Venerdì, appena arrivato il nuovo numero di “Gente Veneta”, il periodico della nostra diocesi, ho sfogliato rapidamente il settimanale per dargli una prima occhiata esplorativa, ripromettendomi poi di leggere, con più calma, gli articoli che avrei trovato interessanti. Aperta la pagina dedicata alla riviera del Brenta sono stato subito colpito da una foto che occupava quasi mezza pagina del giornale e che ritraeva un folto gruppo di chierichetti. Pur non avendo tempo non sono riuscito ad esimermi dal leggere la breve didascalia da cui ho appreso che la parrocchia di San Nicolò di Mira, in cui è parroco don Gino Cicutto, il mio cappellano di trent’anni fa, conta su ben ottantatré chierichetti. Di primo acchito ho tirato un sospiro di sollievo constatando che la mia vecchia parrocchia di Carpenedo manteneva ancora il primato con i suoi cento chierichetti ma, immediatamente dopo, mi sono sentito enormemente felice nell’apprendere che il mio allievo di un tempo aveva imparato bene “il mestiere” ma, soprattutto, perché quel numero fa sapere, a tutte le 128 parrocchie del Patriarcato, che se c’è deserto attorno ad esse non è perché questa sia una nemesi storica ma semplicemente perché c’è mancanza di coraggio e di impegno! Questa testimonianza però non finisce qui perché quegli ottantatré ragazzi hanno tutti di certo un papà ed una mamma e quasi tutti anche un nonno e una nonna che probabilmente vanno a Messa, non fosse altro che per vedere le loro creature in tunica bianca servire sull’altare! Quei chierichetti, inoltre, hanno certamente anche compagni e compagne che si porranno la domanda: “Perché non ci vado anch’io?”. La crisi religiosa è determinata da molte cause di cui alcune indipendenti dalla nostra volontà ma, il disimpegno e il quieto vivere sono ascrivibili unicamente alla nostra responsabilità, tuttavia, se lo volessimo, sarebbero impedimenti facilmente superabili.