“prega e lavora”

Da sempre sono un ammiratore di San Benedetto, della sua regola e dei benedettini. Questo ordine religioso è antico, nato in un contesto storico enormemente diverso da quello in cui noi viviamo, eppure i valori portanti su cui poggia sono talmente validi per cui pare che non siano erosi dai secoli che passano: la cura della liturgia, il senso dell’ospitalità, la figura paterna dell’abate a vita, l’equilibrio tra contemplazione ed attività, il lavoro manuale sono elementi tali per i quali il monaco benedettino sembra un signore tra i religiosi.

Una delle regole che spessissimo sono citate: “Ora et labora”, “prega e lavora” è la nota più alta di una visione della vita realistica, che esprime una spiritualità, un’ascesi ed un equilibrio spirituale di somma grandezza.

Queste mete poi si traducono in una norma di estrema saggezza imponendo al monaco di dedicare otto ore alla preghiera (compreso studio e meditazione) otto ore al lavoro manuale ed otto ore al riposo. Tante volte ho fatto conteggi per mettere anch’io, nella mia vita irrequieta, un po’ di ordine. Finora non ci sono mai riuscito e non so ancora se ciò sia anche possibile!

I conti non mi quadrano mai, perché per me il lavoro e la preghiera sono quasi due fratelli siamesi che non si possono separare, ma la campana del convento mi difende dalle commistioni che imbrogliano sempre le carte. Probabilmente dovrò abbandonare per sempre l’idea di potermi rifare a certi schematismi irrealizzabili in questa società irrequieta, veloce e sbrigliata, però credo non potrò, senza grave pericolo, neanche abbandonare totalmente l’impegno di ritagliare tempo per lo spirito, per il lavoro e per il riposo, perché senza questo equilibrio ben difficilmente si può fare qualcosa di costruttivo.

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