La stampa mi ha aiutato tante volte, anche in maniera determinante, nelle mie imprese a favore del prossimo. Certi articoli hanno ridestato il problema che sembrava spento e spacciato, presso l’opinione pubblica, hanno messo a disagio gli amministratori pubblici, così che certe partite che sembravano perdute sono ridiventate “problema” per le persone che contano nella nostra società.
E’ però pur vero che io ho sempre tentato, nella mia vita, di ricambiare non sottraendomi mai all’intervista, alla presa di posizione quando qualche giornalista riteneva utile il mio intervento. Talvolta questo uscire allo scoperto mi è costato, perché non sempre, specie in questioni controverse e spinose tutti sono disposti ad accettare rispettosamente un parere non condiviso.
Io però credo doveroso dare onestamente il mio contributo, pur non ritenendomi un esperto, in certi problemi.
Recentemente Alvise Sperandio, un giovane che ci sa fare con la penna, mi chiese un parere su come far crescere il valore della solidarietà nel mondo cattolico perché doveva stendere un pezzo per un periodico cittadino. Ci pensai seriamente perchè il problema è cruciale e la risposta non era facile, ma poi convinto gli dissi: “Primo, i cattolici si debbono convincere che la solidarietà per i cristiani non è un optional, ma è parte integrante del messaggio. Un battezzato che non sia convinto e non pratichi la carità, non è assolutamente cristiano. Punto e basta! Non sono però molti i fedeli e i preti che abbiano questa convinzione! Secondo, la solidarietà non può ridursi ad un sogno mistico, ad una utopia sfumata, ma sempre deve diventare progetto, servizio, struttura, opera, pur accettando il fatto che quando il progetto viene realizzato si impoverisce ed è pieno di limiti e contraddizioni. Terzo, la comunità cristiana, piccola o grande, deve creare una infinità di rivoli perché ogni fedele possa scegliere quello che gli è possibile o conforme alla sua personalità.
Ed ora spero che la penna di Alvise sia più convincente della mia!