Nutro la convinzione che criticare per amore non sia solo un diritto, ma un dovere per ogni cristiano, specie quando c’è desiderio di migliorare la qualità della fede e della proposta cristiana. Pure sono convinto che questa critica, porti essa un contributo in positivo o in negativo, sia tanto necessaria da diventare, come ho già detto, un dovere.
Spesso i capi della comunità cristiana o vanno frequentemente fuori sintonia con la sensibilità e le attese del mondo di oggi, o rendono il loro operato poco produttivo perché i loro responsabili, col loro ossequio untuoso e di maniera e con la loro presunta obbedienza cieca, li lasciano soli non offrendo loro motivo di verifica e di confronto.
Io passo per essere un criticone, mentre in realtà ho coscienza di intervenire poco e di non favorire di frequente il dialogo e il confronto, soprattutto nelle questioni controverse. Quando però mi imbatto all’interno della mia Chiesa, in qualcosa di valido, sento altrettanto il dovere di sottolineare questi elementi positivi.
Anche ieri, come ogni venerdì, ho ricevuto “Gente Veneta”, il settimanale della diocesi. Vi ho dato una prima occhiata riservandomi di leggere attentamente i “servizi” più importanti, senza trascurare la cronaca, che offre il polso della vita diocesana. Non penso che il piccolo manipolo di giornalisti che scrive questo giornale abbia delle grosse gratificazioni a livello economico e temo che non le abbia neppure a livello di gratificazione morale, perché quando le cose vanno bene generalmente le si dà per scontate. Io però, che in maniera elementare e marginale bazzico da dilettante entro quel piccolo mondo della stampa, sono in grado di testimoniare, in modo quanto mai convinto, che l’équipe che scrive ed impagina “Gente Veneta” è veramente meravigliosa.
A Mestre fa da protagonista in questo settore, per motivi soprattutto storici, “Il Gazzettino” e, da una decina d’anni, fa da comprimario “La nuova Venezia” che, specie in quest’ultimo tempo, è migliorata alquanto, ma “Gente Veneta” ha ben poco da invidiare ai due quotidiani locali che hanno personale, mezzi tecnici ed economici infinitamente superiori e questa testata dei cattolici non è affatto la parente povera della stampa cittadina.
La piccola équipe, formata da Paolo Fusco, Giorgio Malavasi e Serena Spinozzi Lucchesi, Alessandro Polet e da alcuni collaboratori quali Gino Cintolo, Marco Monaco e qualche altro collaboratore locale, fa degli autentici miracoli offrendo ai lettori servizi quanto mai documentati e sempre puntuali sulle problematiche della vita della città, del Patriarcato e del territorio.
Credo che i cattolici del nostro Patriarcato possano essere veramente orgogliosi e fieri del giornale della Chiesa di Venezia e riconoscenti verso queste persone che lavorano con fede, amore, competenza personale e grande generosità. Peccato che la radio e la televisione, che sono parti integranti di questo strumento pastorale, abbiano dovuto chiudere.