Da “LA BORROMEA” – 14 gennaio 2018
settimanale della parrocchia del Duomo di San Lorenzo
Monsignor don Gianni Bernardi ha scritto per questo numero del periodico parrocchiale un articolo quanto mai interessante su come la nostra società vive il Natale: solamente una parte esigua dà a questa celebrazione un significato religioso, mentre per la stragrande maggioranza il Natale è ormai ridotto ad un occasione per celebrare il vuoto e la volgarità. Don Gianni denuncia quindi questa società (ed, aggiungo io, questa Chiesa) che non riesce a passare valori. Comunque, mentre depreca questo degrado, auspica un ulteriore sforzo della comunità cristiana per aiutare l’uomo di oggi a vivere con dignità la propria esistenza. Invito quindi a leggere questo articolo quanto mai ricco di argomentazioni che fanno da supporto alla sua analisi religioso-sociale.
Il resto del foglio (unico tra i fogli settimanali che è stampato a colori in tipografia) è dedicato alla normale cronaca parrocchiale.
don Armando
In cerca dello sballo…cosa pensano di se stessi i giovani?
Carissimi, questo nostro primo incontro dopo il periodo natalizio riprende alcune riflessioni da me fatte proprio in occasione delle feste appena trascorse. Se ricordate, il giorno di Natale ho fatto un riferimento a un recente sondaggio, secondo il quale solo 2 italiani su 10 danno alla festa del Natale un significato religioso, cristiano. Quindi il nostro Duomo, che pur era davvero gremito di fedeli, poteva sembrare poca cosa di fronte alla folla che riempiva Piazza Ferretto, durante la notte. Un Duomo pieno di gente che festeggiava la nascita di Gesù; una Piazza strapiena che “festeggiava” chissà cosa…
Il problema che ponevo, però, era un altro: non ero tanto preoccupato per la condizione minoritaria dei credenti nella società di oggi: sappiamo che è così, e sappiamo anche che questa è la grande sfida per la comunità cristiana, chiamata ancora una volta a dar testimonianza di fede e ad annunciare Gesù in un mondo indifferente o pagano, come era quello a cui gli apostoli erano stati inviati come evangelizzatori.
Qualcuno potrebbe dire che il mondo di oggi è ancor più indifferente o pagano, ma fatto sta che è il mondo in cui il Signore ci ha messo e al quale dobbiamo annunciare il Vangelo. Quindi, nessuna paura se si è minoranza: sentiamo di essere interrogati da questo mondo e… diamoci da fare, nel nome del Signore e per il Signore. Il problema che ponevo riguardava proprio la realtà dell’uomo d’oggi.
Pensavo alla massa di giovani presenti in Piazza, molti dei quali sguaiati, ubriachi e, forse, drogati. Alcuni fino a star male, molti costretti a “liberarsi” ovunque, e mi chiedevo: ma è questo il modo di far festa? Se oggi, in questi nostri anni, far festa è diventato sballare, perdere la propria dignità fino a involgarirsi, star male… questo significa che c’è qualcosa che non funziona nella nostra società, nella cultura che la caratterizza e nell’educazione che dovrebbe essere a suo fondamento. Riflettevo su tale questione già quando ero a Venezia e in Campo S. Angelo, proprio sotto la canonica dove abitavo, si svolgeva il cosiddetto “Carnevale alternativo”, organizzato da alcuni centri sociali. Di “alternativo” aveva essenzialmente la mancanza di rispetto nei confronti del luogo e degli abitanti con musiche a tutto volume e fiumi di birra… A Mestre ho trovato gli effetti di quella volgare e blasfema trovata che si chiamava “messa alcolica”… Ma il problema resta lo stesso, ed è, come l’ho definito, un problema prettamente antropologico, che riguarda, cioè, la concezione che l’uomo ha di se stesso. I nostri giovani a quale concezione di uomo sono stati educati, dalle famiglie, dalla scuola, da questa nostra società? Se vanno in cerca di sballare, se di proposito si ubriacano fino a star male, che cosa pensano di se stessi? Che cosa cercano per la loro vita? Su cosa fondano la loro vita? Evidentemente, c’è il problema dei valori che mancano: un problema che coinvolge molto spesso anche giovanissimi, come ci avvertono i fatti di cronaca che vedono proprio gruppi di giovanissimi responsabili di azioni di violenza (si pensi a quello che in questi giorni capita a Napoli ma che, con modalità forse diverse, è capitato anche a Mestre…).
Come parroco, ma prima ancora come uomo e cittadino, non posso non denunciare questa situazione, che mi preoccupa e mi addolora profondamente, perché vedere giovani lasciati allo sbando, che diventano come degli zombi, che perdono la loro bellezza e la loro dignità, e spesso anche la loro vita, è di una tristezza e di una desolazione indicibili.
Quanto avviene, e che si rende presente anche nel non autentico “festeggiare”, fa pensare che siamo diventati una società incapace di trasmettere i valori fondanti della dignità e del senso della vita dell’uomo, una società incapace di trasmettere il senso e la bellezza, nonostante tutto, di quello che Cesare Pavese definiva “il mestiere di vivere”. Credo che tutti, famiglie, società, scuola e Chiesa, non possiamo essere indifferenti; dobbiamo interrogarci: che uomini siamo? Che uomo desideriamo che nostro figlio possa diventare? È bene che ci interroghiamo anche sui nostri errori, e dobbiamo cercare di dar testimonianza della bellezza di essere veri, autentici uomini e donne.
don Gianni Bernardi