Sono quanto mai d’accordo che non si può spigolare nel Vangelo e cogliere i pensieri che maggiormente coincidono con le convinzioni e la visione della vita che ognuno ha. Il Vangelo va preso “in toto” anche quando si incontrano dei passaggi non graditi, che fai fatica ad accettare. Comunque non credo sia ingiusto e peccaminoso vibrare particolarmente di gioia quando incontri delle affermazioni che coincidono esattamente al tuo modo di pensare.
Qualche domenica fa, nella parte finale della pagina del Vangelo che la Chiesa ci ha offerto per la meditazione,c’era una frase famosa e forte di Gesù – ma quando mai le affermazione di Cristo non sono valide e forti? – “misericordia io voglio e non sacrifici”.
Mi ripromettevo di soffermarmi particolarmente su questa frase che costituisce uno dei punti di forza nella proposta cristiana, e credo, oggi, sia giusto offrire ai credenti, perché la traducano in maniera esistenziale per gente del nostro tempo, che credo avverta quanto mai l’esigenza di un cristianesimo incarnato nelle problematiche di oggi. La società contemporanea potrà anche affermare di fronte ad una cerimonia condotta da una valente regia: “Che bel rito!”, ma nulla più; rimane nell’animo solamente una sensazione.
L’esigenza più forte, oggi, mi sembra sia quella di una fede che diventa “misericordia”, partecipazione al dramma di chi soffre, intervento coraggioso e generoso verso chi è in difficoltà.
Speravo di battere tanto su questo chiodo, sul quale pochi preti si impegnano, sennonché, quattro gocce, di una nuvola dispettosa di passaggio, ha scompaginato la mia assemblea che partecipava all’Eucaristia tra le tombe, accanto ai grandi cipressi del Camposanto, ed io dovetti fermarmi all’annunciazione solamente del testo evangelico.