So anche troppo bene che quando si parla di politica si finisce, se non per scontrarci, almeno per dividerci.
Mi pare che la politica talvolta assomigli alle scelte religiose; esse in fondo in fondo, non sono un fatto irrazionale, ma le motivazioni che spesso esistono sono così lontane, quasi incise nell’inconscio, che difficilmente possono essere comprese dagli altri, motivo per cui la discussione, il confronto e il dialogo risultano sempre difficili.
A me piacerebbe tanto che anche nel campo della politica potessimo dialogare, confrontarci senza massimalismi, senza la presunzione di poter accampare certezze e verità indiscutibili, senza perdere l’amicizia, la stima e l’affetto a motivo di orientamenti e di propensioni o di scelte d’ordine politico. Io sono convinto che spessissimo i politici sono persone acute, intelligenti per cui non solo sanno motivare brillantemente le loro tesi, ma spesso sanno pure portare in campo aspetti particolari e sempre hanno qualcosa di originale da offrire. Sono meno certo che sempre siano obiettivi, disinteressati e soprattutto desiderosi che si arrivi ad una soluzione positiva od anche ad un compromesso onesto per recuperare il più possibile quanto c’è di valido nella tesi dell’altro (che non vorrei neppure fosse definito un avversario).
Da parte mia spero che sia così, o almeno mi sforzo che sia così. Quindi confesso candidamente che quando i protagonisti dei vari schieramenti politici fanno delle osservazioni intelligenti, razionali, rispettose e degne di attenzione, li ammiro e sono loro riconoscente perché mi arricchiscono di ulteriori motivazioni. Quando però avverto partigianeria preconcetta, “interessi di bottega” e faziosità lampante, allora passo facilmente dall’attenzione, dall’ammirazione e dalla riconoscenza, al rifiuto e talvolta sono tentato di arrivare al disprezzo.
Questa lunga premessa d’ordine teorico m’è stata sollecitata da due trasmissioni che ebbero come oggetto il nostro capo del Governo, Matteo Renzi. La prima aveva come protagonista dell’intervista, nella rubrica “In Mezz’ora”, condotta dall’Annunziata, la Camusso. Alla segretaria della CGIL, l’organizzazione sindacale di sinistra che fino ad un paio di anni fa è sempre stata la cinghia di trasmissione col partito comunista, ora, alla vecchia guardia, Renzi appare come una specie di figlio degenere. Durante la trasmissione il volto cupo e grintoso della Camusso e il suo modo di giudicare il cattolico Renzi, mi hanno fatto venir in mente il peggior Pajetta d’altri tempi o, peggio ancora Stalin, tanto che persino nell’aspetto mi pareva di notare una certa rassomiglianza.
La trasmissione dell’Annunziata l’avevo cercata di proposito, mentre dopo cena mi sono imbattuto per caso nella trasmissione del duo Fabio-Littizzetto: il gatto e la volpe. La faziosità di Fazio mi è nota da molto tempo, però nella trasmissione di domenica scorsa questo conduttore con la barbetta bianconera alla Belzebù ha superato se stesso per la malizia, l’astiosità e il livore contro il vecchio capo scout che, per fortuna, l’ha messo all’angolo ad ogni round con colpi magistrali, tanto che qualsiasi arbitro gli darebbe l’OK tecnico.