Campi estivi Scout

Da “LETTERA APERTA” – 20 agosto 2017
periodico della parrocchia di Carpenedo

Sul numero in distribuzione noto una massiccia e abbondante relazione sui campi estivi delle varie unità dello scoutismo della parrocchia.

Quando ero parroco io a Carpenedo contavamo su 200 scout censiti, ora mi auguro che, a quindici anni di distanza, essi siano aumentati di almeno una cinquantina. Comunque la cronaca di questi campi estivi fa emergere che per i ragazzi “il campo”, con le sue specifiche caratteristiche, è veramente un’esperienza forte ed indimenticabile.

La conduzione di una unità scout non è poi troppo gravosa per un prete, perché lo scoutismo dispone di una intelaiatura tale per cui di tutta l’organizzazione si fanno carico i capi.

Segnalo questi articoletti piuttosto ingenui e scontati perché spero che i lettori premano sui responsabili delle parrocchie di avvalersi di questo organismo pedagogico capace di incidere seriamente sulla formazione di questo mondo giovanile e per sottolineare inoltre che avendo duecento scout in parrocchia un parroco si ritrova in mano un indotto di genitori, nonni, amici che sono fatalmente coinvolti in questa proposta educativa che rimane, a tutt’oggi, fondamentalmente religiosa.

CAMPI ESTIVI SCOUT
Vita di parrocchia

In queste ultime due settimane si sono svolti i campi scout delle varie unità: due dei branchi dei lupetti; uno in comune per i due reparti; quello del noviziato e i due mobili per i clan.
Ne diamo resoconto con i contributi che ci sono stati trasmessi dai capi.

Il branco del Ranocchio
Nella fumosa Londra del 1872 Mr Fogg, uno stravagante riccone aristocratico, scommette con i soci del Bacon club di riuscire a fare il giro del mondo in soli 80 giorni; contemporaneamente Enaiat Akbari fugge dal Pakistan poiché la sua famiglia è perseguitata dai talebani. E, sulle orme di Mr Fogg e di Enaiat, il Ranocchio ha vissuto le proprie vacanze di branco in quel di Mezzaselva di Roana (VI). I nostri 25 lupetti hanno affrontato questa esperienza con grande impegno ed entusiasmo, scoprendo il valo¬re dello stare assieme e dell’accoglienza del prossimo.

Il branco della Mowha
Sabato 5 agosto il branco della Mowha ha fatto ritorno a Mestre, alla conclusione del campo estivo. Come ogni volta, e come ogni campo scout, consideriamo molto importante tirare un po’ le fila di quello che queste vacanze di “branco” (il nome che viene dato al campo lupetti) hanno potuto lasciare ai bambini e alle bambine, condividendolo con la comunità parrocchiale. Tra stanchezza, qualche graffio e qualche comodità in meno, vedere i lupetti giocare e crescere insieme in un clima favorevole (sia fraterno che fresco, su a milleduecento metri) è stata un’esperienza veramente unica, che rende tanto fortunati loro, per poterne godere così spensieratamente, quanto noi capi, che ne abbiamo al contempo la responsabilità. Calati nell’ambiente fantastico del Paese delle Meraviglie di Alice, grazie ai numerosi momenti di gioco e catechesi, nuovi legami si sono stretti, aiutati (uno tra tanti esempi) dalle uscite in cammino tra panorami mozzafiato, esperienze tra la natura vera, dove non arriva nemmeno un po’ di segnale per i cellulari… Come ogni volta, e come ogni campo scout, è stata un’occasione eccezionale, diversa da tutte le altre che i lupetti hanno avuto, ma soprattutto avranno. E il merito è, come ogni volta, del gruppo intero.

Dal Reparto
Sabato 12 agosto è terminato il campo di reparto del nostro gruppo, svoltosi in Val di Daone e cominciato il 29 luglio dai ragazzi del pre-campo, raggiunti due giorni dopo dal resto della branca. Anche quest’anno è stata un’esperienza memorabile che ha arricchito tutti, dai più piccoli ai più grandi, capi compresi, con le consuete attività da campo svoltesi all’insegna del gioco e dell’avventura, tra le fatiche delle costruzioni dei primi giorni e la pioggia dell’ultima settima. Già, la pioggia e il vento in particolare hanno messo alia prova lo spirito degli esploratori, chiamando i ragazzi a correre ai ripari ripicchettando tende e risistemando gli angoli di squadriglia, destando la loro capacità di adattamento nel cucinare e nel proseguire le normali attività sotto le intemperie. “Estote parati” (siate pronti) è infatti un motto degli scout e dove il maltempo poteva portare sconforto nel morale dei più, il nostro stile ancora ha avuto la meglio, ricordando l’importanza di sorridere e cantare anche nelle difficoltà: nonostante possa venire a mancare la magia di un fuoco serale sotto il cielo stellato e la luna piena, non meno ricca di emozioni è la circostanza del ritrovarsi tutti sotto una tenda, cantando a squarciagola accompagnati da una chitarra, mentre fuori imperversa la pioggia. Il tempo è stato comunque clemente in conclusione del campo e ha permesso di celebrare la cerimonia dell’ultima sera e procedere allo smontaggio in assoluta serenità. La bellezza della scoperta e dell’avventura sta di casa in un campo di reparto, dove il vivere a contatto con la natura giocando, imparando a fare legature, costruendo sopraelevate, facendo uscite di squadriglia, preparando il fuoco per cucinare e affrontando insieme le difficoltà, porta all’acquisizione di valori per niente scontati quali la comunità, la semplicità e la condivisione, offrendo un’esperienza di vita concreta che in poche altre realtà è possibile fare.

Dal clan Uno nessuno
Route da Viterbo a Roma passando per la Via Francigena. Questi sette giorni di cammino, cominciati in un caldo pomeriggio viterbese dopo sei ore di treno, si sono rivelati più duri del previsto. Può capitare, sapevamo di addentrarci in una regione fortemente colpita dalla siccità, dove non piove da maggio e le temperature superano spesso i quaranta gradi. Di conseguenza abbiamo dovuto adattarci all’ambiente e alle condizioni climatiche. Soste frequenti, passo regolato, pasti leggeri e borracce sempre piene. Attorno a noi una campagna secca e ingiallita apriva nuovi scenari desertici a ogni curva. Il cammino ci ha così offerto la preziosa occasione di approfondire il legame tra membri di un clan rinnovato, condividendo, tra discorsi, cucina, pattuglie e preghiera, la vita e i valori di comunità. Passando attraverso pittoreschi paesini medioevali (costruiti sopra poco pittoresche colline da scalare) abbiamo condiviso spezzoni di pellegrinaggio con diversi personaggi, ognuno con una storia da raccontare. Nel quinto giorno Roma ci ha accolto tra i suoi parchi brulli e i suoi colli prima del nostro arrivo a San Pietro, dove il clan ha assistito all’Angelus domenicale di Papa Francesco, tappa fondamentale della route e del nostro personale percorso di fede. Raggiunta la meta era impensabile andarsene senza aver rivolto uno sguardo alla città eterna, cosi abbiamo dedicato una giornata alla visita culturale e istituzionale dei luoghi più significativi, in linea con la nostra crescita di scelta politica. La più grande lezione che questa esperienza ci ha trasmesso è che quando ci si pone un obiettivo non si può rinunciare incolpando fattori incontrollabili. Bisogna andare avanti, come sempre, sulla strada.

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