Qualche settimana fa è venuta al “don Vecchi” una delegazione della Caritas diocesana di Trieste per prendere visione dell’impostazione del polo caritativo che in questi ultimi anni s’è sviluppato attorno al nostro Centro.
E’ normale che la notizia di certe iniziative di solidarietà si diffonda, portata sull’onda dell’etere o della carta stampata e ci sia chi voglia verificare sul campo la consistenza, le modalità ed i traguardi raggiunti. Chi ha a cuore certi problemi sta con le orecchie sempre tese e lo sguardo aperto per sentire e vedere ciò che avviene fuori dal suo piccolo mondo.
Anche a me capita spesso di apprendere dalla stampa ciò che sì sta facendo altrove e talvolta mi lascio andare a sentimenti di invidia nell’apprendere iniziative più o meno originali, ma sempre utili per chi è in difficoltà e spesso mi angustio per non essere capace di coinvolgere colleghi e comunità cristiane in questo sforzo di affrontare sempre nuovi servizi per tentare di dare dette risposte adeguate alle vecchie e nuove povertà.
Confesso poi che provo una certa amarezza nel constatare come il mondo cattolico della Chiesa veneziana sembri spesso indifferente ai tentativi, i progetti e soprattutto alle realizzazioni di solidarietà che sono nate attorno al “don Vecchi”.
Credo che siano pochi a Mestre che non sappiano dell’esistenza di questa iniziativa a favore degli anziani poveri, della quale s’è perfino interessata una rete televisiva del Giappone, mentre è un numero assai esiguo quello dei concittadini che hanno sentito il dovere di mettere il naso dentro at “don Vecchi” e ancor meno i preti, i responsabili delle parrocchie e degli organismi caritativi ufficiali detta diocesi che abbiano preso visione e si siano confrontati e che abbiano tentato di mettersi in rete per una indispensabile sinergia se si vuole contrastare il bisogno e dar corpo alla carità concreta.
Ho visto con piacere questa gente che, come la regina di Saba, viene da lontano per vedere. Altrettanto mi spiace che i concittadini e i fratelli di fede vi rimangano indifferenti. Quando mi prende questa malinconia mi consolo con la parola di Gesù: “Nessuno è profeta in patria” e tiro avanti in solitudine.