Per molti anni, in sintonia con cristiani e preti, che si preoccupano di incarnare il messaggio evangelico nel nostro tempo, ho auspicato e mi sono impegnato, per quanto possa fare un povero vecchio prete come me, nell’emancipazione della donna ed ho gioito constatando che non c’è opportunità che oggi sia ancora preclusa al gentil sesso. Con Renzi poi una serie di giovani donne non solo sono entrate in Parlamento ma anche nel Governo. C’è perfino una giovane signora che fino a poco tempo fa ha ricoperto il ruolo di ministro della difesa e che ora si occupa di politica estera a livello europeo. Senonché qualche giorno fa mi è capitato di leggere sulla rivista “Il Seme”, un periodico che raccoglie i pensieri più significativi che si possano trovare sull’editoria nazionale, una “confessione” di una giovane donna. Di questa confessione ho colto soprattutto due passaggi che mi hanno fatto pensare e mi hanno creato qualche perplessità su quella che io ritenevo essere l’emancipazione della donna, non quella esasperata e scomposta gridata dalle femministe ma quella auspicata anche dai benpensanti e dai progressisti.
- Il rimpianto di un mondo domestico, spesso diventato monco e parziale non solo per le donne in carriera ma anche per tutte le altre.
- II fatto che lo stipendio del marito non basti più perché, con l’entrata nel mondo del lavoro dell’universo femminile, sono più che raddoppiati i lavoratori e tutti sappiamo che, per legge di mercato, quando c’è sovrabbondanza di offerta fatalmente si affossano i prezzi. Tutto questo mi costringe a ripensare il problema dell’emancipazione della donna!