L’ipermercato della solidarietà

Alcune settimane fa, per accontentare don Gianni, ma non sono proprio certo di averlo accontentato, scrivendo le cose che sento il dovere di scrivere, gli ho preparato un articolo sull’ipermercato della carità, pubblicato anche in questo blog.

A proposito di questa nuova struttura il signor Rivola, consigliere della Fondazione, ha suggerito di dedicarlo a Santa Marta, l’amica di Gesù, che a differenza di sua sorella Maria, tutta “santificetur”, s’è data da fare per preparare la cena a Gesù, perché anche il figlio di Dio aveva bisogno di mangiare qualcosa! Mi piace sognare che questa struttura moderna, che si rifà alle cosiddette politiche del riciclo, che rappresenta uno degli indirizzi di politica economica oggi all’avanguardia perché tende ad utilizzare anche quello che nel passato andava perduto, metta finalmente in evidenza che, per fortuna, vi sono oggi anche a Mestre cristiani che non si limitano ai riti, ma che concepiscono un cristianesimo di iniziativa, di ricerca e soprattutto di solidarietà.

Oggi passando per quel degli Arzeroni ho visto un aggeggio che quasi toccava il cielo, il quale stava issando la gru per iniziare i lavori. Vi confesso che ho avuto la sensazione che quella visione rappresentasse due mani in preghiera; lo scheletro di una cattedrale gotica che cantava la gloria di Dio e la pace di buona volontà. Il vedere il cantiere che si mette in movimento, il sapere che una ventina di operai avrà lavoro sicuro per un anno mi fanno veramente felice!

Io spero che Brugnaro, che tutto sommato per me è stato un sindaco più concreto degli altri, scriva finalmente nei suoi manifesti elettorali che d’ora in poi la richiesta dei cittadini di costruire a spese proprie senza disturbare né Regione nè Comune avrà una risposta al massimo entro un mese: che per una convenzione non ci voglia più di una settimana! Per quanto riguarda il supermercato della carità le cose però sono andate ben diversamente. Su questo discorso, sull’efficienza del Comune e del suo apparato burocratico, se ne avrò modo ritornerò di frequente.

I mali però non sono tutti di origine civile, perché anche nella Chiesa, della quale mi sento parte viva, le cose non vanno tanto meglio. A proposito di ipermercato, sento il bisogno di riferire che “il Prossimo”, ossia l’associazione che gestirà l’ipermercato, quest’anno, per Pasqua, ha ricevuto in dono sei-sette mila colombe, delle marche più rinomate. Spessissimo ci giungono bancali di yogurt con la scadenza di due o tre giorni o di altri generi alimentari deperibili: non vi dico la difficoltà di distribuire questo ben di Dio! Mi auguro che prima o poi la diocesi riorganizzi tutto il settore della carità, che nomini una commissione per verificare l’efficienza della “Caritas” e delle San Vincenzo parrocchiali. Spesso però mi capita di pensare che le nostre organizzazioni non siano molto migliori di quelle con le quali Franceschiello gestiva il regno delle due Sicilie.

Il mondo della finanza, e quello tecnico, sono in costante ricerca di soluzioni innovative, in linea con la sensibilità e la necessità di un mondo che sta mutando in maniera tanto veloce quanto non lo fu mai nel passato e perciò il bisogno di ricerca e innovazione è quanto mai urgente e necessario. Mi rammarica il pensiero che queste situazioni mi turbavano già più di mezzo secolo fa, sono infatti sessanta anni che faccio il prete e mi duole il pensare di dover lasciare questo mondo e questa Chiesa così lenta, e così in ritardo nell’impegno di tradurre il messaggio di Cristo quanto mai radicale con termini e soluzioni aggiornate ed adeguate alle esigenze del nostro tempo.

Spero a giorni di pubblicare un volumetto su “Le mie esperienze pastorali – 1954-2004” perché il giovane clero e la Chiesa di Venezia possano rendersi conto del punto a cui la vecchia generazione è arrivata e quindi sia consapevole del punto da cui deve ripartire.

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