Era forse da un anno che non ricevevo una lettera anonima. Forse per questo mi ha destato un senso di nausea, di tristezza e di malinconia. Avevo creduto che questo squallido fenomeno fosse definitivamente scomparso. Invece no! Qualche giorno fa mi è giunto un mezzo foglietto scritto nel solito stampatello, ben inteso senza alcun cenno di firma. Non è che non abbia accusato il colpo, in passato ne ho ricevute abbastanza di lettere anonime; in fondo queste lettere, che possono nascere dai motivi più diversi, quali invidia, complessi di inferiorità, frustrazioni, insuccessi, ignavia, bassezza morale, sono comunque una prova che qualcuno non ti stima, non ti vuol bene e, nascondendosi dietro la maschera dell’anonimato (che in verità quasi mai riesce a nascondere il volto, ma soprattutto l’animo del mittente) prova il piacere sadico di ferirti e di farti soffrire.
Io reputo di essere stato un uomo ed un prete fortunato. Le parrocchie in cui sono vissuto sono state una più bella dell’altra. Le imprese in cui mi sono cimentato – scout, gruppi giovanili, San Vincenzo, radio, stampa – per grazia di Dio mi sono sempre riuscite. Il rapporto con la gente è sempre stato caldo e cordiale; gli attestati di stima e di benevolenza sono stati per me fin troppo abbondanti, quasi da sentirmi a disagio.
L’unica cosa che è stata un cruccio per tutta la mia lunga esperienza sacerdotale, è stato un certo isolamento tra i miei colleghi. Siccome ho sempre detto pubblicamente quello che pensavo e che la mia coscienza di volta in volta mi suggeriva, talvolta mi è venuto da dubitare se certe prese di posizione nei riguardi della Chiesa, della religione o della pastorale potessero essere un po’ azzardate e pericolose. Ma ora che è venuto Papa Francesco mi sento con le spalle perfino troppo coperte, anzi mi vien da pentirmi per non essere stato ancor più forte e deciso nelle tesi che ho cercato di portare avanti.
Il nostro Papa è già andato molto oltre quello che io ho cercato di proporre con la parola e con la penna. La rivoluzione che Papa Francesco porta avanti va ben oltre i miei pallidi tentativi di andare verso questa frontiera del Vangelo. Lui vuole una Chiesa povera, spoglia di orpelli e di retorica, in ricerca degli ultimi, libera da compromessi col potere e tutta tesa ad abbracciare una radicalità evangelica che riduce all’essenziale il rito per essere più solidale con i fragili e gli emarginati.
Tornando a questo triste libello che mi è arrivato, uno dei “punti forti” è quello di ribadire che “per me i soldi sono tutto!”. Neppure tento di difendermi, lascio che i miei concittadini giudichino in proposito osservando la vita che faccio. Però non riesco a non ripetere ancora una volta che la carità “da prediche” è pura “aria fritta” e che voler aiutare il prossimo senza mezzi economici è pretendere, come dicono i fiorentini, di far le nozze con i fichi secchi!
17.02.2014