Ho letto che i sondaggi affermano che in Italia il gradimento e la stima nei confronti dei politici e degli amministratori pubblici è pressoché vicina allo zero. Considerando che quasi la metà degli italiani ha disertato le urne durante l’ultima tornata elettorale è facile ritenere che l’esito di queste rilevazioni statistiche rappresenti correttamente il pensiero degli italiani. Quello che vale per l’Italia naturalmente vale anche per Venezia. Credo che la cosiddetta “discontinuità” con una prassi politica che dura da più di mezzo secolo sia il desiderio di tutti ed io non sono da meno degli altri.
Alcuni ricorderanno che avevo auspicato, in occasione delle ultime elezioni, che il Patriarca – preceduto dalla Croce Astile, seguito dal clero e dal popolo veneziano – si recasse in processione da un imprenditore che nella sua azienda avesse dimostrato di saperci fare, per chiedergli, sperando nella sua onestà, di dedicare alla città cinque anni della sua vita per risollevare le sorti del nostro Comune. Quasi per miracolo il mio sogno si è avverato e Luigi Brugnaro, dopo essersi buttato a capofitto in una campagna elettorale appassionata in cui ha giurato che avrebbe cambiato il modo di governare, è stato eletto; confesso, anche con il mio voto convinto. Il nuovo sindaco aveva promesso che si sarebbe rinchiuso in Comune e assieme ad alcuni esperti avrebbe tradotto a livello operativo il suo progetto. I primi segnali sono positivi, vedi la piazza di Carpenedo e il ritiro dei volumetti Gender dalle scuole materne. Sennonché è arrivata la “scomunica” boriosa ed insultante di quel famoso cantante inglese, famoso anche per il suo matrimonio omosessuale e per l’adozione di due bambini. Di primo acchito è sembrato che Brugnaro tirasse diritto per la sua strada, per nulla preoccupato dalla critica e coerente al suo programma, tanto che mio fratello don Roberto gli ha dedicato un trafiletto dal titolo: “Bravo Brugnaro”. Successivamente il sindaco, forse intimorito dalla reazione dei radicali, ha affermato di essere stato frainteso e puntuale è arrivata la dura reazione di mio fratello che trascrivo:
“Ritiro parola sindaco quaraquaquà”
Non mi riferisco al Gay Pryde, manifestazione che non mi piace per motivi estetici (troppo esibizionismo) ma mi lascia indifferente per i contenuti che eventualmente andrebbero esaminati in altra sede e con altro metodo.
Mi riferisco alla pace fatta – senza scuse – con il rospo, il quale dando del contadino al Sindaco di Venezia ha offeso anche il popolo che lo aveva eletto.
Bene aveva fatto il sindaco a rispondere per le rime.
Male ha fatto a riapparire in pubblico facendo finta di niente, anzi, agitando la vecchia improponibile scusa del “mi hanno frainteso”.
Brugnaro, credevo che tu fossi un uomo: sei, come tanti politici: un quaraquaquà.don Roberto Trevisiol
Io che ho vent’anni più di don Roberto, spero che si tratti della proverbiale buccia di banana ma sia ben chiaro che se continuasse su questa strada sarebbe “diabolico” e perciò lo combatterei con tutte le mie forze.