Ho incontrato don Adriano il giovane sacerdote che ebbe un ruolo determinante nei miei primi anni di attività pastorale a Carpenedo.
Nel ’71 infuriava devastante la così detta contestazione parrocchiale; si trattava dei colpi di coda del movimento che aveva colpito nel ’68 i centri urbani e che stava scaricandosi ancora con molta forza nelle periferie.
Don Adriano è stato per me veramente un dono di Dio: prete giovanissimo, intelligente, un carattere d’acciaio, innamorato dei giovani, dalla vita sobria e coerente.
Si impegnò fino allo spasimo e dette vita ad un nucleo iniziale, con solidi anticorpi che non si lasciò influenzare dalle utopie irrequiete e nebulose dei giovani che avevo incontrato entrando in parrocchia. Don Adriano rimase non molto tempo in parrocchia, ma lasciò le premesse perché don Gino potesse sviluppare un movimento, a livello di gioventù, quanto mai valido e numeroso.
Don Adriano operò quindi nell’ambiente per altri versi difficile, a Carole e quindi al Lido per finire parroco a S. Marco a Mestre e per laurearsi in diritto canonico a Roma.
Purtroppo un tragico e banale incidente stroncò inaspettatamente le aspettative della chiesa veneziana nei suoi riguardi.
Me lo sono rivisto in questi giorni, traballante, incerto, spesso risucchiato dal passato e in balia della risacca della vita.
Perché questo destino per questo giovane prete così forte e promettente? Una domanda che non avrà mai una risposta esauriente come tante altre domande non andranno più in là del punto interrogativo, oltre quel punto interrogativo c’è spazio solamente per la fede nella Divina Provvidenza!