Recentemente un mio caro amico mi ha regalato il volume “Perché non sono un eretico” di Jacques Dupuis.
Il testo è di un teologo gesuita sostenitore della teologia del pluralismo religioso che si difende dall’accusa del Sant’Uffizio che reputa eretiche le sue tesi.
Il tema mi interessa quanto mai però, il discorso è così difficile che mi riesce pressoché impossibile continuarne la lettura, mentre mi è capitato, solo qualche giorno fa, scorrendo una raccolta di leggende, di imbattermi in un racconto quanto mai ingenuo e popolare.
Si tratta un uovo di aquila lasciato, non so per quale motivo, vicino ad un pollaio.
Una chioccia disponibile ed amorosa lo accosta alle sue uova e lo cova fino al tempo della nascita.
Schiusosi il guscio di questo uovo d’aquila, il pulcino comincia con i suoi “fratelli di covata” a beccare il mangime per terra come tutti gli altri pulcini senonché, fattosi adulto, un giorno alza gli occhi al cielo e vede librarsi. solenne e maestosa, un’aquila reale e pensa: “Come deve essere bello volare come quell’aquila!” non sapendo che anche lui sarebbe stato in grado di farlo se avesse saputo di essere un’aquila e non un pollo.
Morale: noi uomini spesso viviamo da polli e non da figli di Dio.
Questa favola ha inciso sulla mia coscienza più dei discorsi difficili del teologo gesuita.
Non è raro che purtroppo facciamo diventare astrusi anche i concetti più semplici.