Da “PROPOSTA” – 20 maggio 2018
settimanale della parrocchia di San Giorgio di Chirignago
Come quasi sempre l’articolo di fondo di questo numero è del parroco don Roberto.
Premetto che Chirignago è una grossa parrocchia, tra le più efficienti, se non la più efficiente da un punto di vista pastorale. La partecipazione alla vita religiosa è quanto mai numerosa, la parrocchia possiede un vivaio di ragazzi e giovani veramente invidiabile ed esprime un’attività pastorale quanto mai diversificata e valida. Devo aggiungere che, pur non potendola definire rurale, non mi pare che abbia subito in maniera grave quello che è accaduto per le comunità del centro, ossia il fenomeno di una secolarizzazione estremamente avanzata.
Don Roberto, in questo articolo di fondo denuncia , tra lo stupito e l’angosciato, il crollo quasi totale delle confessioni frequenti, non sapendosi dar ragione di questo crollo quasi improvviso. Probabilmente questo sacerdote di periferia è vissuto in “un’isola felice” e non si è accorto di un fenomeno generalizzato non solamente in tutta la cristianità, ma soprattutto nella nostra realtà locale.
Credo che i nostri sacerdoti, indipendentemente dal parere degli “esperti” e del “governo”, dovrebbero discutere di questo fenomeno. Io, che credo fino in fondo al detto popolare “Gli uomini si muovono ma è Dio che li conduce”, penso che dovrebbero prendere atto di questa situazione e trovare altri modi perché gli uomini si interroghino sulla loro vita, chiedano perdono a Dio dei loro errori e riprendano il loro cammino con fiducia e serenità verso la “terra promessa”.
Per ora invito tutti i sacerdoti a leggere l’articolo di questo prete che con coraggio denuncia questo fatto e ci riflettano sopra e si confrontino.
Se i frequentatori del sito mi ascolteranno, leggano pure anche l’articolo di don Favero riportato su “Proposta” e che io precedentemente ho segnalato.
don Armando
CONFESSIONI: UN BEL PROBLEMA
Ritorno su un tasto dolente della nostra vita comunitaria: le confessioni.
Credo di averlo già detto, ma mi pare il caso di ripeterlo: fino all’anno scorso, anzi, fino a Natale dello scorso anno (mi riferisco al 2016) di sabato don Andrea ed io nel sabato pomeriggio confessavamo quasi di continuo. Non folle ma una goccietta continua. Poi, all’improvviso e senza un motivo comprensibile le confessioni si sono diradate a tal punto che in questo 2018 al sabato c’è sì e no una decina di confessioni, tutto compreso.
Cerco di ragionarci su.
Qualcuno dice: il sabato non è un giorno favorevole perché c’è un po’ di tutto: spese, lavori di casa, tornei, partite … E’ vero, ma ditemi voi quale potrebbe essere il giorno propizio, visto che durante tutta la settimana i ragazzi vanno a scuola o hanno altri impegni e gli adulti lavorano.
Qualcun altro ricorda che il Sacramento della Confessione è in crisi da un bel pezzo.
Lo riconosco, purtroppo, ma mi domando cosa sia accaduto perché il fenomeno si sia ingigantito all’improvviso, almeno da noi.
Continuo a ragionare: come mai è in crisi questo Sacramento proprio in un’epoca nella quale l’andare dallo psicologo è prassi comune, anzi, in continua crescita. E’ vero: il prete non è uno specialista laureato. E’ vero che la confessione è una cosa diversa dallo sfogo che lo psicologo favorisce, ma è pur sempre un modo per uscire da se stessi e dalla propria solitudine per aprirsi, alla luce della fede, ad un dialogo che rasserena e rigenera.
Forse la causa vera è un’insieme di cause: la fretta che ci impedisce di fermarci anche se ne sentiamo il bisogno; la convinzione che in fondo non abbiamo tutti questi peccati di cui chiedere perdono; la presunzione che Dio comunque e sempre chiuda un occhio e una buona dose di superficialità.
Ma la causa delle cause è la poca fede.
Ahimè, nonostante tutto quello che cerchiamo di proporre dobbiamo registrare questa verità: anche le persone più fedeli hanno adottato uno stile di vita che un tempo era tipico dei lontani: confessione solo a Natale a Pasqua. Di fronte a questa amara realtà cocciutamente dedico e dedicherò il sabato pomeriggio ad attendere, in chiesa, chi desidera il perdono di Dio. E con San Paolo ripeto: “Noi fungiamo quindi da ambasciatori per Cristo, come se Dio esortasse per mezzo nostro. Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio” (2 Corinti 5:20 )
drt
NON CE’ LIMITE ALLA FOLLIA
Di Angelo Favaro
L’avete sentita l’ultima sparata di Trump? Ha proposto di fornire armi agli insegnanti: molto probabilmente siamo di fronte ad un nuovo pedagogo che ha trovato la soluzione dei gravi problemi della scuola, dell’educazione del mondo giovanile, della preparazione alla crescita della fascia adolescenziale del nostro mondo. E’ pur vero che la scuola sta soffrendo di un male universale che affligge la gioventù odierna, ma l’impegno dell’intelligenza è quello di indagare sulle cause che hanno prodotto e producono attualmente tale disagio.
Ci rende inquieti il sentire che anche in Italia si vanno moltiplicando i casi di bullismo in cui si trovano vittime i più deboli; ci sono alunni che si oppongono con violenza anche fisica nei confronti degli insegnanti, ci sono stravolgimenti inquietanti nello svolgimento della didattica.
In America poi, ove tutto appare di un’enorme grandezza, la scuola risulta in un subbuglio che mai si era verificato in passato. Questo disagio del mondo giovanile ha delle cause precise: dapprima risulta evidente la responsabilità della famiglia d’origine; spesso la famiglia non ha messo in atto quella autorevolezza che è necessaria in ogni forma di educazione, i genitori sembrano depotenziati e disabilitati di fonte all’irruenza di un uso della libertà che appare priva di ogni forma di razionalità. La disgregazione della famiglia non favorisce certamente una crescita equilibrata dei nostri adolescenti. E dopo la famiglia viene la scuola stessa che talora presenta maestri non consoni con l’attività educativa; spesso non sanno dare un esempio di vita, talora indicano ai giovani vie di vita deviantì e qualche volta sono giunti in cattedra senza la necessaria preparazione didattica sia nei contenuti della propria materia sia nella capacità di offrire adeguatamente il proprio insegnamento.
In ultimo posto si trova, come responsabile di questa situazione giovanile, la nostra società che ormai priva di valori umani e religiosi non è stata in grado di costruire una laicità capace di offrire modelli di vita rispettosi delle persone, dei ruoli, delle strutture democratiche. In particolare il ruolo dell’insegnante dovrebbe apparire come un valore fondante dell’intera società: il docente va continuamente sollecitato a saper essere capace di insegnare e di valutare e nel contempo deve essere rispettato per ruolo che svolge. Ed ecco che appare sulla scena il Trump americano. Ha già prodotto a livello internazionale dei guasti per i quali si troverà forse a lungo tempo una sanatoria: basterebbe pensare a tutti i guasti che sta combinando in Israele ed in Iran, Paesi ove con notevole fatica ci si muoveva da anni gradatamente verso una situazione di pace.
Era notorio che Trump godeva dell’appoggio delle lobbys dei fabbricatori d’armi fin dal momento della sua elezione, ma l’ultima trovata è di una eccezionale stoltezza: fornire di armi gli insegnanti nella scuola ove svolgono la loro attività. Nella mente di questo statista l’attività educativa e didattica va salvaguardata con la pistola puntata alla tempia degli alunni. Mentre il mondo del buon senso si va sempre più orientando sul disarmo, Trump intende estendere l’uso universale delle armi addirittura nelle scuole. Non me la prendo tanto con Trump quanto con gli americani che l’hanno eletto.