Ormai m’ero rassegnato. Da almeno vent’anni avevo sognato che a Mestre parroci e parrocchie sentissero il bisogno di avere un centro che da un lato razionalizzasse e controllasse tutte le associazioni e le “agenzie” cattoliche che sono impegnate sul fronte dei poveri, e dall’altro lato fosse pure operativo concentrando in uno stesso luogo le attività più consistenti in maniera che ai concittadini in difficoltà fosse facile trovare una grande istituzione dove sia possibile avere risposte adeguate alle necessità più diverse. Non è che in questi anni sia stato con le mani in mano, tanto che nel seminterrato del don Vecchi c’è già un abbozzo di questo centro, che io ho denominato con una certa enfasi “il polo solidale del don Vecchi”.
Però è una struttura ancora troppo piccola ed inadeguata. Nel recente passato vi fu un momento in cui mi illusi che il progetto prendesse corpo, tanto che avevamo individuato un terreno e si aveva incominciato a disegnare quella che sognavo fosse intitolata la “cattedrale della solidarietà”.
Il Patriarca Scola s’era lasciato coinvolgere, dando appoggio e facendo promesse, però m’accorsi quasi subito che l’ambiente cattolico non era maturo, a cominciare dalla Caritas che affermò di non crederci, e don Franco che mi disse: “Bello, don Armando, però per i soldi dovrai arrangiarti!”
L’uscita poi di scena del vecchio Patriarca e l’insorgere dei guai finanziari della diocesi, che già era poco convinta e propensa di imbarcarsi in un progetto così nuovo e impegnativo, mise una grossa pietra tombale sopra al mio sogno.
La Fondazione poi si impegnava in quello che doveva diventare un progetto pilota per prolungare ulteriormente l’autosufficienza; sennonché la scelta dell’assessore della Regione Senargiotto di candidarsi per il parlamento europeo, pur avendo promesso appoggio finanziario, impegnò a fondo la Fondazione per tentare di portare avanti senza alcun aiuto pubblico suddetto progetto.
Dati i miei quasi novant’anni m’ero rassegnato a lasciare in eredità ai posteri il sogno di razionalizzare e concentrare in una struttura polivalente uno dei più rilevanti problemi di qualsiasi comunità cristiana e in particolare della Chiesa di Mestre, che è costituito di dare autentica consistenza al progetto della carità. Sennonché qualche giorno fa è morta una persona che aveva fiducia in me tanto che aveva deciso di lasciarmi ogni suo avere, ma che per mio suggerimento aveva scelto la Fondazione dei centri don Vecchi.
Data la consistenza del patrimonio ereditato, la brace, che era ancora viva pur sotto la cenere del mio sogno, cominciò a brillare, tanto che da ora in poi ho deciso di non perdere occasione per suggerire e premere sul Consiglio di amministrazione ed impegnarmi su questo progetto.
Ora mi trovo molto di frequente a pensare: “Vuoi vedere che se le cose andranno per il giusto verso e se il Signore avrà ancora un po’ di pazienza a mandarmi “la cartolina di precetto” avrò anche la grazia di vedere questa lungamente sognata cittadella della solidarietà?
Se poi non sarà una cittadella mi accontenterei anche che fosse un piccolo borgo o un villaggio solidale!