Santità e sacralità

Per molti anni avevo mantenuto più di una riserva nei riguardi di una delle rare teologhe del nostro tempo. Le mie riserve nascevano forse per dei motivi che non mi venivano da una conoscenza diretta, ma piuttosto da voci che mi giungevano da una certa stampa piuttosto allineata, come al solito poco intelligente, anzi ripetitiva ed eccessivamente preoccupata di essere in linea col pensiero ufficiale.

In questo ultimo paio di anni ho letto con attenzione ed interesse alcuni volumi di mistica, spiritualità e teologia della Zarri, una pensatrice cattolica, non allineata, ma altrettanto impegnata ad una lettura libera e approfondita della Bibbia. Non solo mi sono sentito riavvicinato al suo pensiero, ma l’ho trovato quanto mai approfondito ed arricchente. Ho avuto occasione di meditare su due suoi concetti che io avevo pensato interscambiabili, mentre ho appreso che non sono solamente diversi, ma talora perfino opposti, ossia il concetto di santità e quello di sacralità, quest’ultimo quanto mai diffuso, anzi imperante fino a ieri.

Per sacro si intendeva qualche cosa o qualche segno che in maniera quasi magica rendeva l’uomo gradito a Dio, qualcosa di efficace per la crescita interiore, cosa assai discutibile e pericolosa, perché conduceva a pensare che ci fossero delle realtà che magicamente rendono migliore l’uomo, quasi escludendolo a livello personale da un impegno e da una crescita interiore.

Mentre la Zarri dice che la santità è il risultato di una ricerca interiore, di un approfondimento della Parola di Dio per scoprirne la verità ed adeguarsi ad essa.

Capire questo vuol dire imboccare, si, una strada diversa da quella fin qui battuta, ma apportatrice di crescita interiore. Questo non è proprio poco.

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