“Non voglio morire!”

In sessant’anni di sacerdozio ho visto morire una moltitudine di creature. Spesso la morte ha raggiunto i miei fratelli con passo felpato e se li è portati via, senza che quasi se ne accorgessero, nonostante fossero gravemente ammalati. Fino a qualche giorno fa pensavo di aver assistito ad ogni tipo di morte, talvolta serena, talvolta improvvisa come una folgore e talaltra arrivata con il contagocce dopo mesi di tormenti. Nel passato la morte era quasi sempre più traumatica perché non si usavano i sedativi e le cure palliative che al giorno d’oggi quasi sempre liberano l’ammalato dal dolore e talora lo privano anche della coscienza del “passaggio”. Ricordo un medico di Viale Garibaldi, che assistevo da settimane, che mi descrisse in maniera particolareggiata come sarebbe andata a finire: “Quando avrò questo sintomo non potrò durare per più di una dozzina di minuti”. Il sintomo arrivò quando gli ero accanto. Mi disse allora: “Fra qualche istante morirò” e infatti si spense con estrema dignità mentre gli impartivo la benedizione del Signore. Ricordo poi una vecchietta di Viale San Marco alla quale portavo di frequente la Comunione e che tentavo di incoraggiare con i soliti discorsi: “Vedrà che le ultime medicine la faranno riprendere” e con altre innocenti bugie. Ella mi rispose con un dolcissimo sorriso: “Don Armando sono pronta, sono tanto contenta di raggiungere mio marito e mio figlio!”. Sembrava proprio che attendesse che il Signore aprisse la porta per accompagnarla in cielo! Ricordo pure una giovane mamma con un tumore alla testa, i cui occhi sembravano uscire dalle orbite, che se n’è andata con dignità e coraggio. Ricordo anche un dirigente sindacale che mi mandò a chiamare per raccomandarmi i due figli: “Io presto non ci sarò più ma loro hanno ancora bisogno di una guida, li affido a lei!”. Qualche giorno fa però mi è capitato il caso di una donna ancora giovane che con accanimento mi ha detto: “Non voglio, non voglio morire!”. Eppure era credente e praticante. Temo quindi che l’attenuarsi della fede e il venir meno dei grandi valori cristiani espongano l’uomo ad una maggiore difficoltà nell’accettare il passaggio! In rapporto a questa esperienza mi sono ricordato che in Seminario ogni mese recitavamo: “Apparecchio alla buona morte”. Penso che sia giusto e doveroso prepararsi a morire se non vogliamo farlo da disperati!

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