Una trentina di anni fa, quando facevo l’assistente religioso della San Vincenzo, e questo gruppo di cristiani impegnati sul fronte della solidarietà aveva “voce in capitolo” nella nostra città, invitammo il responsabile nazionale del volontariato a parlare al Laurentianum sui problemi di questo settore della nostra società. Ricordo ancora come questo signore, che oltretutto era un cristiano convinto, sciorinava numeri su numeri di gruppi di volontari operanti in tutti i settori della vita del nostro Paese.
Oggi, purtroppo, le cose non stanno più così! Per grazia di Dio ci sono ancora volontari, davvero molti; basta rifarsi ai drammi recenti dei nostri conterranei colpiti dal terremoto, però questa schiera di volenterosi, dal cuore grande e generoso, pare che non stia crescendo come sarebbe necessario in una società così complessa e fragile come la nostra. La cultura del quotidiano e la preoccupazione per il proprio benessere hanno falcidiato questo movimento di persone che avvertono l’importanza sociale del valore della solidarietà.
Tante volte incrociando uomini e donne di tutte le età, che si lasciano trascinare dai capricci dei loro cani, pronti a mettersi il guanto per raccogliere la cacca del loro amato “amico” per mettersela poi in borsa, avverto una fitta al cuore pensando agli accorati appelli rivolti ai miei concittadini affinché mettano a disposizione di chi ha bisogno qualche ora della propria settimana, appelli che molto spesso non trovano ascolto e risposta.
Al don Vecchi e nel suo indotto, contiamo su circa quattrocento volontari, ma sono pochi, troppo pochi per quello che potremmo fare per il nostro prossimo. Abbiamo bisogno di volontari di tutte le età, di tutte le esperienze di vita e di tutti i ceti. Abbiamo bisogno di operatori per i servizi più elementari ed abbiamo ancor più bisogno di chi sappia dirigere la nostra grande impresa solidale. Garantisco che è mille volte più esaltante vivere questa magnifica avventura che portare a passeggio il proprio cane anche se simpatico ed affettuoso.