Tre interrogativi circa la crisi del matrimonio religioso

Se volessi cercare degli articoli di spessore che non solamente forniscano notizie, ma che approfondiscano e analizzino le cause che determinano gli eventi che il quotidiano registra, e le conseguenze di questi fatti, non dovrei cercare sul “Gazzettino”, ma su giornali di ben altro spessore e di tiratura nazionale. Il Gazzettino ha però la prerogativa di informare su ciò che soprattutto concerne le problematiche e la vita della nostra città.

Qualche settimana fa un titolo a cinque colonne ha attratto la mia attenzione fornendomi dei dati che, come sacerdote, mi preoccupano e che comunque mi pongono domande alle quali non mi posso sottrarre. Il titolo diceva esattamente: “A Venezia trionfano le nozze civili”, e poi l’occhiello specificava: “Prevalenza di cerimonie laiche (921) a fronte di 421 scambi di anelli con rito religioso”.

Immagino che in curia le varie commissioni per l’evangelizzazione e la pastorale, gli uffici per la catechesi matrimoniale, stiano studiando il problema per offrire delle soluzioni. Per intanto il problema resta. Da un lato mi rasserena il fatto che fino al Concilio di Trento pare che non esistesse quasi il “sacramento del matrimonio”, forse perché il solo fatto che due persone si amino, lo attestino in chiesa o in municipio, diventa comunque “sacramento”, ossia “segno” della presenza dell’Amore, cioè di Dio in mezzo a noi.

Detto questo però viene da domandarci perché i nostri ragazzi preferiscono i sindaco con la fascia tricolore al parroco con i paramenti liturgici?

Seconda domanda: come mai il Comune non pretende un corso perché gli aspiranti sposi imparino a volersi bene, mentre le parrocchie fanno a gara per allungare le “lezioni” di apprendimento, pur avendo quasi sempre pochissimi docenti e non qualificati?

Terza domanda: come poi i ministri del culto si rapporteranno con questi “cristiani” anomali per la Chiesa e con i loro figli?.

Questo mi pare il problema cruciale perché, d’ora in poi, si corre il rischio che i preti troppo “zelanti” siano tentati di togliere anche quel filo sottile che offre la possibilità ai nostri ragazzi di avere un minimo di formazione cristiana.

Ho paura che il tirar troppo la corda ancora una volta crei il pericolo di spezzarla. Io poi sono piuttosto diffidente nei riguardi di un cristianesimo troppo sofisticato, gli preferisco di gran lunga la versione popolare.

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