Credo sia ormai passata nell’opinione pubblica l’idea che nei Centri don Vecchi si paga poco e si sta bene. Questa convinzione, vera e facilmente verificabile, mi fa felice. Non mi pare però che sia altrettanto chiaro a chi sono destinati i centri e quali doveri comporti chiedere ed ottenere un alloggio.
Ho letto da qualche parte che, dopo Mazzini, in Italia nessuno ha più parlato dei doveri del cittadino. Politici, sindacalisti e imprenditori, per ottenere consenso, hanno parlato solamente e fin troppo dei diritti che i cittadini devono chiedere e pretendere. Vengo al Don Vecchi per chiarire ancora una volta a chi sono destinate queste strutture, riassumendo per sommi capi la destinazione.
I centri sono stati ideati e destinati ad anziani di modeste condizioni economiche, autosufficienti e che desiderano vivere una vita autonoma. Suddetti centri sono stati costruiti specificatamente tenendo conto di queste condizioni. Le case di riposo sono totalmente diverse dai centri Don Vecchi.
Cosa si intende per anziani poveri? È presto detto, perché il termine “povero” sottintende molte cose: povero per motivi economici, ma anche povero per solitudine. Siccome i centri sono stati fondati e vivono sul valore della solidarietà, a chi si trova in condizioni economiche abbastanza consistenti viene chiesto, per entrare, di versare un contributo anche per chi è in condizioni economiche meno floride.
Nei Centri Don Vecchi non si chiede un affitto, ma solo un rimborso spese che si cerca in ogni modo di contenere. Chi fa richiesta di entrare in questa struttura si impegna a versare, sempre e a tempo debito, quanto gli viene richiesto. I centri possono contare solamente su questi piccoli rimborsi per vivere e perciò non possono fare deroghe o riduzioni a chicchessia, anche perché non ricevendo contributi da alcuno sono altresì impegnati a dare risposte anche ad altri anziani che finora non godono dei benefici di chi vi risiede già.
Per ridurre i costi di gestione, e quindi i rimborsi dei residenti, l’amministrazione è il più leggera possibile; si combattono gli sprechi e si tenta di avvalersi del volontariato. Ad esempio, se si fosse costretti ad assumere dipendenti per la vigilanza, per il giardinaggio, per servire a tavola e al punto di ristoro, per chiudere le porte, per distribuire la posta, per rispondere al telefono e per gestire la segreteria del centro, i costi si gonfierebbero e aumenterebbero anche i rimborsi. Di conseguenza, non potrebbero essere accolti gli anziani meno abbienti e verrebbe meno la scelta di fondo di aiutare i più poveri.
Si è ripetuto all’infinito che la Fondazione Carpinetum non vuole in maniera più assoluta ridursi a un’agenzia immobiliare che affitta a chiunque alloggi a poco prezzo perché sogna e sognerà sempre di costruire una comunità di cittadini, di amici che si aiutano a vivere una vita dignitosa, collaborativa e serena. Perciò chi non fosse disponibile alla collaborazione secondo le sue possibilità, chi non volesse stabilire rapporti caldi, cordiali e solidali con gli altri residenti ma pretendesse di pensare ai fatti suoi, di estraniarsi dalla vita della comunità e di impegnarsi in altre mille attività seppur buone, ma fuori dalle necessità della comunità, deve sapere che questa struttura non è stata creata per lui e deve quindi rivolgersi altrove per trovare risposte alle sue aspettative di vita.
Queste parole possono suonare sgradite a qualcuno ma ognuno è informato chiaramente sull’impianto dell’opera e le condizioni sono liberamente sottoscritte. Comunque chi non le condividesse non deve sentirsi vincolato a rimanere al Don Vecchi, anzi ci farebbe felici se cercasse una dimora diversa e più consona alle sue attese.