Evoluzione positiva

A questo mondo ci sono stati i “Laudatores cantores temporis acti”, cioè chi loda, rimpiange il passato ed auspica che ritorni. Credo che anche i romani abbiano notato e certamente non approvato questo comportamento.

Il mondo religioso in specie, credo che sappia di questa sindrome del rimpianto della religiosità dei vecchi tempi. Ricordo un bellissimo passo di don Mazzolari che afferma che Dio non si incontra più neppure nelle bellissime cattedrali gotiche, nella religiosità di secoli passati in cui sembrava che tutto il popolo, nessuno escluso, fosse credente.

Ricordo di aver letto gli atti di una visita pastorale del cardinal Flangini nelle parrocchie veneziane; a parte che sembrava che al vescovo interessasse esclusivamente il numero di tovaglie e di che tessuto fossero, in ogni parrocchia i parroci riferivano che chi non faceva la Pasqua erano 10 o 14 cristiani. Comunque, tornando a Mazzolari, nel passo suddetto affermava che gli uomini possono incontrare Dio e suo figlio Gesù solamente nel futuro, nel mondo che si sta facendo.

Oggi i cristiani convinti, quelli solamente battezzati o comunque anche gli uomini di cultura cristiana, sono di certo sostanzialmente più religiosi di quelli dei secoli nei quali sembrava che il cristianesimo si imponesse in tutti gli ambiti.

RIcordo un episodio che la dice lunga al riguardo. Un uomo dice al suo nemico: «Bestemmia, altrimenti ti uccido». Una volta che costui cede alla violenza, lo uccide, pensando così di non avergli tolto soltanto la vita terrena, ma di averlo anche privato della vita eterna. Che cristianesimo è mai questo?

L’uomo di oggi, credente o meno, ha assimilato certi valori che sono essenzialmente cristiani, quali il senso della dignità, della libertà, della democrazia, della giustizia, della parità tra uomo e donna, della solidarietà e tanti altri valori che nel cosiddetto “popolo di Dio” descritto nella Bibbia sono assolutamente ignorati, ma anche nei tempi della cristianità erano meno presenti sia nei singoli che nella coscienza collettiva.

Certi preti, certi cristiani, cosiddetti “impegnati”, non hanno ancora capito che l’avvento del Regno non si realizza quando le messe sono più frequentate o più cittadini fanno la Pasqua, ma quando per motivi di fede, ma pure per qualsiasi altro motivo, altri – perfino gli indifferenti, gli agnostici o gli atei – aderiscono e praticano nella sostanza la proposta del Vangelo.

Per un prete è certamente confortevole vedere la chiesa piena, però se chi riempie la chiesa non è alla ricerca consapevole o inconscia del Regno, questo varrebbe veramente poco. Forse è tempo di cominciare a leggere in maniera più critica la risposta che l’uomo oggi deve dare a Dio.

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