Da “SS. TRINITA'” – 19 novembre 2017
settimanale della comunità parrocchiale omonima del Terraglio
Don Angelo, il parroco, è veramente bravo. Manovra il fioretto almeno con l’abilità di D’Artagnan per trattare due fatti della deludente e squallida cronaca dei nostri giorni: le due ragazzine stuprate e l’autonomia della Catalogna. Per tradurre in maniera rozza i due fatti:
Per il primo pare che don Angelo si domandi quanta dignità avessero e quanto rispetto meritassero le due ragazze. Nel secondo caso don Angelo si chiede come mai l’Europa, che ha fatto una guerra per rivendicare il diritto del Kossovo di essere indipendente, non muove un dito per la Catalogna e si volta dall’altra parte.
Penso che sia pure difficile pensare all’onore e alla civiltà dell’Europa. Vi invito comunque a leggere l’articolo di don Angelo perché è molto più acuto e pungente.
Nel numero odierno c’è pure un lungo articolo che meriterebbe di essere letto, articolo che riguarda una mostra sui 100 anni di Marghera e sul suo declino determinato da un cambiamento di sensibilità sociale. hi ne fosse interessato non ha che da cliccare: faveroangelo@tiscali.it
don Armando
Domenica 29 Ottobre 2017
trentesima del tempo ordinario
Questo nostro tempo
Che destino abbiamo? Che senso ha la nostra vita compresa tra due poli irrinunciabili: nascere e morire? L’arco che comprende il nascere e il morire ci accomuna a tutto il mondo animale, ma il nostro arco di vita ha la stessa dimensione o gode di un valore diverso? L’avvicinarsi del periodo dell’anno dedicato ai Santi e ai Defunti non permette di sfuggire agli interrogativi più radicali intorno alla nostra esistenza umana. Ricercare il senso del nostro esserci è impegno dell’intera vita, è il ruolo fondamentale dello strumento più prezioso di cui godiamo, l’intelligenza; e la ragione, che ha la funzione di elaborare quanto la nostra intelligenza viene a conoscere su questo tema, è in continua ricerca. Perché ci sono e non ci sono? chiederebbe Heidegger; è la domanda principe e due sono le risposte fondamentali possibili: sono un semplice caso, come una cartaccia sperduta sulla strada della vita sbattuta dai colpi di vento, direbbe Sartre, o appartengo ad un disegno provvidenziale di cui costituisco un punto di un complesso intelligente che supera le mie capacità di comprensione?
Capita proprio in questa settimana di ricordare una scadenza fondamentale della storia della Chiesa e anche della storia dell’intera Europa. Il 31 Ottobre 1517 il monaco agostiniano Martin Lutero, professore di Teologia, esponeva le sue 95 tesi appendendole al portale della chiesa del castello di Wittenberg; si trattava di un costume dei professori universitari di allora: esporre le tematiche che poi avrebbero trattato nelle lezioni cattedratiche. Si trattava di tesi che sconvolgevano non solo i concetti teologici di base ma soprattutto sconvolgevano l’intera Chiesa anche nel suo aspetto istituzionale. Occorre riconoscere che la Chiesa viveva un momento particolarmente difficile e nessun buon esempio veniva dall’alto. Celebri personaggi come il veneziano card. Contarmi continuavano a ripetere che occorreva una radicale riforma della Chiesa in consonanza con l’autentica fede in Cristo: Ecclesia semper reformanda in capite ed in membris.
Papa Giulio II, cui dobbiamo l’avvio della costruzione della basilica di S. Pietro nel 1505, era in origine un francescano ma forse era più bravo come condottiero di eserciti che come papa; Venezia stessa ha avuto con questo Papa scontri bellici memorabili. Nel 1513 diviene Papa Leone X, figlio di Lorenzo de Medici, un papa più dedito alle arti che alla fede. Insomma la Chiesa era veramente mal diretta e il caso scoppiò proprio con la vendita delle indulgenze; per far soldi per la costruzione della basilica di s. Pietro Leone X ha svenduto l’arcivescovado di Magonza con tutte le conseguenze che ne derivarono. La ribellione di Lutero fu fin dall’inizio un grido di allarme e soprattutto una spinta alla revisione della vita, dei costumi, della teologia, della fede della Chiesa in quel momento. In nome dei soldi si tradiva dapprima la teologia presentando l’indulgenza come un toccasana meccanico per la salvezza eterna invece di una revisione della pena in forza della fede nel merito della croce di Cristo. Ma la cosa ancor più grave stava nel fatto che il popolo, gravemente ignorante, si fidava di predicatori che ingannavano l’umile gente con discorsi dal sapore farisaico. Questo grido di Lutero, che si ribellava ad una concezione teologica gravemente deformata, non sopportava l’inganno in nome dei soldi.
L’interesse finanziario si trasformò in una spaccatura grave della Chiesa con un rifiuto prolungato delle parti di incontrarsi e discutere. La situazione si aggravò con l’intromissione delle parti politiche che per un verso vedevano la pericolosità della spaccatura che comprometteva l’unità dell’impero, come l’imperatore Carlo V, e per altro verso vedevano la possibilità di una religiosità autonoma da Roma con la conseguenza di non dover più versare denaro a Roma e nel contempo di entrare in possesso dei beni della Chiesa locale, come Federico di Sassonia.
Dopo 500 anni siamo chiamati, sulla scia del Concilio, a ripensare a tutta questa storia di fratture che ha spezzato la comunità cristiana sotto alcuni aspetti in modo irreparabile.
E’ difficile il dialogo ma è l’unica strada possibile.
don Angelo Favero
Caro don Angelo,
Il 7 ottobre c’è una ricorrenza politicamente scomoda e quindi omessa: la battaglia di Lepanto, che nel 1571 segnò la fine della potentissima flotta ottomana e bloccò l’avanzata islamica verso l’Europa. Non fu solo una vittoria militare, fu soprattutto un’esplosione di fede in Dio e nell’intercessione della Madonna, tanto che san Pio V nel 1572 istituì la festa di Santa Maria della Vittoria, trasformata poi da Gregorio XIII in “Madonna del Rosario”. I musulmani di allora tagliavano le teste così come le tagliano oggi, non hanno mutato la loro ideologia e i loro sistemi. I cristiani invece hanno abbandonato la fede in Dio, asservendosi al padrone degli Inferi e alle sue ideologie di morte, oggi dominanti e determinanti il pensiero unico, il politicamente corretto.
Pertanto il 9 ottobre è stato celebrato il 50° anniversario della morte di Che Guevara, declamato martire, poeta , eroe. Fu invece nella realtà un atroce criminale, ammazzò crudelmente migliaia di innocenti, tra cui 131 preti, perché non aderivano alla micidiale ideologia comunista. Sua è la frase che inneggia all’odio: “L’odio come fattore di lotta, l’odio intransigente verso il nemico, che spinge oltre i limiti naturali dell’essere umano e lo trasforma in una reale, violenta, selettiva e fredda macchina per uccidere”.
(Graziano Duso)