Non solo la gente di Chiesa, ma pure i lontani e i non credenti, pretenderebbe che i preti fossero autentici discepoli di Gesù, gli dessero volto e parola nel mondo di oggi. Questa pretesa è comprensibile e legittima, ma poco realistica data la fragilità dell'”uomo” che è il supporto naturale del sacerdote.
Una volta un prete a cui qualcuno, in maniera poco delicata, faceva notare i suoi limiti e i suoi difetti, si difese dicendo: «Anche a me piacerebbe essere come il poverello di Assisi; finora non ci sono ancora riuscito però, mi creda, ci sto provando». In un’altra occasione un pastore protestante parlò al Laurentianum di Mestre della riforma, dei motivi che l’avevano determinata e degli obiettivi che si proponeva di raggiungere. Un cattolico un po’ bigotto e molto supponente, in maniera poco rispettosa gli fece notare che non aveva ottenuto grandi successi, neppure tra i protestanti, la volontà di rinnovare la Chiesa e di renderla più evangelica, che in fondo anche loro continuavano ad avere gli stessi limiti che rimproveravano alla Chiesa cattolica. Il reverendo rispose, molto pacatamente, facendo notare che ogni uomo è limitato e non sempre raggiunge presto e bene quello che vorrebbe essere e così accade anche per i protestanti. Quando l’obiettore replicò in maniera polemica, enumerando quelli che, secondo lui, erano i difetti della Chiesa riformata, il pastore – che penso fosse veramente un sant’uomo – rispose: «Io peso settanta chili e i miei settanta chili di carne me li porto dietro, voglia o non voglia»!
Mi pare che sempre, in ogni tempo, la gente pretenda da chi occupa una mansione così nobile, come altre nella società, e persegue obiettivi importanti, una serietà di impegno e di coerenza che è piuttosto arduo perseguire e quando riscontra che un prete non lo fa, rimane male e deluso.
Anch’io, che pure ho scelto all’interno della società una missione particolarmente significativa, e che avverto la difficoltà di essere coerente, pur tuttavia divento alquanto critico quando altre persone che hanno mansioni affini non sono all’altezza del loro compito. In questo caso avverto una profonda e amara delusione.
In questi ultimi anni e soprattutto in questi ultimi giorni, sono i magistrati il motivo della mia delusione. Il compito dei magistrati è certamente tra i più alti e sublimi perché tale è amministrare la giustizia! Il fatto che questi magistrati – spero almeno che non siano tutti – abbiano reagito negativamente perché il Governo ha intenzione di sforbiciare i loro stipendi che sono i più alti in assoluto; che non accettino di pagare i loro errori, che pretendano di conservare un mese e mezzo di vacanze, che abbiano sempre da criticare e minacciare sciopero quando non garbano loro certe leggi fatte dal Parlamento e non accettino le critiche, pur essendo i meno produttivi dell’intera Europa, non solo mi delude, ma mi indigna.