Qualche giorno fa mi sono recato nella mia vecchia parrocchia nella speranza di vedere “la mia sposa” riordinata e rimessa a nuovo, fresca di restauro. Nessuno sa quanto non abbia amato la mia chiesa che ho curato con infinita attenzione perché tutti la potessero incontrare pulita, adornata con buon gusto, allietata dai fiori, quasi vezzosa colle sue vesti neogotiche.
I miei parrocchiani erano orgogliosi della loro chiesa, tutti erano convinti che fosse la più bella della città ed io li incoraggiavo in questa convinzione, anche se sapevo che le sue vesti erano vecchie di almeno due tre secoli, perché è nata quando non si usava vestire le chiese con le vesti del momento, ma ci si rifaceva ai tempi “d’oro della fede”, come ci si illudeva che fossero i tempi antichi.
Comunque, anche se vestita con un falso d’autore, la mia chiesa è bella. Purtroppo essa da anni era ingabbiata in un’autentica selva di tubi Innocenti. Ogni volta che vi entravo era per me una sofferenza ed una spina al cuore.
Avendo saputo che finalmente era stata liberata dai puntelli, sono andato a vederla nella speranza di incontrarla come “la sposa bella”.
Sono stato contento a metà, perché erano appena usciti gli operai che avevano smontato le impalcature e c’era la squadretta che era intenta a lavare il pavimento e a vestirla a nuovo. Sono stato sorpreso perché a pulire la chiesa erano le mie vecchie “ragazze” di venti, trenta anni fa; ora esse hanno tutte i capelli grigi ma scopavano e tiravano il moccio con l’entusiasmo di un tempo e la passione di chi invece della scopa suona il violino! Mi venne da esclamare affettuosamente, vedendole così appassionate a far bella la chiesa: «Sempre le solite!»
Sapevo che negli ultimi tempi delle sposine s’erano messe in guanti e vestaglia a far quel lavoro, ma non so per quale ragione sono ben presto scomparse e la “vecchia guardia” ha dovuto riprendere le armi e mettersi a servizio di nostro Signore. Le ho guardate con infinita simpatia, vedendole impegnate con l’entusiasmo di chi fa il primo lavoro per far bella la casa di Dio e della comunità. Le avrei abbracciate una ad una, vedendole nel loro impegno generoso, scevro di mistica e teologia, ma ricche di amore perché la chiesa profumasse di vita e di bellezza.
Quelle donne hanno imparato solamente il catechismo di san Pio X, non frequentano di certo i corsi di biblica o i gruppi di ascolto, ma servono il Signore e cantano la gloria di Dio con la scopa e col moccio, come avessero in mano il violino di Uto Ughi!