Nota: come le altre, questa riflessione risale a svariate settimane fa.
Essendo titolare della chiesa del cimitero di Mestre, mi capita piuttosto raramente di “celebrare delle nozze”. In verità in questi ultimi dieci anni, da quando faccio il prete da pensionato, mi è capitato perfino due volte di celebrare, una volta le nozze d’argento ed un’altra i trent’anni di matrimonio, di una coppia di sposi. In tutti e due i casi si è trattato di fedeli abbastanza originali, piuttosto anticonformisti e non timorosi della jella. Ben s’intende l’ho fatto durante due messe normali, senza banchetti rossi e senza la marcia nuziale di Mendelssohn.
Di matrimoni normali ne celebro ormai due, tre all’anno, e sempre si tratta di qualcuno dei miei ragazzi o figli di giovani che ho sposato quaranta, cinquant’anni fa.
Quindi per me ora celebrare un matrimonio è un avvenimento molto raro, tanto che mi emoziona alquanto.
Un tempo, specie una ventina di anni fa, ne celebravo perfino una novantina all’anno, ma ora forse si raggiunge questo numero soltanto sommando quelli di tutte le parrocchie di Mestre.
Essendo di natura un po’ romantica, m’ero fatto una certa fama, per cui la richiesta mi veniva anche da giovani fuori parrocchia, con grande stizza dei relativi parroci che non solo per i matrimoni, ma pure per il catechismo, i battesimi, le messe ed altro, mi consideravano poco rispettoso dei confini e dei loro “diritti”.
Ora per me celebrare le nozze è un avvenimento particolare. Questo pomeriggio ho sposato due ragazzi in una cornice da favola. Lo sposo, avvocato di grido, non solamente è cresciuto nella mia comunità, ma avevo pure celebrato le nozze dei suoi genitori, mentre la sposa, pure lei avocato affermata, appartiene anche lei ad una famiglia cui sono legato da molti anni da rapporti di amicizia e d’affetto.
Questi ragazzi, nonostante abbiano superato i trent’anni, sono rimasti legati alla tradizione e quindi non han voluto solamente le nozze all’altare, preparandosi seriamente alla celebrazione di questo sacramento, ma han pure desiderato una cornice romantica scegliendo per il sacro rito la bella villa dei conti Marcello-Franchin sul Terraglio. La chiesetta, restaurata di recente e veramente deliziosa, posta accanto alla villa padronale, è immersa in un enorme parco di prato verde e di alberi secolari. La cornice era un po’ mondana perché il centinaio di invitati apparteneva alla medio borghesia, comunque non ha per nulla sommerso il clima spirituale della celebrazione.
Io sono per natura per le cose sobrie, però confesso che m’ha fatto piacere e m’ha commosso questo rito sentito e vissuto con estrema serietà, nonostante la cornice romantica. Non capita spesso di ritrovare atmosfere così care e cariche di sentimento e di tradizione.