova e affascinante. E’ un tempo in cui imparare una nuova lingua per poter comunicare. Penso alle nostre famiglie e anche alla nostra chiesa che cerca un dialogo bello e sereno con i nostri adolescenti e i nostri giovani. Loro parlano una lingua che noi non conosciamo e noi ci rivolgiamo loro con un linguaggio che non comprendono. O siamo votati alla incomunicabilità o dobbiamo imparare una lìngua nuova. E’ troppo facile attribuire alla famiglia o alla chiesa l’incapacità di parlare ai giovani d’oggi, ma se non ci mettiamo insieme a cercare i vocaboli di questo nuovo linguaggio ne usciamo sconfitti tutti. E l’unica ragione per farlo è che vogliamo bene ai nostri ragazzi e ai nostri giovani e non ci rassegniamo a perderli.

NUOVI CHIERICHETTI

Da questa domenica vedremo sull’altare, per ora senza la veste, i nuovi chierichetti. A ciascuno di loro viene associato un chierichetto più grande, il cosiddetto “Angelo custode” per aiutare questi amici più piccoli a imparare i gesti e i servizi che vengono chiesti durante la celebrazione liturgica. La proposta di aderire al gruppo dei chierichetti è rivolta, per la prima volta, ai piccoli di terza elementare (maschi e femmine), ma si possono iscrivere anche i ragazzi degli altri gruppi che l’anno scorso non hanno ritenuto di doverlo fare (4A – 5A -1A e 2A media).

Da “SEGNO DI UNITÀ” – 4 febbraio 2018

Da SEGNO DI UNITÀ” – 4 febbraio 2018
periodico della parrocchia Santa Maria della pace di Bissuola

Oltre al commento del vangelo della domenica del priore Enzo Bianchi, del messaggio della CEI sulla giornata per la vita e due tre altre iniziative parrocchiali, non c’è altro di specifico che meriti di essere menzionato, se non il compleanno di don Liviano, il parroco, il quale, nonostante i suoi 70 anni e i suoi numerosi acciacchi, continua imperterrito e generoso il suo servizio sacerdotale. Ci sono ancora “Gli incontri del civico 14” che penso riguardi le lezioni di una psicologa.

don Armando

gli incontri del civico 14
“Scegliere e andare a segno”

L’invito ha colpito la mia attenzione, ho ancora tempo per decidere ma ho anche le idee molto confuse, e quando si tratta di scegliere per se stessi, bisogna prendersi per tempo! Devo dire che la serata ha da subito preso una piega inaspettata, non un manuale d’istruzione all’uso, ma una serie di domande su noi stessi: “Cosa vi piace, cosa v’interessa?”, “Quali sono i vostri sogni per il futuro?”, “Quali le vostre aspettative?”. E chi se le era mai poste queste domande?

La dottoressa Carrara si è da subito rivolta non ai genitori, ma a noi diretti interessati e, con fare spiritoso e comprensivo, ci ha messi a nostro agio e ci ha guidati alla ricerca delle possibili risposte. Ci ha spiegato che, appunto, non c’è una sola risposta ma più di una per ciascuno di noi e che possiamo trovarle partendo da noi stessi, dai nostri interessi, i nostri sogni, le nostre aspettative.

Secondo lei il “barbatrucco” è concentrarsi non solo su ciò che ci piace, ma provare a pensare che anche ciò che magari non ci va, può tornare utile; che è meglio essere curiosi e lasciare aperte più strade per poter adattare ciò che ci piace al nostro futuro.

Insomma non ho ancora idea di quale scuola frequenterò, ma di sicuro ho materiale in abbondanza su cui riflettere, quindi posso dire che la serata è davvero “andata a segno”!

Marco

IL COMPLEANNO DI DON LIVIANO

Domenica scorsa 28 gennaio, don Liviano ha compiuto settant’anni. Al termine della s. messa delle 9.30 gli è stato rivolto un messaggio di auguri:

«Festeggiamo oggi il settantesimo compleanno del nostro parroco. Una vita spesa a disposizione degli altri. Con alterne fortune, come in tutte le umane vicissitudini, ma sempre con riconosciuta onestà intellettuale e incondizionata fiducia nell’intervento della Provvidenza. È un compleanno importante, in cifra tonda, un compleanno che potrebbe indurre a guardarsi indietro, ad abbandonarsi ai ricordi e, come si dice, tirare i remi in barca. Ma non è così, il compleanno non è un momento di verifica, di consuntivo, di conclusione. Il compleanno è una rampa di lancio verso un futuro che ci ha già preso sottobraccio e non lascia tempo a nostalgie. Bisogna essere pronti a prendere lo slancio e lanciarsi senza indugi verso le nuove sfide che ci attendono, forti dell’esperienza e del supporto degli amici incontrati nel percorso.

Sono settanta!! E vero, non sono pochi ma come ebbe a dire una sagace signora: «Io i miei anni voglio mostrarli tutti; li ho vissuti, non li ho mica rubati»!!!.

Auguri! Buon Compleanno don Liviano.

DON LÌVlANO RINGRAZIA

Innanzitutto ringrazio tutti per le dimostrazioni d’affetto ricevute in questi giorni, prima e dopo il 28 gennaio, dall’assemblea riunita per le ss. messe delle 9.30 e delle 11.00 ma anche singolarmente da chi ha voluto farmi gli auguri di persona, per telefono, via mail, sfruttando ogni mezzo di comunicazione! Ringrazio per il dono dell’orologio altamente tecnologico, per il quale dovrò fare un… corso veloce di apprendimento, per la stola e per quei “presenti” che singolarmente mi sono stati fatti.

Gratitudine inoltre provo per tutte le persone che si sono date da fare affinché potessi festeggiare serenamente il compleanno assieme ai miei famigliari, fratello, cognata, nipoti e bisnipoti che hanno rallegrato la mensa. Qualcuno ha cucinato, altri hanno servito a tavola. Queste persone mi hanno fatto il regalo gradito della loro disponibilità e hanno fatto sì che tutto filasse senza intoppi.

E ringrazio anche per le preghiere che la Comunità ha rivolto al Signore perché mi accompagni come del resto ha sempre ha fatto! Grazie ancora!

Don Liviano

Da “LA BORROMEA” – 4 febbraio 2018

Da LA BORROMEA – 4 febbraio 2018
settimanale del duomo di San Lorenzo

“La Borromea” ha una grossa responsabilità nel settore della stampa parrocchiale perché è stata in assoluto il primo periodico del Patriarcato e certamente pure del Veneto e da più di cinquant’anni, pur con vesti diverse, è uscito regolarmente ogni settimana.

In questo numero c’è un interessante reportage sulla “Parrocchia veneziana” di Ol Moran on Kenia. La parrocchia di San Lorenzo ha “offerto” il parroco, don Bosso, che era cappellano in questa parrocchia e da moltissimi anni continua a finanziare e sostenere, mediante un forte gemellaggio, questa comunità cristiana in Africa.

Segnalo pure il pezzo che riguarda l’attività scout, perché pure questa associazione è stata fondata in questa parrocchia, come in quella di Carpenedo, ancora prima del periodo fascista.

Segnalo queste “promesse” perché, ripeto ancora una volta che questo movimento può offrire ancor oggi un valido aiuto alla pastorale nei riguardi dei ragazzi, degli adolescenti e dei giovani. Ricordo che quando lasciai la parrocchia di San Lorenzo, nel lontano 1971, il movimento scout di cui ero assistente contava su più di 200 ragazzi regolarmente censiti (tesserati).

don Armando

Notizie da 0L Moran

Un nostro parrocchiano, l’architetto Stefano Battaglia, è da lunghi anni impegnato con un gruppo di altri volontari nell’aiutare e promuovere la parrocchia di 01 Moran: è da pochi giorni tornato da un ennesimo viaggio e ci ha donato questa testimonianza: “Torniamo a dopo una settimana trascorsa nella missione di OL Moran in Kenya in compagnia di don Giacerne Basso. A febbraio saranno 21 anni di presenza veneziana in questa parte di Africa. Dopo don Giovanni, che ha iniziato la costruzione della missione, don Giacomo sta continuando nell’opera di evangelizzazione e di aiuto alla comunità di 0L Moran. All’instabilità politica, che accentua il senso di insicurezza e di pericolo, si aggiungono i problemi legati alla siccità e alla mancanza di raccolti. La parrocchia è sempre più impegnata nel miglioramento delle condizioni di vita e nel sostegno delle famiglie in difficoltà, nell’assistenza sanitaria e nella costruzione di strutture a servizio delta comunità.

In particolare l’impegno e’ rivolto in questo periodo all’educazione e alla tutela dei minori con la costruzione, nella Primary School Tumaini Academy, del border e del rescue center.

Alcuni edifici in fango verranno trasformati infatti per proteggere le bambine pokot dalla violenza dalle famiglie di origine e per ospitare i bambini che vengono a scuola da più lontano. Un modo per tutelare le bambine violate e sfruttate da un lato e per migliorare il profitto degli studenti dall’altro. A febbraio partirà questo servizio per i primi 60 alunni. La scuola ne accoglie attualmente più di 400. Il lavoro da fare è molto. Anche in questo viaggio abbiamo fatto sentire la presenza della Comunità di San Lorenzo da cui don Giacomo e partito per iniziare il suo servizio missionario. Lasciamo non nostalgia quei luoghi portandovi il saluto del parroco. Molto è stato fatto ma tanto c’è ancora da fare”.
Per chi volesse avere più informazioni a riguardo può visitare il sito: www.olmoran.it.

Promessa Scout

Sabato scorso bambini e ragazzi hanno fatto la loro promessa scout…qualcosa di grande; una scrittrice-scout. Lézard, così parla ai ragazzi del grande passo che hanno compiuto: “Non è difficile, perché tu non prometti di non sbagliare, di non disubbidire mai. Non lo potresti perché non sei un santo: non più di me non più di noi. Prometti solo di fare del tuo meglio. La Promessa è una forza, una direzione che dai al tuo sforzo, e “lo sforzo ti condurrà di sforzo in sforzo, attraverso una vita, sino alla meta che ti sei proposto. Non sarai sempre ben disposto come oggi. Allora forse in un triste mattino di una triste giornata, ti dirai: “Perché tutto questo?”. E poi ti ricorderai che una sera davanti ad un fuoco tranquillo, nell’ora in cui le luci si velano e i rumori si attutiscono, in mezzo a dei compagni che avevano il tuo stesso ideale, hai promesso di servire Dio. È non dirai più “Perché tutto questo?”, ma poiché la tua anima è semplice e retta, poiché non puoi servire due padroni, né ubbidire a due leggi che si contraddicono, resterai fedele alla tua Promessa: servirai Dio, aiuterai il tuo prossimo, obbedirai alla legge”.

Da “L’INCONTRO” – 4 febbraio 2018

Da L’INCONTRO” – 4 febbraio 2018
settimanale della Fondazione Carpinetum

Questo periodico a Mestre è “il re” della stampa religiosa per il numero di pagine (12), per il valore dei giornalisti che vi collaborano, per le modalità conle quali vengono affrontati i problemi, per il numero di numeri stampati (si oscilla fra le quattro e le cinquemila copie settimanali), per la sua diffusione capillare (60 punti di distribuzione) e per il fatto che viene distribuito gratuitamente. Mi trovo molto imbarazzato nell’indicare gli articoli più notevoli, tanto che sarei tentato di dire “leggetevi tutto perché ne vale la pena”.

Già in passato ho esposto la mia utopia: che tutte le parrocchie distribuiscano tutte le settimane “L’Incontro” a tutte le famiglie di ogni parrocchia con allegato un foglio per le iniziative proprie di ogni comunità. Non solo sono convinto che la cosa sarebbe possibile, ma pure solamente così si potrebbe parlare di nuova evangelizzazione senza arrossire, altrimenti si continua a raccontare la favola della luna nel pozzo.

Questo numero gira tutto attorno al Carnevale e perciò segnalo l’articolo di Cinzia Zordan “Velo, svelo, rivelo”, quello di Federica Causin “Giù la maschera” e “Restare se stessi” di Plinio Borghi.

Per quanto riguarda altri argomenti segnalo la bella intervista sull’ancor più bella iniziativa “Una casa per donne” di Luca Bagnoli e l’articolo “Incontri che restano” di Luciana Mazzer sulla giornata della memoria.

don Armando

L’intervento
Velo, svelo, rivelo
di Cinzia Zordan*

Il tempo di carnevale può essere metafora di quando si decide d’indossare una maschera Un comportamento che lede le relazioni più importanti e chiede un grande lavoro interiore.

È carnevale! Che faccio, mi travesto? Indosso una maschera che mi consenta di vestire i panni di chi vorrei essere e non sono? È un’occasione per poter esprimere una parte di me poco nota o nasconderne una che non mi piace… È un gioco intrigante, una volta ogni tanto si può e, soprattutto, fa bene. Ma che cosa accade quando la maschera si indossa costantemente nella quotidianità, magari con le persone più vicine, il compagno, l’amico, il familiare? Con le persone con cui sincerità e trasparenza sarebbero indispensabili per una comunicazione corretta nelle relazioni interpersonali? Come in tutte le commedie, prima o poi la maschera cade e, di conseguenza, anche i rapporti apparentemente più solidi entrano in crisi. La delusione, in chi ci sta accanto, è profonda, genera un dolore acuto e anche un senso di inadeguatezza: “Che cieco a non capire, ho vissuto con uno sconosciuto, pensavo di sapere tutto di lui…”. In realtà nessuno di noi in fondo è come appare; vi sono in ognuno degli aspetti che non è facile svelare, o addirittura che noi stessi non conosciamo o semplicemente non accettiamo; indossare una maschera o farsi scudo di un ruolo può essere protettivo, rassicurante. Nei 20 anni di servizio presso il consultorio Ucipem come consulente familiare, ho incontrato tante persone “in maschera”. Ho ascoltato tante storie di dolore, delusione, amarezza, disperazione, sentimenti che, quando le maschere cadevano nell’intimità del setting, straripavano come fiumi in piena e non era sempre facile costruire argini che li contenessero. Quasi sempre le maschere erano funzionali a un malessere, a un vissuto pesante e rinunciarvi non era sempre possibile. Esistono, però, delle alternative ai travestimenti che richiedono forza d’animo, pazienza e desiderio di cambiare modalità di approccio alla vita. La consapevolezza di sé, l’accettazione dei nostri limiti e delle nostre parti di ombra, il sapere che possiamo imparare a gestirle, la fiducia in noi stessi prima di tutto e poi in chi ci vive accanto e, perché no, anche il coraggio di chiedere aiuto a chi abbia le competenze per farci da specchio rimandandoci un’immagine di noi più completa e autentica. E poi… Con leggerezza, a carnevale indossiamo delle bellissime maschere e godiamocelo, considerandolo solo un momento di evasione!

(*) consulente Consultorio familiare Ucipem che ha sede in via Torre Belfredo 4 a Mestre

Il bello della vita
Restare se stessi
di Plinio Borghi

Ci risiamo: il carnevale impazza e pertanto “corre l’obbligo” di divertirsi, perché il rito lo richiede. Come ho sempre detto, è un obbligo cui non mi sento per niente vincolato, anche perché aborro sia il farlo a comando sia il doverlo circoscrivere in un ben preciso periodo: il buon cristiano dev’essere allegro di natura, anche in Quaresima e, di converso, la sua allegria non ha motivo di essere smodata. Approfittare del carnevale per mettere in atto forzature improprie, magari introducendole in situazioni o momenti nei quali ci sarebbe ben poco da ridere, è semplicemente ridicolo. Altra cosa è riprendere e far rivivere certe tradizioni, che portano in nuce un bagaglio culturale di tutto rispetto, dove trovano spazio usi e costumi che nel tempo si sono arricchiti di simbologia, di spaccati di vita vissuta, di alto pregio artigianale, di vis polemica verso le figure di spicco (che arricchiscono i carri allegorici in modo simpatico) e così via. In questo caso è funzionale concentrare tali espressioni in un unico periodo perché da un lato stimola la partecipazione e dall’altro mette meglio in risalto taluni aspetti che, se collocati in un contesto diverso, potrebbero non ottenere una congrua attenzione. Se per dare supporto all’insieme qualcuno si diverte anche a mettersi in costume o a promuovere un clima più festaiolo a vari livelli ben venga, purché non succedano fenomeni analoghi a quelli che si registrano nei campi da calcio, dove troppo spesso ben individuabili manigoldi prendono a pretesto gli avvenimenti sportivi per dare la stura ai loro istinti di bassa lega, per non dire belluini. E purché, finita la kermesse, tutti ci ricordiamo di riporre le maschere e di ritornare ad essere noi stessi. Qui purtroppo casca il solito asino, perché non sono pochi coloro i quali la maschera la portano per tutti i giorni dell’anno e quasi sempre più d’una, da indossare a seconda delle circostanze, come ho avuto modo di argomentare ampiamente in altra occasione (e che magari, nel marasma generale, si tolgono solo a carnevale, tanto nessuno li riconoscerebbe!). Non per tutti è facile essere sé stessi e presentarsi sempre come tali agli altri: per i più è comodo vivere camuffati e vendere una propria immagine alterata. È un atteggiamento che nasconde parecchie sindromi diffuse, come il complesso di inferiorità, l’aggressività nei confronti dei più deboli o una forzata remissione nei confronti dei forti (difetto più odioso nelle persone che ricoprono incarichi autorevoli), il vuoto culturale, spesso travisato con plateali uscite da tuttologo, ovvero l’esibizione pesante della propria preparazione con il chiaro intento di mettere in difficoltà gli interlocutori, senza contare la ricerca di credito millantando capacità ben lungi dal possedere, messa in atto magari per questioni di carriera, cosa che assume una particolare gravità se esercitata in professioni delicate, e potremmo continuare con molti altri esempi. No, così non può andar bene e non tanto perché prima o poi il palco può crollare, e sarebbe una mazzata devastante, quanto perché è penoso vivere sempre sul filo del rasoio. La nostra fede e la nostra dottrina ci chiedono di accettare in pieno la nostra umanità, con tutti i suoi limiti, e di viverla al meglio, con la fronte alta e con coraggio. Allora prendiamo un bel sacco, mettiamoci dentro senza indugio tutte le maschere e, se proprio non abbiamo il coraggio di buttarlo, almeno usiamole una alla volta, ma solo a carnevale.

Lente d’ingrandimento
Giù la maschera
di Federica Causin

Malgrado lo stato d’animo un po’ uggioso, che non dipende soltanto dalla stanchezza di fine giornata, inizio a scrivere. Dopo molti anni di onorato servizio, la mia camera da letto andrà in pensione e ho trascorso il pomeriggio a dirigere i lavori di “svuotamento”. Nell’aria si respira l’entusiasmo per una novità che sa di buono e che racconta la mia serenità di oggi, però guardando l’armadio ormai vuoto, mi sento un po’ spogliata. E così, con un pizzico di malinconia che forse condizionerà queste righe, provo a riflettere sul carnevale e su quel che ci trasmette. Se penso alle maschere, vedo la faccina divertita delle mie ni-potine e di Elena, in particolare, che non sta nella pelle all’idea di poter indossare il suo vestito di Elsa, gentile e graditissimo dono di Babbo Natale. Per un attimo è stata ammaliata dal simpaticissimo costume da ape di Erica, ma poi il fascino della principessa dei ghiacci ha avuto la meglio. Da bambini, la possibilità di calarsi nei panni di qualcun altro libera la fantasia e regala la possibilità di affacciarsi su mondi nuovi, di conoscere e sperimentare. Credo che, almeno una volta durante l’infanzia, tutti abbiamo detto “facciamo che io ero”. I piccoli indossano le maschere con il sorriso e, quando azzardano un passo di troppo che potrebbe non piacere a mamma e papà, si rifugiano subito in un provvidenziale “era per finta”. Alcuni siparietti sono davvero irresistibili e le povere zie devono compiere sforzi sovrumani per non scoppiare a ridere! Poi, con l’approssimarsi dell’adolescenza le maschere possono diventare più insidiose, perché spesso vengono indossate picchiettando sulla tastiera di un computer e il confine tra ciò che si è e ciò che si vuole mostrare di essere si assottiglia pericolosamente. I social network e il mondo dei contatti virtuali in qualche modo legittimano coloro che, invece di condividere esperienze, informazioni o pensieri, decidono di nascondersi dietro un’immagine, creata ad arte, che considerano più vincente, più accattivante, all’occorrenza aggressiva, salvo aprire talvolta a risultati catastrofici. Come dimostrano alcuni recenti episodi di cronaca, quella maschera viene anche adoperata per raggirare persone, anche adulte, approfittando di un momento di fragilità o debolezza. Concludo con un interrogativo che mi frulla per la testa: le parole che preferiamo non dire perché potrebbero risultare scomode o le scelte che lasciamo in sospeso per timore, sono forse una maschera che non ci accorgiamo di portare?

Mondo volontariato
Una casa per donne
di Luca Bagnoli

Colloquio con Romano Berti, presidente Associazione S. Antonio Mestre

Come nasce Casa Taliercio!

“Avevamo il desiderio di esercitare la carità in modo concreto. Siamo agli inizi del 2000. Così contattiamo la Caritas e i Servizi sociali del Comune, per capire quale fosse l’esigenza prioritaria. L’analisi ci indicò le difficoltà delle donne, soprattutto provenienti dall’est Europa. Dovevamo accoglierle, costruire loro una casa. Ne individuammo una. Molti locali di proprietà della Chiesa sono inutilizzati, come l’ex convento di suore elisabettine! I problemi tecnici furono numerosi, parliamo di 25 anni d’abbandono, ma alla fine riuscimmo a superarli e inaugurammo Casa Giuseppe Taliercio, in memoria dell’ex direttore del petrolchimico”.

Come procede il progetto?

“Oggi siamo 43 volontari. Abbiamo un solo dipendente, in grado di comunicare con i diversi idiomi parlati in struttura. Qui si collabora, ospiti comprese. Dopo cena organizziamo corsi di lingua e legislazione italiana, diritti e doveri del lavoratore, servizi offerti dal territorio, cura di una persona anziana. Poi tutti a letto. La mattina viene servita la colazione e alle 9 la casa si svuota. Da quel desiderio sono trascorsi 14 anni. Abbiamo esaudito settemila richieste d’aiuto”.

Quali donne bussano alla vostra porta per chiedere una mano?

“Quelle appena arrivate nel nostro Paese, che non parlano italiano. E quelle che hanno perso il lavoro, magari a causa del decesso dell’anziano assistito”.

Dunque non vengono temporaneamente ospitate nella casa dove hanno prestato servizio?

“Purtroppo no. Quasi sempre vengono invitate a lasciare subito l’abitazione, spesso dopo anni di vita in famiglia. Per fortuna quelle che transitano qui riescono a trovare un impiego in tempi celeri”.

Quali sono i requisiti per beneficiare dell’ospitalità?

“Non facciamo alcun tipo di selezione. Qui vige l’ordine di arrivo. Non possiamo e non vogliamo indagare sulla storia di queste donne. Forse siamo un po’ superficiali, ma con la Questura gli accordi sono chiari: per sei giorni accettiamo solo chi possiede un documento d’identità, dal settimo è necessario il permesso di soggiorno… Ogni tanto la polizia viene a prelevare qualche ospite…”.

Accogliete donne in difficoltà, prevalentemente straniere: come vengono a conoscenza di questo luogo?

“Inizialmente lo avevamo pubblicizzato, ma senza successo. Viviamo di passaparola. E di rapporti con il Centro Donna e con il Servizio Immigrazione del Comune”.

I vostri sforzi sono encomiabili. Tuttavia siete chiusi in agosto: cosa diciamo alle ragazze con difficoltà estive, di tornare a settembre?

“È vero, ha ragione. Ma in agosto siamo senza volontari e Ca’ Letizia, la mensa che ci fornisce i pasti, è chiusa. Mi creda, è impossibile coprire quel periodo”.

Cosa potrebbe aiutarvi?

“Le spese annuali ammontano sui 35 mila euro. Il 5×1000 ci sostiene. Messaggero Servizi, quando non riusciamo a pagare l’affitto, ci sostiene. Il Comune, quando accogliamo le donne che invia, non ci sostiene. Ecco, un aiuto economico sarebbe gradito”.

Quindici anni fa l’emergenza riguardava l’est Europa. Dal 2011 riguarda l’immigrazione innescata dalle primavere arabe, ma i vostri dati non indicano alcun ospite proveniente da quelle regioni del mondo…

“Sono persone spesso prive di documento e accudite dalle cooperative”.

Quindi in otto anni non si è presentato nessuno con un documento non indicante altra collocazione: se accadesse?

“Le accoglieremmo”.

– La scheda

L’Associazione S. Antonio Mestre nasce nel 2002 allo scopo di svolgere attività assistenziale. Si rivolge soprattutto al tema dell’accoglienza, della promozione umana e dell’integrazione. Organizza pranzi muttietnici, concerti, spettacoli, e forma i volontari. L’opera principale è Casa Giuseppe Taliercio, inaugurata nel 2004 e pensata per donne in difficoltà. La struttura, aperta quotidianamente dalle 17.30 alle 9 del giorno seguente, ospita fino a 21 persone per un tempo che varia da 6 a 18 giorni. Offre cena, colazione e pernottamento in camere con bagno. È inoltre attivo uno sportello dedicato al tema dell’immigrazione, il mercoledì dalle 17.30 alle 19. Nel 2017 sono state accolte 356 donne. L’associazione e la Casa Taliercio si trovano a Mestre, in via Aleardi 154. Contatti: 0415317715,
www.associazionesantantonio-mestre.org, www.casataliercio.org

La testimonianza
Incontri che restano
di Luciana Mazzer

La Giornata della Memoria è un baluardo per non dimenticare e perché non ritorni mai più l’orrore dell’olocausto.

Baby sitter dei due nipotini, uscivo con loro a metà pomeriggio. L’appartamento dei nonni materni era meta quotidiana. Il nonno usciva dalla sua stanza solo per salutare o bere il caffè con noi. La sua camera era un grande studio; dovunque pile e pile di dischi di musica classica che l’anziano ascoltava in continuazione, su un grande giradischi; una grande poltrona di pelle; un lettino da ambulatorio medico che stonava con il resto del pochi mobili di grande pregio. Dietro la scrivania, un’antica libreria, stipata di libri, occupava l’intera parete. All’interno del vetro centrale una stella di Davide dai contorni sfilacciati. Primogenito di una ricca famiglia ebrea, era stato mandato alla Sorbona, dove aveva conseguito la laurea in Medicina. In seguito, aveva conseguito anche la specializzazione in Pediatria. Tornato in Italia, si era sposato con la bella, innamoratissima figlia di amici. Hitler e i suoi degni avvoltoi, come li definiva il caro dottore, erano oramai padroni d’Europa. La primogenita della coppia aveva cinque anni quando nacque il fratellino. In quanto ebreo, il giovane valentissimo dottore era stato “sospeso” dal primariato della divisione di Pediatria della città. Il primo a lasciare la famiglia fu proprio l’ultimo nato. Affidato ad amici di religione cristiana, fu portato negli States e lì affidato alla famiglia della zia materna. La giovane coppia visse quel devastante distacco con la vana consolazione che quella era stata la cosa più giusta da fare per la sicura salvezza del figlio. Dalla sera alla mattina, la primogenita divenne nipotina di una coppia di anziani fattori, che da sempre, in Toscana, con figli e nipoti si prendevano cura di una proprietà della famiglia di lui. La moglie, non più madre, fu nascosta in un luogo sicuro in attesa di essere raggiunta, a breve, dal marito. Che, invece, fu catturato da alcune camice nere. Accertata la sua appartenenza alla “disgraziata razza”, dopo due brevi tappe, arrivò al campo di sterminio di Buchenwald. Nelle prime settimane il medico pensò di togliersi la vita. Si accorse, però, che nessun carnefice, per quanto crudele, avrebbe potuto togliergli specifiche conoscenze acquisite in anni e anni di studio e di ricerche e, grazie ad esse, cercò di sopravvivere e far sopravvivere. Complici alcuni compagni di baracca, con grande lavoro e altrettanto rischio, un cucchiaio divenne un affila-tissimo bisturi, la preziosissima acqua bollente fu disinfettante e mezzo di sterilizzazione per “fasce” strappate dalle divise dei cadaveri. Fu un neonato di pura razza ariana a salvargli la vita. Poco lontana dal campo, c’era la fattoria di un contadino soldato, mandato a combattere per la gloria di Hitler e della Germania nazista. Uno dei graduati “avvoltoi” del campo, pur con moglie e figli vicini, aveva fatto il nido nel letto della giovane donna sola.

Con il pretesto di portare aiuto alla povera moglie di valoroso milite rimasta sola per la gloria del popolo nazista, il colpevole, laido individuo, portò alla fattoria il prigioniero medico. In quelle occasioni, mentre usciva dal lager, la scritta Jedem Das Seine (“ad ognuno il suo”), leggibile solo dall’interno del campo, lo faceva piangere di nascosto dal suo aguzzino. Qualche patata e qualche pagnotta, dategli dalla donna, enormi sorsate di latte bevute di nascosto dal secchio della mungitura, bocconi di strutto rubati dal bariletto e inghiottiti nonostante la repulsione, aiutarono il prigioniero a non morire di fame. La volontà e il pensiero della famiglia gli permisero di resistere al freddo, alle fatiche, alle punizioni del campo, al desiderio di farla finita. Quando gli riusciva, rubava nella concimaia avanzi e scarti di cibo appena buttati, per portarli di nascosto ai compagni di baracca. Dopo la nascita del bimbo, il prigioniero, certo della sua prossima uccisione, come più volte gli aveva anticipato l’avvoltoio padre per assicurarsi l’assoluto silenzio su quanto avvenuto, dovette ricredersi: il 12 aprile 1945 il campo fu liberato dalle truppe americane. Questo mi raccontò il caro, mai dimenticato dottor Ancona, mentre i nipotini giocavano nel grande studio. Il lettino dell’ambulatorio di un tempo, divenne letto ideale per il vecchio medico, che dal suo ritorno da Buchenwald riuscì a fare i suoi brevi tormentati sonni solo su quel rigido stretto giaciglio, simile al tavolaccio su cui aveva riposato durante la sua permanenza all’inferno. Con l’abituale serena calma, mostrandomi il numero inciso sulla pelle del suo braccio, l’anziano mi disse: “Hanno sfregiato, inciso la nostra pelle. La cosa peggiore, però, è che hanno fatto la medesima cosa al nostro cervello, in troppi casi al nostro cuore”. Hitler e i suoi degni avvoltoi non erano però riusciti a distruggere nel caro medico ebreo gentilezza, rispetto, bontà, tenerezza, che lui continuò a riversare sul suo prossimo, sino alla fine. Nonostante il tanto male patito.

Da “IL PUNTO” – 4 febbraio 2018

Da “IL PUNTO” – 4 febbraio 2018
settimanale delle parrocchie di Catene e Villabona di Marghera

Questo numero del settimanale si presenta ordinato ed essenziale per le notizie che si rifanno agli appuntamenti propri della vita della Chiesa in questo inizio di febbraio: “Giornata per la vita”, “Prime confessioni” e “Giornata dell’ammalato”.

Ritengo utile sottolineare tre argomenti pur non sviluppati come sarebbe utile:

Il calendario da febbraio a fine maggio dei corsi di esercizi spirituali che si svolgeranno nella Casa della diocesi al Cavallino per le varie categorie di persone. C’è da augurarsi che ogni corso sia presentato con convinzione a tempo debito.

Riunione dei consigli economico e pastorale con, all’ordine del giorno, la lamentata diminuzione delle offerte. Se mi è permesso un consiglio da vecchio parroco: la questione si risolve lentamente investendo di più sulla carità. La riflessione di R.Zane, forse un insegnante, sull’importanza della partecipazione all’ora di religione a scuola. Pur convenendo col pensiero dell’autore dell’articolo, credo che l’insegnamento della religione a scuola diventi sempre più difficile per uno stato sempre meno confessionale e sempre più laico e per la sensibilità dell’uomo di oggi che è pure sempre più geloso dell’autonomia delle sue scelte. Forse la proposta evangelica dovrà cercare vie nuove per essere offerta all’uomo di oggi, ma di certo non manca questa possibilità.

don Armando

Calendario Esercizi Spirituali

Pubblichiamo il calendario dei prossimi corsi di Esercizi Spirituali presso la casa della diocesi al Cavallino

“S. Maria Assunta”:

CALENDARIO 2018

2-4 feb. 18 – Sposi – don Corrado Cannizzaro
16-18 feb. 18 – Giovani – don Carlo Broccardo
19-21 feb. 18 – Tutti:giovani e adulti – don Gianni Bernardi
2-4 mar.18 – Giovanissime e giovanissimi – don Gilberto Sabbadin don Fabrizio Favaro
16-18 mar.18 – Tutti:giovani e adulti – don Paolo Ferrazzo
In particolare per i catechisti
6-8 apr. 18 – Sposi – con figli mons. Franco Manenti
20-22 apr. 18 – Tutti:giovani e adulti – don Romano Martinelli
4-6 mag.18 – Sposi con figli – don Guido Benzi (Rimini)
16-20 mag.18 – Sposi con figli – don Maurizio Marcheselli

Consigli Pastorale ed Economico in seduta comune

Martedì 6 febbraio alle 20.40 sono convocati congiuntamente i Consigli Pastorale ed Economico. Il Parroco infatti chiede una riflessione comune su alcune questioni di carattere economico, in special modo sul netto e vistoso calo delle offerte per la vita della comunità. Come in famiglia, si analizzeranno i consuntivi e ci si interrogherà sui motivi della disaffezione cui assistiamo, così come sui modi per sensibilizzare maggiormente i parrocchiani circa la necessità di sovvenire alle molte spese.

Ora di regione, opportunità per accrescere la propria cultura

L’insegnamento della religione Cattolica a scuola è spesso sottovalutato. Nel corso degli ultimi vent’anni, si è verificato un calo di avvalenti di circa il 6%. È un dato che riassume una situazione in peggioramento. Io, che sono un liceale, tutta questa fuga dalla religione a scuola fatico a motivarla. Credo piuttosto che molti non partecipino semplicemente perché ne fraintendono il senso. Durante la scuola un ragazzo inizia a diventare indipendente e più responsabile di se stesso; è necessario quindi che prenda in mano anche la questione religiosa in modo personale. Durante l’ora di religione Cattolica si ha la possibilità di ragionare su temi importanti, con rispetto di tutte le posizioni. Chi è credente ha l’occasione di rafforzare la propria fede parlandone con altri ragazzi, perché è proprio quando ci vengono fatte delle domande sulla nostra fede che ci rendiamo conto di quanto possa essere superficiale (almeno per me). Fare religione Cattolica a scuola non significa certo convertire gli atei o gli appartenenti ad altre religioni, ma approfondire tutti i saperi a partire dal punto di vista religioso. Cari ragazzi e genitori, la religione non è un ambito da cui scappare a scuola! Nella mia esperienza è stato – ed è – un insegnamento importante per la formazione del mio pensiero personale, forse più di molti altri.

R. Zane

Da “CAMMINIAMO ASSIEME” – 4 febbraio 2018

Da CAMMINIAMO ASSIEME – 4 febbraio 2018
settimanale delle parrocchie di San Pietro e Sant’Andrea di Favaro Veneto

Il pezzo forte del settimanale è costituito quasi sempre dall’intervento del parroco, don Andrea Volpato. Questa settimana don Andrea dedica il suo articolo di fondo alla opportunità di partecipare ad un corso più o meno lungo di esercizi spirituali organizzato dalla diocesi al Cavallino presso la Casa diocesana.

Una seconda iniziativa perorata dal parroco è una scuola di musica (chitarra, pianoforte e batteria) che si terrà presso la parrocchia di Sant’Andrea.

don Armando

ESERCIZI SPIRITUALI

Come ogni anno, da molti anni, vivo l’esperienza di quelli che si chiamano in gergo “Esercizi Spirituali”. L’espressione è stata inventata da Sant’Ignazio di Loyola , fondatore dei Gesuiti, che per primo propose di fare un mese intero di silenzio, riflessione, preghiera. Nel corso dei secoli ci sono state e ci sono tutt’ora varie forme di esercizi spirituali. Io sto vivendo questa: 5 giorni in un ambiente diverso dal consueto (la casa diocesana al Cavallino, voluta dal patriarca Marco apposta per questo), guidati da un predicatore per riflettere su vari temi della nostra vita. Io con alcuni parroci siamo qui dalla domenica sera al pranzo del venerdì.

C’è un appuntamento simile aperto a chiunque. Ma ci sono anche molti altri appuntamenti per persone che non hanno questa libertà di tempo e che perciò sono molto più brevi (dal venerdì sera al pranzo della domenica), ma non meno intensi e importanti. E sono anche per diverse “categorie”: giovani, giovanissimi, adulti, catechisti e animatori, sposi anche con figli piccoli (quindi con previsto servizio per i bambini e i ragazzi) … E gli appuntamenti sono dislocati in vari fine settimana dall’autunno alla primavera inoltrata.

C’è un depliant preparato con annesse tutte le informazioni necessarie che si può scaricare anche dal sito della diocesi http://www.patriarcatovenezia.it/esercizispiritualioders/

Molti fratelli e sorelle hanno imparato chi da più, chi da meno tempo, ad approfittare di questo momento. E io spero che anche altri provino questa esperienza con spirito buono e disponibilità. Forse questa è una delle cose di cui abbiamo più bisogno in questo tempo anche per crescere come collaborazione pastorale: non tanto di appuntamenti di tipo “funzionale”, come i corsi per prepararsi a fare qualcosa (per esempio quelli a Zelarino in vista del Grest), ma di momenti che ci facciano crescere come credenti personalmente e come comunità di fratelli.

Il patriarca Marco amava descrivere questa casa e questa opportunità degli esercizi con l’immagine evangelica del pozzo di Giacobbe presso cui la samaritana venne ad attingere acqua e incontrò Cristo il Signore, acqua viva che disseta ogni sete e per sempre (Giovanni 4).

A me più umilmente piace anche paragonare gli esercizi a quando si “fa il punto”: mi è capitato, per esempio, percorrendo i sentieri delle nostre splendide montagne di trovarmi a non capire bene a che punto fossimo, o ad un bivio, o a un tratto segnato male … Soprattutto se ero in compagnia di ragazzi, si rendeva necessario fermarsi, guardarsi attorno, guardare la cartina, parlare assieme e poi riprendere il cammino per non rischiare di fare sciocchezze anche pericolose. Ecco gli esercizi per me sono, un po’ anche questo.

Spero che più di qualcuno possa provare e sono anche disposto a contribuire economicamente qualora ce ne fosse bisogno, come ho già fatto tante volte.

C’è un appuntamento che ci siamo dati come collaborazione ed è dal 16 al 18 marzo. Ci sono più di una decina delle nostre parrocchie iscritti. Se qualcuno vuole aggiungersi, spero sia ancora possibile.

MUSICA

Nella parrocchia di Sant’Andrea sono attivi laboratori di musica aperti a tutte le parrocchie della collaborazione. E’ bello imparare la musica ed è anche importante per l’animazione delle nostre celebrazioni…

PARROCCHIA DI S. ANDREA AP. Favaro V.to

Continuano i laboratori di musica aperti a tutte le parrocchie nell’Oratorio ” Giovanni Paolo I”

Per bambini, ragazzi e adulti, corsi individuali e collettivi di:
pianoforte, chitarra e batteria (il lunedì pomeriggio)
flauto traverso e canto (il giovedì pomeriggio)

I laboratori hanno la finalità di avvicinare alla musica offrendo anche la possibilità di suonare musica insieme e svolgere un servizio musicalej per le parrocchie.

Coordina i corsi fa professoressa MICHIELETTO LUCIA (diplomata in pianoforte, percussioni e didattica musicale presso il conservatorio “B. Marcello” di Venezia

Da “VITA DI COMUNITÀ” – 28 gennaio 2018

Da “VITA DI COMUNITÀ” – 28 gennaio 2018
settimanale della parrocchia Santa Maria Goretti di Carpenedo

Questo foglietto parrocchiale è sempre in ritardo perché non giungendomi via E-mail mi arriva quasi sempre la settimana successiva. Mi è poi difficile segnalare qualcosa di particolare perché tutto il foglio è formato da un puzzle di appuntamenti e di celebrazioni religiose che un po’ si rifanno alla tradizione ed un po’ ad un certo modo di vivere la fede. Nel panorama dei fogli parrocchiali è certamente un settimanale atipico, comunque, da quello che mi si dice, questa parrocchia è quanto mai vivace e la formula pastorale adottata sembra essere efficace.

Chi fosse a corto di idee per organizzare la vita parrocchiale, penso troverebbe in questo foglio abbondanza di suggerimenti. Segnalo, a mo’ d’esempio, qualcuna di queste iniziative.

don Armando

CORSO MATRIMONIO

“LE CINQUE LUCI”
Sab. 3 feb. 2018 h. 9-18 Dom. 4 h. 9-13 (con pranzo su prenotazione)
VIENI CON NOI

per vivere meglio il tuo matrimonio per rinforzare l’amore per imparare divertendoti.
con Maria Esther Cruz Avvocato Matrimonialista c/o Tribubale Ecclesastico Triveneto ed Equipe. Iscrizioni in ufficio parrocchiale

CELLULE DI EVANGELIZZAZIONE

Ins. n° 4/2018
“Portalo da Gesù (1)” preghiera Oikos (Me. 2,1-12)

SERATA CON FAMIGLIE

Sabato 17 febbraio ore 20.45 presso il nostro Patronato

Serata con Suor Angela di Fatima Coelho
“La famiglia e la chiamata alla santità nella testimonianza dei pastorelli di Fatima
Suor Angela è postulatrice della causa di canonizzazione di Francesco e Giacinta Morto (pastorelli di Fatima) e vice postulatrice della causa di beatificazione di suor Lucia di Gesù e del Cuore Immacolato.

Da “UNA VOCE NELLA RIVIERA” – 4 febbraio 2018

Da UNA VOCE NELLA RIVIERA – 4 febbraio 2018
settimanale dell’unità pastorale delle parrocchie del Sacro Cuore di Gesù di Ca’ Sabbioni e di San Pietro in Bosco e Santa Maddalena di Oriago

Anche questa settimana il periodico esce elegante con una bellissima foto in prima di copertina con la figura di Cristo che abbraccia un giovane e con accanto una bella preghiera a Dio Padre.

Il pezzo forte del periodico è, come sempre, contenuto nella rubrica del parroco, don Cristiano Bobbo: “Lungo il fiume, pensieri in libertà di un parroco della Riviera”. E’ esemplare che questo giovane parroco, nonostante abbia la cura pastorale di ben tre parrocchie, riesca a dedicare tempo a queste riflessioni che di certo buttano un ponte sul cuore e sulla coscienza dei suoi numerosissimi parrocchiani che possono godere di una testimonianza così intensa, generosa e coraggiosa a servizio della propria comunità.

Il giornale dedica ampio spazio alla cronaca e agli appuntamenti di routine legati al tempo liturgico, però non trascura argomenti che meritano un approfondimento particolare quali la scelta dell’ora di religione a scuola, la testimonianza di S.Benedetto e di Santa Scolastica e la Giornata per la vita.

don Armando

LUNGO IL FIUME
Pensieri in libertà di un Parroco della Riviera
di don Cristiano Bobbo

Larghi orizzonti
Le persone mi chiedono spesso: “Come va con tre parrocchie?”. Molti sono desiderosi dì sapere se questo povero prete riesca a cavarsela da solo dentro una prospettiva tanto ampia e impegnativa nella quale è stato collocato in seguito alla recente configurazione pastorale delle nostre parrocchie, chiamate a formare un’unica Collaborazione. In realtà non sono solo: con me c’è don Emilio che, è il caso di dirlo, sta vivendo la stagione di una rinnovata giovinezza che gli permette di essere sempre presente con generosità e vero spirito sacerdotale, ovunque ci sia bisogno del suo ministero; c’è poi don Giuseppe che garantisce fedelmente il servizio nella parrocchia di Ca’ Sabbioni, presidiando, con la sua presenza, questa porzione più decentrata della Collaborazione pastorale; c’è don Francis, il sacerdote nigeriano, in Italia per motivi di studio, che aiuta le nostre parrocchie nel servizio liturgico; c’è il diacono don Gianluca, che fra poco diventerà sacerdote, che trascorre già alcuni giorni della settimana nella nostra Comunità, dedicandovi con gioia il suo ministero. Ci sono tutte le persone che, nelle singole realtà, continuano a svolgere le più diverse mansioni nei molteplici settori pastorali: un vero esercito, impegnato su tutti i fronti, per assicurare vitalità, corresponsabilità ed efficacia alla nostra missione. E poi, prima di tutto, e, soprattutto, c’è Dio che ha pensato bene ogni cosa, anche in questo tempo della mia vita! E, allora, che cosa mi manca? Non farei nulla se cominciassi a lamentarmi per le piccole amarezze dell’esistenza, a elencare puntigliosamente tutto quello che non va in questa situazione, nella Chiesa, nel mondo. Lo sguardo sarebbe sempre proteso ai puntini neri che costellano l’orizzonte della vita. Col rischio di non accorgermi del tanto, anzi, dell’immenso splendore che c’è nelle anime, dell’amore che in ogni istante è nascostamente donato, della bontà, della giustizia, della verità che pure popolano i nostri giorni e la nostra terra. Certo, non chiudo gli occhi sulle difficoltà o sulle cose che non vanno e neppure assumo a priori un ottimismo di maniera, perché il male esiste ed è sempre attivo. Ma mi sforzo di non fare mai prevalere il pessimismo perché l’orizzonte dei miei passi torni sempre limpido e ricco di speranza.

Silenzio
È ormai notte fonda mentre scrivo queste righe. Fuori dalle finestre della canonica la distesa di campi è immersa in un assoluto silenzio, sotto il velo leggero della foschia e dell’oscurità gelida dell’inverno. Il sonno sta inviando i suoi legittimi appelli dopo una giornata intensa e particolarmente lunga, ma non riesce ancora ad addormentare il cuore e la mente che si consegnano al pensiero di quanti oggi sono usciti di casa, forse per obbligo di lavoro, forse soltanto per distrarsi, pur di non restare da soli con se stessi. Certo, non è facile rimanere in silenzio e ascoltare ciò che il cuore sussurra e la coscienza rimprovera. Ma ancor più diffìcile è aspettare: sapere, cioè, che la nostra vita può avere una chiamata a una scelta diversa oppure immaginare un progetto nuovo di esistenza. Tuttavia la cosa più ardua e la più esaltante è proprio il silenzio. È nel silenzio che Dio si rivela, è lì che il mistero si schiude, è lì che la meta della vita si delinea. Immersi tutto il giorno in una fiumana di parole, dì suoni e di rumori, coinvolti in incontri e in scontri, non sappiamo più decifrare il linguaggio del silenzio che è lo stesso linguaggio della fede. Forse, in qualche altra casa, al di là dell’immota distesa dei campi, c’è qualcuno che si lascia provocare dal silenzio di questa notte…

Le sorprese della vita
Siamo ancora nei primi giorni del nuovo anno. Si sono spenti gli auguri, ma forse si è già raffreddata anche la nostra attesa di qualcosa di diverso per la nostra vita. Tutto sarà come prima, con lo stesso paesaggio modesto, gli stessi atti ripetuti e sempre identici? Voglio continuare a credere che la vita è carica di sorprese. Chiedo a Dio di darmi la gioia di mettermi nuovamente in cammino alla ricerca delle sue meraviglie. Di mettermi accanto compagni di strada che desiderano attendere, cercare, sperare e non rinchiudersi nella pigrizia o nello scoraggiamento per non perdere le tante sorprese che la vita continua a donarci.

Da “IL DIALOGO” – 4 febbraio 2018

Da “IL DIALOGO” – 4 febbraio 2018
settimanale della parrocchia di San Michele Arcangelo di Quarto d’Altino

In questo numero del foglio parrocchiale non c’è alcunché di particolarmente importante da segnalare.

Riporto alcune notiziole abbastanza marginali per una parrocchia grande come questa:

L’amarezza del parroco per la deludente risposta dei bambini ai quali era stata consegnata una scatolina per sostenere le opere caritative della diocesi.

Il lancio per il campo estivo.

Il plauso per un parrocchiano che da ben 45 anni si mette a disposizione per tener ordinata la chiesa.

don Armando

RACCOLTE NATALIZIE CASSETTINE CARITAS: € 323,50

… purtroppo, anche quest’anno la media è stata molto bassa: si tratta di UN EURO A BAMBINO
(ognuno ha ricevuto una cassettina).
Forse pochi sanno a cosa servono quelle offerte;
ecco una lista degli enti sostenuti:
-mensa, dormitorio, vestiario, docce Betania
-mensa e dormitorio Papa Francesco
-casa accoglienza uomini dal carcere Beato Giovanni XXIII
casa accoglienza donne dal carcere mons. Vianello
-dormitorio e mensa poveri S. Giuseppe
-dormitorio uomini Comunità di Betlemme
-casa prima accoglienza immigrati S. Raffaele
-centro dì ascolto Caritas
-sportello antiusura
-sostegno al credito per minimi economici S. Matteo

NOVITÀ CAMPI ESTIVI;

QUEST’ANNO CAMPO IN MONTAGNA PER TUTTE LE MEDIE !

IL SIGNORE DEQLI ANELLI
16-22 LUGLIO

CASA FRANCESCANA DI CUGNAN (BL)
PER INFO E ISCRIZIONI: DON GERMAN, GIORGIA MORO E SR. MANUELA

45 ANNI DI ONORATO SERVIZIO

…Tanti sono gli anni trascorsi da quando LUIGINO all’età di 14 anni si è messo a servizio della nostra comunità. Oggi è un collaboratore fedele, preciso e diligente; sempre presente per preparare e sistemare l’aula della chiesa, per ordinare i banchi, per pulire i portacandele, per fare servizio ai funerali. Tutta la comunità lo ringrazia di cuore per la sua preziosa collaborazione e gli augura ancora molti anni di servizio.

Da “UNA COMUNITÀ SULLA VIA DI SAN PAOLO” – 4 febbraio 2018

Da UNA COMUNITÀ SULLA VIA DI SAN PAOLO– 4 febbraio 2018
settimanale della parrocchia di San Paolo di via Stuparich

Il periodico esce con la consuete otto facciate, due dedicate al commento del Vangelo della domenica, una alla fotocronaca della festa dei 50 anni della comunità. Le due facciate centrali sono dedicate alle attività della settimana: giornata dell’ammalato – conferenza del mercoledì – le ceneri – presentazione del numero corrente di Gente Veneta – un pensiero per riflettere. Le facciate 6 e 7 alla 40^ Giornata per la Vita e l’ultima facciata al calendario della settimana.

Sottolineo in particolare “La conferenza” – “Un pensiero per riflettere” e la presentazione del numero di Gente Veneta, che mi sembrano i pezzi più particolari.

don Armando

GENTE VENETA
in questo numero

Si chiama “formazione migrante continua” ed è l’iniziativa innovativa messa in campo dalla Diocesi, in collaborazione con l’università di Siena: corsi di lingua italiana per stranieri (non solo migranti), con l’aggiunta di incontri su salute e sanità, economia domestica e risparmio… Ne parla il nuovo numero di Gente Veneta in cui, tra l’altro, si può trovare anche: 1) L’attenzione all’ambiente è un atto teologico: lo dice il Patriarca nel dialogo con il meteorologo e divulgatore Luca Mercalli, nella festa di San Francesco di Sales; 2) La prof. Giovanna Contro: «A 94 anni insegno all’Università della Terza Età»: ritratto di un’anziana che non rinuncia alla bellezza della vita; 3) Una mamma segnala, con una lettera a GV, la difficoltà nel conciliare gli orari del suo lavoro con quelli dell’asilo nido: «Manca la flessibilità». Rispondono l’assessore comunale e le scuole paritarie (che un po’ di flessibilità in più ce l’hanno, e da tempo)

ASPIC CONFERENZE del Mercoledì
Mercoledì 7 febbraio

ESSERE, FARE, LAVORARE
Identità e lavoro tra consapevolezza e sviluppo personale

Fino a qualche decennio fa il lavoro rappresentava uno dei pilastri dell’identità personale, qualcosa di stabile che dava senso, definiva ed orientava la vita delle persone Oggi, seppur al centro del contratto sociale, il lavoro si sta sgretolando e sta assumendo nuovi significati, all’interno di quella dimensione liquida dell’identità che contraddistingue il nostro tempo.

Durante l’incontro verranno affrontati concetti, fenomeni e processi che testimoniano i mutamenti nel mondo del lavoro e gli effetti sui nostri stili di vita Si parlerà di downshifting, meritocrazia, talento, stress, vocazione, potenziale, per stimolare la riflessione e l’auto-consapevolezza

Che significato ha l’atto del lavorare in relazione al nostro “essere”, alla nostra idea di fare e al nostro benessere? Il lavoro e il modo in cui lo svolgiamo sono coerenti con i nostri valori guida? Come ci sentiamo rispetto alle nostre attività lavorative, alle nostre motivazioni e alla rete relazionale in cui operiamo?

Sono solo alcune delle domande che contribuiranno a contattare quello che si muove dentro e attorno a noi, esplorando una dimensione fondamentale della nostra vita come quella lavorativa strettamente connessa all’autostima, all’autoefficacia, ai nostri desideri.

Condotto da Carlo Scibilia sociologo, counselor professionista, coach

 

UN PENSIERO PER RIFLETTERE
A cura del gruppo “Le donne di Gerico” “Risanaci, signore, Dio della vita”

Dal salmo 146

Se ascoltiamo la Sua parola e impariamo ad essere solidali con le sofferenze e le fatiche degli altri, il Signore ci prende “per mano” guarendoci dai nostri limiti, dalle nostre paure e dalle nostre sofferenze, donandoci il coraggio di amare.

“Le sofferenze..dicono…migliorano l’uomo.
Visti i risultati, proverei con la felicità.

Da “SANTA MARIA IMMACOLATA DI LOURDES” – 4 febbraio 2018

Da SANTA MARIA IMMACOLATA DI LOURDES – 4 febbraio 2018
notiziario settimanale della parrocchia omonima

Il settimanale riporta in prima pagina una parte della lettera pastorale del Patriarca e la “nervatura del vangelo della domenica”, ossia i passaggi essenziali. Il retro del foglio è dedicato per metà alla festa della Madonna di Lourdes, realtà alla quale è dedicata questa parrocchia. Il resto alle celebrazioni normali della vita di ogni parrocchia. Il tutto ridotto all’essenziale.

don Armando

Vivere la parola

La suocera di Simone era a letto con la febbre e subito gli parlarono di lei. Gesù si avvicinò e la fece alzare prendendola per mano; la febbre la lasciò ed ella li serviva.

Anche oggi Gesù entra nella nostra casa, nella nostra vita ed opera ciò che ha fatto per la suocera di Pietro.

Si avvicina perché i nostri mali, i nostri peccati non gli fanno paura, ma vuole guarirli ci prende per mano per rassicurarci che non ci lascia mai soli, ma cammina sempre con noi ci fa alzare dal letto della pigrizia, dell’indifferenza, dell’egoismo ci libera da tutte le febbri che ci bloccano nel fare il bene ci rende capaci di metterci con gioia al sevizio di tutti i nostri e suoi fratelli.

Festa della Madonna di Lourdes

Domenica 11 febbraio 2018 si celebra la festa della Madonna di Lourdes titolare della nostra Parrocchia e la Giornata Mondiale del Malato
venerdì 9 febbraio
ore 18.00 Recita del Rosario e canto delle litanie ore 18.30 S. Messa
sabato 10 febbraio
ore 18.oo Recita del Rosario e canto delle litanie ore 18.30 S. Messa prefestiva
domenica 11 febbraio – Giornata Mondiale del Malato S. Messa alle ore:
9.30
11.00 solenne
18.30
ore 16.00 Recita del Rosario e canto delle litanie

La santa Messa solenne delle ore 11.00 sarà presieduta da Mons. Giacinto Danieli padre spirituale del Seminario diocesano e animata dalla corale di Villanova di Portogruaro.

Alla fine delle celebrazioni verrà venerata l’effige della Madonna di Lourdes custodita nell’altare a lei dedicato.

Da “PROPOSTA” – 28 gennaio 2018

Da “PROPOSTA” – 28 gennaio 2018
settimanale della parrocchia di San Giorgio di Chirignago

Questa parrocchia conta 7769 anime e dispone di due sacerdoti. Il foglio parrocchiale, vivo e grintoso, normalmente esce in un foglio A4. Eccezionalmente, come in questa settimana, in due fogli A4.

L’articolo di fondo è a firma di don Roberto, il parroco che, partendo dal tragico evento del suicidio di una giovane parrocchiana ventenne – evento che ha turbato profondamente la comunità – con logica stringente ed acuta rifiuta l’atteggiamento di chi, non credente o credente, accusa Dio di questi amari drammi.

C’è da segnalare pure una toccante “lettera non firmata”, da parte di una persona di fede profonda che vale la pena di leggere perché è quanto mai profonda ed edificante.

Segnalo pure due altri articoli: il primo sulla festa delle giovani famiglie, il secondo sul “Comune lumaca”.

don Armando

NON CAPISCO…

Avevo scritto questo “editoriale” di getto con la veemenza che spesso non riesco a contenere. L’ho letto alle catechiste durante la consueta riunione del mercoledì ed ho capito (anche se non me l’hanno detto di brutto) che andava riscritto. Magari i contenuti erano giusti, ma lo stile andava limato.

Ed eccomi qua.

Si tratta di qualcosa che ho avvertito parlando qua e là, a proposito di quanto è accaduto in parrocchia in questi giorni. Più di qualcuno se l’è presa con Dio, con il buon Dio.

Io sto dalla parte di Dio senza se e senza ma. A prescindere.

E questo perché credo in Lui e so che è buono. So anche che ha sempre rispettato la mia libertà e che lo farà anche in futuro, perché è il dono più prezioso che mi ha dato. Anzi, che ci ha dato. Trovo che prendersela con Lui vada contro la logica. La fede non si basa sulla logica. Ma la presume.

E la presume perché la logica è come la giustizia: dà a ciascuno il suo.

Sgombra il campo da stupidaggini che non stanno né in cielo né in terra.

La logica mi impedisce di accusare chi non è accusabile in nessun modo.

Se trovo la mia panchina strisciata con un chiodo, non posso prendermela con mio nipote che fa il pilota di aerei nel Dubai.

Dunque: Dio rispetta la libertà dell’uomo. Lo ha fatto sempre. Del resto nessuno di noi accetterebbe di essere privato della sua libertà, anche se l’uso di essa potrebbe far del male a qualcuno.

Ancora: può Dio fare il guardiano, il poliziotto, la crocerossina quando qualcuno si comporta in maniera contraria ai suoi comandamenti?

Può essere accusato di essere colpevole un Dio che ha chiaramente detto e scritto: questo non si deve fare, questo non si fa?

Trovo anche che accusare Dio sia diventata un’abitudine diffusa.

Lo accusano coloro che non credono in Lui (e che perciò dovrebbero ignorarlo) e lo accusano, incredibile, anche coloro che in Lui credono e si dicono cristiani. Purtroppo quando si accusa il Signore non occorre motivare o dimostrare.

Tanto quasi sempre si è dalla parte della maggioranza. E quando si è in maggioranza la ragione ci viene data senza tanti problemi.

Accusare qualcuno che non ha colpa senza dover dimostrare la verità delle proprie accuse perché si è coperti dall’essere maggioranza mi sa da vile. E devo dire che oltre a non approvarlo mi irrita pure. Ecco. Se parlate con me sappiate che per principio e sempre starò dalla parte del Signore.

don Roberto Trevisiol

ALTRA RIFLESSIONE

…. Per me questa non è stata volontà di Dio. Non tutto quello che accade è volontà di Dio. Paola non ha fatto la volontà di Dio. E che cavolo: in che razza di Dio dovrei credere? In un Dio la cui volontà è che una delle sue figlie preziose si tolga la vita? Ma se Dio ha fermato persino la mano di Abramo che stava per uccidere Isacco, non avrà cercato di fermare anche Paola?

Io non posso credere che Paola abbia fatto la volontà di Dio. Credo che Dio Padre l’abbia già perdonata, che è diverso. Credo che Dio Padre sappia che lei non ce la faceva più, lei, con la sua storia, col suo dolore, con le sue paure, con le sue fragilità. Credo che Dio sappia che Paola non poteva immaginare il dolore e lo strazio che avrebbe lasciato. E per questo sono convinta che Dio l’abbia perdonata ancor prima che lei agisse, e l’abbia raccolta direttamente nelle sue braccia. Ma questo non significa che questo fosse il disegno che Dìo aveva su Paola.

E’ che noi uomini il disegno dì Dio non lo conosciamo, e a volte ci sbagliamo.

E’ che siamo deboli, siamo fragili, sbagliamo, pecchiamo, qualche volta scegliamo la via che ci sembra più facile, qualche volta non vogliamo affrontare ì problemi, qualche volta rifiutiamo il bene che gli altri ci vogliono. Mica sempre perché siamo cattivi, a volte semplicemente perché siamo uomini e quindi non siamo esseri perfetti. Altrimenti saremmo dei. Paola era una piccola donna, non era perfetta, e non ce l’ha fatta a sostenere il dolore che aveva dentro.

Domenica mattina guardavo Gesù crocifisso, e non avevo dubbi che lui più di tutti noi poteva capire Paola, e che l’aveva già accolta. Mio padre, nei giorni prima di morire, diceva: “Ho fatto tanti errori, ho commesso tanti peccati, ma sono tranquillo: ci ha fatti Lui, sa di che pasta ci ha fatti”. Ecco, io sono convinta che Dìo abbia perdonato Paola, perché sa quanto è stata dura e sa quanta fragilità c’è dentro ciascuno di noi. Gesù ha conosciuto il dolore, la sofferenza, la disperazione (allontana da me questo calice… Dio mio perché mi ha abbandonato…); Dio sa di che pasta ci ha fatti; e, come in un sillogismo, a me questo basta per sapere che Paola adesso è tra le loro braccia; mi immagino Dìo Padre e Gesù suo figlio che se la contendono, per lenire il suo dolore e starle accanto.

Ma questo non significa che la morte di Paola fosse volontà dì Dio.

E non solo il gesto di Paola non era volontà di Dio. In questa storia c’è tanto altro che non è volontà di Dio ed è il fatto che noi adulti, io per prima, io mi sento corresponsabile di tutto questo, io ho collaborato a costruire un mondo in cui una ragazza ha pensato che l’unica scelta che le era rimasta era quella di togliersi la vita. Noi adulti abbiamo dettato le regole del gioco. Io, che sono stata tra le sue educatrici, sono corresponsabile di questo scempio.

E allora prego Dio di perdonarmi per quello che ho fatto e per quello che non ho fatto.

E non gli chiedo la pace e la serenità. Gli chiedo di togliermi il sonno ancora per qualche notte. Gli chiedo di fare in modo che dalla mia mente non si allontani mai l’immagine di Paola e quella dello strazio negli occhi dei suoi genitori. Perché tutto questo mi sproni a fare di tutto perché questo non accada più. Chiedo a Dio che non ci dia pace e non ci dia tranquillità finché non saremo riusciti a costruire un mondo in cui ogni giovane senta di essere amato, apprezzato nella sua unicità e sappia che c’è una via d’uscita a tutto, e sappia che il dolore passa, che la morte non è mai l’ultima parola, che la vita è più grande, che la vita ha bisogno di tempo per sbocciare, e che in questo tempo dobbiamo essere pronti ad accogliere la gioia, ma anche il dolore, il successo e l’insuccesso, le nostre conquiste e le nostre perdite, le nostre genialate e i nostri sbagli, chi ci ama e chi ci disprezza, i nostri sentimenti positivi e quelli distruttivi. Perdonami, Signore, e non darmi pace.

(Lettera firmata)

FESTA DELLE GIOVANI FAMIGLIE

PERMESSO… GRAZIE… SCUSA… Queste sono le tre parole che Sabato scorso, durante l’ormai tradizionale incontro delle giovani famiglie, Papa Francesco ci ha suggerito. Da un grande schermo posizionato a fianco dell’altare è stato infatti trasmesso uno spezzone dell’udienza generale del 13 Maggio 2015 in una chiesa gremita di adulti e bambini vivaci ma attenti.

Tre semplici parole che all’interno delle famiglie e della società stessa “racchiudono una grande forza” e “aprono la strada per vivere bene”; chiedere PERMESSO significa entrare nella vita dell’altro con fiducia e rispetto senza dare tutto per scontato, dire GRAZIE significa imparare la gratitudine e la riconoscenza che portano alla dignità della persona e alla giustizia sociale, chiedere SCUSA significa imparare a perdonare e quando non lo si fa “piccole crepe si allargano fino a diventare fossati profondi”.

Dopo questa breve riflessione, semplice ma schietta e profonda, il momento di preghiera si è concluso con lo scambio tra le famiglie di un bigliettino con un augurio o una preghiera in segno di condivisione fraterna. La serata è poi proseguita in sala San Giorgio dove ci attendeva un abbondante buffet preparato da consumare “in piedi” in modo da potersi muovere tra i tavoli e poter quindi parlare con molte persone e rivedere vecchi amici. La conclusione ha sicuramente reso felice ì nostri figli che hanno potuto assistere allo spettacolo del mago Giovanni che per quasi un’ora ha stupito tutti (anche gli adulti) con le sue illusioni.

Pensiamo che questo modo di ritrovarsi a celebrare e ricordare l’importanza della famiglia sia veramente azzeccato: una riflessione e una preghiera semplice ma concreta, mangiare assieme e passare con gioia una serata in compagnia.

Grazie don Roberto a te e a tutti quelli che hanno collaborato e che hanno permesso questa bella serata… in FAMIGLIA.

Valentina e Alberto.

IL CAMPETTO

Sembra incredibile ma solo in questi giorni abbiamo ricevuto la piena e totale agibilità del nostro “Campetto”, gli ex spogliatoi. Ci sono voluti dieci anni. La storia molti la sanno ma forse va ricordata.

Dieci anni fa una famiglia della nostra parrocchia si è detta disponibile a finanziare il recupero degli ex spogliatoi completamente in rovina e in procinto di crollare. Avviata la pratica, fummo convocati dall’allora assessore ai lavori pubblici e all’edilizia (forse confondo i ruoli ma la sostanza non cambia) per discutere del progetto. In sostanza ci veniva proposto dall’autorità pubblica di ampliare le nostre intenzioni per inserire gli ex spogliatoi nel contesto della nuova piazza di Chirignago. In particolare di spostare il sedime dove costruire l’opera per metterlo in linea con quello che poi tutti avrebbero chiamato “il mostro”, l’inutile (e costosissimo) porticato che c’è ancora e per dare allo stesso uno sfondo. In particolare ci veniva chiesto di creare un qualcosa su cui dipingere una grande figura di San Giorgio, il patrono del paese.

Questo avrebbe comportato una enorme lievitazione dei costi, ma la famiglia di cui sopra accettò, e noi con lei. Presentati i progetti dettagliati il comune di Venezia li approvò con una concessione edilizia “senza se e senza ma”. Piena.

I guai sono iniziati quando qualcuno scoprì che il permesso avrebbe dovuto essere prima presentato alla sovrintendenza ai beni ambientali in quanto la zona era ed è gravata da vincolo paesaggistico per la presenza del Rio Cimetto a meno di 150 metri di distanza. Questo vincolo non era segnato sulle carte allora in funzione. Non lo sapevano i tecnici comunali, come avremmo potuto saperlo noi?

Da lì in poi è stato un calvario con il pericolo che venisse ordinato l’abbattimento dell’opera. Con l’aiuto di professionisti preparati e con il sostegno di don Andrea nel frattempo diventato economo diocesano, si è arrivati a rimettere tutto in ordine e, in questi giorni, ad avere il definitivo “Ok” che ci permette di dormire sonni tranquilli. Ma sono passati 10 anni….

Noi non dovevamo dormirci dentro, ma chi si trova nella necessità di risolvere i propri problemi, può attendere sempre così tanto?

Arrivati al termine di questo lungo percorso ringraziamo tutti coloro che ci hanno aiutato.

don Roberto Trevisiol

Da “CAMMINARE INSIEME” – 4 febbraio 2018

Da CAMMINARE INSIEME – 4 febbraio 2018
periodico dell’unità pastorale di Eraclea e di Ca’Turcata

Quando pensai a dar vita a questa “Rassegna stampa online” avevo previsto di interessarmi soprattutto dei bollettini parrocchiali di Mestre perché qui abito e qui conosco meglio la realtà ecclesiale. Sennonché sempre più di frequente mi giungono fogli parrocchiali di comunità cristiane di Venezia e dell’entroterra veneziano. Più di qualcuno mi suggerisce di prendere in considerazione anche questa stampa parrocchiale. Sono titubante perché sono solo, novantenne e con una équipe di collaboratori strettissima. Comunque per ora tenterò, di tanto in tanto, di fare qualche recensione perché non si pensi che il Patriarcato di Venezia non si esaurisca sulla gronda lagunare.

Ho qui sottomano questo foglio A4 scritto tutto zeppo zeppo che quasi ti toglie il respiro. Queste due parrocchie hanno, la prima 4931 anime, la seconda 480 e son guidate da mons. Angelo Munaretto, coadiuvato talvolta da don David Carraro che però ha la cura di anime di Stretti con 1461 abitanti e Cittanova con 201.

Mi pare di dover sottolineare due pellegrinaggi, uno a Collevalenza e S. Rita e l’altro alla Madonna di Motta di Livenza.

Secondo evento quello denominato nel foglio “Settimana vocazionale” con i chierici del seminario di Venezia. Tutto il resto del foglio è dedicato agli eventi liturgici di questo tempo.

don Armando

Pellegrinaggio a Collevalenza e S. Rita da Cascia dal 22.03.2018 al 25.03.2018
Organizzato dall’ Associazione “In Cammino con Maria”.
Costo €. 250,00 (camera singola: €. 15,00 in più)
Anticipo alla prenotazione €. 100,00 entro e non oltre il 03 marzo
INFORMAZIONI: Lucia, Enrico

Settimana vocazionale con i chierici del seminario di Venezia

Una vera e propria settimana vocazionale è quella che i seminaristi del triennio stanno vivendo dal 2 al 6 febbraio presso il vicariato di Eraclea. Dopo la conclusione della sessione invernale degli esami, gli undici seminaristi della comunità di teologia sono impegnati in una sorta di “missione vocazionale” nella parrocchie della Collaborazione pastorale di Eraclea. Trascorrono alcuni giorni vivendo nelle canoniche delle diverse parrocchie del Vicariato, assieme al padre Rettore don Fabrizio e al padre Spirituale don Giacinto, e sono impegnati a visitare tutte le comunità cristiane per annunciare il Vangelo della Vocazione, lo gioia di riconoscere e accogliere il progetto di bene che Dio ha nella nostra vita. I seminaristi, a gruppetti di due o tre, sono presenti negli incontri di catechesi dei fanciulli, dei ragazzi e dei giovani, nelle Ss. Messe festive per offrire una testimonianza, ma anche in tutte quelle occasioni di vita comunitaria dove è possibile proporre una occasione di preghiera o di testimonianza.

Hanno già incontrato gli amici della Casa dell’Accoglienza. Venerdì sera hanno animato la S. Messa della Madonna Candelora e incontrato diversi catechisti del vicariato.

Lunedì prossimo incontreranno anche gli ospiti anziani presso il Centro Servizi “Anni sereni” e alla sera avranno modo di condividere l’esperienza della Caritas inter-parrocchiale. Martedì mattina animeranno l’Adorazione Eucaristica che ogni settimana viene fatta prima delle ore 10,00 pregando soprattutto per le Vocazioni.

Martedì 27 febbraio 2017:
Pellegrinaggio vicariale (Eraclea, Jesolo, Caorle, Favaro/Altino..)
al Santuario della Madonna dei miracoli di Motta di Livenza
ore 15,00: Celebrazione penitenziale con Confessioni e S. Rosario
ore 16,30: S. Messa concelebrata dai sacerdoti dei vicariati di Caorle, Eraclea, Jesolo…

N.B. Per Eraclea, Paluda, Ca’ Turcata, Stretti, Cittanova è stato organizzato un Pullman che partirà alle ore 13,45 (da Ca’ Turcata – Paluda – Eraclea) Prenotarsi da don Davide o da don Angelo o in canonica fino a completamento dei posti (Euro 10,00)

Da “COMUNITÀ E SERVIZIO” – 28 gennaio 2018

Da “COMUNITÀ E SERVIZIO”28 gennaio 2018
settimanale della parrocchia San Giuseppe di viale San Marco

Il foglio A3 si presenta, come sempre, elegante e ben curato, occupando la prima facciata con una foto e ad un articolo di spalla del parroco don Natalino Bonazza.

In questo numero don Natalino dedica il suo corsivo alla sobrietà, una virtù che in passato era quasi imposta dalla difficile condizione economica, che però favoriva una vita sobria e morigerata, mentre l’attuale benessere facilita una vita disordinata e talvolta viziosa. Don Natalino lascia intendere che oggi dovrebbe essere la scelta personale a far perseguire una vita ordinata e positiva.

Il periodico normalmente dedica poi le facciate due e tre ad articoli che puntualizzano le problematiche della vita attuale alla luce del pensiero cristiano.

Segnalo l’articolo “Diversi da chi” di Adelio Lombardo che pare si stia alternando con Alessandro Seno. L’articolo affronta in maniera piacevole il problema del “meticciato domestico”, ormai imposto dalla presenza di un numero sempre più consistente di stranieri.

Segnalo pure la felice e positiva idea di presentarci, seppure in maniera sommaria, gli articoli del settimanale della diocesi “Gente Veneta”.

La quarta facciata è dedicata alla cronaca parrocchiale e agli appuntamenti della settimana. Credo che possa tornar utile darle, almeno qualche volta, un’occhiata per vedere “quello che bolle in pentola”.

don Armando

IL CORAGGIO DELLA SOBRIETÀ
di don Natalino Bonazza

Sebbene per poco appartengo anch’io ai cosiddetti «babyboomers» ovvero a coloro che sono nati negli anni dal dopoguerra fino al 1964: un periodo lungo il quale la forte crescita economica si accompagnò con un notevole incremento delle nascite. Sono generazioni di ragazzi e ragazze che sono diventati uomini e donne passando dalle ristrettezze al benessere, godendo di un livello di vita decisamente migliore dei loro padri. Fortunati, vien da dire. Ma c’è anche un lato oscuro: troppi «babyboomers» sono scoppiati negli eccessi. Il pensiero va immediatamente al fumo, all’alcol e alla droga. Ma ci sono anche altri tipi di fragilità e di dipendenze: il gioco d’azzardo, per esempio.

Mi chiedo che cosa è mancato e tuttora manca, perché questi fenomeni non si sono esauriti, ma continuano a segnare lo stile di vita delle generazioni seguenti fino ai nostri figli.
Forse ci manca la sobrietà. È vero, quando hai quel poco che basta e devi fartelo durare, per forza resti sobrio o meglio parco e misurato. Ma quando sai di poter disporre di tutto: tempo, opportunità, soldi, allora sei messo alla prova.

Che ragioni positive sappiamo dare noi oggi alla sobrietà? Che c’è di meglio e di più bello nel vivere sobriamente? Perché i nostri figli dovrebbero dare retta a noi, se proponiamo la sobrietà nell’uso del tempo, nel divertimento, nella festa, nei sabati sera?

Quattro anni fa nel primo messaggio ai giovani Papa Francesco scrisse: «Così come è necessario il coraggio della felicità, ci vuole anche il coraggio della sobrietà».

Si cercano uomini e donne di coraggio.

DIVERSI DA CHI?

Wong Xsi, Mubarak, Kuzic Zennaro Vianello Scarpa, sono i nomi sui campanelli del condominio dove abito io. Metà dei miei coinquilini sono stranieri. Non ho bisogno di accendere la televisione per scoprire che il mondo fuori della porta del mio appartamento è cambiato. Il colore dei miei capelli dice che sono abbastanza anziano per dire «ricordo».

Ebbene si io ricordo: ci avevano assegnato una casa! Finalmente una casa di tre camere, cucina, un bagno e persino con il giardino, tutta nostra! Siamo passati da dodici in due camere e cucina con servizio wc ad una casa finalmente tutta nostra.

Si chiamava casa a riscatto: dopo venticinque anni di sacrifici. Ricordo le lacrime di mia mamma, appena entrati, che accarezzava le pareti. Ricordo anche l’odore del cavallo che trainava il carretto con i mobili della «marsaria» dai marmi al numero uno del villaggio San Marco. Mio papà – che non beveva vino quasi mai – offriva da bere a tutti i suoi amici perché lo aiutavano a trasportare i nostri stracci nella casa nuova. Anche allora c’erano gli stranieri, ma rispetto a noi veneziani erano una famiglia di chioggiotti e una di profughi Istriani. Adesso, se sulle scale incrocio il mio vicino cinese io lo saluto con «niao» (che vuol dire ciao) e lui risponde ciao. Se incontro i vicini del secondo piano islamici del Bangladesh, li saluto con «salam aleku» (che vuol dire la pace sia con te) i bambini piccoli bellissimi rispondono con grandi sorrisi, Se poi mi capita di salutare la moglie di Fabio dico «zen dobre» che vuol dire buongiorno in polacco. Nel mio condominio non sappiamo cosa vuol dire integrazione, ma ci salutiamo tutti volentieri e ci sopportiamo a vicenda con simpatia. Forse il mondo è diventato più stretto e non ci spieghiamo parole difficili come «globalizzazione», ma ci basta vedere i bambini piccoli giocare sulle scale, ignorando che i genitori provengono non solo da paesi diversi ma da continenti lontani. Il che ci fa ben sperare nella «specie umana» che è migliore di quello che vogliono farci credere.

Gesù, quando gli apostoli volevano allontanare i bambini che lo disturbavano con i loro giochi, ha detto loro che se volevano entrare nel regno dei cieli dovevano anche loro diventare come quei piccoli.

Ecco nel condominio basta voler imparare e per farlo, cominciamo a salutare nella sua lingua e sorridiamo al vicino di casa di qualsiasi religione o colore sia. Allora chi è diverso da chi?

Adelio

COSA LEGGEREMO IN GENTE VENETA

Una casa, a Borbiago, che “funziona” con l’energia necessaria per una lampadina da 60 watt e non emette gas nocivi. Poi, venti famiglie che studiano l’enciclica Laudato si’ e calcolano la propria “impronta ecologica”. Sono le due esperienze che il nuovo numero di Gente Veneta propone per dire che uno sviluppo ecosostenibile è possibile. Sabato, inoltre, alle 11.45 in sala Sant’Apollonia a Venezia, ne parleranno Luca Mercalli e il Patriarca Francesco.

Nel nuovo numero di GV anche:
Il cenacolo, molto più di un gruppo: l’incontro a Jesolo Lido durante la Visita pastorale;
Francesca, dal Lido alle Olimpiadi: l’atleta veneziana del pattinaggio su ghiaccio si racconta;
A Marghera 200 nuovi sos: sono i nuovi utenti del Centro d’ascolto della Caritas, nel corso del 2017;
Caldaie, nessuno controlla: bollini e valvole ai caloriferi, vita facile per i “furbetti”.

Da “LETTERA APERTA”- 28 gennaio 2018

Da “LETTERA APERTA”– 28 gennaio 2018
Settimanale della parrocchia dei Santi Gervasio e Protasio di Carpenedo

Questo numero esce con due fogli A3 e quindi con 8 facciate. Il settimanale si qualifica come uno dei più “corposi” della città, ricco di foto, di cronaca parrocchiale, ma pure di interventi su eventi cittadini e nazionali. Don Gianni, il parroco, pare molto attento a quello che avviene a Mestre, Venezia ed in Italia. Segnalo come esempio “Partiti e simboli”. Mi pare poi quanto mai interessante l’articolo di Gianni Scarpa, presidente del gruppo “missioni”, uno tra i gruppi parrocchiali più impegnati, a favore del terzo mondo. In questo articolo Gianni Scarpa si relaziona su una visita fatta in India da parte di una commissione di questo gruppo che ogni anno va a verificare come si spendono le offerte che vi si mandano e per buttare un ponte sulla cultura e la religiosità di questo grande popolo.

Mi pare interessante l’articolo di monsignor Ronzini che, in occasione della Giornata dell’Ammalato, riporta la splendida testimonianza di un ammalato di cancro.

Il resto del settimanale è dedicato alla cronaca parrocchiale, alle proposte e al calendario della settimana.

don Armando

PARTITI E SIMBOLI
dritti al centro

Nei giorni scorsi, al Ministero dell’Interno, sono stati presentati i simboli dei vari partiti in vista delle future elezioni del 4 marzo. Al momento ne sono stati ammessi 75 su 103. Nel “bestiario” non manca niente. Ci sono proposte serie e alcune meno: c’è la nostalgia espressa anche dal partito del “Sacro romano impero” senza contare le provocazioni studiate per distrarre gli elettori.

Ce n’è per tutti i gusti: il “Partito delle buone maniere” e il tenero “Movimento delle mamme nel mondo”, per passare poi a “10 volte meglio”, uno specchietto per i giovani. La lista è lunga e talora pare togliere dignità alla nobile arte politica.

Se ne scrivo su lettera aperta è perché insieme al segno di tante falci, fiamme, bandiere e scudi compare troppo spesso l’aggettivo “cattolico”. C’è addirittura un simbolo per i “Cristiani cattolici italiani”. Pare di tornare indietro di 40-50 anni, come se esistesse un partito dove i discepoli di Cristo dovrebbero confluire. È chiaro invece che ciascuno può esercitare liberamente un discernimento personale. Chiunque abbia un progetto credibile e valori compatibili con il Vangelo può chiedere e ottenere la nostra fiducia.

Stiamo dunque attenti perché le seduzioni possono essere subdole.

don Gianni Antoniazzi

GRUPPO MISSIONI
news dall’India

Lunedì scorso un gruppo di adulti del Gruppo Missioni ha intrapreso, a proprie spese, un viaggio per l’India con l’intento di visitare i villaggi dove hanno sempre portato qualche aiuto e verificare di persona la situazione. Non mancano mai di mandare notizie anche sul mio cellulare.

Riporto qui qualche spezzone delle loro attività lasciando poi al loro ritorno il compito di scrivere un articolo più completo. Intanto grazie non solo per la loro iniziativa, ma anche per la concretezza della loro azione.

“Al nostro arrivo in India, ci hanno colpito la generosità e la grande disponibilità con cui padre Raju e il suo staff ci hanno accolto, cercando di corrispondere perfino al nostro gusto italiano anziché al piccante cibo indiano.

Il successivo trasferimento da Hyderabad a Eluru (350 Km) ci ha offerto scenari che diventavano sempre più uno spaccato di realtà diverse di vita: dalla città alle povere aree rurali. L’incontro col Vescovo di Eluru è stato informale e amichevole. Gli sono stati consegnati in dono una croce di vetro di Murano del Maestro vetraio Mario Zane, della Vetreria Schiavon, ed un dipinto che rappresenta l’Annunciazione, della pittrice lidense Rita Bellini.

Abbiamo portato i saluti della comunità e del parroco don Gianni. L’occasione ci ha permesso, inoltre, di rivedere i carissimi padre Babu George, padre Emmanuel, padre Raja e il giovane padre Pietro, che ci aveva fatto visita lo scorso autunno assieme al vescovo.

Nel giro al collegio, siamo stati colpiti dalla cura nell’accoglienza e dalle attività preparate dalle ragazze, ma soprattutto dall’immediata sensazione di fare parte dei loro affetti. Lo hanno manifestato con un’insistente richiesta di abbracci e di baci, facendoci capire quanto sia importante per loro il contatto diretto con chi le sostiene, tramite lettere, foto e notizie delle loro “famiglie adottive”.

Ci ha fatto piacere vedere come le ragazze siano accudite dalle suore con tanta cura e amore, ma abbiamo toccato con mano anche le grandi difficoltà che devono incontrare, a causa delle gravi carenze della struttura. In particolare, il refettorio e le cucine necessitano di una radicale ristrutturazione, in quanto più che fatiscenti non consentono un’adeguata igiene”.

Gianni Scarpa 20/1/2018

LE BRICIOLE
di don Mario Ronzini

Giornata del malato
Avvicinandosi la Giornata del Malato, ritengo molto significativa la pubblicazione di parte di una testimonianza di un malato. Si tratta del professor Lamberto Valli, esperto di problemi della scuola, uno dei collaboratori più preziosi della Rubrica radiofonica Chiamate Roma 3131 molto seguita a metà degli anni 70. Poche settimane prima di morire, il 18 gennaio 1975, parlò per l’ultima volta a “3131”, riferendo la sua tremenda esperienza di “malato di tumore”. Fu il drammatico intervento al microfono di un uomo che, se anche minato dal male, indebolito dalle terapie, ormai prossimo alla fine, intendeva partecipare agli altri il suo amore per la vita. Il professor Valli era ricoverato in un ospedale romano e fu intervistato in diretta dai giornalisti Cavallina e Liguori.

Valli: “Con molta schiettezza vorrei dire che…non voglio commuovere. Voglio narrare un’esperienza che, al limite, possa servire. Sto cercando di vincere un nemico oscuro che ho dentro. Ho un tumore. So bene che questa è una parola che fa molta paura, è quasi una condanna a morte, c’è un timore quasi sacro a pronunciarla. Dalle mie parti, in Romagna, si dice: “L’ha un malaz…”. Non è una vergogna quando ad un certo punto le tue cellule impazziscono: è una constatazione. Però, vorrei dire anche un’altra cosa: non è la morte. Fu il 30 gennaio dell’anno scorso che mia moglie, mantenendo fede ad un patto di lealtà che c’è sempre stato fra me e lei, un minuto dopo che mi hanno ridestato dopo l’operazione che investigava che cosa ci fosse in questo benedetto stomaco che doleva, mi disse: “Sì, Lamberto, è un tumore”. E da allora ho cominciato a lottare per vincere questo male, non per soccombere. (…) Non bisogna dire necessariamente: “È andata così, a questo punto campassioniamolo”. Amici miei, non lasciateci soli. Guardate, se qualcuno di voi ha un parente con un tumore, non lo eviti, non lo scansi, non lo consideri come un lebbroso. Gli faccia capire che è vivo, gli faccia capire che l’amore vince sulle cellule impazzite, gli faccia sentire che oggi, oltre tutto, vi è la possibilità concreta di andare avanti: oggi la medicina ha fatto passi avanti tali che si può continuare a sperare”.

Liguori: “Senti, Valli. Cavallina ed io non dimentichiamo che tu continui ad essere uno dei nostri collaboratori. In questo caso sei l’esperto di una scuola particolare, di una scuola di vita, di speranza, di lotta che è molto importante.

Vorremmo farti un’ultima domanda: Qual è il punto più oscuro di questa tua lotta, cioè, quello che ti rende più debole?”.

Valli: “Sì, è la solitudine. È il sentirmi diverso. È una sensazione drammatica quella delle gente che ti guarda sbalordita e non sa che cosa fare, non sa come trattarti. È un dover fingere. (…) Vedi…io non ho dubbi sul fatto che ci sia un amore più grande del nostro, che ordina e coordina tutto, e quindi che dà senso anche a questa mia sofferenza. Ma quello che mi fa paura è…lo sguardo dei miei amici… è che i miei figli non sappiano…è questa porzione di morte che necessariamente mi porto dentro. Vedi, io, come motto, ho adottato alcuni versi di Marcello Marchesi: “…l’importante è che la morte ci trovi vivi…”. Credo che ogni giorno valga la pena di essere vissuto, come dice il Vangelo. (…) Certo, ho dei momenti tristi quando i miei progetti si fermano. Però, all’idea che mia moglie, i miei figli, i miei amici mi vogliono bene e che io voglio loro bene e che quindi siamo stretti in un circuito d’amore, io dico: non c’è più morte che tenga, perbacco. È più forte l’amore! L’amore vince veramente ogni cosa e, quindi, forza, amici che siete nelle mie condizioni e avete familiari nelle mie condizioni. Abbiate fiducia che qualcosa si può fare e aiutate in tutti i modi gli uomini che vogliono fare qualcosa.

Cavallina: “Lamberto, è molto difficile riprendere la parola dopo quello che hai detto…”.

Valli: “Basta così…”. Questa commovente conversazione fu ritrasmessa dai microfoni di “3131” l’11 febbraio 1975, poco dopo la morte del professor Valli: aveva 43 anni.