Una creatura ormai matura

La vita è un’esperienza sempre nuova, anche quando si vivono gli ultimi albori della propria esistenza. Mentre per la giovinezza c’è una folla di educatori che tentano di aiutare il ragazzo e poi il giovane, a crescere, ho invece la sensazione che ci siano pochi o nessun educatore che aiuti il vecchio a vivere in maniera lucida e serena il tempo del suo vespero e del suo tramonto.

Ripeto ancora una volta che la mia cultura in ogni campo, compreso quello dell’età senile, è molto limitata. Onestamente ho letto delle bellissime preghiere, messe in bocca a preti anziani, per chiedere a Dio saggezza, serenità, coraggio, equilibrio e comprensione, alcune delle quali ho pubblicato nel mensile “Sole sul nuovo giorno” e me le rileggo con gaudio interiore e profitto. Ho pure letto qualche articolo, però ben poca cosa in rapporto alle problematiche che interessano la terza e la quarta età.

La tecnica ha inventato protesi di ogni genere per le carenze fisiche: occhiali per la vista, protesi per i denti, auricolari per l’udito, deambulatori per le gambe, pace makers per il cuore, stimolanti per altri organi, ma per quello che riguarda le patologie psicofisiche, o meglio esistenziali degli anziani, mi pare che la cultura… sia piuttosto carente e quanto mai indietro.

Io mi sto muovendo a tentoni, talvolta goffo e talvolta maldestro, in queste sabbie mobili degli ultimi tempi, delle quali non ho conoscenza. Penso sia opportuno offrire la mia testimonianza sperando di essere utile, o perlomeno donare qualche elemento di confronto per la gente della mia età, ma di certo non mi avventuro neppure di un millimetro nel campo della tecnica. Sono assolutamente rassegnato, ho abbandonato le mie armi di fronte al computer e a tutte le diavolerie connesse ad Internet. La conquista più avanzata è stata quella del telefonino, però l’unica operazione che conosco è quella di telefonare, meno però quella di ricevere tutte le telefonate.

Vorrei invece fare qualche confidenza ai miei coetanei per quanto riguarda l’impresa dei Centri don Vecchi. So bene che sono l’unico a Mestre ad averla fatta, ma sono certo che pure altre persone di altre città ne hanno fatto di simili. Ho avuto un’intuizione circa la domiciliarietà dell’anziano, ho sviluppato l’idea con l’aiuto di tanti altri concittadini e ne è venuta fuori una bella cosa (almeno io ne sono convinto, ma ne ho avuto il conforto di molti altri).

I primi quattro Centri sono nati “a mia immagine e somiglianza”; mi sono arrabattato, ho spinto, sono sceso a qualche compromesso, però sono quelli che ho sognato. Per quanto riguarda il quinto, quello degli Arzeroni, le cose sono andate un po’ diversamente; ho di certo tentato di dare il mio contributo, ma la forma non è la mia, ma di altri.

Sto avvertendo quanto mi costa voler collaborare, pur cosciente di essere superato, di non dover premere più di tanto, di dovermi fidare dell’intelligenza e delle scelte altrui.

Passare da protagonisti a osservatori benevoli e positivi, m’è costata la fatica di Sisifo.

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