Come mi lasciano assolutamente indifferenti le disquisizioni spirituali, i voli mistici e le esegesi meticolose delle pagine dei testi della Sacra Scrittura, per quanto esse mi possano apparire alte e sublimi, così invece mi mettono radicalmente in crisi le scelte esistenziali di preti e di laici che tentano di tradurre nella vita concreta il messaggio cristiano.
Alcuni mesi fa, in una delle infinite pagine dei miei diari, confessai la mia sorpresa di fronte ad una precisa presa di posizione di un mio collega che avevo tentato in qualche modo di ricompensare per essersi reso disponibile a celebrare i divini misteri nel Centro don Vecchi di Campalto. E’ arcinoto che i settanta, ottanta anziani residenti nel Centro di Campalto sono particolarmente segregati a motivo di via Orlanda, una strada supertrafficata e della assoluta impossibilità di raggiungere perfino la vicina parrocchia di Campalto, sia a piedi che in bicicletta.
In verità non è che ci sia stata una richiesta corale per avere la messa festiva in casa, però un certo numero di residenti ne avrebbe gradito la celebrazione ed io più di loro. Dopo notevoli peripezie piuttosto negative, un parroco di una parrocchietta vicina, si offrì spontaneamente di farlo. Ne fui edificato e, com’è d’uso, cercai di fargli avere una ricompensa adeguata. Non ci fu verso! Rifiutò cortesemente, ma altrettanto decisamente, ogni compenso diretto o indiretto. Avendo io insistito ulteriormente, riferendomi ad una prassi consolidata in proposito, mi disse che aveva scelto di rifiutare sempre ogni compenso in occasione di qualsiasi servizio religioso da lui prestato.
Ripeto: fui assai edificato e su questa sua scelta feci un serio esame di coscienza sul mio modo di comportarmi in proposito. Io non ho mai chiesto nulla e di certo non chiederò nulla in futuro per le mie prestazioni religiose, però, avendo deciso di devolvere ai poveri fino all’ultimo centesimo di quanto mi si offriva, ho sempre accettato le offerte, spesso anche molto generose.
Conclusi che le due scelte, pur essendo diverse, fossero soluzioni accettabili e condivisibili entrambe. Senonché qualche settimana fa, un mio amico mi regalò un volume: “Lettera all’amico vescovo”. Capii subito che il titolo è un pretesto letterario per proporre in maniera decisa la tesi ideale perseguita dal sacerdote milanese, don Luisito Bianchi che, riferendosi all’affermazione del Vangelo “Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date”, non solo rifiutava le offerte in occasione di celebrazioni delle messe e dei sacramenti, ma scelse di mantenersi lavorando: con prestazioni di lavoro intellettuale quale traduttore di testi, e manuale quale manovale in fabbrica, o inserviente in ospedale, rifiutando la “paga” che col concordato di Craxi il prete riceve dallo Stato e dalla Chiesa.
Questa testimonianza, che ritengo bella, luminosa e profetica, non penso che sia realisticamente e positivamente praticabile da tutti i preti perché farebbe mancare una disponibilità di cui oggi il popolo cristiano ha assoluto bisogno, però rimane essa un monito e costringe ad una verifica della quale c’è anche oggi assoluta necessità.
Il tempo della vendita delle indulgenze è fortunatamente finito da un pezzo, ma la necessità di una vita sobria, povera, disinteressata e generosa da parte dei preti, purtroppo è ancora terribilmente attuale.
29.12.2013