La Fondazione Carpinetum si impegna quotidianamente per garantire un alloggio agli anziani in difficoltà e vorrebbe formare delle comunità solidali contando sul supporto dei residenti. Non passa giorno senza che io controlli e verifichi i progressi del cantiere dell’impresa edile Dema, che finalmente sta costruendo l’ipermercato della carità. Questa struttura, ubicata in località Arzeroni a Mestre, aiuterà in maniera moderna e adeguata i concittadini in ristrettezze economiche, offrendo loro generi alimentari. Purtroppo, a causa della pandemia, il numero di persone sulla soglia della povertà è aumentato in maniera esponenziale. Sarà altresì il segno tangibile di un modo più aggiornato e coerente di vivere il messaggio di Cristo. Il signor Edoardo Rivola, membro del consiglio di amministrazione dei Centri don Vecchi, ha proposto di chiamare la nuova realtà Santa Marta come la discepola di Gesù che non si è limitata a intrattenere il Signore con una bella conversazione, ma gli ha preparato la cena. Io sono perfettamente d’accordo con questa scelta che testimonia una fede vissuta con “i piedi per terra!”
Oggi però vorrei soffermarmi su un aspetto che credo riguardi sia tutti coloro che ambiscono a venire ad abitare in uno dei 500 alloggi dei Centri don Vecchi, sia l’opinione pubblica di Mestre. Mi preme innanzitutto fare una premessa per chiarire questo discorso: gli alloggi dei suddetti centri sono offerti gratis (sia ben chiaro una volta per tutte!) con la sola corresponsione delle utenze (i consumi effettivi di ciascun residente) e dei costi condominiali stabiliti in base alla metratura dell’alloggio. La Fondazione Carpinetum non si è mai sognata di aprire un’agenzia immobiliare che faccia concorrenza a quelle presenti in città. Il suo obiettivo è promuovere la solidarietà contando sul contributo di ogni residente in base alle sue capacità e alla sua disponibilità di tempo.
L’intento è scoraggiare il disimpegno e la tentazione di vivere sulle spalle degli altri. San Paolo, che è uno dei grandi maestri di vita cristiana, ha affermato con molta chiarezza e vigore “Chi non lavora, non mangi”, parole che io condivido fino all’ultima sillaba. Credo anche che l’impegno di dover badare ai nipoti non sia una giustificazione, perché è preciso dovere dei figli occuparsi della famiglia che hanno formato. È bene che facciano la loro strada, a meno che non ci siano situazioni di grave disagio. Devono imparare a essere autonomi senza continuare a vivere sulle spalle dei loro vecchi genitori che hanno già fatto la loro parte.
Qualcuno mi ha fatto notare che sono meno dell’8,9% i residenti del Centri don Vecchi, soprattutto 1 e 2, che offrono qualche forma di collaborazione. Se non potremo contare su questo prezioso supporto, i costi aumenteranno e non sarà più possibile offrire l’alloggio gratis come avviene oggi.
Nonostante io non abbia più alcun ruolo nella gestione dei centri, mi premurerò di suggerire al consiglio di amministrazione della Fondazione che, all’atto di presentazione della domanda, venga ribadita questa condizione. Se considerate il Don Vecchi casa vostra, perché non vi adoperate per mantenerlo “vivo”, attivo e curato? Non è possibile continuare a pensare che sarà qualcun altro a farsi carico dei tanti impegni quotidiani. Non possono essere sempre le stesse persone a rimboccarsi le maniche! Perché la vita dei nostri centri non vi riguarda?, mi chiedo amareggiato.