Delle vicende del Centro don Vecchi 4 di Campalto ho già parlato più volte, ma siccome il tempo passa tanto veloce e la nostra società è sommersa da una montagna di parole, penso che non sia male che io ritorni sull’argomento. Sono ormai uno degli ultimi che può far memoria di questi fatti. Purtroppo una grossa questione che riguarda questo centro è ancora viva ed attuale!
Riassumo la storia in quattro righe. Il compianto don Franco De Pieri aveva acquistato una vecchia bicocca nata come locanda, trasformata poi in una colonia per bambini e finita come struttura per alloggiare i tossicodipendenti dei quali questo prete generoso si occupava ormai da anni. La struttura non era ormai più sufficiente né adatta allo scopo per il quale don Franco l’aveva acquistata e poi, fortunatamente, questo prete generoso e intraprendente era riuscito a farsi mettere a disposizione il dismesso forte Rossarol di Tessera. Aveva quindi urgente bisogno di soldi freschi, mentre a me serviva un altro spazio per aprire una nuova struttura per gli anziani, date le molte e pressanti domande per ottenere un alloggio presso uno dei nostri centri. L’architetto Giovanni Zanetti, che conosceva don Franco e me per motivi professionali, mi convinse ad acquistare l’immobile fatiscente per ristrutturarlo e in seguito a farne un nuovo centro per anziani. Tra due preti con gli stessi ideali, nati inoltre nello stesso paese, fu facile raggiungere un’intesa. Don Franco tamponò i suoi debiti e io cominciai a sognare il nuovo centro. La cosa però non andò così, perché il rudere sarebbe rimasto ancora, nonostante tutto, un rudere! Lo buttammo giù e costruimmo il nostro centro con i suoi 64 alloggi.
Sennonché, il giorno dopo l’inaugurazione, scoprimmo amaramente che in via Orlanda c’era un traffico infernale, che rendeva assolutamente impossibile uscire dal centro senza correre il rischio di perdere la vita. A una settimana dall’inaugurazione, l’auto della figlia di una residente, mentre tentava di uscire dal centro, fu centrata in pieno e scaraventata nel fossato prospiciente. Con infinite peripezie e rinnovate richieste all’Anas riuscimmo ad ottenere il permesso di mettere in sicurezza l’uscita, spendendo svariate decine di migliaia di euro di tasca nostra. Il problema non era però risolto per chi andava a Campalto a piedi o in bicicletta. Un vecchio residente del centro affermò un giorno: “Il don Vecchi 4 è una prigione dorata, ma sempre prigione rimane!”
Trafficammo così tanto con l’assessore precedente all’attuale, che finì per assicurarci che, quanto prima, avrebbe provveduto a far costruire una pista ciclopedonale per congiungere il don Vecchi e il cimitero a Campalto. A riprova di questa volontà, fece eseguire da “Insula” un progetto di fattibilità, poi però questo amministratore non venne più rieletto. Non ci perdemmo d’animo; non potevamo infatti permetterci di desistere, perché ne andava della vita dei nostri vecchi! Fortunatamente l’Anas, che sta costruendo una nuova strada e ci ha portato via mezzo parco del centro, ha deliberato e trasmesso al Comune mezzo milione di euro per costruire la pista pedonale.
Pensavamo che il Comune ci desse i soldi per iniziare subito i lavori. A questo scopo, abbiamo fatto fare un nuovo progetto da una dei migliori professionisti di Mestre, pagando sempre di tasca nostra. Nel frattempo, però, pare che i soldi siano passati da Renato Boraso, assessore alla viabilità, che ci aveva fatto le più lusinghiere promesse di una pronta attuazione, a Francesca Zaccariotto, ora assessore ai Lavori pubblici, chissà per quali misteri. Fatto sta che si dice che voglia far fare un altro progetto: il terzo. Nel frattempo, dopo cinque anni, gli anziani di Campalto sono ancora imprigionati. Ebbene, non vorremmo mai che il Comune li condannasse all’ergastolo da trascorrere in questa prigione, dorata, ma pur sempre prigione!