Raoul Follereau, l’apostolo dei lebbrosi, scrisse nel suo testamento: “Lascio in eredità ai miei discendenti i progetti che non sono riuscito a realizzare”. Ho pensato in questi giorni, avendo compiuto ottantasei anni e constatando che “il tempo si fa breve”, che debbo aggiungere un paragrafo al mio testamento: quello di costruire per Mestre un progetto che metta almeno in rete tutte le “agenzie” cittadine della carità o meglio della solidarietà. Ho tentato con la “Cittadella della Solidarietà” ma, con l’uscita dalla diocesi del Patriarca Scola, tutto è finito nel dimenticatoio. Ho pure tentato di avviare un progetto, pur parziale ma moderno, ossia quello di creare un sito “Mestre Solidale” in cui sono fornite tutte le informazioni relative agli enti caritativi esistenti in città. Ho però concluso che i poveri non hanno dimestichezza con internet e che colleghi preti, San Vincenzo e soprattutto Caritas pare che, a tal proposito, siano riottosi. A Mestre non esiste tutto quello che sarebbe necessario per aiutare i poveri, però qualcosa c’è e se ci fosse un minimo di coordinamento qualcosa di più e di meglio penso che si riuscirebbe a fare. La mia speranza si è rinfrancata con la nomina del nuovo direttore della Caritas, però passano i mesi senza che alcuno si muova; sto perdendo le speranze. Questi pensieri e soprattutto queste preoccupazioni si sono rinnovate leggendo su “Proposta”, il settimanale della Parrocchia di Chirignago, il trafiletto che trascrivo.
L’anno scorso abbiamo tentato una strada nuova nell’approccio ai “mendicanti” e cioè ai poveri che suonano alla porta delle case e quindi anche della canonica. Avevamo dovuto cambiare perché quelli che chiedevano l’elemosina non erano per nulla degli stupidi e vedendo che ogni giorno cambiava il segretario, ogni giorno si presentavano a prendersi l’uno o i due euro.
E si facevano la “paga mensile”.
Per evitare questo inconveniente abbiamo deciso di dare due euro solo il mercoledì. Ma in un lampo la voce si diffuse tra i mendicanti e ben presto dovemmo scendere ad un euro a testa.
Ma adesso la situazione si è fatta ugualmente insostenibile: 115 la scorsa settimana, 95 questa, … di questo passo dove andremo a finire?
Il fatto è che quelli che hanno bisogno anche di un euro sono sempre di più. Sono una marea.
Avevo sperato che questa scelta fosse sostenibile.
Ma mi accorgo che non lo è: così, tra il lusco e il brusco, distribuiamo (o sarebbe meglio dire: buttiamo dalla finestra) qualcosa come cinque o seimila euro all’anno.
Troppo, se teniamo conto che questa è solo una delle voci che fanno capo alla Carità.
La soluzione prospettata da don Roberto, parroco di Chirignago, mi pare sia meno del minimo per una comunità cristiana, però se messa in rete, se i cinque o seimila euro che ogni anno dice di buttare dalla finestra fossero messi in “rete” e questa “rete” si rifacesse ad un progetto globale, studiato con intelligenza e con cuore, di certo non risolverebbe il problema dei poveri ma perlomeno le offerte non sarebbero “buttate”! Alla mia veneranda età non credo di poter fare altro che inserire nel testamento questo mio sogno rimasto finora tra le nuvole del cielo.