Non so quando sia nata la moda di catalogare gli uomini in funzione degli anni comunque so che almeno da quasi mezzo secolo si dice che gli anziani fanno parte della terza età. I sociologhi, i politici e i medici hanno fatto studi ed hanno tentato di offrire risposte specifiche alle esigenze dei cittadini di età compresa tra i sessanta e i settantacinque anni.
Da vent’anni a questa parte però essendosi allungata la vita, soprattutto nei Paesi della vecchia Europa, si è cominciato a parlare sempre più frequentemente di quarta età che, a parere degli esperti, va dai settantacinque ai novant’anni circa. Ormai c’è anche una letteratura particolare che si interessa di questa nuova categoria di anziani e ne sappiamo qualcosa anche noi dei Don Vecchi che abbiamo accolto, nella quinta struttura, anziani “autosufficienti” ultranovantenni.
Sono convinto però che la catalogazione non sia ancora terminata e spererei proprio di “passare alla storia” come il primo che si è occupato delle problematiche della quinta età, periodo della vita di un uomo non ancora esplorato compiutamente. Come esploratore di questo settore di vita voglio offrire qualche testimonianza di persone che hanno già passato la soglia dei cento anni. La signora Gianna Gardenal, residente al Don Vecchi con alle spalle cento anni a gennaio, mi ha confidato: “Io sono pronta alla chiamata ma avendo molta pazienza sono disposta ad aspettare ancora tranquillamente”. Ad un vecchio prete, che è a mezzo servizio per l’età, il nipote ha suggerito: “Zio non continuare ad andare troppo in chiesa perché a nostro Signore, vedendoti, non venga il desiderio di chiamarti in cielo”. Una terza centenaria ha confidato al figlio: “Io non ho troppa fretta, aspetto volentieri”. Il Centro Studi della Fondazione si è già messo all’opera per trovare soluzioni adeguate.