Da “COMUNITA’ E SERVIZIO”– 25 febbraio 2018
settimanale della parrocchia San Giuseppe di viale San Marco
Don Natalino, il parroco, dedica la “spalla” della facciata del suo bollettino al modo di offrire l’omelia. Lui parla di un parlare dolce, suadente, così da creare silenzio e partecipazione. Io chiamo più volentieri questa modalità di parlare “Kerima”, ossia messaggio, il più possibile espressione della convinzione di porgere la Parola del Signore che è parola di vita e verità.
Le due facciate interne sono dedicate: la prima a descrivere il pronto soccorso dell’Angelo, uno degli aspetti più negativi e desolanti del nostro ospedale, anche se l’autrice – bontà sua – tenta di salvare il comportamento degli operatori sanitari. La seconda è dedicata al ritiro spirituale d’inizio Quaresima, fatto assieme alla parrocchia di San Marco. Buoni i risultati, anche se pare che la partecipazione sia stata scarsa.
La quarta facciata è dedicata alla cronaca delle due parrocchie San Giuseppe e Corpus Domini; il che fa pensare che il periodico di questa seconda sia stato chiuso.
don Armando
AVER CURA DELLA PAROLA
di don Natalino
Le mie passate frequentazioni con gli autori monastici del medioevo mi hanno lasciato il gusto della parola, pronunciata prima ancora che scritta. Maestro su tutti è San Bernardo, chiamato «doctor mellifluus», per la dolcezza dei suoi testi, in cui si riflette senz’altro lo stile del suo eloquio. Intendiamoci: coltivare il gusto della parola non significa assumere un tono mieloso fino ad un mistico sussurro o, al contrario, sferzare l’uditorio con esclamazioni ad effetto. A peggiorare tali mode concorre purtroppo anche l’uso smodato del microfono. Il gusto della parola implica ben altro. Prima di tutto sa creare il silenzio dell’ascolto e perciò sostiene una vera attenzione e quindi anche l’essere presenti a ciò che si sta facendo. Tutto questo è particolarmente importante nelle nostre celebrazioni liturgiche, eppure spesso lo si trascura. Prevale la preoccupazione di spiegare, facendo un po’ come la mamma che metteva il formaggino Mio per rendere più appetitosa la solita minestra.
Ed ecco quindi che occorre aggiungere monizioni, introduzioni, commenti, riflessioni… insomma un’alluvione di parole nostre, spesso un po’ improvvisate e piuttosto approssimative, perciò di peso più che di sollievo. Ho aperti davanti a me il lezionario ed il messale e mi sembrano quasi degli spartiti musicali, che attendono di venire eseguiti. Il primo servizio sta proprio nel pronunciare e proclamare bene quelle parole, che la Chiesa ci presenta, perché risuonino nella mente e nel cuore di chi ascolta.
VUOI ESSERE IL TU DI DIO?
Ricordi del ritiro spirituale
Nella Quaresima, che richiama i quaranta giorni vissuti da Gesù nel deserto, cerchiamo di trovare il tempo per ascoltare più profondamente la Parola di Dio. Il ritiro parrocchiale è stata una buona opportunità per le parrocchie della nostra collaborazione pastorale. All’arrivo in chiesa abbiamo percepito un clima di serena fraternità, ricevendo e dando saluti e sorrisi di persone sconosciute. La “lectio” di don Natalino sulla prima lettura della domenica, tratta dal Libro della Genesi, ci ha introdotto nel cuore del ritiro spirituale: il silenzio personale per la “me-ditatio”. Il silenzio, al quale è così difficile abituarsi ai nostri giorni, ci permette di assimilare la Parola di Dio e di percepire la Sua presenza. In un momento successivo ci siamo riuniti a piccoli gruppi in patronato, per condividere l’ascolto della Parola mediante la testimonianza fraterna: la “collatio”. I nostri due gruppi, troppo esigui, si sono uniti e questa fusione è stata una novità inaspettata ma ben accolta da tutti. Grazie a Stefano e Alberto si è subito instaurato un clima caloroso. Ci siamo presentati per conoscerci e poi – dapprima un po’ in sordina e poi con più vigore – abbiamo condiviso le nostre esperienze l’ascolto della Parola nella vita concreta. Abbiamo percepito di essere stati chiamati ad un incontro da Qualcuno che, come per l’Alleanza con Noè, aveva preso per primo l’iniziativa.
Ci siamo stupiti di come sia stato invece premiante fidarsi e provare questa nuova esperienza. È stato come “uscire dall’Arca”: come Noè viene invitato ad uscire e andare ad abitare la terra, anche noi ci siamo accorti che è necessario uscire dalle nostre stanze sicure ed abitare il mondo.
Ecco alcune testimonianze ricevute da persone magari mai viste prima, ma che condividono questo cammino di Chiesa in cammino:
* Ho scoperto di essere amata e ho capito che se Gesù mi ama e perdona, anche io voglio amare e perdonare;
* Ho capito che questo è un patto con una firma sola: la Sua! So che Lui mi ama anche se non sarò fedele!
* Posso diventare Arco dell’Alleanza nel mio ambiente di lavoro, dove è più difficile amare e perdonare;
* Abbiamo bisogno di segni: anche all’interno del rapporto di coppia serve un segno di Alleanza”.
Quando è scaduto il tempo ci siamo guardati: c’era voglia di continuare a parlarci, ascoltarci, condividere. Siamo tornati in chiesa, consapevoli di essere diversi da prima. Grati per questa chiamata e presi dal pensiero di una proposta:” Vuoi essere il tu di Dio?”
Nella preghiera conclusiva abbiamo cantato insieme il nostro TU di risposta.
Marina e Stefano