Non passa giorno che soprattutto qualche donna dell’est, moldava, rumena o ucraina, non venga al “don Vecchi” per chiedere di poter trovare un lavoro.
Una decina di anni fa, quando “inventammo” il “Senior Service” del don Vecchi, queste lavoratrici dell’emigrazione accettavano tutto. Non conoscevano quasi l’italiano, comunque tutte si presentavano dicendosi disponibili per le 24 ore, ossia per un’assistenza giorno e notte, tutti i giorni della settimana, per 600, 700 euro al mese. Le mettevamo a contatto con la coda di richiedenti e queste giovani donne si “seppellivano” anche in piccoli e poveri alloggi, condividendo con vecchi affetti dall’Alzheimer o dal Parkinson, la triste vita, lontane dalle loro famiglie.
Poi, pian piano, presero coscienza dei loro diritti e cominciarono a chiedere un giorno di libertà, due ore di riposo al giorno, un mese di ferie pagate, per rientrare nei loro Paesi lontani, la regolarizzazione sindacale, una stanza per conto proprio o qualche altra cosetta ancora, valutando il peso dell’assistito, e il tipo di malattia. Però la coda di richiedenti si è prima assottigliata e poi è scomparsa. La crisi raggiunse anche i ceti medi che un tempo potevano permettersi la badante.
Oggi le badanti mi appaiono come “anime morte” che vagano in città in cerca di un alloggio, di un lavoro, tra l’indifferenza e il sospetto di un popolo non ancora pronto ad accogliere il diverso e a condividere il dramma che ha colpito l’Europa e il mondo.
La crisi è per tutti, ma per il popolo delle badanti è doppia, forse tripla.
Qualche giorno fa una giovane donna moldava mi supplicava di indicarle un lavoro perché, per mangiare, si arrangiava in qualche modo andando dai frati o alla San Vincenzo, ma per dormire non c’era porta che si aprisse ed anche per una stanza condivisa con altre due o tre coinquiline le domandavano al minimo duecento euro.
Le ho chiesto il numero di cellulare, pur sapendo che non la chiamerò mai, perché da settimane e settimane si accumulano sulla mia scrivania numeri di cellulari con nomi di donne ed uomini stranieri, e pure italiani, che stanno cercando con angoscia un posto di lavoro a qualsiasi titolo e con qualsiasi remunerazione, però il cumulo di richieste continua a crescere piuttosto che a diminuire.
Mi duole il cuore pensando a questa donna che, come tante altre, continua a cercare invano nel freddo e nell’indifferenza, un lavoro, mentre nella mia Chiesa si continua a pensare quasi esclusivamente agli angeli del cielo!