Da “COMUNITÀ PARROCCHIALE SS. TRINITA‘” – 31 dicembre 2017
settimanale della parrocchia omonima di Via Terraglio
Non è mio compito e neppure sono in grado di valutare lo spessore religioso di questa parrocchia, però sono sicuro che il relativo settimanale rappresenta una voce di eccellenza per i contenuti e gli apporti da parte dei lettori.
Don Angelo, il parroco, offre una profonda riflessione sul tempo e sul “non tempo”, cioè l’eternità, citando sant’Agostino, Leopardi e Heidegger. Per noi povere creature modeste e di cultura limitata c’è di che smarrirsi di fronte al pensiero di questi filosofi e farci concludere che è preferibile sognare e sperare nel domani certi “nell’efficacia degli auguri”.
Il primo “Caro don Angelo” mette in crisi anche i più convinti assertori della solidarietà universale: leggere l’articolo per esserne convinti.
Suggeriamo agli interessati di queste problematiche di leggere direttamente il periodico.
don Armando
Questo nostro
Come sempre, è opportuno citare s. Agostino, grande teologo e nel contempo grande filosofo, in merito al tema e al problema del tempo: “io so che cosa è il tempo, ma quando me lo chiedono non so spiegarlo”. Il testo si trova nelle Confessioni al libro XI. Ed è proprio così; le scadenze, come quella della celebrazione dell’anno nuovo, sono conteggiate in modo artificioso; di fatto il tempo ci ha avvolto fin dal momento della concezione nel seno di nostra madre e ci accompagna silenziosamente ma inesorabilmente per tutto la vita fino all’ultimo respiro. In concreto solo la morte ci sottrae al coinvolgimento del tempo e ci pone fisicamente nella staticità della non-vita. Il credente oppone al tempo l’eternità che per cercare di intenderla la definiamo non-tempo. Credo nell’eternità come il non-tempo in cui abita Dio ma, come per il tempo, non chiedetemi cosa sia perché non ve lo so dire. Un grande filosofo del secolo scorso, Heidegger, ci ha ampiamente illustrato con un discorso molto articolato ed esemplificativo in una sua grande opera Sein und Zeit (essere e tempo) che tra essere e tempo c’è una stretta connessione; tra la nostra esistenza ed il tempo esiste un matrimonio indissolubile che non prevede alcun divorzio, alcuna divaricazione. Siamo costretti a vivere nel tempo che qualifica inevitabilmente la nostra condizione umana. Ieri ero bambino ed oggi mi ritrovo vecchio; possiedo fortunatamente un magazzino, che non so dove si trovi ma abita certamente in me; fin che conservo la lucidità mentale in questo magazzino, che solitamente chiamiamo memoria, conservo tutto, impressioni, gioie e dolori, sconfitte e vittorie, sublimazioni e umiliazioni. Qualche sentimento è andato talmente a fondo nel magazzino che faccio difficoltà a ritrovarlo, ma c’è e con pazienza lo cerco e lo ritrovo. Ed ora iniziamo un nuovo anno e contiamo sulla benedizione di Dio che è Signore del tempo e dell’eternità. Come sarà il nuovo anno? Credo che valga la pena di citare una volta ancora la parte finale di quella splendida operetta morale di Leopardi dal titolo “Dialogo di un venditore di almanacchi e di un passeggere” (almanacchi, termine ottocentesco per dire calendari):
Passeggere. Oh che vita vorreste voi dunque (per l’anno nuovo) ?
Venditore. Vorrei una vita così, come Dio me la mandasse, senz’altri patti.
Passeggere. Una vita a caso, e non saperne altro avanti, come non si sa dell’anno nuovo?
Venditore. Appunto.
Passeggere. Così vorrei ancor io se avessi a rivivere, e così tutti. Ma questo è segno che il caso, fino a tutto quest’anno, ha trattato tutti male. E si vede chiaro che ciascuno è d’opinione che sia stato più o di più peso il male che gli è toccato, che il bene; se a patto di riavere la vita dì prima, con tutto il suo bene e il suo male, nessuno vorrebbe rinascere. Quella vita ch’è una cosa bella, non è la vita che si conosce, ma quella che non si conosce; non la vita passata, ma la futura. Coll’anno nuovo, il caso incomincerà a trattar bene voi e me e tutti gli altri, e si principìerà la vita felice. Non è vero?
Il realismo leopardiano ci aiuta a tener per buone le illusioni condite di auguri e nel contempo di essere talmente smaliziati da non lasciarci prendere dal pessimismo di fronte alle difficoltà che incontreremo nel nuovo anno.
don Angelo Favero
Caro don Angelo
12 mila sono gli euro che il nostro paese ha intenzione di riconoscere a chi offrirà ospitalità ad un profugo.
Viceversa risultano 480 gli euro che lo stesso stato riconosce ad una famiglia che intenda mettere al mondo un bimbo. Da sempre sono convinto che al di là delle ideologie tutte legittime sia il conto economico che ne dimostra il vero obiettivo anche se magari indiretto. In un paese normale, e ce ne sono parecchi in Europa, il riconoscimento di un supporto economico alle famiglie rappresenta una forma di spesa pubblica che diventa un investimento.
Viceversa quando le priorità come in Italia risultano espressione di una terribile ideologia che altro non è che la declinazione finale ed estrema di un sentimento anti occidentale si arriva con questi provvedimenti finalizzati a minare alle radici la stessa sopravvivenza di un popolo, di una nazione, di un’identità: quella italiana.
Francesco Pontelli