Stordimento

Pur leggendo frettolosamente i quotidiani, quasi ogni giorno rimango colpito da qualche notizia che mi lascia stupito, meglio ancora interdetto!

Un paio di giorni fa ho appreso, con evidente sorpresa, che Muti, il famoso direttore d’orchestra, abbandonava il Teatro dell’opera di Roma. Dapprima ho pensato che si trattasse di un normale avvicendamento, come avviene nel mondo della lirica, ma poi lo stupore è diventato indignazione apprendendo la motivazione di questo abbandono. Il maestro di fama mondiale ha detto che ormai era impossibile lavorare in quell’ambiente a causa dei continui scioperi che rendevano ormai impossibile un lavoro men che meno serio.

La cosa non è finita qui perché il telegiornale di un paio di giorni fa ci ha informato che questo teatro ha accumulato un “buco nero” di ottanta milioni di euro! Il finale di questa vicenda per me è ritornato finalmente al bello; infatti un responsabile del teatro ha comunicato d’aver licenziato in tronco sia i cantanti che gli orchestrali. Era ora! L’avesse fatto anni addietro, quando il bilancio ha cominciato a tingersi di rosso!

Pensavo che tutto fosse finito lì. Anche qui da noi la banda cittadina, una quindicina di anni fa, ha “suonato il silenzio” in occasione della sua morte. Ci siamo rassegnati e se non avessimo altre rogne potremmo anche dire che viviamo lo stesso anche senza la banda.

A Roma le cose non sono andate così: uno dei tanti sindacalisti, che di certo è stato pure lui la causa del fallimento, costituendo una presenza improduttiva nell’azienda teatrale, ha annunciato che il sindacato sarebbe ricorso alla magistratura per impugnare il provvedimento. Può anche darsi che i cittadini debbano sborsare altri soldi per pagare quei poveri magistrati che hanno ancora cinque o sei milioni di cause inevase!

Sto ascoltando con estrema curiosità le battute di Renzi che sta tentando di demitizzare il sindacato riducendogli i privilegi e i giorni pagati perché non ingarbuglino ulteriormente le cose. Penso però che non ce la farà.

Qualche anno fa mi hanno detto che il biglietto per andare alla Fenice per ascoltare un concerto o un’opera, veniva a costare venti-trentamila lire, mentre la gente che ha poco da fare ne sborsava appena quindici o venti perché il resto era addebitato ai milioni di cittadini con la pensione di cinquecento euro al mese, o ad operai ed impiegati che dopo giornate faticose e difficili, ricevono mille, milleduecento euro al mese.

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